Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


31 dicembre 2011

BUON ANNO NUOVO

Come ogni 31 dicembre è il momento degli auguri per il Nuovo Anno.
E’ difficile che riesca a farli meglio di come li abbia fatti in passato, perché in passato li avevo fatti proprio bene.
Quindi non ci proverò nemmeno.
Voglio evitare di parlare di crisi: almeno di questa ne abbiamo piene le tasche.
Il 2012 si presenta incerto, ma non è propriamente una novità: il futuro è incerto per definizione e non c'è motivo per augurarci il contrario.
L’unica certezza sembra ce l’abbia il calendario Maya, per cui possiamo essere certi che tutto è fortunatamente incerto secondo regola.

A tutti gli amici antichisti, modernisti, classicisti, post-moderni, pre-moderni, anti-moderni, razionalisti, tradizionalisti e pure agnostici

Auguro un
FELICE 2012

P.S. Ho aggiunto i fuochi d'artificio per protesta contro quei sindaci bigotti che li hanno proibiti. Non solo ti aumentano le tasse, ma ti vogliono pure imporre uno stile di vita triste e rigoroso. Non sono un fuochista ma spero che i cittadini disobbediscano. Sarebbe un buon inizio d'anno.

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24 dicembre 2011

BUON NATALE

National Gallery, Londra

Lo spirito del periodo non dovrebbe essere polemico, tuttavia una battuta verrà perdonata. Guardando la capanna di questa Natività mi sono concesso una domanda profana: per le norme del mio Comune rientrerà o meno tra gli edifici o manufatti "incongrui"? Mi sono risposto sì, perchè ha "parti strutturali inconsistenti" (tettoia). D'altra parte la risposta è coerente con la realtà, in questo caso, perchè:
"Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perchè non c'era posto per loro nell'albergo".  Luca 2.7
Dunque ho trovato un po' di spirito cristiano anche in queste norme. 
Buon Natale
Pietro

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19 dicembre 2011

CONTRO (E PRO) LA COMMISSIONE EDILIZIA

Sandro Lazier, il curatore di Antithesi, ha scritto quasi un anno  fa un articolo in cui contesta vivacemente l'esistenza della Commissione edilizia, dall'eloquente titolo "Sopprimere le Commissioni edilizie", in quanto vi ravvede, e non è certo il solo, una violazione della libera espressione dell'architetto e quindi della libertà in generale. L'immagine che accompagna l'articolo, e che ho ripreso, è eloquente quasi quanto il suo titolo e semplifica le ragioni dell'autore.

E' un testo piuttosto lungo e certamente ricco di spunti interessanti, che io ho letto solo qualche giorno fa e a cui ho lasciato un altrettanto lungo commento.
L'idea di Lazier è largamente condivisa da moltissimi architetti ed ancor più da politici e amministratori, talvolta, bisogna riconoscerlo, con ragione. Ho provato non tanto a contestare abusi e storture, che tutti sappiamo esistere e talvolta anche molto gravi, ma il principio che sottende l'idea di abolirla.
Discutere di Commissione edilizia è discutere di architettura, di urbanistica, di città, di politica, per questo ringrazio Lazier per averlo affrontato in maniera così lucida e appassionata, anche se i nostri punti di vista sono totalmente divergenti.
Naturalmente chi volesse leggere il mio commento deve necessariamente leggere prima l'articolo.
Da leggere anche il commento di Vilma Torselli che affronta il rapporto architettura-arte.
Gli altri commenti non li cito perché, onestamente, non ho avuto il tempo di leggerli.

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14 dicembre 2011

CITTÀ: LESS AESTHETICS, LESS ETHICS




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11 dicembre 2011

QUANDO IL CATTIVO GUSTO SUPERA OGNI IMMAGINAZIONE

di Ettore Maria MAzzola

È di questi giorni la notizia che a Seoul, nell’area dello Youngsan Dream Hub, un centro per affari progettato da Daniel Libeskind, lo studio olandese MVRDV sta per realizzare due grattacieli gemelli ispirati all’attacco alle Twin Towers. Avete capito bene, le torri non sono ispirate a quelle di Yamasaki, bensì alle torri avvolte dalle nuvole causate dall’attacco kamikaze con gli aerei.


Nelle scorse settimane, l’Italia s’era indignata a causa dell’ultima trovata pubblicitaria della Benetton che vedeva il papa baciarsi sulla bocca con l’Imam, sicuramente una scelta di cattivo gusto, che però mostrava una scena d’amore e di pace, mentre qui ci troviamo davanti ad una scelta intenzionalmente ispirata dalla violenza.

La nostra cultura – ammesso che si possa ancora arrogare il diritto di adoperare questo termine – basandosi esclusivamente sull’edonismo e sul principio della “società dello spettacolo” ha perso del tutto il “comune senso del decoro”, non c’è più alcun senso del pudore che debba rispettarsi, BISOGNA APPARIRE!
Nella perenne competizione del mondo consumista e della Società dello Spettacolo, non c’è possibilità di emergere se si rimane “normali”, è indispensabile intraprendere la via del “famolo strano” se si vuol sperare, come diceva Andy Wahrol, di godere dei propri 15 minuti di notorietà.

Il “famolo strano” è una delle tante sfaccettature di quello che George Simmel definiva l’atteggiamento blasé:
«l'individuo dell’ambiente metropolitano ostenta indifferenza e scetticismo e risponde in maniera smorzata a un forte stimolo esterno a causa di una precedente sovrastimolazione, o meglio in conseguenza di stimolazioni nervose in rapido movimento, strettamente susseguentesi e fortemente discordanti. La più immediata causa all'origine di questo atteggiamento è la sovrastimolazione sensoriale offerta dalla città. Il cittadino sottoposto a continui stimoli in qualche modo si abitua, diviene meno recettivo. Il susseguirsi quotidiano di notizie ed emozioni fa divenire tutto normale, consuma le energie. Così subentra un'incapacità di reagire a sensazioni nuove con la dovuta energia e questo costituisce quell'atteggiamento blasé che, infatti, ogni bambino metropolitano dimostra a paragone di bambini provenienti da ambienti più stabili e tranquilli. Gli aspetti economici, l'economia monetaria e la divisione del lavoro alimentano anch'essi l'atteggiamento blasé. Il denaro è l'equivalente, l'unità di misura e spesso l'unico termine di confronto, di tutti gli innumerevoli oggetti, fra loro molto diversi, di cui dispone l'uomo. Oggetti per altro acquistati da un mercante e non da chi con fatica ed intelligenza li ha prodotti. Naturale conseguenza è la perdita dell'essenza e del significato delle cose. Tutto diventa opaco, la valutazione pecuniaria dell'oggetto finisce col divenire più importante delle sue stesse caratteristiche. Così si acquisisce l'insensibilità ad ogni distinzione, che è un'altra caratteristica dell'atteggiamento blasé».

Ecco quindi che, per godere dei propri 15 minuti di notorietà, non occorre necessariamente che quella ci venga per dei meriti … anche i demeriti vanno bene, purché si possa parlare di noi!
Anni fa, credo fosse il 1995, “enzimi” organizzò un concorso di progettazione per giovani architetti nel cui bando gli organizzatori dicevano che avrebbero premiato il progetto più “irriverente e dissacrante” … un ottimo modo per istigare le nuove leve a produrre opere fini a sé stesse e a fregarsene degli uomini e dell’ambiente.

Ma dove porta tutto questo?
Per il momento mi limito a far notare che, benché il progetto sia stato fatto da MVRDV, il masterplan è stato sviluppato da Daniel Libeskind … e il piano per Seoul ha delle sinistre similitudini con il piano dello stesso Libeskind per Ground Zero. Per la proprietà transitiva si deve supporre che uno zampino dell’architetto polacco debba esserci stato!
Inoltre, non è possibile credere alle parole di Jan Knikker di MVRDV il quale, una volta scoppiato lo scandalo per il progetto, ha dichiarato al quotidiano olandese Algemeen Dagblad, “Non era nostra intenzione creare un'immagine simile agli attacchi, né si vede la somiglianza nel processo progettuale" … tant’è che poi ha dichiarato "Devo ammettere che abbiamo pensato anche agli attacchi del 9 / 11".

Ebbene, alla luce di questa vergogna, ricordo a tutti che Daniel Libeskind è, insieme a Massimiliano Fuksas, uno degli “architetti di fama internazionale” a capo della “Commissione Grattacieli per Roma” … quale futuro dobbiamo aspettarci per la Capitale?
Mi auguro che il sindaco e il suo entourage riflettano a fondo, e blocchino sul nascere l’idiozia dei grattacieli a Roma.

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10 dicembre 2011

L'IDENTITA' DELL'ARCHITETTURA ITALIANA.LA STANNO ANCORA CERCANDO

Ringrazio Luigi Prestinenza Puglisi per aver permesso di postare questo articolo dell'amico Arch. Mauro Andreini, già pubblicato su presS/Tletter n° 29-2011

L’identita’ dell’architettura italiana.
La stanno ancora cercando
di Mauro Andreini

Penserete che voglia dissertare scientificamente di questo tema. Ma nemmeno per idea, non saprei che dire, anzi il problema non me lo sono neppure mai posto. Se invece l’argomento vi appare interessante e divertente eccovi l’annuale ricorrenza del convegno sulla “Identità dell’architettura italiana”, l’appuntamento più importante dopo la commemorazione di Tutti i Santi (che include anche quella dei Morti) e prima di quella dell’Immacolata Concezione.
Mi è difficile trattenere l’ironia ed il sarcasmo. Mi verrebbe di buttarla sul cazzeggio, alla zelig, introducendo il tema con l’elenco di possibili sponsors immaginari, da CukiDent a Prostatin, da ParmaCotto a ErbaLifeTerzaEtà, da Xanax a Viagra, il tutto con l’alto patrocinio dell’INPS. E subito proseguire con una sorta di monologo comico irriverente “ma dopo tutte queste volte non l’hanno ancora trovata l’identità? la stanno ancora cercando e sempre nello stesso luogo, con gli stessi nomi, con lo stesso programma e negli stessi orari?” chissà, verrebbe da aggiungere, se anche con le stesse relazioni. Anche perché cosa vuoi che sia accaduto di nuovo e con questa crisi da un anno ad oggi nel panorama italiano. Specialmente poi a quelli che non sono di certo i principali costruttori contemporanei.
Riesco a malapena a bloccarmi l’ironia, ma per non far pentire sin d’ora questo presS/Tigioso blog per avermi invitato cercherò di ricompormi in un atteggiamento più serioso.

