Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


29 novembre 2011

GIORGIO MURATORE SUI GRATTACIELI

E' raro avere la capacità di condensare in poche righe la storia e contemporaneamente fotografare la forma grattacielo e la società che la esprime. Il prof. Giorgio Muratore ci è riuscito, anzi ci era già riuscito, visto che l'articolo è del 2008.
Davvero è difficile aggiungere altro alla denuncia di questa condizione che è, prima di tutto, politica ad un sistema di potere che oggi è molto più riconoscibile, vicino e incombente.


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27 novembre 2011

LA "GIURIA POPOLARE" DI PRESTINENZA PUGLISI

Avevo scritto in questo recente post che Luigi Prestinenza Puglisi è un ottimo comunicatore e su facebook che è pure simpatico, e lo confermo. Avevo anche scritto che da lui mi divide quasi tutto e lo riconfermo. Ecco un'altra occasione.
Sulla presSS/Tletter n° 27 c’è la notizia di un concorso organizzato curato dall’Associazione Italiana di Architettura e Critica presS/Tfactory, di cui LPP è fondatore e anima.

Sorvolerò sui componenti della giuria, che sono sempre i soliti nomi di richiamo, perché considero naturale che ognuno scelga coloro ai quali in qualche modo si sente più vicino culturalmente, e sorvolerò anche sul tema, che ritengo alquanto superfluo (coniugare la sostenibilità e il ”design parametrico” di una piccola struttura temporanea informativa in caso di calamità naturali!!!) anche se non privo di potenziali risvolti economici.

Ciò che mi sembra fuorviante, eminentemente pubblicitario e pure vagamente demagogico è il premio assegnato anche da quella che nel sito viene definita “Giuria popolare” (le virgolette sono nel bando), che altro non è che il pubblico di internet il quale, visitando un sito, cliccherà sul preferito di uno dei dieci progetti selezionati. Niente di illecito, per carità, non è certo il primo contest del genere in rete e non sarà l'ultimo, ma è una scelta che la dice lunga sulla qualità e finalità del concorso.
Sappiamo tutti che non bisogna essere esperti di informatica per poter cliccare quante volte vogliamo, nonostante le sicurezze che si possono prendere per evitarlo. Sappiamo che esistono programmi che lo fanno in automatico in barba ad ogni protezione. E se uno ha tempo da perdere e non ha il programma, si può organizzare con gli amici per cliccare quante volte vuole, avendo la noia e il tempo come soli limiti. Insomma sappiamo tutti che qualsiasi sondaggio, votazione o preferenza espressa via internet ha valore vicino allo zero e non è nemmeno lo spettro di un campione statistico: su un giornale di destra si leggeranno quasi esclusivamente commenti di destra e viceversa. Al più può indicare l’impegno speso da ciascun gruppo nel cercare la vittoria, insomma un premio alla buona volontà, se va bene.

Lo sappiamo tutti ma lo sanno anche gli organizzatori. Cosa voglio dire con questo, che LPP vuole truccare le carte? Assolutamente no. Voglio dire che è solo un sistema per dare visibilità al concorso ma chiamarla “Giuria popolare” è una scelta consapevolmente sbagliata, ed anche vagamente ironica, dato che la giuria popolare di San Remo è certamente più “popolare” di quanto non lo sia questa e che una vera giuria popolare di un concorso di architettura (ma a che serve l’architettura in questo caso?) dovrebbe essere costituita da coloro che utilizzeranno l’architettura stessa e non da un pubblico selezionato e ristretto di “intenditori”.
Sarebbe bene insomma usare i termini giusti e non confondere le acque: le giurie popolari in architettura sono, o dovrebbero essere, qualcosa d'altro e di molto più serio.

LPP ha denunciato più volte il sistema dei concorsi, stilando anche un decalogo,questo il link, che io commentai positivamente in questo post ma mi sembra che di quei criteri se ne ritrovino ben pochi in questo caso. Uno per tutti: in giuria ci sono soggetti che partecipano spesso ai concorsi, e vincono.
Capisco che questo è un concorso privato, che l’opera non ha una rilevanza straordinaria in sé - a meno che non esista la possibilità di proporla presso qualche ente proposto, cosa che in fondo riterrei corretta se venisse fuori qualcosa di utile (ma cosa c’entri l’architettura ancora mi sfugge) - però un minimo di coerenza nel metodo non sarebbe stata disprezzata, senza dover cedere e concedere tutto all’immagine, alla pubblicità, al marketing.

RETTIFICA:
Su segnalazione di Luigi Prestinenza Puglisi ho pubblicato una rettifica in ordine alle modalità di voto via internet e alla composizione della giuria. QUI

Link a post su Concorsi e giuria popolare

Proposta di legge sui concorsi di architettura
Concorsi per gli architetti o concorsi per la città?
Architettura come arte civica- 2
Architettura come arte civica: il caso CityLife
L'idea di Politica e Architettura di Mimmo Paladino
Referendum per demolire o referendum per costruire?
I cittadini e la politica scelgano, non gli architetti



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23 novembre 2011

VISIONE FRATTALE

Pubblico questa breve comunicazione inviata da Fabrizio Giulietti, sociologo e urbanista, sulla teoria frattale applicata alle retine artficiali.

