Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


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12 novembre 2011

TRA LA VIA EMILIA E ....L'EAST

Dall'amico Enrico Defini, medico bolognese, viaggiatore curioso e appassionato di architettura e arte, ricevo questa cartolina di viaggio con alcune impressioni sui grattacieli di Manhattan ma non solo.

Caro Piero,
rientro da Manhattan, dopo una indigestione di grattacieli.
Erano con me una coppia di amici, che vedevano NY per la prima volta.
Mi sembra interessante riportarti le impressioni che questi amici (colti intelligenti ma "digiuni" in tema di architettura-urbanismo) esprimevano, al cospetto dei grattacieli.
Volutamente mi astenevo, per quanto possibile, da influenzare o pre-condizionare le loro opinioni.
Bisogna premettere che New York City, rispetto alla mia ultima visita, poco prima dell'11 settembre, è molto cambiata. Se due grattacieli mancano, decine di nuovi sono spuntati e stanno crescendo. Giurerei che la torre che stanno costruendo di fianco al Ground Zero Memorial, è cresciuta di un paio di piani nei sette giorni che sono stato là... (ha già raggiunto almeno i 300 metri!)

Vengo alle impressioni dei "profani" (come se io non lo fossi!!):

Innanzitutto si conferma che le forme "eleganti" in vetro acciaio e titanio vengono istintivamente viste come "belle" (e siamo al solito discorso sulla differenza tra oggetti di arredamento ed elementi urbanistici).
Ma insieme alla bellezza e allo stupore, i miei amici esprimevano anche valutazioni circa la "funzionalità" e considerazioni sugli aspetti logistici interni agli edifici e più in generale sulla rete infrastrutturale necessaria (indispensabile!) alla vita di un grattacielo.
Un edificio in cui abitano, o lavorano 5 o 10mila persone, non può esistere senza una rete di trasporti capiente, efficiente, vicina, affidabile.
Se i 7mila dipendenti del New York Times arrivassero al grattacielo (by R.Piano) sulla 8th av.-42nd street con le loro automobili, nessun parcheggio sarebbe sufficiente; nella migliore delle ipotesi alcuni (molti) dovrebbero lasciare l'auto a qualche centinaio di metri; le operazioni di ingresso e di uscita sarebbero caotiche e lunghissime. E la cosa andrebbe moltiplicata per centinaia di grattacieli.
E le operazioni di carico e scarico merci? Un albergo di 500, o mille, o 1500 stanze (e ce ne sono decine) produce spazzatura, biancheria da lavare, in quantità che fanno impressione. E gli approvvigionamenti? E lo stoccaggio delle scorte? Solo per la carta igienica, un camion al giorno!

Questo tipo di ragionamenti ha provocato nei miei amici una sorta di ammirazione per l'organismo "città" declinato alla newyorkese.
Facendo un paragone (moooolto ardito) con le nostre città e cittadine, dove si innalzano, o si vorrebbero innalzare, grattacieli senza un motivo plausibile e senza il substrato culturale storico logistico di cui NY dispone, si rischia di cadere nel ridicolo e nello scontato.

Ma è un fatto che NY è la città degli estremi. Foresta di grattacieli e tecnologie all'avanguardia, ma anche una città a misura d'uomo, dove ci si può spostare a piedi o in bicicletta.
E a proposito di bici, dopo 12 anni, ho constatato un netto aumento del loro uso; nelle mie precedenti visite ('93, '95 e '99) erano rarissime; solo qualche "pony express" di colore a sfrecciare pericolosamente. Noleggiarne una era possibile solo a Central Park, e solo tra maggio e settembre. Oggi ci sono decine di bike-rentals, decine di chilometri di piste ciclabili (e altre in costruzione); e anche centinaia di trabiccoli tipo "risciò" in cui un pedalatore trasporta due clienti su un divanetto posteriore; prezzo concorrenziale rispetto alle carrozze bianche.

Tornando ai grattacieli, bisogna riconoscere qualche qualità alla torre di Gehry a Lower Manhattan, la casa di abitazione più alta del mondo occidentale.
Mi ha deluso invece l'Heart Bldg di Foster.
E per parlare delle sensazioni mie personali in generale, rispetto agli anni '90, devo riconoscere che la lezione di Salìngaros ha lasciato il segno: gli edifici degli anni '20-'30, con i loro fregi art-déco (molti perfettamenti restaurati) mi sono quest'anno sembrati molto più belli e interessanti, rispetto alla fredde superfici delle glass-box.
In generale ho constatato di avere messo insieme uno sguardo più attento all'aspetto esterno mentre in precedenza mettevo in primo piano la funzionalità interna.
Scusa lo sproloquio, ma avevo piacere di condividere questi miei "pensierini"
Enrico

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1 settembre 2008

ROBERT ADAM: IL MODERNISMO CONSERVA SE' STESSO

Pietro Pagliardini

TIMESONLINE, la versione on line del TIMES di Londra, che dà un grande spazio all’architettura, è molto critico con il Principe Carlo, sia per la sua passione per l’architettura tradizionale, che per i suoi comportamenti pubblici e privati, e pure per il suo ambientalismo, insomma, per tutto ciò che lo riguarda.
Tuttavia, ultimamente sono frequenti articoli e interviste che parlano di Poundbury, il villaggio voluto dal Principe e progettato da Lèon Krier, come un notevole successo di pubblico e che viene ora anche preso come esempio dal governo britannico per nuovi insediamenti rurali.
Ultimamente è stato pubblicato questo articolo-intervista a Robert Adam, un architetto classico che riporto di seguito integralmente tradotto.
La foto sotto non è nell'articolo ma è una mia aggiunta.