Già dal titolo c’è qualcosa di ambiguo.
Identità dell’Architettura Italiana”, lascerebbe pensare che l’architettura italiana possa aver avuto ed abbia tuttora una sua unica identità omologante ed uniforme invece che infinite identità a seconda del luogo dove si trova. Se più verosimile questa seconda ipotesi allora andrebbe meglio “Identità delle Architetture in Italia”. Però in questo caso dovrebbero essere presenti anche rappresentanti delle altre parrocchie di pensiero e questo, forse, guasterebbe di sicuro la festa. Allora optiamo per un più partigiano “Identità di Parte dell’Architettura Italiana”.

Già dall’elenco dei relatori c’è qualcosa che balza agli occhi.
A vedere dai nomi sembrerebbe che l’architettura italiana si sia fermata venti o trentanni fa e sia stata portata avanti solo e rigorosamente da accademici strutturati appartenenti ad una sola corrente di pensiero. Non per essere contrari all’età senile, prima o poi ci aspetta tutti, né per voler rottamare a tutti i costi, ma trovare completamente esclusa la nuova generazione fa sembrare il tutto più un ritrovo annuale di auguri prenatalizi, come quelli delle congregazioni dove i decoltès contano più dei discorsi, piuttosto che un convegno ad ampio raggio sull’architettura italiana.
Ma che Studiosi dell’Identità sono se non conoscono e valorizzano i tanti giovani di qualità che sparsi per l’Italia, tra mille difficoltà, stanno cercando di ricercare e sperimentare la loro Innovazione. Inoltre non sembra presente alcun nome nuovo rispetto agli anni precedenti tanto da lasciar sospettare che la scelta avvenga per parrocchie o per affinità accademiche. Sembra quasi che in Italia esistano delle squadre di architettura così come quelle di calcio, ognuna a giocare sul proprio campo d’allenamento, ognuna ad autocelebrarsi senza mai affrontarsi nella partita del dialogo e del confronto.

Ognuna, in fondo, persa dentro i cazzi suoi.

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9 dicembre 2011

BRUTTI SIMBOLI PER UNA BRUTTA EUROPA

I simboli con cui le istituzioni si presentano ai propri cittadini e al mondo hanno la loro importanza, nonostante vi siano coloro che non vedono o non vogliono vedere questa relazione.
I simboli dell’Istituzione Europea sono senza tempo, senza luogo, senza identità, senz’anima e rappresentano, appunto, un immenso non-luogo istituzionale e politico. L'annullamento dell'identità dei popoli può essere causa di conflitti tanto quanto l'esasperazione identitaria.
L’architettura fisica con cui l’Europa si celebra, rappresenta al meglio, o al peggio secondo i punti di vista, la sua architettura istituzionale e politica: una pura astrazione avulsa dall’Europa delle nazioni e dei popoli. Per rappresentare tutti si è scelto di non rappresentare nessuno, si è scelta una generica e brutta modernità priva di contenuti che non siano quelli della finanza, che è economia virtuale privata della componente del lavoro e quindi della componente umana. Una finanza delocalizzata per un’istituzione che non ha radici nei territori e nel cuore della gente.
Niente a che vedere con il Palazzo del Parlamento Italiano o con quello del Quirinale o con l’Eliseo o con Il Palazzo di Westmister o con la Casa Bianca.

Le stesse banconote sono le più brutte del mondo, disegnate con architetture ideali e inesistenti in cui nessuno si potesse riconoscere per non dare il senso della primazia, ma sperando, chissà perché, che tutti ci si potessero riconoscere. La statua davanti al Parlamento europeo è una pessima e triste scultura che sostiene il simbolo dell’euro, a fronte della statua della Libertà che sostiene una fiaccola accesa, simbolo di fede e speranza. Quella € potrebbe stare bene sopra il forziere di Paperone, non al Parlamento. La speranza d’Europa è quindi una moneta più artificiale di qualsiasi moneta, già di per se stessa artificiale e convenzionale. Se cade la moneta cade perciò la costruzione politica e istituzionale nel suo complesso.
L’architettura dell’Europa ha rifiutato la bellezza perché non poteva fare diversamente. In questo possiamo riconoscere, amara soddisfazione, che i simboli scelti sono sincera espressione di una misera realtà costruita su un ideale di universalismo politico, economico e culturale di cui, ironia della sorte, l’attuale, anomala situazione politica italiana sembra quasi manifestazione e sottoprodotto.

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2 dicembre 2011

PILLOLE DI MODERNITA'

Post senza pretese, solo una raccolta alquanto casuale di frasi raccolte qua e là in rete, nei commenti di questo blog e su facebook sull’idea della modernità e delle sue conseguenze in architettura.
Non tutti i “pensieri” hanno un autore, non per scelta ma perché alcuni non l’avevano proprio e altri li ho letteralmente persi per strada. Nel caso eccezionale che qualcuno lo riconoscesse come suo, basta scrivere e io lo inserisco.


- La contemporaneità non é una qualità, non é uno stile, non é una religione, non é una saggezza, non é un'abilità, non é una estetica, non é una promessa, non é un ideale e neanche una delusione!
Quello che é semplicemente la contemporaneità, é il fatto di essere qui, adesso!
La contemporaneità qualifica soltanto il momento nel quale viviamo...Ne possiamo essere entusiastici o no, e purtroppo rimaniamo tutti contemporanei! Lucien Steil

- "Intanto tutta la grande architettura é contemporanea al suo tempo, rilevante alla sua situazione nello spazio, nel tempo, nella società umana - ma anche eterna. Senza quest’essere eterna - quest'essere in armonia con il cosmos e l'evoluzione della vita - nessun'architettura può essere chiamata contemporanea." Hassan Fathy

- E poi mi piace guidare una macchina con navigatore satellitare e lo preferisco ad andare in carrozza, soprattutto per le lunghe distanze. Se potessi muovermi in elicottero sarebbe meglio ( anche se questo non vuol dire che non mi piaccia anche camminare o andare in bicicletta). Luigi Prestinenza Puglisi su facebook

- Nooo, la carrozza paragonata alla macchina noooo. Questa non me la dovevi tirare fuori. Pietro Pagliardini (risposta a LPP su facebook)

- L'evoluzione non si può certo fermare.

- Il dubbio che ho riguardo a questi argomenti è: il cosiddetto "moderno" in architettura, ha una sua autonomia reale, un suo sistema, oppure i suoi criteri, in realtà, si fondano per differenza su una negazione di criteri classici? (di cui avrebbe dunque sempre bisogno per riproporre la negazione?)
Sono sempre più convinto che è "la seconda che ho detto". Biz (Guido Aragona)


- «Confesso che non mi piace molto la parola modernità preferisco il verbo equivalente, modernizzare. Perché indica la creazione, quell' azione reale e concreta che ci porta a trasformare in continuazione ogni nostra forma di espressione. Modernizzare è, d' altra parte, una sfida continua». Una sfida che, in architettura, si può tradurre in... «Ad esempio nella ricerca di nuovi materiali. Come lo sponge, un "ibrido di aria e materia" che abbiamo sperimentato per questo nuovo spazio. Un "ibrido" messo a punto per l' occasione ma che va comunque ad aggiungersi agli altri materiali tradizionali che abbiamo utilizzato: l' alluminio, il legno e il vetro, anche se si tratta di un vetro che può cambiare trasparenza a secondo delle esigenze. Ma modernizzare è anche usare le nuove tecnologie digitali»- Rem Koolhaas intervistato da Stefano Bucci sul Corriere in occasione del nuovo spazio Prada a Los Angeles

- so anch'io che un tetto a due falde con una capriata "tradizionale" utilizzata come pensilina in una piazza volta è più comprensibile di un'altra struttura... MA è BELLA??????????????????????????????????????????????????????????? ...sarà pardaossale ma e o.....a!!!!!!! Ve lo assicuro io se non ve la detto ancora nessuno è proprio b....a, non si può g.....e! Il tempo è cambiato siete ancora fermi a qualche secolo fa... s.....a!!!! Luca Donazzolo da facebook

- La tanto vituperata modernità nasce dall’implicito confronto con ciò che è stato, nasce dall’elaborazione del passato, quand’anche negato, ineludibile nucleo promotore del cambiamento e della presa di coscienza di una moderna autonomia intellettuale, senza disconoscere i debiti di carattere formale o contenutistico verso chi ci ha preceduti. Ed in questi termini il passato non è un bagaglio inutile, è un elemento di confronto necessario e indispensabile che tuttavia non deve obbligatoriamente concretizzarsi in ripescaggi stilistici o imitazioni morfologiche anticheggianti, il che significherebbe solo mummificazione di linguaggi in un repertorio formale senza tempo, vecchio prima ancora di nascere.
Non è una scusa assolutoria dire che un architetto di oggi che progetti "in stile" “non ha nessuna intenzione di far credere che la sua opera sia stata realizzata in un’altra epoca”, può essere che non ci sia falsificazione, almeno nelle intenzioni, ma c’è senz’altro l’incapacità di parlare un linguaggio autonomo e innovativo, sapendo che la modernità non va copiata (da presunti “grandi modernisti”), va inventata. Vilma Torselli


- Modernità non consiste nell'adottare quattro mobili quadrati. Leon Krier

-Potremmo risalire anche ai saggi degli anni Settanta di Charles Jenks sulla fine della modernità, da cui sono derivati i riflussi reazionari di Léon Krier, non solo contro la modernità ma contro il progetto in generale. Andrea Branzi

- C'è probabilmente una tendenza più generale che tende a porre il singolo individuo in contrapposizione alla società nel suo complesso, laddove invece l'individuo può trovare una sua dimensione (anche in quanto individuo) solo in un contesto sociale, sia pure con tutte le tensioni che questo comporta. Il "contesto sociale", come l'ho chiamato, richiama la necessità del "linguaggio" inteso come terreno comune, entro cui l'individuo può esplicarsi ma in questo "contesto", contro la destrutturazione del linguaggio che invece è conseguente alla frattura fra individui singoli e società.
Si potrebbe anche dire che questa "destrutturazione" linguistica, sociale, è opera del nichilismo.biz (Guido Aragona)