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Interessante scoprire che la teoria dei frattali possa essere usata
anche per delle retine artificiali...

Fractals in nanoelectronics, Retinal Implants and Solar Cell

... ma d'altronde, prima di disegnare una città, la dobbiamo "vedere"
nella realtà, nelle dinamiche umane che la caratterizzano, e
soprattutto la città è una trasposizione territoriale e sociale di
come noi osserviamo l'ambiente che ci circonda... il frattale
nell'occhio, il frattale attorno a noi... quasi ovvio... alla faccia
delle nebulose "visioni" tanto di moda oggi
Fabrizio Giulietti

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19 novembre 2011

SI PUO' COSTRUIRE NEI CENTRI STORICI?

Giornata piena alla Giornata di studio su Giorgio Vasari Architetto organizzata dall’Ordine degli Architetti di Arezzo. Non è il momento di un resoconto completo, in attesa di scaricare qualche video, ma vorrei commentare uno dei tanti spunti che sono stati lanciati da Luigi Prestinenza Puglisi, coordinatore dell’incontro del pomeriggio .
Nel corso della mattinata Giorgio Vasari Architetto è stato degnamente celebrato dalle approfondite relazioni del Prof. Francesco Gurrieri, del Prof. Gabriele Morolli e dell'arch. Anna Pincelli. Nel pomeriggio invece Vasari è stato toccato solo tangenzialmente avendo presentato alcuni loro progetti Massimo Carmassi e i due giovani Stefano Pujatti e Giovanni Vaccarini. Su questi ultimi due mi riservo di approfondire con i video, anche se anticipo di avere assistito ad una fiera della vanità a mio avviso alquanto priva di contenuti; Massimo Carmassi, che avevo incrociato in altre occasioni, è stato invece una sorpresa.


Non per i progetti, che sono noti a tutti e non c’è stata alcuna novità, ma per le cose che ha detto durante il dibattito, dando segni di evidente insofferenza rispetto ad atteggiamenti professionali e a progetti che lui ha giudicato molto negativamente sotto ogni profilo. Se posso dirlo (tanto lui non usa internet), l’età l’ha cambiato molto e direi in meglio: disponibile al dialogo, disincantato, perfino autoironico, ha abbandonato del tutto quella certa aria da architetto di successo nei quartieri alti della cultura architettonica che deve tenere il punto sul proprio lavoro senza nulla concedere ad un momento di spontaneità. Ha distinto nel bagaglio dell’architetto la sovrastruttura fatta di parole, utilizzate per valorizzare la propria figura professionale, dalla struttura reale, cioè il proprio lavoro che è quello che resta; ha invitato gli architetti a tornare alla realtà, ha sottolineato l’aspetto artigianale del nostro lavoro, ha chiesto maggiore umiltà e ha auspicato il ritorno ad un minimo comun denominatore di grammatica architettonica. Ma di questo ne riparlerò insieme agli altri due giovani.

Prestinenza Puglisi, da cui mi divide praticamente tutto, è però un ottimo comunicatore e intrattenitore, sapiente nel cogliere i vari temi che emergono dalla discussione che lui risolve dando spazio a tutte le opinioni anche a quelle che certamente non condivide. Uno di questi spunti, che non c’è stato tempo di approfondire e che è anche in qualche modo suggerito dall’opera di Giorgio Vasari, è il solito, eterno tema della opportunità o meno di progettare nei centri storici.

Io sono convinto che, detta in questo modo, limitandosi cioè a considerare la parte antica di ogni città come a se stante, come una sorta di parco architettonico-urbanistico e scrigno di bellezza in mezzo al brutto della città moderna, effettuando cioè la divisione netta tra centro storico e periferia, la risposta più corretta, saggia e prudente sia quella di dire, come è stato detto in effetti nella gran parte del paese, semplicemente: no, non si devono fare nuovi progetti. Se buona parte dei nostri centri storici sono conservati questo è dovuto al niet delle Soprintendenze, talvolta odioso nei dettagli e nella forma, ma senza il quale credo ci sarebbe rimasto però ben poco di quella bellezza. Quali sono le ragioni di questa convinzione? Sono legate al modello culturale dell’architettura ed anche dell’urbanistica dominante:

