Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


26 giugno 2008

GRATTACIELI SOSTENIBILI E .... SOSTENUTI

Pietro Pagliardini

Ho come l’impressione che il libro di La Cecla su moda e architettura sia già roba da archivio, e con esso i miei post sul tema, superato nel breve volgere di un click dal nuovo verbo per veicolare architetti e grattacieli: SOSTENIBILITA’.

Ce ne fosse una di queste offese al buon senso che non è sostenibile! L’ultimo è quello girevole di David Fischer che verrà prodotto in scala industriale (questa è la vera novità) prima a Dubai e poi nelle varie metropoli smaniose di apparire, somma espressione di globalizzazione culturale. Anche la sindaca di Milano ha detto che le piacerebbe che uno di questi divenisse il simbolo di Expo201, non so dire se per il fatto che gira, o perché è sostenibile o perché si tratterebbe di un prodotto industriale e a lei magari ricorda la Milano operaia. Fatto sta che ne è rimasta folgorata. Mi permetto comunque di osservare che andare a prendere come simbolo dell’Expo2015 un progetto che a quel momento sarà già “usato”, a prescindere da ogni altra considerazione, non mi sembra gran cosa dal punto di vista dell’immagine.


“Sostenibilità” apre tutte le porte, allarga i cuori di chi è terrorizzato dal global warming, mette gli amministratori in pace con i propri elettori, tappa la bocca dei critici e pare siano contenti anche i cittadini (che cosa gliene freghi poi ai cittadini che sia sostenibile un grattacielo se non sono loro a comprarci casa, c’ho da capirlo: i proprietari risparmiano sulla bolletta e loro si beccano il birillo davanti casa. Potenza del nuovo credo!).
Ho letto perfino che è sostenibile quello storto di Libeskind a Milano perché, essendo incurvato, si farà ombra da solo, senza aggiunta di niente, cioè è sostenibile “per forma”. Trovata, questa, assolutamente grandiosa, la migliore dell’anno in assoluto; però speriamo che venga davvero il caldo anche d’inverno, altrimenti i piani alti non li vedo messi bene senza un rinforzino di riscaldamento.

Perché tanto sarcasmo da parte mia, perché sono così cinico nei confronti dei destini del nostro pianeta?

Il fatto è che questa dei grattacieli sostenibili e autosufficienti mi sa tanto di bufala mediatica, di trucco per ammorbidire le resistenze di eventuali oppositori perché se c’è una tipologia di edifici che è il contrario del risparmio energetico è proprio quella dei grattacieli. In base a quali dati faccio questa affermazione? Oltre che su un pò di "letteratura", in base a semplici leggi della fisica le quali insegnano che: mandare l’acqua a tre o quattrocento metri di altezza, veicolare in su e in giù fluidi per riscaldamento e raffrescamento (a parte quello storto che si fa ombra da solo, ovviamente), scaricare reflui da quelle altezze richiede interruzioni della linea e quindi ulteriori impianti, movimentare ascensori veloci ecc. brucia tanta di quell’energia che parlare di sostenibilità mi sembra una beffa. In tema di isolamento termico, inoltre, un grattacielo non può che essere costruito con materiali di tamponamento leggeri i quali, come è noto, hanno poco massa e quindi scarsissima inerzia termica, per cui gli apporti energetici sono molto superiori a quelli con materiali tradizionali (si parla di “effetto baracca”).
Esistono poi altri fattori non secondari quali la grande quantità di energia necessaria alla costruzione e alla manutenzione, dato che tutti i materiali e le persone devono essere movimentati ad altezze considerevoli.

Ma, si dice, a fronte di questi consumi, si farà largo impiego di energie rinnovabili che garantiranno l’autonomia o almeno una percentuale dell’energia necessaria. Ora, a parte il fatto che sarebbe buona cosa poter verificare a posteriori gli apporti esterni di energia in grattacieli già costruiti e decantati per la loro sostenibilità, la domanda vera è: ma se quell’energia alternativa prodotta per alimentare un grattacielo calcolato per, diciamo, 3000 persone fosse adoperata per alimentare edifici normali, quante persone alimenterebbe? Lo stesso numero di 3000 oppure 3000 x n, dove n è un numero maggiore di 1? La risposta giusta è l’ultima, quindi dichiarare che un edificio è sostenibile perché autoalimentato è una presa in giro. Ci dimostrino piuttosto che a parità di unità di misura (metro quadro, metro cubo, abitante, ecc) un grattacielo consuma meno di un edificio di due o quattro o sei piani e allora, anche se a malincuore, mi convincerò della loro effettiva sostenibilità.
Esistono anche altre varianti di grattacieli sostenibili: una delle ultime (è difficile dire quale sia l’ultima perché ce n’è una al giorno) è il “bosco verticale”.
Questo è proprio bello. Si tratta di due grattacieli previsti a Milano su progetto di Stefano Boeri con la consulenza di “esperti”. Si chiama bosco verticale perché il grattacielo è completamente ricoperto all’esterno da una barriera di alberi, non piante rampicanti o gerani, ma veri e propri alberi.