- Quelli che danno tanta importanza alla questione della modernità, non é che si impegnano in un mondo artificiale di valori relativi e di frivolità, in un mondo dove il senso comune non fa più senso, e dove la ragione ha perso il lume della ragione? Lucien Steil

- Pensare che "il mondo era meglio una volta" è un discorso da "vecchi al bar", senza offesa ovviamente, ma lascia il tempo che trova. Non mi sembra neanche tanto deontologico e di sicuro non da professionisti che hanno l'obbligo morale di rimanere al passo coi tempi per dare al proprio committente sempre un prodotto all'avanguardia delle ultime conoscenze tecniche e tecnologiche. Master

- Gli italiani sono a proprio agio con lo spazio della loro storia, in quello spazio si muovono e si ritrovano con una disinvoltura e una familiarità ereditate dai secoli passati, di modo che si può parlare al riguardo di un insieme di “luoghi”. Un luogo è un luogo nel senso pieno del termine se vi si può reperire un legame visibile con il passato e se tale legame è manifestamente presente alla coscienza di chi lo abita o lo frequenta. Marc Augè

- La modernità non è presunta, è un modo di essere (è inutile che ricordi che Augé è il filosofo della surmodernité), l'antropologia studia ciò che accade, ne indaga gli sviluppi e le ragioni, cercando di capire perché Milano costruisce Citylife, perché Fuksas progetta, perché Gehry sia ancora a piede libero.
E' determinante per aiutarci a capire il mondo in cui viviamo, non per cambiarlo. Vilma Torselli


- la pensilina di Isozaki, che De Carlo, non Krier, ha chiamato "tettoia", viene rifiutata per tutti i motivi possibili e quelli che non esistono dovrebbero essere inventati, pur di non farla. In quella pensilina lo stile E' il merito, e viceversa. Pietro Pagliardini

- Nessuno, pare incredibile a dirsi, s’era reso conto che il contesto civile, la cultura ed infine l’architettura, avevano origine ed esistevano al di là ed al di sopra delle sovrastrutture politiche ed economiche del momento, legati indissolubilmente allo spazio fisico, al territorio, alla geografia, anche minuta, dei luoghi, al linguaggio parlato ed infine anche a quello architettonico.
Nessuno parve ( e pare tuttora) rendersi conto che l’uomo è animale sociale che si aggrega per aree geografiche, culturali, linguistiche precise ed ha bisogno di sistemi comunicativi (…architettura inclusa… ) che lo mettano in relazione fattiva con i suoi simili ed i suoi “prodotti” passati presenti e futuri.
Un piccolo dettaglio secondario, sfuggito al quadro generale insomma : ciò che conta nella situazione presente sembrerebbe invece l’individuo, il demiurgo che rende “chiaro” ed inventa (…senza nemmeno conoscere bene significato ed etimologia…), cambia la storia, sogna e si batte contro la massa banale ed ignorante ; ripetitiva infine (.. peggiore incubo.!..) che vorrebbe ridurlo a se; senza, peraltro, sospettare che quella massa deprecata “è” lui. Memmo54


- già che ci siamo, Pietro, allora diciamocelo: il progetto di Pier Carlo e Léon è allucinante (progetto a Modena).
L'accusa di falso storico è infondata? Ma sì, è del tutto normale fare oggi palazzetti in stile rinascimentale, a patto che poi ci si mettano anche dei figuranti con mantelli, gamurre, giornee, cotte, naturalmente non solo a carnevale! Vilma Torselli


- Il pensiero "unico" è proprio quello di Marconi e di quelli che la pensano come lui, non ci sono progetti contemporanei e progetti non contemporanei, ci possono essere soltanto Progetti con la P maiuscola fatti da architetti e ricostruzioni filologiche per cui non c'è bisogno di architetti ma di storici.

- Perché vi ostinate a pensare che oggi, per la prima volta nella storia, non è mai successo nel corso degli ultimi 3000 anni, non si può esprimere la contemporaneità e bisogna soltanto copiare il passato ? Antonio Marco Alcaro

La lentissima, a volte impercettibile, evoluzione permette comunque di mantenere un rapporto costante e ricucire un’epoca con l’altra. La Maison Carrè parla ancora alle casine basse e modeste d’intorno; dialogava con il teatro antistante, inferiore ma non indegno. L’edificio di Foster, per altri versi ben fatto, ben costruito, ben realizzato, bello in fine, non dialoga affatto: è un estraneo e muto, quanto indecifrabile, segnale giunto per caso. Memmo54

- «Io sono per la legittimità del nuovo anche all'interno di un manufatto antico. Scarpa diceva che non c'è restauro senza trasformazione. Ma ci vuole qualità. La cosa certa è che deve essere autenticamente nuovo per rispettare la dignità del nostro tempo» Mario Botta in una intervista a Pierluigi Panza

- Caro Ettore (Ettore Maria Mazzola), hai ragione a dire che antichisti non è appropriato ma è un semplice problema di comunicazione: se io dico "sono un architetto moderno", dopo devo anche spiegare che moderno è diverso da modernista e quando sono arrivato in fondo non mi legge più nessuno. Pietro Pagliardini

- In questa polarizzazione tra modernisti e tradizionalisti (diciamo così per comodità schematizzante ben sapendo che esistono infinite sfumature) la mia simpatia va ai primi per il semplice fatto che giudicare un opera contemporanea, cercare di capire e interpretare se si é di fronte ad una bufala o ad un autentico capolavoro é estremamente più difficile e rischioso, mentre ricorrere a modelli storici consolidati ci si mette maggiormente al riparo da eventuali errori, proteggendoci in maniera consolatoria dalla frammentazione contemporanea, conducendoci peróinesorabilmente ad un mondo culturalmente chiuso, cristallizzato e privo di possibilità. Giulio Pascali

- Chiedo: se Leonardo avesse avuto a disposizione i programmi di grafica-architettonica, avrebbe continuato a progettare con il "carboncino"? Maurizio Zappalà

- Tu ritieni che il movimento moderno nasce per strappare l'architettura ad una elite e io credo che sia esattamente l'opposto, cioè il MM, come le avanguardie artistiche, è elite, e direi anche in modo assolutamente consapevole e non ritengo che l'architettura attuale sia una degenerazione del MM ma la sua naturale evoluzione. Pietro Pagliardini

- scusate se continuo a dire la mia, senza avere alcuna competenza specifica.
A Bologna, tra fine '800 e inizio '900 è nato un bel po' di architettura "medioevale" per spinta del Rubbiani. Anche il palazzo di Re Enzo, praticamente in piazza maggiore è, secondo un certo punto di vista, un falso. Ma è gradevole, si sposa bene al contesto..... enrico delfini


- i pseudo-cloni siccuramente sono un atto di pessima architettura senza personalita...
come i pseudo-cloni di le corbusier che inquinano le periferie moderne
o i pseudo-cloni classicisti o post-modernisti che vanno molto di moda in italia mentre per fortuna nel resto d'europa sono superati.
una pessima archiettura è una pessima archiettura sia che sia moderna , classicista , rinascimentale , gotica o romana. Anonimo (e meno male che è anonimo…)


Aggiungo un po' alla volta, quasi a pro-memoria per me, alcuni link preziosi sulla modernità:

Tradizione e Modernità nella pratica contemporanea, di Lucien Steil su Il Covile
L'illusione della modernità, di Stefano Borselli su Il Covile
Armando Ermini commenta L'illusione della modernità su Il Colvile

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1 dicembre 2011

BLOCCO DEL TRAFFICO

Pubblico questo post di E.M.MAzzola il cui argomento non è direttamente pertinente con i contenuti di questo blog, ma che tuttavia affronta un tema che riguarda la città, la sua mobilità, la salute dei cittadini e il rispetto delle tradizioni e della cultura dei vari popoli che compongono la sempre meno allegra brigata che si chiama Europa.
Non saprei dire se una trasmissione TV sia in grado di affermare verità assolute, ma certamente la mia sfiducia nell'Europa e nelle sue nevrotiche normative sempre più stringenti, nello specifico con i vari motori Euro n, ma anche nell'abolizione dei forni a legna, nella normativa sulle dimensioni dei seggiolini degli autobus (come se tutti gli europei avessero lati B della stessa taglia), nel "liberalizzare" i nomi dei vari prodotti locali e di tutto quanto appartenga, in genere, alla specificità dei luoghi e dei costumi della numerosi comunità che la compongono, insomma nella sua ottusa determinazione di annullare le differenze tra i popoli in nome di un mondialismo assurdo e pericoloso ma sempre più vicino, mi inducono a pensare che ci sia molto di vero anche nella storia dei motori.


Blocco del traffico, targhe alterne: una truffa pianificata dalla lobby dei produttori di auto
di
Ettore Maria Mazzola


L’ultima puntata de “le Iene” ha proposto un interessantissimo servizio dell’inviato Pelazza.
Uno specialista di “nanodiagnostic”, il dr. Stefano Montanari, ha mostrato come le auto di nuova generazione, ovvero le uniche ammesse a circolare in occasione del blocco del traffico, risultino molto più inquinanti di quelle vecchie.

Nei motori di vecchia generazione, il tubo di scappamento emette delle particelle a base di carbonio che, al loro interno, contengono delle particelle più piccole (ferro, cromo, manganese, magnesio, bario). Ebbene, il prodotto della combustione dei vecchi motori, essendo caratterizzato da particelle di carbonio all’interno delle quali restavano imprigionate le particelle dei metalli nocivi, risultava meno pericoloso di quello che accade oggi: le dimensioni di quelle particelle, infatti, erano tali da non arrivare all’interno degli alveoli polmonari degli esseri viventi.

Poco prima del 2000 venne inventato il “filtro antiparticolato”, il cui scopo è quello di trattenere le polveri sottili prodotte dal motore. Però, ogni 500/1000 Km il filtro deve pulirsi, sicché parte un processo di combustione delle particelle di carbonio che libera quelle particelle finissime che erano contenute nelle particelle di carbonio, espellendole dal tubo di scappamento. Questa volta, però, quelle particelle sono così sottili da penetrare all’interno degli alveoli polmonari!