L’architettura:
- Attualmente è orientata ad una creatività tutta tesa ad esaltare l’oggetto architettonico come evento a se stante, autonomo dal contesto di riferimento e ad una ricerca della “sorpresa” e della valorizzazione del suo autore piuttosto che nello sforzo di soddisfare tutti i soggetti interessati all’opera di architettura, cioè il committente e tutti i cittadini cui la città, nel suo complesso e nelle sue parti, appartiene. Quest’ultimo input pare essere ormai completamente estraneo alla cultura dell'architetto contemporaneo. L'architetto ha un approccio al progetto che è di tipo mistico, cioè di colui che entra in relazione con la verità per istinto e non per razionalità e che quindi non può essere, per definizione, comunicata; il che lo autorizza a sentirsi libero da ogni vincolo, dal giustificare il progetto agli altri ma anche a se stesso, salvo il fatto di fare uso massiccio di espressioni ed impressioni di tipo immaginifico ed emozionale assolutamente non verificabili e il più delle volte prive di riscontro con la realtà e del tutto incomprensibili ad una elementare analisi sintattica e lessicale. Basta leggersi qualsiasi relazione ai concorsi o ai progetti. Basta guardare qualche intervista. D’altronde è chiaro che mentre è possibile fare un’analisi grammaticale, come è stata fatta dal Prof. Morolli, dell’opera del Vasari, è viceversa impossibile farla per i progetti contemporanei che direi per scelta rifiutano qualsiasi grammatica, anzi si dichiara che ognuno ha la sua grammatica: la mistica appunto.
Questo per l’oggi.
Ieri invece per la nota prevalenza del movimento moderno che avendo azzerato tutto il patrimonio di conoscenze accumulato nei secoli ritenuto non idoneo all’espressione della modernità e, direi meglio, all’uomo moderno - considerato assurdamente diverso da quello antico - non può avere certo le carte in regola per intervenire al’interno di parti della città che invece sono cresciute e si sono trasformate, mattone dopo mattone, con un processo evolutivo di crescita con forti attinenze a quello della natura e senza sostanziali e violente cesure e traumi.

L’urbanistica:
- Qui prevale ancora la zonizzazione selvaggia, figlia sempre del movimento moderno, che ha dissolto l’unità della città, ha eliminato la strada dal suo orizzonte relegandola a mero supporto funzionale al traffico veicolare, creando, con la certificazione legislativa della zona A, il “centro storico”, oggetto di salvaguardia, e lasciando piena libertà di azione nella rimanente parte di territorio, con unico limite e criterio progettuale quello quantitativo del metro cubo e dei vari parametri edilizi. In questo modo è andata persa del tutto anche la memoria di come avviene la crescita della città, i suoi meccanismi di stratificazione successiva, una armonica e naturale modificazione urbana. Attualmente poi si tende a considerare la periferia sotto il profilo emozionale, soggettivo e psicologico, cercando di valorizzare presunte spinte ideali individuali di appartenenza a quel non-luogo riconoscendo una inesistente vitalità, ma di fatto condannandola invece allo status quo ed anzi aggravandone la situazione con l’aggiunta di oggetti singoli che amplificano ancora di più il disordine, il rumore e la parcellizzazione urbana e sociale.

Permanendo questo stato di cose il centro storico non può che continuare ad essere considerato off-limits, area da escludere da ogni possibile invenzione che lo renderebbe del tutto simile alla periferia.
C’è una rinuncia totale nella cultura dell’architetto contemporaneo ad un’azione che tenda invece a modificare il corso delle cose, un’acquiescenza passiva allo spazio-spazzatura che non viene considerato come uno stato di fatto negativo ma si tende ad elevarlo a valore, esaltando paesaggi urbani caratterizzati dal precario e dallo squallore e inventando una sorta di poetica del provvisorio, del brutto, dell’instabile al solo scopo di giustificare il proprio progetto, espressione della propria grammatica individuale. E’ la vittoria del relativismo assoluto in cui sembra non si debba giudicare niente (evidentissima contraddizione anti-relativa) ma che è utilissima ad evitare ogni giudizio sul proprio prodotto salvo quello che se riesco a produrlo vuol dire che va bene. Una trasposizione banale, strumentale e involontaria dell’essenza delle cose in base alla quale l’essere è, il non essere non è e l’essere non può non essere.

Dimentica l’architetto, e quando qualcuno glielo ricorda non capisce o non vuol capire, che la città è il luogo in cui si esprime la comunità come insieme di individui ognuno con la propria libertà ma nel rispetto di quella altrui. Non capisce che la città coincide con la società dalla quale, invece, tende a subire passivamente e talvolta con gioia una quantità di regole e leggi tanto elefantiaca quanto inutile e dannosa. Ma rinnega la possibilità di regole urbane considerate un ostacolo alla sua libera e licenziosa espressione di creatività. Riduce le nostre città e la nostra società, a Dubai, visto come il luogo della libertà assoluta, non sapendo leggere e distinguere le diversità e la peculiarità di ciascun luogo, ammesso e non concesso che Dubai sia un luogo e non piuttosto una cassaforte per capitali, sempre più scarsi, in cerca di reddito.

Invece è proprio l’idea di periferia che deve essere rifiutata tendendo a farla diventare essa stessa emanazione e riproduzione del centro storico, che dovrebbe essere chiamato centro antico, non banalmente come si tende a dire per colpevolizzare l’avversario dando per scontato che a questa visione corrisponda necessariamente una visione antichista in senso stilistico, ma come parte di un organismo unitario che deve proseguire nelle regole insediative che hanno prodotto la città antica, interpretandole e adattandole alle varie situazioni geografiche, morfologiche e funzionali.
Nel centro antico sarà lecito e opportuno intervenire solo previo avveramento di questa condizione di carattere urbanistico e solo dopo che, se mai potrà avvenire, l’architetto abbia rinunciato per scelta razionale e non per intenzione moralistica o di basso profilo all’egocentrismo creativo.
Insomma solo dopo che l’architetto potrà tornare ad essere portatore di una cultura urbana e quindi civile.

