Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


5 giugno 2008

LEGGE URBANISTICA TOSCANA vs DISEGNO URBANO

Pietro Pagliardini

Questo post fa riferimento a fatti della mia città solo per comodità di miglior conoscenza diretta dei fatti, ma non credo che la condizione dell’urbanistica sia poi molto diversa da quella di altre città, specialmente della Toscana, dove c’è una legge urbanistica che, dove più, dove meno, alimenta i comportamenti di seguito descritti.
Se qualcuno si riconoscesse su quanto scritto di seguito è bene che sappia che, come nei film di una volta:
ogni riferimento a persone reali o fatti realmente avvenuti è puramente casuale.
Dico ciò perché la polemica, che c'è, è con un metodo generalizzato, non esclusivo della mia città, e non con qualcuno in particolare.

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Domenica di Fiera Antiquaria. Consueta passeggiata tra i banchi alla ricerca di qualche oggetto per la mia collezione di gadgets Coca-Cola. La città è particolarmente bella, animata com'è da turisti alla ricerca dell’affare straordinario: si aggirano lentamente nelle strade del centro antico e, in un modo o nell’altro, porteranno a casa qualcosa di importante, forse un mobile o un soprammobile, certamente la scoperta di una città austera e attraente allo stesso tempo che sarà ricordata per lungo tempo.
L’occhio va però alla locandina del giornalaio dove c’è l’immagine ripetuta della città ideale (Laurana? Pier della Francesca?Ignoto?) ma un istante dopo è il titolo “forte” ad attirare la mia attenzione:
Caspita, cosa ci sarà scritto nelle pagine interne e cosa c’entra Gomorra con Arezzo? E’ vero che c’è in corso un processo chiamato variantopoli (che non richiede alcuna spiegazione) ma, insomma, qui non ci sono stati mica morti ammazzati, o minacce, o intimidazioni fisiche! Semmai il solito sistema bloccato, comune a molte città toscane, in questo caso imitato, con caratteri un po’ troppo sguaiati e disinvolti, da una maggioranza di centro-destra.

Compro il giornale, un settimanale locale che tratta un po’ tutti i temi della città, con particolare riguardo, ovviamente, all’urbanistica.
Il titolo e le foto mi inducono alla speranza di vedere qualche disegno che illustri questo nuovo corso per una città ideale; le premesse ci sono tutte e le aspettative anche, visto che sono ormai 6 o 7 anni che è iniziato l’iter del PRG, che qui in Toscana è diviso in due fasi: Piano Strutturale (mappe tematiche, roba da geologi, ingegneri idraulici, informatici, economisti, storici, agronomi, ambientalisti, rilevatori, ecc., milioni di parole dal significato generico e spesso controverso, calcoli numerici sul fabbisogno abitativo) e Regolamento Urbanistico (qualcosa che assomiglia di più al sempre troppo poco rimpianto, vecchio PRG). Adesso saremmo vicini all’adozione del R.U., quindi sembrerebbe proprio il momento della produzione di disegno urbano, almeno per illustrare il metodo, l’approccio culturale.
Sfoglio il giornale ma trovo le solite notizie sulle procedure.

La delusione è profonda, non tanto per colpa dei giornalisti che riportano i fatti, quanto per i fatti stessi che ormai sono solo questi: procedure, procedure, procedure, norme, leggi.
Ormai le leggi hanno preso il sopravvento su tutto, la legge produce la realtà e non l’inverso. Una legge, quella toscana, nata per semplificare, ovviamente, e dare più autonomia ai comuni, ovviamente, nell’ambito di una griglia di possibilità, o meglio di impossibilità, date, a cascata, dalla Regione e dalla Provincia, ma che ha prodotto invece esattamente l’effetto opposto: i tempi sono dilatati, i comuni sono sottoposti a doppi controlli, le procedure sono incomprensibili agli stessi tecnici che dovrebbero applicarle, (c’è ciccia per gli avvocati del diritto amministrativo) figuriamoci ai progettisti e ancor più ai cittadini.

Ma soprattutto, che fine ha fatto l’urbanistica e il disegno urbano? Inesistenti, totalmente. Semmai è tornata di moda la “pianificazione”, termine a mio avviso illiberale, certamente minaccioso, che fa tornare in mente i piani quinquennali di sovietica memoria.

Qualcuno sarà portato a pensare che io esageri ed è anche giusto, visto che definisco questo blog volutamente fazioso, ma non è così: in questo caso credo di aver minimizzato la realtà che, per apprezzarla veramente, bisognerebbe averla vissuta mentre io sono incapace di trovare le parole adatte allo scopo, il mio è un racconto sbiadito ed edulcorato della realtà vera.

Se qualcuno crede che io stia esagerando cercherò di far parlare i fatti:

Comincio con una foto, che di seguito riporto, di parte di una carta del Piano regolatore della stessa città del 1935.