Alla domanda dell’inviato sulle conseguenze di questa situazione, lo scienziato ha risposto: “queste particelle, una volta annidate nel nostro organismo, possono provocare ictus, infarto, parecchie forme di cancro, deformazioni fetali, aborti e perfino il diabete!
Qui inizia la cosa più sconvolgente che il video ha mostrato. La troupe de “le Iene” e lo scienziato hanno fatto un prelievo dei gas di scarico prodotti in venti minuti da due auto, una di vecchia e una di nuova generazione. Il prelievo è poi stato esaminato in un laboratorio specializzato, e i risultati sono stati portati nei “Laboratori di Riferimento della Comunità Europea” e mostrati a quegli ingegneri che hanno convinto la Comunità stessa ad imporre, tramite leggi apposite, l’installazione sulle auto dei filtri antiparticolato!
I tre ingegneri intervistati da Pelazza hanno finto di non sapere ciò che succedesse al momento della “rigenerazione del filtro” per cui, una volta viste le immagini e i dati mostratigli da Pelazza, uno dei tre ha detto: “ben vengano i contributi, noi siamo qui per fare ricerca, nessuno ha mai detto che la ricerca è finita … anzi!

Anzi cosa?

Per il momento possiamo solo capire che la ricerca è stata avallata dai cialtroni della Comunità Europea come inconfutabile, tanto da imporre alle nazioni l’uso di auto e motorini Euro 3, 4, 5 ecc.
La sperimentazione è dunque stata fatta, e viene fatta, sugli esseri umani (e sugli altri animali) tutt’ora ignari dei rischi che stanno vivendo. Per l’ambiente non sembra esser stato provato alcun beneficio, gli unici benefici li ha ottenuti la lobby dei produttori di autoveicoli!
È assurdo che a far scoprire certe cose debbano essere i programmi televisivi satirici. Certe notizie dovrebbero essere riportate all’interno dei telegiornali nazionali, ma questi, purtroppo, preferiscono fare servizi record di ascolto del programma di Fiorello, o sull’ultima moda in materia di toeletta per cani o sulla presunta gravidanza della nuora del Principe Carlo!

Alla luce dell’evidenza di questa schifosa realtà, c’è da chiedersi perché dovremmo continuare accettare il blocco del traffico e le giornate a targhe alterne che ci vengono imposte? Perché dovremmo accettare queste misure il cui unico scopo è di incentivare la vendita di auto Euro “n” (il numero cambia sempre per obbligare ad acquistare l’ultima Euro che ci consente di circolare)?
Un sindaco meno cialtrone, una volta appresa questa situazione, dovrebbe sospendere le misure prese ed imporre solo il blocco delle auto di nuova generazione! … Ma ciò non avverrà mai, a meno che non ci si vuole suicidare politicamente, o “farsi suicidare” in circostanze misteriose!

Visto che a pensare male, come diceva Giulio Andreotti, “si fa peccato … ma spesso si ha ragione”, sono portato a pensare che, analogamente a ciò che accadde negli USA degli anni ’40-’50, quando l’intero sistema di trasporto pubblico venne acquistato e smantellato ad opera della più potente casa automobilistica con l’intento di imporre l’urbanistica a macchia d’olio e l’acquisto delle auto, il problema dei trasporti pubblici in Italia non verrà mai risolto: se questi funzionassero la gente eviterebbe molto volentieri di usare l’auto privata … la dimostrazione ci è stata fornita dalla totalità delle interviste telefoniche che la trasmissione Caterpillar AM su Radio Rai e su Rainews24 ha mandato in onda un paio di giorni fa.

Propongo quindi due cose:
1) indire un referendum che abroghi le leggi che impongono l’acquisto di auto di ultima generazione e, nel frattempo, sospendere la farsa dei blocchi delle auto, a meno che non si blocchino solo le auto di nuova generazione;
2)in sostituzione dello stanziamento di milioni e milioni di euro pubblici per progetti inutili e assurdi come il Ponte sullo Stretto e la TAV in Val di Susa, propongo lo “spostamento” di quei fondi per favorire i potenziamento del trasporto pubblico, sì da adeguarci agli standard di Paesi più civili del nostro in questo campo. Gli autobus non inquinanti, i tram, i filobus, le metropolitane, i treni ad alta frequentazione, devono esser garantiti con passaggi non superiori ai 5 minuti. In quest’ottica sono disposto ad accettare, come avviene a Londra, una supertassa per chi intenda utilizzare il proprio autoveicolo in centro città!

Per chi avesse perso la puntata delle Iene, eccovi il link
Le Jene

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29 novembre 2011

GIORGIO MURATORE SUI GRATTACIELI

E' raro avere la capacità di condensare in poche righe la storia e contemporaneamente fotografare la forma grattacielo e la società che la esprime. Il prof. Giorgio Muratore ci è riuscito, anzi ci era già riuscito, visto che l'articolo è del 2008.
Davvero è difficile aggiungere altro alla denuncia di questa condizione che è, prima di tutto, politica ad un sistema di potere che oggi è molto più riconoscibile, vicino e incombente.


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27 novembre 2011

LA "GIURIA POPOLARE" DI PRESTINENZA PUGLISI

Avevo scritto in questo recente post che Luigi Prestinenza Puglisi è un ottimo comunicatore e su facebook che è pure simpatico, e lo confermo. Avevo anche scritto che da lui mi divide quasi tutto e lo riconfermo. Ecco un'altra occasione.
Sulla presSS/Tletter n° 27 c’è la notizia di un concorso organizzato curato dall’Associazione Italiana di Architettura e Critica presS/Tfactory, di cui LPP è fondatore e anima.

Sorvolerò sui componenti della giuria, che sono sempre i soliti nomi di richiamo, perché considero naturale che ognuno scelga coloro ai quali in qualche modo si sente più vicino culturalmente, e sorvolerò anche sul tema, che ritengo alquanto superfluo (coniugare la sostenibilità e il ”design parametrico” di una piccola struttura temporanea informativa in caso di calamità naturali!!!) anche se non privo di potenziali risvolti economici.

Ciò che mi sembra fuorviante, eminentemente pubblicitario e pure vagamente demagogico è il premio assegnato anche da quella che nel sito viene definita “Giuria popolare” (le virgolette sono nel bando), che altro non è che il pubblico di internet il quale, visitando un sito, cliccherà sul preferito di uno dei dieci progetti selezionati. Niente di illecito, per carità, non è certo il primo contest del genere in rete e non sarà l'ultimo, ma è una scelta che la dice lunga sulla qualità e finalità del concorso.
Sappiamo tutti che non bisogna essere esperti di informatica per poter cliccare quante volte vogliamo, nonostante le sicurezze che si possono prendere per evitarlo. Sappiamo che esistono programmi che lo fanno in automatico in barba ad ogni protezione. E se uno ha tempo da perdere e non ha il programma, si può organizzare con gli amici per cliccare quante volte vuole, avendo la noia e il tempo come soli limiti. Insomma sappiamo tutti che qualsiasi sondaggio, votazione o preferenza espressa via internet ha valore vicino allo zero e non è nemmeno lo spettro di un campione statistico: su un giornale di destra si leggeranno quasi esclusivamente commenti di destra e viceversa. Al più può indicare l’impegno speso da ciascun gruppo nel cercare la vittoria, insomma un premio alla buona volontà, se va bene.

Lo sappiamo tutti ma lo sanno anche gli organizzatori. Cosa voglio dire con questo, che LPP vuole truccare le carte? Assolutamente no. Voglio dire che è solo un sistema per dare visibilità al concorso ma chiamarla “Giuria popolare” è una scelta consapevolmente sbagliata, ed anche vagamente ironica, dato che la giuria popolare di San Remo è certamente più “popolare” di quanto non lo sia questa e che una vera giuria popolare di un concorso di architettura (ma a che serve l’architettura in questo caso?) dovrebbe essere costituita da coloro che utilizzeranno l’architettura stessa e non da un pubblico selezionato e ristretto di “intenditori”.
Sarebbe bene insomma usare i termini giusti e non confondere le acque: le giurie popolari in architettura sono, o dovrebbero essere, qualcosa d'altro e di molto più serio.

LPP ha denunciato più volte il sistema dei concorsi, stilando anche un decalogo,questo il link, che io commentai positivamente in questo post ma mi sembra che di quei criteri se ne ritrovino ben pochi in questo caso. Uno per tutti: in giuria ci sono soggetti che partecipano spesso ai concorsi, e vincono.
Capisco che questo è un concorso privato, che l’opera non ha una rilevanza straordinaria in sé - a meno che non esista la possibilità di proporla presso qualche ente proposto, cosa che in fondo riterrei corretta se venisse fuori qualcosa di utile (ma cosa c’entri l’architettura ancora mi sfugge) - però un minimo di coerenza nel metodo non sarebbe stata disprezzata, senza dover cedere e concedere tutto all’immagine, alla pubblicità, al marketing.

RETTIFICA:
Su segnalazione di Luigi Prestinenza Puglisi ho pubblicato una rettifica in ordine alle modalità di voto via internet e alla composizione della giuria. QUI

Link a post su Concorsi e giuria popolare

Proposta di legge sui concorsi di architettura
Concorsi per gli architetti o concorsi per la città?
Architettura come arte civica- 2
Architettura come arte civica: il caso CityLife
L'idea di Politica e Architettura di Mimmo Paladino
Referendum per demolire o referendum per costruire?
I cittadini e la politica scelgano, non gli architetti



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23 novembre 2011

VISIONE FRATTALE

Pubblico questa breve comunicazione inviata da Fabrizio Giulietti, sociologo e urbanista, sulla teoria frattale applicata alle retine artficiali.

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Interessante scoprire che la teoria dei frattali possa essere usata
anche per delle retine artificiali...

Fractals in nanoelectronics, Retinal Implants and Solar Cell

... ma d'altronde, prima di disegnare una città, la dobbiamo "vedere"
nella realtà, nelle dinamiche umane che la caratterizzano, e
soprattutto la città è una trasposizione territoriale e sociale di
come noi osserviamo l'ambiente che ci circonda... il frattale
nell'occhio, il frattale attorno a noi... quasi ovvio... alla faccia
delle nebulose "visioni" tanto di moda oggi
Fabrizio Giulietti

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19 novembre 2011

SI PUO' COSTRUIRE NEI CENTRI STORICI?