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15 novembre 2011

GRATTACIELI A ROMA: COMUNICATO STAMPA

Pubblico il comunicato stampa emesso dopo la conferenza stampa in ordine alla istituzione della "Commissione grattacieli" dal Comune di Roma. Seguono link a post sui grattacieli.

Jurassic Park a Roma

Vecchi grattacieli per sfigurare un patrimonio dell’umanità
Martedì 15 novembre 2011

Comunicato stampa

Nell’era della sostenibilità, in concomitanza con una delle peggiori crisi economiche che il nostro Paese abbia mai attraversato, l’istituzione della “Commissione Grattacieli per Roma” appare come un atto irresponsabile destinato a gettare nel baratro Roma e l’Italia.
Nel resto del pianeta, dove questa tipologia edilizia è stata adottata per ragioni ideologiche e speculative, gli stessi responsabili si sono trovati a dover fare i conti con crisi gravissime e fallimenti; non è quindi possibile accettare che Roma, a causa di una scelta avventata dell’attuale sindaco, debba patire le stesse sorti.

I dati aggiornati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) dimostrano che l’edilizia industriale che ha caratterizzato gli ultimi 70-80 anni, risulta la maggiore responsabile dell’emissione di CO2 e gas serra, più dell’industria e più dei trasporti. In particolare, la tipologia edilizia del grattacielo risulta essere uno dei peggiori esempi da promuovere, essendo altamente energivora e dipendendo in maniera insostenibile dai sistemi meccanici di raffrescamento e riscaldamento.

È altresì necessario sfatare il mito che vede il grattacielo come un toccasana al consumo di territorio: il grattacielo concentra un quantitativo di persone enorme, e necessita di enormi superfici destinate a parcheggio, di strade ampie in grado di accogliere gli enormi flussi di traffico diretti preso questo congestionatore di città. Tipologie del genere possono sopravvivere in luoghi ove il sistema dei trasporti pubblici è talmente efficiente e capillare da disinvogliare la gente all’uso dell’automobile, ergo non a Roma.
Queste valutazioni contrarie ai grattacieli si sommano a Roma all’impatto che avrebbero con i valori storici, artistici e spirituali; rispetto quindi alla salvaguardia di tale patrimonio culturale vale la pena ricordare come questa città unica al mondo ha avuto una formazione lenta ma continua nella storia, del proprio Genius loci, a partire da un’epoca antichissima con la sua eredità di beni monumentali romani che si sono conservate nei secoli. L’apporto poi soprattutto nel 500 del Papato e della Chiesa cattolica che hanno saputo impostare la struttura della città moderna che, superato indenne quella antica durante l’800 e il 900, consente ancora oggi a Roma , di mantenere il suo fascino.
Sarebbe grave trascurare questi precedenti e le voci di molti e autorevoli personalità culturali internazionali e compromettere così un’eredità decretata bene mondiale dall’Unesco.
Le proposte emerse a fine conferenza stampa riguardano l’avvio di un immediato confronto con le Commissioni Urbanistica, Ambiente e Trasparenza del Comune di Roma. Inoltre si prevede il coinvolgimento degli Istituti Stranieri presenti a Roma, che hanno svolto azioni critiche nei loro paesi, in relazione alla costruzione di nuovi grattacieli. Ultima, ma non per importanza, una campagna di informazione e sensibilizzazione territoriale con i cittadini dei Municipi romani dove è prevista l’edificazione di questa tipologia di costruzioni.

Italia Nostra - Sezione di Roma
Società Internazionale di Biourbanistica
Associazione Romana Proprietà Edilizia(ARPE)
Unione Cattolica Italiana Tecnici(UCIT)

Info 347 1924404


Link:

Grattacieli sostenibili e ...sostenuti
Qualche numero interessante sui grattacieli "sostenibili"
Ancora sui grattacieli "sostenibili"
Una ragione in più contro i grattacieli
Tutti a Parigi finchè siamo in tempo
Attualità di Giovannoni sui grattacieli
Insulae come grattacieli, Tertulliano come Langone
Langone ancora contro i grattacieli
Stefano Zecchi sui grattacieli
Grattacieli
L'assioma del grattacielo
La banalità del male
Tra la via Emilia e l'east

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12 novembre 2011

TRA LA VIA EMILIA E ....L'EAST

Dall'amico Enrico Defini, medico bolognese, viaggiatore curioso e appassionato di architettura e arte, ricevo questa cartolina di viaggio con alcune impressioni sui grattacieli di Manhattan ma non solo.

Caro Piero,
rientro da Manhattan, dopo una indigestione di grattacieli.
Erano con me una coppia di amici, che vedevano NY per la prima volta.
Mi sembra interessante riportarti le impressioni che questi amici (colti intelligenti ma "digiuni" in tema di architettura-urbanismo) esprimevano, al cospetto dei grattacieli.
Volutamente mi astenevo, per quanto possibile, da influenzare o pre-condizionare le loro opinioni.
Bisogna premettere che New York City, rispetto alla mia ultima visita, poco prima dell'11 settembre, è molto cambiata. Se due grattacieli mancano, decine di nuovi sono spuntati e stanno crescendo. Giurerei che la torre che stanno costruendo di fianco al Ground Zero Memorial, è cresciuta di un paio di piani nei sette giorni che sono stato là... (ha già raggiunto almeno i 300 metri!)