Il progetto si presta a varie interpretazioni.
Intanto c’è una certa suggestione in questo bosco verticale dentro la città perché la natura, per quanto manipolata, ha sempre un suo potere evocativo per l’uomo; poi vi si legge un senso di ritorno alle origini, di risalita sugli alberi da cui vi è chi ritiene che noi proveniamo ma, più forte di tutti, io vi leggo il rifiuto della città, la rinuncia, direi quasi la vergogna, il senso di colpa, alla costruzione dell’artificiale, mascherandolo con l’elemento naturale più amato dall’uomo, l’albero.
Immagino che i residenti non avranno molta possibilità di apprezzare il panorama di Milano e forse è proprio questo il significato vero dell’edificio: la città è brutta, è cattiva, è violenta, è artificiale, inquina ed è meglio chiudersi nel bosco per non vederla. È il segno di una sconfitta totale della civiltà urbana e dell’ambiente costruito dall’uomo.

Questo grattacielo ha raccolto consensi unanimi, pare, e ha perfino la benedizione di Lega Ambiente che, non so bene a quale titolo, sembra costituire un vero e proprio marchio di qualità (a proposito, Lega Ambiente ha mai protestato per il fermo del termovalorizzatore di Acerra?).

Preferisco trascurare alcune considerazioni in ordine alla fattibilità di quell’edificio, alla manutenzione dello stesso, ai problemi di sicurezza legati al vento (che talvolta sradica gli alberi), ai carichi enormi dovuti alla terra, ecc. perché immagino che siano stati tutti considerati: vedremo. Mi interessa di più capire cosa la parola sostenibilità sottintenda e se non sia diventata ormai uno dei tanti luoghi comuni di cui ci nutriamo, parola d’ordine vuota e priva di senso, utilizzata un po’ ad arte e un po’ come un automatismo, ma sempre utile per coloro che la propongono.

Sostenibilità viene usata:
-per favorire o bloccare nuovi insediamenti edilizi;
-per l’utilizzo di energie alternative;
-per fare nuovi parchi in città;
-per fare nuovi grattacieli in città;
-per vendere case a basso consumo energetico;
-per favorire la bio-architettura;
-per ridurre il traffico veicolare e il relativo inquinamento;
-per fare piste ciclabili;
-per le nuove collezioni di moda;
-per favorire la nascita o lo sviluppo di poli tecnologici;
-per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti;
-per sostenere il turismo nelle campagne;
-per sostenere qualche architetto;
-per creare nuove associazioni;
-per fare ricerche finanziate dallo stato o da aziende che inquinano come matte;
-per promuovere la qualità di cibo e vino locale;
-per giustificare nuove leggi urbanistiche ed edilizie;
-per fare nuovi piani regolatori;
-per inventare nuove figure professionali;
-per fare corsi di aggiornamento;
-per dare certificazioni alle aziende;
-per creare aziende che aiutano altre aziende a prendere le certificazioni;
-per condannare i paesi emergenti;
-per fare spedizioni in Antartide;
-per assegnare premi Nobel;
-per fare film;
-perfino per giustificare gli autovelox in città;
insomma per quasi tutte le atività, per quelle buone e per quelle meno buone.

E’ un passepartout, è la parola-motore di una bella fetta dell’economia.
Io avevo la netta sensazione che la sostenibilità presupponesse una natura buona e un’umanità cattiva, che avesse ragione chi sostiene, come Paul Driessen nel libro Eco-imperialismo. Potere verde, morte nera, che si tratta di una nuova ideologia per gli orfani del comunismo ma mi rendo conto, che la realtà si è evoluta e si è trasformata in una delle tante strategie di marketing fatte proprie, con notevole abilità, da gruppi economici per vendere meglio i loro prodotti.

Di seguito qualche link utile:

Michael Mehaffy sul Corriere della Sera: CITTA' SOSTENIBILE SENZA GRATTACIELI

Lucien Steil su archimagazine: La ricostruzione di Manhattan senza grattacieli

Nikos Salingaros intervista Leon Krier, su archimagazine

Architettura sostenibile-Nella trappola solare

A VISION OF EUROPE: Scambio di lettere con il Sindaco di Torino

Italia Nostra

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