Giornata piena alla Giornata di studio su Giorgio Vasari Architetto organizzata dall’Ordine degli Architetti di Arezzo. Non è il momento di un resoconto completo, in attesa di scaricare qualche video, ma vorrei commentare uno dei tanti spunti che sono stati lanciati da Luigi Prestinenza Puglisi, coordinatore dell’incontro del pomeriggio .
Nel corso della mattinata Giorgio Vasari Architetto è stato degnamente celebrato dalle approfondite relazioni del Prof. Francesco Gurrieri, del Prof. Gabriele Morolli e dell'arch. Anna Pincelli. Nel pomeriggio invece Vasari è stato toccato solo tangenzialmente avendo presentato alcuni loro progetti Massimo Carmassi e i due giovani Stefano Pujatti e Giovanni Vaccarini. Su questi ultimi due mi riservo di approfondire con i video, anche se anticipo di avere assistito ad una fiera della vanità a mio avviso alquanto priva di contenuti; Massimo Carmassi, che avevo incrociato in altre occasioni, è stato invece una sorpresa.


Non per i progetti, che sono noti a tutti e non c’è stata alcuna novità, ma per le cose che ha detto durante il dibattito, dando segni di evidente insofferenza rispetto ad atteggiamenti professionali e a progetti che lui ha giudicato molto negativamente sotto ogni profilo. Se posso dirlo (tanto lui non usa internet), l’età l’ha cambiato molto e direi in meglio: disponibile al dialogo, disincantato, perfino autoironico, ha abbandonato del tutto quella certa aria da architetto di successo nei quartieri alti della cultura architettonica che deve tenere il punto sul proprio lavoro senza nulla concedere ad un momento di spontaneità. Ha distinto nel bagaglio dell’architetto la sovrastruttura fatta di parole, utilizzate per valorizzare la propria figura professionale, dalla struttura reale, cioè il proprio lavoro che è quello che resta; ha invitato gli architetti a tornare alla realtà, ha sottolineato l’aspetto artigianale del nostro lavoro, ha chiesto maggiore umiltà e ha auspicato il ritorno ad un minimo comun denominatore di grammatica architettonica. Ma di questo ne riparlerò insieme agli altri due giovani.

Prestinenza Puglisi, da cui mi divide praticamente tutto, è però un ottimo comunicatore e intrattenitore, sapiente nel cogliere i vari temi che emergono dalla discussione che lui risolve dando spazio a tutte le opinioni anche a quelle che certamente non condivide. Uno di questi spunti, che non c’è stato tempo di approfondire e che è anche in qualche modo suggerito dall’opera di Giorgio Vasari, è il solito, eterno tema della opportunità o meno di progettare nei centri storici.

Io sono convinto che, detta in questo modo, limitandosi cioè a considerare la parte antica di ogni città come a se stante, come una sorta di parco architettonico-urbanistico e scrigno di bellezza in mezzo al brutto della città moderna, effettuando cioè la divisione netta tra centro storico e periferia, la risposta più corretta, saggia e prudente sia quella di dire, come è stato detto in effetti nella gran parte del paese, semplicemente: no, non si devono fare nuovi progetti. Se buona parte dei nostri centri storici sono conservati questo è dovuto al niet delle Soprintendenze, talvolta odioso nei dettagli e nella forma, ma senza il quale credo ci sarebbe rimasto però ben poco di quella bellezza. Quali sono le ragioni di questa convinzione? Sono legate al modello culturale dell’architettura ed anche dell’urbanistica dominante:

L’architettura:
- Attualmente è orientata ad una creatività tutta tesa ad esaltare l’oggetto architettonico come evento a se stante, autonomo dal contesto di riferimento e ad una ricerca della “sorpresa” e della valorizzazione del suo autore piuttosto che nello sforzo di soddisfare tutti i soggetti interessati all’opera di architettura, cioè il committente e tutti i cittadini cui la città, nel suo complesso e nelle sue parti, appartiene. Quest’ultimo input pare essere ormai completamente estraneo alla cultura dell'architetto contemporaneo. L'architetto ha un approccio al progetto che è di tipo mistico, cioè di colui che entra in relazione con la verità per istinto e non per razionalità e che quindi non può essere, per definizione, comunicata; il che lo autorizza a sentirsi libero da ogni vincolo, dal giustificare il progetto agli altri ma anche a se stesso, salvo il fatto di fare uso massiccio di espressioni ed impressioni di tipo immaginifico ed emozionale assolutamente non verificabili e il più delle volte prive di riscontro con la realtà e del tutto incomprensibili ad una elementare analisi sintattica e lessicale. Basta leggersi qualsiasi relazione ai concorsi o ai progetti. Basta guardare qualche intervista. D’altronde è chiaro che mentre è possibile fare un’analisi grammaticale, come è stata fatta dal Prof. Morolli, dell’opera del Vasari, è viceversa impossibile farla per i progetti contemporanei che direi per scelta rifiutano qualsiasi grammatica, anzi si dichiara che ognuno ha la sua grammatica: la mistica appunto.
Questo per l’oggi.
Ieri invece per la nota prevalenza del movimento moderno che avendo azzerato tutto il patrimonio di conoscenze accumulato nei secoli ritenuto non idoneo all’espressione della modernità e, direi meglio, all’uomo moderno - considerato assurdamente diverso da quello antico - non può avere certo le carte in regola per intervenire al’interno di parti della città che invece sono cresciute e si sono trasformate, mattone dopo mattone, con un processo evolutivo di crescita con forti attinenze a quello della natura e senza sostanziali e violente cesure e traumi.

L’urbanistica:
- Qui prevale ancora la zonizzazione selvaggia, figlia sempre del movimento moderno, che ha dissolto l’unità della città, ha eliminato la strada dal suo orizzonte relegandola a mero supporto funzionale al traffico veicolare, creando, con la certificazione legislativa della zona A, il “centro storico”, oggetto di salvaguardia, e lasciando piena libertà di azione nella rimanente parte di territorio, con unico limite e criterio progettuale quello quantitativo del metro cubo e dei vari parametri edilizi. In questo modo è andata persa del tutto anche la memoria di come avviene la crescita della città, i suoi meccanismi di stratificazione successiva, una armonica e naturale modificazione urbana. Attualmente poi si tende a considerare la periferia sotto il profilo emozionale, soggettivo e psicologico, cercando di valorizzare presunte spinte ideali individuali di appartenenza a quel non-luogo riconoscendo una inesistente vitalità, ma di fatto condannandola invece allo status quo ed anzi aggravandone la situazione con l’aggiunta di oggetti singoli che amplificano ancora di più il disordine, il rumore e la parcellizzazione urbana e sociale.

Permanendo questo stato di cose il centro storico non può che continuare ad essere considerato off-limits, area da escludere da ogni possibile invenzione che lo renderebbe del tutto simile alla periferia.
C’è una rinuncia totale nella cultura dell’architetto contemporaneo ad un’azione che tenda invece a modificare il corso delle cose, un’acquiescenza passiva allo spazio-spazzatura che non viene considerato come uno stato di fatto negativo ma si tende ad elevarlo a valore, esaltando paesaggi urbani caratterizzati dal precario e dallo squallore e inventando una sorta di poetica del provvisorio, del brutto, dell’instabile al solo scopo di giustificare il proprio progetto, espressione della propria grammatica individuale. E’ la vittoria del relativismo assoluto in cui sembra non si debba giudicare niente (evidentissima contraddizione anti-relativa) ma che è utilissima ad evitare ogni giudizio sul proprio prodotto salvo quello che se riesco a produrlo vuol dire che va bene. Una trasposizione banale, strumentale e involontaria dell’essenza delle cose in base alla quale l’essere è, il non essere non è e l’essere non può non essere.

Dimentica l’architetto, e quando qualcuno glielo ricorda non capisce o non vuol capire, che la città è il luogo in cui si esprime la comunità come insieme di individui ognuno con la propria libertà ma nel rispetto di quella altrui. Non capisce che la città coincide con la società dalla quale, invece, tende a subire passivamente e talvolta con gioia una quantità di regole e leggi tanto elefantiaca quanto inutile e dannosa. Ma rinnega la possibilità di regole urbane considerate un ostacolo alla sua libera e licenziosa espressione di creatività. Riduce le nostre città e la nostra società, a Dubai, visto come il luogo della libertà assoluta, non sapendo leggere e distinguere le diversità e la peculiarità di ciascun luogo, ammesso e non concesso che Dubai sia un luogo e non piuttosto una cassaforte per capitali, sempre più scarsi, in cerca di reddito.

Invece è proprio l’idea di periferia che deve essere rifiutata tendendo a farla diventare essa stessa emanazione e riproduzione del centro storico, che dovrebbe essere chiamato centro antico, non banalmente come si tende a dire per colpevolizzare l’avversario dando per scontato che a questa visione corrisponda necessariamente una visione antichista in senso stilistico, ma come parte di un organismo unitario che deve proseguire nelle regole insediative che hanno prodotto la città antica, interpretandole e adattandole alle varie situazioni geografiche, morfologiche e funzionali.
Nel centro antico sarà lecito e opportuno intervenire solo previo avveramento di questa condizione di carattere urbanistico e solo dopo che, se mai potrà avvenire, l’architetto abbia rinunciato per scelta razionale e non per intenzione moralistica o di basso profilo all’egocentrismo creativo.
Insomma solo dopo che l’architetto potrà tornare ad essere portatore di una cultura urbana e quindi civile.

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15 novembre 2011

GRATTACIELI A ROMA: COMUNICATO STAMPA

Pubblico il comunicato stampa emesso dopo la conferenza stampa in ordine alla istituzione della "Commissione grattacieli" dal Comune di Roma. Seguono link a post sui grattacieli.

Jurassic Park a Roma

Vecchi grattacieli per sfigurare un patrimonio dell’umanità
Martedì 15 novembre 2011

Comunicato stampa

Nell’era della sostenibilità, in concomitanza con una delle peggiori crisi economiche che il nostro Paese abbia mai attraversato, l’istituzione della “Commissione Grattacieli per Roma” appare come un atto irresponsabile destinato a gettare nel baratro Roma e l’Italia.
Nel resto del pianeta, dove questa tipologia edilizia è stata adottata per ragioni ideologiche e speculative, gli stessi responsabili si sono trovati a dover fare i conti con crisi gravissime e fallimenti; non è quindi possibile accettare che Roma, a causa di una scelta avventata dell’attuale sindaco, debba patire le stesse sorti.