Vengo alle impressioni dei "profani" (come se io non lo fossi!!):

Innanzitutto si conferma che le forme "eleganti" in vetro acciaio e titanio vengono istintivamente viste come "belle" (e siamo al solito discorso sulla differenza tra oggetti di arredamento ed elementi urbanistici).
Ma insieme alla bellezza e allo stupore, i miei amici esprimevano anche valutazioni circa la "funzionalità" e considerazioni sugli aspetti logistici interni agli edifici e più in generale sulla rete infrastrutturale necessaria (indispensabile!) alla vita di un grattacielo.
Un edificio in cui abitano, o lavorano 5 o 10mila persone, non può esistere senza una rete di trasporti capiente, efficiente, vicina, affidabile.
Se i 7mila dipendenti del New York Times arrivassero al grattacielo (by R.Piano) sulla 8th av.-42nd street con le loro automobili, nessun parcheggio sarebbe sufficiente; nella migliore delle ipotesi alcuni (molti) dovrebbero lasciare l'auto a qualche centinaio di metri; le operazioni di ingresso e di uscita sarebbero caotiche e lunghissime. E la cosa andrebbe moltiplicata per centinaia di grattacieli.
E le operazioni di carico e scarico merci? Un albergo di 500, o mille, o 1500 stanze (e ce ne sono decine) produce spazzatura, biancheria da lavare, in quantità che fanno impressione. E gli approvvigionamenti? E lo stoccaggio delle scorte? Solo per la carta igienica, un camion al giorno!

Questo tipo di ragionamenti ha provocato nei miei amici una sorta di ammirazione per l'organismo "città" declinato alla newyorkese.
Facendo un paragone (moooolto ardito) con le nostre città e cittadine, dove si innalzano, o si vorrebbero innalzare, grattacieli senza un motivo plausibile e senza il substrato culturale storico logistico di cui NY dispone, si rischia di cadere nel ridicolo e nello scontato.

Ma è un fatto che NY è la città degli estremi. Foresta di grattacieli e tecnologie all'avanguardia, ma anche una città a misura d'uomo, dove ci si può spostare a piedi o in bicicletta.
E a proposito di bici, dopo 12 anni, ho constatato un netto aumento del loro uso; nelle mie precedenti visite ('93, '95 e '99) erano rarissime; solo qualche "pony express" di colore a sfrecciare pericolosamente. Noleggiarne una era possibile solo a Central Park, e solo tra maggio e settembre. Oggi ci sono decine di bike-rentals, decine di chilometri di piste ciclabili (e altre in costruzione); e anche centinaia di trabiccoli tipo "risciò" in cui un pedalatore trasporta due clienti su un divanetto posteriore; prezzo concorrenziale rispetto alle carrozze bianche.

Tornando ai grattacieli, bisogna riconoscere qualche qualità alla torre di Gehry a Lower Manhattan, la casa di abitazione più alta del mondo occidentale.
Mi ha deluso invece l'Heart Bldg di Foster.
E per parlare delle sensazioni mie personali in generale, rispetto agli anni '90, devo riconoscere che la lezione di Salìngaros ha lasciato il segno: gli edifici degli anni '20-'30, con i loro fregi art-déco (molti perfettamenti restaurati) mi sono quest'anno sembrati molto più belli e interessanti, rispetto alla fredde superfici delle glass-box.
In generale ho constatato di avere messo insieme uno sguardo più attento all'aspetto esterno mentre in precedenza mettevo in primo piano la funzionalità interna.
Scusa lo sproloquio, ma avevo piacere di condividere questi miei "pensierini"
Enrico

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11 novembre 2011

GIORGIO VASARI: GIORNATA DI STUDI

Pubblico il comunicato stampa dell'Ordine degli Architetti PPC di Arezzo per una giornata di studi sul nostro concittadino Giorgio Vasari in occasione del 500° anniversario della sua nascita.

COMUNICATO STAMPA
(informativa completa su www.architettiarezzo.it )

UNA GIORNATA DI STUDI SU GIORGIO VASARI ARCHITETTO
Studiosi, architetti e docenti universitari il 18 novembre al Teatro di Via Bicchieraia ad Arezzo