Si possono osservare le nuove strade, le parti da demolire e le parti da costruire. Questo, giuste o sbagliate che siano state le scelte, è disegno, è un piano che rappresenta una città.
Questa tavola riporta in dettaglio il disegno delle cose da fare, le strade da eseguire, le parti da demolire e quelle da ricostruire e il bello è che sono state eseguite proprio in quel modo.Non ho la sveglia al collo e so che oggi la realtà è più complessa, che la realtà economica è ben più vivace di un tempo, che le spinte individuali sono infinitamente più forti e quantitativamente numerose, che ci sono altri bisogni da soddisfare, che c’è da ridurre l’inquinamento e il rumore, che il traffico automobilistico è il primo problema da risolvere per città grandi e piccole, che non c’è solo la città ma c’è il patrimonio delle aree non urbanizzate, colline, pianure, boschi, zone agricole; capisco bene che il SIT costituisce una base dati essenziale per conoscere, e tenere sotto controllo, una realtà vasta e varia ma questo non può diventare un mito dal quale, alla fine, sembra quasi che il progetto di piano debba venire fuori automaticamente, dopo aver sottratto tutte quelle parti su cui non è possibile costruire.

Un linguaggio astruso, che sembra immaginifico ma è solo burocratico, si è sostituito ai pochi vacaboli dell’urbanistica conosciuta prima: per dire nuove costruzioni ora si dice “consumo di suolo” ma che non è consumo di suolo se si costruisce in aree urbanizzate; e poi abbiamo i sistemi ambientali, i sottosistemi ambientali, gli ambiti funzionali, le tutele strategiche, le UTOE, gli schemi direttori, le invarianti strutturali, i geotipi e poi tutto il linguaggio dell’ambientalismo politically correct. Ma disegni, niente.

Inoltre si dà parvenza scientifica ad una massa di dati il più delle volte abborracciati e messi insieme per soddisfare la necessità, molto poco rispettosa dell’ambiente, di produrre quintali, forse tonnellate, di carta, a garanzia della serietà della cosa: chi mai potrà controllarle e verificare la loro attendibilità e, soprattutto, la loro reciproca relazione e il loro coordinamento?

Le norme tecniche di attuazione del Piano Strutturale (cioè della prima fase del PRG) hanno un articolato di ben 225 articoli, il cui lessico è quasi tutto come il seguente:
1. Le condizioni alla trasformabilità relative al sistema della Residenza sono esplicitate attraverso degli indirizzi che si riferiscono a due categorie di azioni:
-la prima categoria riguarda le azioni di compensazione ambientale per contenere gli effetti sul territorio e sulle risorse e quindi: l’applicazione dei parametri ambientali, il mantenimento delle principali prestazioni ambientali quali il deflusso delle acque superficiali e l’officiosità idraulica, il mantenimento dei corridoi ambientali di supporto alla rete ecologica urbana, la regolamentazione e la compensazione dei fattori di inquinamento (traffico, isole di calore, attività rumorose, ecc); l’abbattimento degli effetti inquinanti prodotti dalle aziende a rischio rilevante nonchè insalubri;
-la seconda categoria riguarda le azioni preliminari necessarie per rendere possibile il processo edificatorio quali: la bonifica dei siti inquinati e la riqualificazione delle aree soggette a degrado, le modalità di approvvigionamento idrico e di smaltimento; le canalizzazioni di servizio; la separazione delle acque reflue dalle acque piovane; la raccolta differenziata e lo smaltimento dei rifiuti, l’utilizzo di fonti energetiche alternative ed eco-compatibili, l’utilizzo di tecnologie legate alla bio-architettura.


Chi fa Piani Strutturali con una certa continuità mi dice che l'ulteriore, nuova legge urbanistica(con l'enciclopedico cascame successivo dei decreti applicativi), la summa di tutta l’urbanistica regionale, che non a caso porta il n° 1, ha ulteriormente incarognito le procedure.

Esaurite le energie in una montagna di procedure, che spazio rimane per disegnare la città e il territorio?

E pensare che, ironia della sorte, all'inizio il disegno del piano era stato impostato dall'Arch. Peter Calthorpe, uno dei massimi esponenti del New Urbanism americano, il quale, dopo qualche anno in cui si era fatto apprezzare, è stato liquidato, probabilmente perchè inutile in una montagna di procedure che definire bizantine è un eufemismo.

Un sistema come questo cui prodest?

Tutto questo armamentario pseudo-scientifico ha prodotto in Toscana qualità architettonica migliore o, per dirla in italiano, ha prodotto un’urbanistica più bella, da città ideale, come preannunciava il giornale?
Certo che no, e la causa risiede sicuramente nel fatto che la legge precedente che l’ha prodotta era troppo liberale e liberista ma, d’ora in poi, con la mitica N° 1, il Laurana diventerà rosso di vergogna!

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