I dati aggiornati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) dimostrano che l’edilizia industriale che ha caratterizzato gli ultimi 70-80 anni, risulta la maggiore responsabile dell’emissione di CO2 e gas serra, più dell’industria e più dei trasporti. In particolare, la tipologia edilizia del grattacielo risulta essere uno dei peggiori esempi da promuovere, essendo altamente energivora e dipendendo in maniera insostenibile dai sistemi meccanici di raffrescamento e riscaldamento.

È altresì necessario sfatare il mito che vede il grattacielo come un toccasana al consumo di territorio: il grattacielo concentra un quantitativo di persone enorme, e necessita di enormi superfici destinate a parcheggio, di strade ampie in grado di accogliere gli enormi flussi di traffico diretti preso questo congestionatore di città. Tipologie del genere possono sopravvivere in luoghi ove il sistema dei trasporti pubblici è talmente efficiente e capillare da disinvogliare la gente all’uso dell’automobile, ergo non a Roma.
Queste valutazioni contrarie ai grattacieli si sommano a Roma all’impatto che avrebbero con i valori storici, artistici e spirituali; rispetto quindi alla salvaguardia di tale patrimonio culturale vale la pena ricordare come questa città unica al mondo ha avuto una formazione lenta ma continua nella storia, del proprio Genius loci, a partire da un’epoca antichissima con la sua eredità di beni monumentali romani che si sono conservate nei secoli. L’apporto poi soprattutto nel 500 del Papato e della Chiesa cattolica che hanno saputo impostare la struttura della città moderna che, superato indenne quella antica durante l’800 e il 900, consente ancora oggi a Roma , di mantenere il suo fascino.
Sarebbe grave trascurare questi precedenti e le voci di molti e autorevoli personalità culturali internazionali e compromettere così un’eredità decretata bene mondiale dall’Unesco.
Le proposte emerse a fine conferenza stampa riguardano l’avvio di un immediato confronto con le Commissioni Urbanistica, Ambiente e Trasparenza del Comune di Roma. Inoltre si prevede il coinvolgimento degli Istituti Stranieri presenti a Roma, che hanno svolto azioni critiche nei loro paesi, in relazione alla costruzione di nuovi grattacieli. Ultima, ma non per importanza, una campagna di informazione e sensibilizzazione territoriale con i cittadini dei Municipi romani dove è prevista l’edificazione di questa tipologia di costruzioni.

Italia Nostra - Sezione di Roma
Società Internazionale di Biourbanistica
Associazione Romana Proprietà Edilizia(ARPE)
Unione Cattolica Italiana Tecnici(UCIT)

Info 347 1924404


Link:

Grattacieli sostenibili e ...sostenuti
Qualche numero interessante sui grattacieli "sostenibili"
Ancora sui grattacieli "sostenibili"
Una ragione in più contro i grattacieli
Tutti a Parigi finchè siamo in tempo
Attualità di Giovannoni sui grattacieli
Insulae come grattacieli, Tertulliano come Langone
Langone ancora contro i grattacieli
Stefano Zecchi sui grattacieli
Grattacieli
L'assioma del grattacielo
La banalità del male
Tra la via Emilia e l'east

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12 novembre 2011

TRA LA VIA EMILIA E ....L'EAST

Dall'amico Enrico Defini, medico bolognese, viaggiatore curioso e appassionato di architettura e arte, ricevo questa cartolina di viaggio con alcune impressioni sui grattacieli di Manhattan ma non solo.

Caro Piero,
rientro da Manhattan, dopo una indigestione di grattacieli.
Erano con me una coppia di amici, che vedevano NY per la prima volta.
Mi sembra interessante riportarti le impressioni che questi amici (colti intelligenti ma "digiuni" in tema di architettura-urbanismo) esprimevano, al cospetto dei grattacieli.
Volutamente mi astenevo, per quanto possibile, da influenzare o pre-condizionare le loro opinioni.
Bisogna premettere che New York City, rispetto alla mia ultima visita, poco prima dell'11 settembre, è molto cambiata. Se due grattacieli mancano, decine di nuovi sono spuntati e stanno crescendo. Giurerei che la torre che stanno costruendo di fianco al Ground Zero Memorial, è cresciuta di un paio di piani nei sette giorni che sono stato là... (ha già raggiunto almeno i 300 metri!)

Vengo alle impressioni dei "profani" (come se io non lo fossi!!):

Innanzitutto si conferma che le forme "eleganti" in vetro acciaio e titanio vengono istintivamente viste come "belle" (e siamo al solito discorso sulla differenza tra oggetti di arredamento ed elementi urbanistici).
Ma insieme alla bellezza e allo stupore, i miei amici esprimevano anche valutazioni circa la "funzionalità" e considerazioni sugli aspetti logistici interni agli edifici e più in generale sulla rete infrastrutturale necessaria (indispensabile!) alla vita di un grattacielo.
Un edificio in cui abitano, o lavorano 5 o 10mila persone, non può esistere senza una rete di trasporti capiente, efficiente, vicina, affidabile.
Se i 7mila dipendenti del New York Times arrivassero al grattacielo (by R.Piano) sulla 8th av.-42nd street con le loro automobili, nessun parcheggio sarebbe sufficiente; nella migliore delle ipotesi alcuni (molti) dovrebbero lasciare l'auto a qualche centinaio di metri; le operazioni di ingresso e di uscita sarebbero caotiche e lunghissime. E la cosa andrebbe moltiplicata per centinaia di grattacieli.
E le operazioni di carico e scarico merci? Un albergo di 500, o mille, o 1500 stanze (e ce ne sono decine) produce spazzatura, biancheria da lavare, in quantità che fanno impressione. E gli approvvigionamenti? E lo stoccaggio delle scorte? Solo per la carta igienica, un camion al giorno!

Questo tipo di ragionamenti ha provocato nei miei amici una sorta di ammirazione per l'organismo "città" declinato alla newyorkese.
Facendo un paragone (moooolto ardito) con le nostre città e cittadine, dove si innalzano, o si vorrebbero innalzare, grattacieli senza un motivo plausibile e senza il substrato culturale storico logistico di cui NY dispone, si rischia di cadere nel ridicolo e nello scontato.

Ma è un fatto che NY è la città degli estremi. Foresta di grattacieli e tecnologie all'avanguardia, ma anche una città a misura d'uomo, dove ci si può spostare a piedi o in bicicletta.
E a proposito di bici, dopo 12 anni, ho constatato un netto aumento del loro uso; nelle mie precedenti visite ('93, '95 e '99) erano rarissime; solo qualche "pony express" di colore a sfrecciare pericolosamente. Noleggiarne una era possibile solo a Central Park, e solo tra maggio e settembre. Oggi ci sono decine di bike-rentals, decine di chilometri di piste ciclabili (e altre in costruzione); e anche centinaia di trabiccoli tipo "risciò" in cui un pedalatore trasporta due clienti su un divanetto posteriore; prezzo concorrenziale rispetto alle carrozze bianche.

Tornando ai grattacieli, bisogna riconoscere qualche qualità alla torre di Gehry a Lower Manhattan, la casa di abitazione più alta del mondo occidentale.
Mi ha deluso invece l'Heart Bldg di Foster.
E per parlare delle sensazioni mie personali in generale, rispetto agli anni '90, devo riconoscere che la lezione di Salìngaros ha lasciato il segno: gli edifici degli anni '20-'30, con i loro fregi art-déco (molti perfettamenti restaurati) mi sono quest'anno sembrati molto più belli e interessanti, rispetto alla fredde superfici delle glass-box.
In generale ho constatato di avere messo insieme uno sguardo più attento all'aspetto esterno mentre in precedenza mettevo in primo piano la funzionalità interna.
Scusa lo sproloquio, ma avevo piacere di condividere questi miei "pensierini"
Enrico

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11 novembre 2011

GIORGIO VASARI: GIORNATA DI STUDI

Pubblico il comunicato stampa dell'Ordine degli Architetti PPC di Arezzo per una giornata di studi sul nostro concittadino Giorgio Vasari in occasione del 500° anniversario della sua nascita.

COMUNICATO STAMPA
(informativa completa su www.architettiarezzo.it )

UNA GIORNATA DI STUDI SU GIORGIO VASARI ARCHITETTO
Studiosi, architetti e docenti universitari il 18 novembre al Teatro di Via Bicchieraia ad Arezzo

Arezzo - Come architetto fu la figura chiave delle iniziative promosse da Cosimo I de' Medici, progettando opere, come gli Uffizi a Firenze, il Palazzo delle Logge ad Arezzo e Palazzo della Carovana in Piazza Cavalieri a Pisa, che, a distanza di secoli, ne attestano la straordinaria intelligenza urbanistica. A questo aspetto di Giorgio Vasari, poliedrico artista aretino del quale quest'anno vengono celebrati i 500 anni dalla nascita, è dedicata la giornata di studi organizzata dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Arezzo, che si terrà venerdì 18 novembre prossimo presso il Teatro “Pietro Aretino” in via Bicchieraia ad Arezzo e che vedrà la partecipazione di insigni studiosi, architetti e docenti universitari.
L'architettura e la storia” sarà il tema della prima parte della giornata. In programma interventi di Francesco Gurrieri (Università di Firenze) “Giorgio Vasari architetto del Principe”, di Gabriele Morolli (Università di Firenze) “Vasari, Alberti: il templum cristiano e l'ordine architettonico disadorno”, di Anna PincelliGiorgio Vasari architetto aretino. Fabbriche ed interventi vasariani nella terra d'origine”, di Paolo Portoghesi (Università La Sapienza - Roma) “Sintassi e paratassi nell'architettura vasariana”.
Vasari e l'architettura contemporanea” sarà invece il tema che verrà affrontato nella seconda parte dei lavori, con l’intento di sintetizzare le conoscenze e la figura dell’architetto rinascimentale rispetto a quello contemporanee, i mutamenti, la figura del principe-committente rispetto ai committenti di oggi, le modificazioni nel tempo della progettazione di un’architettura rapportata a tecnologie e culture in continuo divenire. Previsti gli interventi di Massimo Carmassi (IUAV Venezia), Guido Canali, Paolo Portoghesi, Giovanni Vaccarini, Stefano Pujatti: moderatore, Luigi Prestinenza Puglisi, Presidente Associazione italiana architettura e critica. A conclusione dei lavori seguirà una tavola rotonda aperta al pubblico.
Al convegno, che ha ottenuto il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, porteranno il proprio saluto agli intervenuti, il Presidente dell'Ordine degli Architetti PPC di Arezzo Paola Gigli, il Sindaco Giuseppe Fanfani, il Soprintendente per i Beni A.P.S.A.E. di Arezzo Agostino Bureca, il Primo Rettore della Fraternita dei Laici Liletta Fornasari.