Arezzo - Come architetto fu la figura chiave delle iniziative promosse da Cosimo I de' Medici, progettando opere, come gli Uffizi a Firenze, il Palazzo delle Logge ad Arezzo e Palazzo della Carovana in Piazza Cavalieri a Pisa, che, a distanza di secoli, ne attestano la straordinaria intelligenza urbanistica. A questo aspetto di Giorgio Vasari, poliedrico artista aretino del quale quest'anno vengono celebrati i 500 anni dalla nascita, è dedicata la giornata di studi organizzata dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Arezzo, che si terrà venerdì 18 novembre prossimo presso il Teatro “Pietro Aretino” in via Bicchieraia ad Arezzo e che vedrà la partecipazione di insigni studiosi, architetti e docenti universitari.
L'architettura e la storia” sarà il tema della prima parte della giornata. In programma interventi di Francesco Gurrieri (Università di Firenze) “Giorgio Vasari architetto del Principe”, di Gabriele Morolli (Università di Firenze) “Vasari, Alberti: il templum cristiano e l'ordine architettonico disadorno”, di Anna PincelliGiorgio Vasari architetto aretino. Fabbriche ed interventi vasariani nella terra d'origine”, di Paolo Portoghesi (Università La Sapienza - Roma) “Sintassi e paratassi nell'architettura vasariana”.
Vasari e l'architettura contemporanea” sarà invece il tema che verrà affrontato nella seconda parte dei lavori, con l’intento di sintetizzare le conoscenze e la figura dell’architetto rinascimentale rispetto a quello contemporanee, i mutamenti, la figura del principe-committente rispetto ai committenti di oggi, le modificazioni nel tempo della progettazione di un’architettura rapportata a tecnologie e culture in continuo divenire. Previsti gli interventi di Massimo Carmassi (IUAV Venezia), Guido Canali, Paolo Portoghesi, Giovanni Vaccarini, Stefano Pujatti: moderatore, Luigi Prestinenza Puglisi, Presidente Associazione italiana architettura e critica. A conclusione dei lavori seguirà una tavola rotonda aperta al pubblico.
Al convegno, che ha ottenuto il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, porteranno il proprio saluto agli intervenuti, il Presidente dell'Ordine degli Architetti PPC di Arezzo Paola Gigli, il Sindaco Giuseppe Fanfani, il Soprintendente per i Beni A.P.S.A.E. di Arezzo Agostino Bureca, il Primo Rettore della Fraternita dei Laici Liletta Fornasari.

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9 novembre 2011

COMMISSIONE GRATTACIELI - ROMA


CONFERENZA STAMPA

La recente istituzione della Commissione "Grattacieli" voluta dal Sindaco Alemanno ha lasciato nello sconforto i romani, gli italiani e tutto coloro i quali, nel mondo, amano la Città Eterna. Il Gruppo Salìngaros, la Società Internazionale di Biourbanistica, la Commissione Urbanistica della Sezione Romana di Italia Nostra hanno dunque deciso di convocare questa conferenza stampa al fine di far riflettere il Primo Cittadino sulla inopportunità e pericolosità di questa scelta.

Quando:
Martedì 15 novembre, ore 11.00 - 12.30

Dove:
Sede Nazionale Italia Nostra
Viale Liegi, 33 tel. 068537271
Roma


Interventi:
Carlo Ripa di Meana
Ettore Maria Mazzola
Gabriele Tagliaventi
Nikos Salìngaros
Pietro Samperi


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1 novembre 2011

IL MASCHERAIO

L’architettura è arte e quindi l’architetto è un artista”.
Questa è la convinzione, in alcuni profonda e motivata, nei più accettata acriticamente, in quasi tutti divenuta luogo comune, frase fatta.
Prestinenza Puglisi è, ad esempio, uno dei più convinti (link all'articolo).
Quindi in Italia ci potrebbero essere circa 140.000 artisti, oltre a quelli dediti ad altre arti e a tutti quelli che si sentono artisti della domenica, a riprova del detto che il nostro è “ Un popolo di poeti di artisti, di eroi, di santi, di pensatori di scienziati, di navigatori, di trasmigratori” come scolpito nel Colosseo quadrato.

Quest’idea dell'architettura come arte è il fondamento ideologico per giustificare i peggiori progetti, il ruolo dell’archistar, la libera creatività dei 140.000. Dietro c'è una visione dell’architettura come fatto puramente concettuale senza riferimento alcuno alla realtà, la sconfessione dell’essenza dell’architettura, che è arte sì, ma civica.

Vorrei però non farla lunga, visto che l’ha spiegato benissimo questa mattina un mascheraio alla radio.
Ascoltando la trasmissione Chiodo fisso su Radio3, dedicata questo mese al teatro, ho sentito Ferdinando Falossi, storico del teatro e mascheraio, cioè il costruttore di maschere teatrali, spiegare in cosa consiste il suo lavoro. Questo il cuore di quanto ci interessa:

La maschera non è una costruzione artistica tout court perché si lavora al servizio di un regista e di un attore quindi il costruttore di maschere è il costruttore di uno strumento di lavoro per qualcun altro che poi dovrà viverci dentro, dovrà abitare la maschera, dovrà sudarci, dovrà farci le prove, dovrà lavorarci.
Il mascheraio ha poco da fare l’artista e non potrà mai dire: “ma io la vedo così”, perché il mascheraio deve confrontarsi con qualcun altro. Quindi è una dimensione artigianale, di fatica artigianale che porta alla costruzione di un prodotto
”.