TIMESONLINE- 25 giugno 2008
Lo stile di guerra degli architetti
Robert Adam e Quinlan Terry danno inizio ad una battaglia di stile attaccando il Modernismo
di Lucy Alexander

Robert Adam è andato in prima pagina il mese scorso quando si è unito ad un altro architetto Classico, Quinlan Terry, progettista del nuovo ambulatorio presso l’Ospedale Reale a Chelsea, con un robusto attacco al Modernismo. I due hanno condannato ciò che essi considerano un pregiudizio da parte del Royal Institute of British Architect (RIBA) contro gli edifici tradizionali nell’assegnazione dei suoi premi annuali (la lista di quest’anno comprende il terminal 5 e lo Stadio di Wembley).

Adam, che è stato giudice del RIBA per 12 anni, ha descritto i premi dell’ultimo mese come una “truffa”, dicendo che “ il RIBA e la classe professionale degli architetti si stanno comportando con stile fascista. Questa è una battaglia tra il tipo di architettura che una cricca professionale pensa sia giusta e gli edifici che piacciono al pubblico.”

Lord Rogers di Riverside, il cui studio ha vinto diversi premi, compreso uno per Oxley Wood, uno sviluppo di residenze prefabbricate a Milton Keynes, ha risposto acido: “Il Modernismo è sempre stato uno shock e sembra che alcuni ci mettano molto tempo per guarire”.

Secondo Adam, il movimento per l’architettura Moderna, che cominciò negli anni ’20 come un rigetto iconoclasta delle forme storiche, si è calcificato in una nuova ortodossia, intollerante dei dissidenti.

“Gli edifici tradizionali non ottengo mai alcun credito da nessuno nel mondo professionale degli architetti. Per oltre 40 anni è accaduto che avresti potuto bocciare nel college di architettura se tu avessi disegnato un edificio tradizionale. Sei visto come se tu copiassi il passato. Ma il futuro deve inevitabilmente coinvolgere il passato a qualche livello”

Adam si spinge fino ad imputare un sottofondo sinistro all’ideologia Modernista in architettura: “E’ totalitaria. Richard Rogers disse una volta che Poundbury dovrebbe essere distrutta. Non si è accontentato di dire che a lui non piace, ma che avrebbe dovuto essere cancellata. Loro, i Modernisti, non possono tollerare nessuno che faccia qualcosa che non si adatti alla loro nozione di progresso accettata come vera”.

Questa è la stessa Poundbury che un’analisi del governo mercoledì ha raccomandato di prendere come copia per lo sviluppo di future comunità rurali di successo.

L’accusa di Adam che gli architetti sono indifferenti dell’opinione pubblica suona veritiera quando si considera che la recente campagna per salvare i Robin Hood Gardens, una lugubre e antiquata offesa alla vista in cemento degli anni ’60 che i residenti e il consiglio hanno convenuto di buttare giù.

La decisione all’inizio di questo mese di Margaret Hodge, il Ministro per l’Architettura, di non mettere nell’elenco del patrimonio (e perciò di proteggere dalla demolizione) con la motivazione che “esso ha fallito come luogo vivibile per gli esseri umani”, ha mostrato una disponibilità all’ascolto delle ragioni dei comuni residenti. Di contro un recente titolo nella rivista Building Design, che ha condotto la campagna per salvare i Robin Hood Gardens –“ Il rifiuto della Hodge di metterli in elenco è un affronto alla professione”- rivela che il consiglio dei residenti non rappresentava una priorità per gli architetti.

I Modernisti sono ora, almeno sembra, nella bizzarra posizione degli iconoclasti che si sono piegati a preservare le proprie tradizioni tramite il sistema degli elenchi dell’English Heritage (ente che protegge il patrimonio storico inglese). Che cosa sostituirà l’immobile demolito resta ancora da vedere. Colonne classiche appare improbabile.”


ULTIMISSIME: E'di oggi 1 settembre la notizia riportata su Building Magazine che il Governo Britannico rivedrà la decisione di non inserire i Robin Hood Gardens nell'elenco dell'English Heritage.

Dunque ha ragione Adam: il Modernismo è un movimento di conservazione di se stesso.

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Di seguito allego i links a due articoli su Pondbury, il primo che ne decreta il successo, il secondo in cui il Primo Ministro Gordon Brown ha deciso di prendere la cittadina come esempio per nuovi insediamenti commerciali e residenziali nelle zone rurali.

http://www.timesonline.co.uk/tol/life_and_style/article1126292.ece

http://www.timesonline.co.uk/tol/news/politics/article3649184.ece


N.B. Le immagini aree sono tratte da:
Poundbury: Google Earth
Robin Hood Gardens, Londra: Virtual Earth di Microsoft

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13 giugno 2008

"Quando non hai niente da dire, non dire niente" (C.C.Colton)

New York Times dell'8 giugno 2008. Articolo di Nicolai Ouroussoff di cui riporto un estratto con l'intervista a Steven Holl:

“In America non potrei mai fare il lavoro che faccio qui” mi ha detto recentemente Steven Holl, un architetto di New York con molti grandi progetti in Cina, riferendosi al suo ultimo complesso a Pechino.

“Stiamo guardando troppo indietro. In Cina vogliono che tutto sembri nuovo. Questo è il loro momento. I cinesi vogliono che il XXI secolo sia il loro secolo. Per qualche motivo la nostra società vuole rendere tutto vecchio. Penso che in qualche modo abbiamo perso il nostro coraggio”.


La foto sopra è un esempio del nuovo in Cina. La città è Shenzen e questo non è il progetto di Steven Holl; ma cambia qualcosa?

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