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9 novembre 2011

COMMISSIONE GRATTACIELI - ROMA


CONFERENZA STAMPA

La recente istituzione della Commissione "Grattacieli" voluta dal Sindaco Alemanno ha lasciato nello sconforto i romani, gli italiani e tutto coloro i quali, nel mondo, amano la Città Eterna. Il Gruppo Salìngaros, la Società Internazionale di Biourbanistica, la Commissione Urbanistica della Sezione Romana di Italia Nostra hanno dunque deciso di convocare questa conferenza stampa al fine di far riflettere il Primo Cittadino sulla inopportunità e pericolosità di questa scelta.

Quando:
Martedì 15 novembre, ore 11.00 - 12.30

Dove:
Sede Nazionale Italia Nostra
Viale Liegi, 33 tel. 068537271
Roma


Interventi:
Carlo Ripa di Meana
Ettore Maria Mazzola
Gabriele Tagliaventi
Nikos Salìngaros
Pietro Samperi


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1 novembre 2011

IL MASCHERAIO

L’architettura è arte e quindi l’architetto è un artista”.
Questa è la convinzione, in alcuni profonda e motivata, nei più accettata acriticamente, in quasi tutti divenuta luogo comune, frase fatta.
Prestinenza Puglisi è, ad esempio, uno dei più convinti (link all'articolo).
Quindi in Italia ci potrebbero essere circa 140.000 artisti, oltre a quelli dediti ad altre arti e a tutti quelli che si sentono artisti della domenica, a riprova del detto che il nostro è “ Un popolo di poeti di artisti, di eroi, di santi, di pensatori di scienziati, di navigatori, di trasmigratori” come scolpito nel Colosseo quadrato.

Quest’idea dell'architettura come arte è il fondamento ideologico per giustificare i peggiori progetti, il ruolo dell’archistar, la libera creatività dei 140.000. Dietro c'è una visione dell’architettura come fatto puramente concettuale senza riferimento alcuno alla realtà, la sconfessione dell’essenza dell’architettura, che è arte sì, ma civica.

Vorrei però non farla lunga, visto che l’ha spiegato benissimo questa mattina un mascheraio alla radio.
Ascoltando la trasmissione Chiodo fisso su Radio3, dedicata questo mese al teatro, ho sentito Ferdinando Falossi, storico del teatro e mascheraio, cioè il costruttore di maschere teatrali, spiegare in cosa consiste il suo lavoro. Questo il cuore di quanto ci interessa:

La maschera non è una costruzione artistica tout court perché si lavora al servizio di un regista e di un attore quindi il costruttore di maschere è il costruttore di uno strumento di lavoro per qualcun altro che poi dovrà viverci dentro, dovrà abitare la maschera, dovrà sudarci, dovrà farci le prove, dovrà lavorarci.
Il mascheraio ha poco da fare l’artista e non potrà mai dire: “ma io la vedo così”, perché il mascheraio deve confrontarsi con qualcun altro. Quindi è una dimensione artigianale, di fatica artigianale che porta alla costruzione di un prodotto
”.

Sostituisci mascheraio con architetto, regista e attore con committente ed ecco spiegato. Inutile aggiungere altro, solo che questo è il link alla trasmissione, avvertendo che vale la pena ascoltarla tutta a prescindere, ma la parte specifica è compresa nei primi 3 minuti circa.
Buon ascolto

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BIENNALE DI PADOVA: RIGENERAZIONE URBANA SOSTENIBILE?

Un post di Ettore Maria Mazzola cui segue un mio commento

Biennale di Padova – Rigenerazione Urbana Sostenibile … ma quale???
di Ettore Maria Mazzola

Negli ultimi anni, come “Gruppo Salìngaros” e “Società Internazionale di Biourbanistica”, abbiamo portato avanti progetti, pubblicazioni e conferenze incentrate sul tema della “Rigenerazione Urbana Sostenibile”. Nel tempo abbiamo registrato un enorme interesse da parte del grande pubblico e della classe politica, indipendentemente dagli schieramenti di destra o di sinistra. In particolare, grazie alla profondità ed attualità dei temi trattati, il sito web dell’International Society of Biourbanism ha registrato un altissimo numero di contatti e di richieste di iscrizione da tutte le parti d’Italia e dall’estero, ed abbiamo ricevuto moltissime richieste di pubblicazione di papers sul Journal of Biourbanism. Come è nella natura delle cose, purtroppo, ben presto abbiamo dovuto renderci conto che alcune persone e/o gruppi volessero affiliarsi al gruppo e adoperare il marchio dell’ISB per promuovere cose che tutto possono essere tranne che rappresentare progetti biofilici e sostenibili.

Oggi ci troviamo a registrare l’esistenza di una mostra/convegno che utilizza i temi da noi trattati, addirittura ricalcando il titolo di una delle nostre conferenze, dove però nessuno del gruppo è stato minimamente interpellato, né come relatore, né come espositore, né come membro del comitato scientifico.
Per aiutare a comprendere di cosa stiamo parlando, mi affido alle parole del sito che pubblicizza l’evento:

"Dal 27 Ottobre 2011 al 13 Febbraio 2012 presso il Palazzo della Ragione di Padova ci sarà l'esposizione della 5° mostra, non più incentrata sui progetti e opere di un architetto di fama internazionale, ma sul tema della rigenerazione urbana sostenibile, al fine di promuovere strategie di interventi su scala urbana e metropolitana, mirate a riqualificare quartieri degradati per gli aspetti edilizi, urbanistici, sociali e ambientali.
Gli architetti Michele De Lucchi -AMDL-, Andrea Boschetti e Alberto Francini -METROGRAMMA-, allestiranno l’esposizione di esperienze nazionali e internazionali di riqualificazione e rinnovo urbano, incentrate principalmente su tre livelli:
- le sfide della contemporaneità e dei suoi stili dell’abitare, del lavorare, del vivere, della multietnicità;
- la sostenibilità mediante l’uso di nuove tecnologie, compatibili con l’ambiente e che assicurino il risparmio delle risorse;
- l’integrazione e la continuità con il tessuto urbano esistente, la storia dei luoghi e i fatti identitari locali.
La Mostra sarà accompagnata da conferenze e tavole rotonde con architetti, urbanisti, economisti giuristi, esperti in sociologia urbana, amministratori di importanti città nazionali e internazionali oggetto di virtuosi interventi innovativi per approfondire, in modo interdisciplinare, i criteri di applicabilità di un approccio integrato alla riabilitazione urbana.
La Mostra a Palazzo della Ragione (allestimento di Michele De Lucchi, A. Boschetti e Alberto Francini) si incentra sul tema della rigenerazione urbana sostenibile prendendo lo spunto dalla comunicazione della Commissione Europea “Europa 2020”, una strategia per la città del futuro: sostenibile, intelligente e inclusiva ed inoltre dal Documento del Comitato economico e sociale europeo (CE.SE.) “Necessità di applicare un approccio integrato alla riabilitazione urbana
”.

Fin qui, tutto potrebbe sembrare giusto e legittimo, se nonché ecco la sorpresa … che sorpresa non è affatto. Le immagini ad inizio post rappresentano le opere in mostra organizzate per categorie come da programma.
Anche se è fuori dall’elenco ecco un’immagine di un altro progetto per Parigi sviluppato dagli stessi autori, progetto che lascia intendere come secondo questi personaggi potrebbe crescere il verde!

In pratica, piuttosto che confrontarsi con chi da anni pratica e studia scientificamente questo argomento, gli organizzatori hanno preferito limitarsi ad utilizzare lo slogan di un nostro convegno (nel quale vennero mostrati interventi sostenibili di rigenerazione urbana), per poter presentare ridicoli interventi le cui autoproclamate sostenibilità e intelligenza si limitano alla presenza di verde nei rendering (che non necessariamente verrà seguita dalla realtà dei fatti per ovvie ragioni di impossibilità di crescita), dimenticando del tutto che la sostenibilità non può tralasciare il miglioramento delle condizioni ambientali, economiche e sociali. Dimenticando gli studi scientifici che dimostrano come la geometria dello spazio possa avere degli effetti deleteri sull’organismo umano. Tralasciando del tutto la necessità di costruire a chilometri zero e con materiali naturali piuttosto che abbondare con cemento, metalli, vetri e altri prodotti industriali. L’architettura industriale, inclusa quella che viene spacciata per “bio”, piuttosto che risultare sostenibile, risulta una vera e propria macchina da guerra contro l’ambiente … ma gli sponsor delle riviste patinate e di eventi come questo non potranno mai ammettere che certe cose si sappiano! Appare quindi offensivo dell’intelligenza umana sostenere l'insostenibile e spendere del denaro per organizzare degli eventi tesi a prendere per i fondelli chi è a digiuno di architettura, urbanistica, ambiente, neurofisiologia, sociologia ed economia. Questi eventi infatti, hanno un unico obiettivo: far credere che questo genere di progetti debba essere quello da portare avanti!!ù

C’è stato chi, leggendo il mio commento all’evento pubblicato su FaceBook ha detto:

La ‘rigenerazione urbana sostenibile’ non è un’esclusiva di Salìngaros se ne parla almeno da un trentennio. Soprattutto l’architettura (urbana) non è un marchio (per fortuna). Rigenerazione e sostenibilità sono spesso temi pericolosi con derive ‘speculative’ (anche in chiave piccolo piccolo borghese antichista).

L’unica replica che certi commenti meritano è questa:
Una cosa è adoperare degli slogan e dei termini con lo scopo di attirare l'interesse delle persone, e un'altra è parlare con cognizione di causa di determinati argomenti.