Sostituisci mascheraio con architetto, regista e attore con committente ed ecco spiegato. Inutile aggiungere altro, solo che questo è il link alla trasmissione, avvertendo che vale la pena ascoltarla tutta a prescindere, ma la parte specifica è compresa nei primi 3 minuti circa.
Buon ascolto

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BIENNALE DI PADOVA: RIGENERAZIONE URBANA SOSTENIBILE?

Un post di Ettore Maria Mazzola cui segue un mio commento

Biennale di Padova – Rigenerazione Urbana Sostenibile … ma quale???
di Ettore Maria Mazzola

Negli ultimi anni, come “Gruppo Salìngaros” e “Società Internazionale di Biourbanistica”, abbiamo portato avanti progetti, pubblicazioni e conferenze incentrate sul tema della “Rigenerazione Urbana Sostenibile”. Nel tempo abbiamo registrato un enorme interesse da parte del grande pubblico e della classe politica, indipendentemente dagli schieramenti di destra o di sinistra. In particolare, grazie alla profondità ed attualità dei temi trattati, il sito web dell’International Society of Biourbanism ha registrato un altissimo numero di contatti e di richieste di iscrizione da tutte le parti d’Italia e dall’estero, ed abbiamo ricevuto moltissime richieste di pubblicazione di papers sul Journal of Biourbanism. Come è nella natura delle cose, purtroppo, ben presto abbiamo dovuto renderci conto che alcune persone e/o gruppi volessero affiliarsi al gruppo e adoperare il marchio dell’ISB per promuovere cose che tutto possono essere tranne che rappresentare progetti biofilici e sostenibili.

Oggi ci troviamo a registrare l’esistenza di una mostra/convegno che utilizza i temi da noi trattati, addirittura ricalcando il titolo di una delle nostre conferenze, dove però nessuno del gruppo è stato minimamente interpellato, né come relatore, né come espositore, né come membro del comitato scientifico.
Per aiutare a comprendere di cosa stiamo parlando, mi affido alle parole del sito che pubblicizza l’evento:

"Dal 27 Ottobre 2011 al 13 Febbraio 2012 presso il Palazzo della Ragione di Padova ci sarà l'esposizione della 5° mostra, non più incentrata sui progetti e opere di un architetto di fama internazionale, ma sul tema della rigenerazione urbana sostenibile, al fine di promuovere strategie di interventi su scala urbana e metropolitana, mirate a riqualificare quartieri degradati per gli aspetti edilizi, urbanistici, sociali e ambientali.
Gli architetti Michele De Lucchi -AMDL-, Andrea Boschetti e Alberto Francini -METROGRAMMA-, allestiranno l’esposizione di esperienze nazionali e internazionali di riqualificazione e rinnovo urbano, incentrate principalmente su tre livelli:
- le sfide della contemporaneità e dei suoi stili dell’abitare, del lavorare, del vivere, della multietnicità;
- la sostenibilità mediante l’uso di nuove tecnologie, compatibili con l’ambiente e che assicurino il risparmio delle risorse;
- l’integrazione e la continuità con il tessuto urbano esistente, la storia dei luoghi e i fatti identitari locali.
La Mostra sarà accompagnata da conferenze e tavole rotonde con architetti, urbanisti, economisti giuristi, esperti in sociologia urbana, amministratori di importanti città nazionali e internazionali oggetto di virtuosi interventi innovativi per approfondire, in modo interdisciplinare, i criteri di applicabilità di un approccio integrato alla riabilitazione urbana.
La Mostra a Palazzo della Ragione (allestimento di Michele De Lucchi, A. Boschetti e Alberto Francini) si incentra sul tema della rigenerazione urbana sostenibile prendendo lo spunto dalla comunicazione della Commissione Europea “Europa 2020”, una strategia per la città del futuro: sostenibile, intelligente e inclusiva ed inoltre dal Documento del Comitato economico e sociale europeo (CE.SE.) “Necessità di applicare un approccio integrato alla riabilitazione urbana
”.

Fin qui, tutto potrebbe sembrare giusto e legittimo, se nonché ecco la sorpresa … che sorpresa non è affatto. Le immagini ad inizio post rappresentano le opere in mostra organizzate per categorie come da programma.
Anche se è fuori dall’elenco ecco un’immagine di un altro progetto per Parigi sviluppato dagli stessi autori, progetto che lascia intendere come secondo questi personaggi potrebbe crescere il verde!

In pratica, piuttosto che confrontarsi con chi da anni pratica e studia scientificamente questo argomento, gli organizzatori hanno preferito limitarsi ad utilizzare lo slogan di un nostro convegno (nel quale vennero mostrati interventi sostenibili di rigenerazione urbana), per poter presentare ridicoli interventi le cui autoproclamate sostenibilità e intelligenza si limitano alla presenza di verde nei rendering (che non necessariamente verrà seguita dalla realtà dei fatti per ovvie ragioni di impossibilità di crescita), dimenticando del tutto che la sostenibilità non può tralasciare il miglioramento delle condizioni ambientali, economiche e sociali. Dimenticando gli studi scientifici che dimostrano come la geometria dello spazio possa avere degli effetti deleteri sull’organismo umano. Tralasciando del tutto la necessità di costruire a chilometri zero e con materiali naturali piuttosto che abbondare con cemento, metalli, vetri e altri prodotti industriali. L’architettura industriale, inclusa quella che viene spacciata per “bio”, piuttosto che risultare sostenibile, risulta una vera e propria macchina da guerra contro l’ambiente … ma gli sponsor delle riviste patinate e di eventi come questo non potranno mai ammettere che certe cose si sappiano! Appare quindi offensivo dell’intelligenza umana sostenere l'insostenibile e spendere del denaro per organizzare degli eventi tesi a prendere per i fondelli chi è a digiuno di architettura, urbanistica, ambiente, neurofisiologia, sociologia ed economia. Questi eventi infatti, hanno un unico obiettivo: far credere che questo genere di progetti debba essere quello da portare avanti!!ù