Indipendentemente dalla visione dell’architettura e dell’urbanistica che ognuno di noi può avere, sarebbe ora che tutti ci indignassimo per certe prese per i fondelli ... a meno che non si voglia ritenere che i progetti elencati per le sezioni "Città Sostenibili" e "Città Intelligenti" siano davvero da ritenersi tali!

Le posizioni personali andrebbero messe da parte, sarebbe ora di combattere queste menzogne che tendono a promuovere sempre le stesse persone, persone il cui mito, (come per esempio nel caso di Perrault riportato in elenco) è stato creato a tavolino e non per meriti reali, ma solo per comodo dell’allora Ministro della Cultura francese. Se davvero pretendiamo che la gente ritorni ad amare l'architettura, dobbiamo fare in modo che si smetta di prenderla per i fondelli!!!

Commento al commento su Facebook
Rivendicare l'esclusiva sarebbe un errore ma sostenere che la maggior parte di quegli interventi mostrati nelle foto sono semplicemente nuovi interventi che con la rigenerazione urbana sostenibile niente hanno a che vedere è legittimo e corretto. Le parole sono pietre e hanno un significato ben preciso:
- Rigenerazione significa "ricostituzione di tessuto o organo leso"
- Urbana è aggettivo che significa "relativo alla città"
- Sostenibile significa purtroppo molte cose, troppe anzi, ma possiamo convenire tutti che è aggettivo da attribuire ad interventi di trasformazione del territorio che non gravino eccessivamente, e idealmente tendano a non gravare affatto, sulle risorse energetiche non rinnovabili, che non occupino nuovo territorio e che siano realizzati con l'uso di materiali ecologici.
Se messe tutte insieme queste parole formano un'espressione molto più rigorosa delle singole parti e non è difficile osservare che alcuni di quegli interventi sono semplici architetture isolate che certamente non "ricostituiscono un tessuto o un organo leso", cioè una parte di tessuto urbano degradato. Sono solo oggetti, neppure sostenibili che quindi non rigenerano un bel niente. Ma anche un parco, da solo, difficilmente rigenera un tessuto urbano, pur essendo urbano (ma non necessariamente sostenibile in quanto la presenza massiccia di opere costruite può esserne elemento discriminante in questo senso).
Purtroppo l'uso di slogan come richiamo pubblicitario legato alla moda del momento è divenuta un'abitudine che ha il grave difetto, tipico della comunicazione di questa epoca, di essere generica e imprecisa, di accondiscendere il gusto del momento, a prescindere dai reali contenuti, di offrire insomma in pasto al pubblico quello che si ritiene il pubblico gradisca di più con ciò ingenerando idee totalmente sbagliate.
Quanto all'espressione "in chiave piccolo piccolo borghese antichista" è veramente .....demodè e perfino buffa perché volendo apparire come molto "moderna" finisce invece per essere vecchia e direi meglio proprio ammuffita. Piccolo borghese si riferisce ad una divisione in classi sociali che non esistono più, nemmeno come atteggiamento mentale, e che non trovano riscontro o paragone possibile nella società contemporanea. Direi che è un'espressione "piccolo borghese" in senso metaforico perché probabilmente indotta da letture approssimative mal digerite o in qualche sezione di partito piena di ragnatele.
Un esempio: potrebbe forse essere classificato come atteggiamento piccolo borghese quello di coloro per i quali "il possesso (di un oggetto non essenziale come l'IPhone) è il segno di un’identità sociale e una sorta di compensazione (per quanto magra) in tempi che, in molti, non lasciano troppe speranze per il futuro"? [Fonte: la rivista Il Mulino]
Anche se l'atteggiamento ha qualche somiglianza di facciata, certamente tale classificazione sarebbe totalmente superficiale, fuorviante e sbagliata.

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30 ottobre 2011

LA CASA DEI MORTI


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29 ottobre 2011

STOP AL CONSUMO DI SUOLO O CONTRAZIONE DELLA CITTA?

Limitarsi allo Stop al Consumo di Territorio? O promuovere una restituzione “sostenibile” di parte dei terreni finora consumati?
di Ettore Maria Mazzola

Di recente, grazie anche all’operato di un sindaco illuminato come Domenico Finiguerra, sono nati in Italia diversi movimenti popolari atti a dire basta al consumo di territorio da parte dell’edilizia.
Della cosa, ovviamente, si sono interessati tutti tranne (o solo in maniera molto marginale) che gli architetti e gli urbanisti. La lezione morale che viene da quest’esperienza è comunque la dimostrazione della straordinaria volontà di partecipazione da parte della cittadinanza, stufa di essere posta a margine delle decisioni dalle quali può dipendere la propria qualità della vita e il proprio futuro! Del resto, studi sociologici come quello di Zigmunt Bauman (Voglia di Comunità – Laterza, 2005), dimostrano il desiderio di riappropriarsi della propria identità, e del senso di appartenenza ad una comunità, da parte della popolazione relegata al ruolo di spettatrice nella realtà che le viene costruita intorno ed in cui è costretta a vivere.


Per quanto mi riguarda, non solo ritengo che sia possibile non consumare più territorio, ma perfino che sarebbe possibile restituirne parecchio alla campagna. Ho affrontato il tema nel mio libro "La Città Sostenibile è Possibile" (Gangemi 2010) e nei progetti che ho sviluppato per la "rigenerazione urbana" di Corviale a Roma e dello ZEN di Palermo, mostrando come sia possibile "ricompattare la città dispersa" creando posti di lavoro, calmierando il mercato fondiario e immobiliare, e migliorando le condizioni socio-economiche di chi è costretto a vivere in "quartieri" spersonalizzanti.

Non si tratta di bloccare l'espansione, ma di promuoverne anche la contrazione. Non si può dire che non si deve costruire sul suolo demaniale, perché questo rischia di portare con sé l'espansione a macchia d'olio della città, sotto l'egida dei movimenti ambientalisti: è ciò che sta accadendo a Roma, dove il nuovo Piano Regolatore vieta di costruire su suolo pubblico, consentendo agli speculatori fondiari e immobiliari di acquistare terreni agricoli e promuovere l'edificazione residenziale in luoghi sempre più lontani dal centro urbano, peraltro in assenza di un adeguato sistema di trasporto pubblico! Cosa ancor più grave è che la Regione e il Comune ipotizzino la realizzazione di quartieri di edilizia economica popolare e/o gli interventi di "mutuo sociale" in questi luoghi lontani da tutto e da tutti, giustificando la scelta con l’ormai noto slogan della necessità di realizzare alloggi per chi ne ha bisogno, dimenticando che quei “bisognosi” necessitano anche di contenere le spese di gestione della famiglia, ergo di risparmiare le decine di euro/giorno necessarie per il carburante delle auto da cui dipenderanno per recarsi al lavoro … ma questo sembra essere un problema loro, e non della società! Così come sembra non essere un problema per questi miopi politici, urbanisti e pseudo-ambientalisti, il costo di costruzione e di gestione di tutte le infrastrutture necessarie a rendere possibile città la cui estensione di strade e marciapiedi, reti, fognarie, acquedotti, elettriche, gas, telefono, e la cui potatura degli alberi (posti a margine per fingere una certa attenzione all’ambiente) gravano sul bilancio di tutti noi!

Se in realtà ci accorgessimo che, a causa di uno scriteriato modo di fare urbanistica generato dalla concezione idiota della "Città Funzionale", voluta e imposta da Le Corbusier (dietro la sponsorizzazione dell'industria automobilistica) per mezzo dalla Carta di Atene del 1933, il cosiddetto "sprawl" ha portato con sé strade molto più larghe del necessario, parcheggi perennemente inutilizzati, pseudo aree verdi (che di verde hanno solo l'erbaccia, e che vengono utilizzate dagli incivili per abbandonare lavatrici, materassi, divani e immondizie), allora ci accorgeremmo che potremmo mettere a disposizione parte dei terreni demaniali per contrarre le città, edificando ove possibile edifici tradizionali (ecocompatibili e a chilometri zero) atti a demolirne altri, dotando tutti i quartieri di luoghi per la socializzazione, giardini, parchi di quartiere, servizi, ovvero tutte quelle attività e luoghi che lo zoning ha impedito. In poche parole ci troviamo in una situazione dove potremmo ribaltare del tutto il problema denunciato da Giolitti nel 1909 parlando del crack finanziario del Comune di Roma:
«Se in principio, nel 1870, vi fosse stata un’Amministrazione comunale che, intuendo l’avvenire di Roma, avesse acquistato le aree fino a 5 o 6 km intorno alla città, ed avesse compilato un piano di ingrandimento, studiato con concetti molto elevati, oltre ad avere creato una città con linee molto più grandiose, avrebbe anche fatto un’eccellente speculazione».

Per dare qualche dato, nel progetto che ho sviluppato per Corviale, oltre ad aver inserito una serie di funzioni vitali (5 piazze poste in sequenza, tutte le scuole primarie e secondarie, municipio, cinema-teatro, ufficio postale, attività sportive, negozi, attività artigianali, centro culturale, chiesa, un enorme parco di quartiere, una serie di giardini con aree attrezzate per il gioco dei bambini e per gli anziani, ecc.), è stato possibile restituire alla natura 11 ettari di terreno! Inoltre è stato possibile inserire oltre 2000 nuovi residenti, necessari all'integrazione sociale. Tutto questo significa che, se l'operazione venisse effettuata direttamente dallo stato, visto che l'IACP è stato trasformato in ATER (Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale), tornando a poter costruire in proprio gli edifici (anche per conto terzi) come prima del fascismo, piuttosto che limitarsi ad amministrare edifici di pessima qualità costruiti da imprese private, potrebbero azzerarsi i conti dell'edilizia residenziale pubblica: dalla vendita degli edifici speciali, negozi, attività artigianali e alloggi eccedenti, potrebbero addirittura guadagnarsi molti soldi reinvestibili in operazioni simili. Nel caso specifico di Corviale parliamo di una cifra compresa tra i 450 e i 518 milioni di euro! Altrettanto dicasi per lo ZEN, ma non posso anticipare i dati prima di aver presentato ufficialmente il progetto.

Per concludere, come ha scritto Italo Insolera: «in una città che ha l’edilizia come sua unica attività industriale, il deficit dell’amministrazione, già allora cospicuo, può essere sanato proprio con una diretta partecipazione in tale ramo di investimenti»

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