C’è stato chi, leggendo il mio commento all’evento pubblicato su FaceBook ha detto:

La ‘rigenerazione urbana sostenibile’ non è un’esclusiva di Salìngaros se ne parla almeno da un trentennio. Soprattutto l’architettura (urbana) non è un marchio (per fortuna). Rigenerazione e sostenibilità sono spesso temi pericolosi con derive ‘speculative’ (anche in chiave piccolo piccolo borghese antichista).

L’unica replica che certi commenti meritano è questa:
Una cosa è adoperare degli slogan e dei termini con lo scopo di attirare l'interesse delle persone, e un'altra è parlare con cognizione di causa di determinati argomenti.

Indipendentemente dalla visione dell’architettura e dell’urbanistica che ognuno di noi può avere, sarebbe ora che tutti ci indignassimo per certe prese per i fondelli ... a meno che non si voglia ritenere che i progetti elencati per le sezioni "Città Sostenibili" e "Città Intelligenti" siano davvero da ritenersi tali!

Le posizioni personali andrebbero messe da parte, sarebbe ora di combattere queste menzogne che tendono a promuovere sempre le stesse persone, persone il cui mito, (come per esempio nel caso di Perrault riportato in elenco) è stato creato a tavolino e non per meriti reali, ma solo per comodo dell’allora Ministro della Cultura francese. Se davvero pretendiamo che la gente ritorni ad amare l'architettura, dobbiamo fare in modo che si smetta di prenderla per i fondelli!!!

Commento al commento su Facebook
Rivendicare l'esclusiva sarebbe un errore ma sostenere che la maggior parte di quegli interventi mostrati nelle foto sono semplicemente nuovi interventi che con la rigenerazione urbana sostenibile niente hanno a che vedere è legittimo e corretto. Le parole sono pietre e hanno un significato ben preciso:
- Rigenerazione significa "ricostituzione di tessuto o organo leso"
- Urbana è aggettivo che significa "relativo alla città"
- Sostenibile significa purtroppo molte cose, troppe anzi, ma possiamo convenire tutti che è aggettivo da attribuire ad interventi di trasformazione del territorio che non gravino eccessivamente, e idealmente tendano a non gravare affatto, sulle risorse energetiche non rinnovabili, che non occupino nuovo territorio e che siano realizzati con l'uso di materiali ecologici.
Se messe tutte insieme queste parole formano un'espressione molto più rigorosa delle singole parti e non è difficile osservare che alcuni di quegli interventi sono semplici architetture isolate che certamente non "ricostituiscono un tessuto o un organo leso", cioè una parte di tessuto urbano degradato. Sono solo oggetti, neppure sostenibili che quindi non rigenerano un bel niente. Ma anche un parco, da solo, difficilmente rigenera un tessuto urbano, pur essendo urbano (ma non necessariamente sostenibile in quanto la presenza massiccia di opere costruite può esserne elemento discriminante in questo senso).
Purtroppo l'uso di slogan come richiamo pubblicitario legato alla moda del momento è divenuta un'abitudine che ha il grave difetto, tipico della comunicazione di questa epoca, di essere generica e imprecisa, di accondiscendere il gusto del momento, a prescindere dai reali contenuti, di offrire insomma in pasto al pubblico quello che si ritiene il pubblico gradisca di più con ciò ingenerando idee totalmente sbagliate.
Quanto all'espressione "in chiave piccolo piccolo borghese antichista" è veramente .....demodè e perfino buffa perché volendo apparire come molto "moderna" finisce invece per essere vecchia e direi meglio proprio ammuffita. Piccolo borghese si riferisce ad una divisione in classi sociali che non esistono più, nemmeno come atteggiamento mentale, e che non trovano riscontro o paragone possibile nella società contemporanea. Direi che è un'espressione "piccolo borghese" in senso metaforico perché probabilmente indotta da letture approssimative mal digerite o in qualche sezione di partito piena di ragnatele.
Un esempio: potrebbe forse essere classificato come atteggiamento piccolo borghese quello di coloro per i quali "il possesso (di un oggetto non essenziale come l'IPhone) è il segno di un’identità sociale e una sorta di compensazione (per quanto magra) in tempi che, in molti, non lasciano troppe speranze per il futuro"? [Fonte: la rivista Il Mulino]
Anche se l'atteggiamento ha qualche somiglianza di facciata, certamente tale classificazione sarebbe totalmente superficiale, fuorviante e sbagliata.

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