Pietro Pagliardini
Ecco la riprova, se qualcuno avesse pensato ad esagerazioni, che La Cecla, nel suo libro “Contro l’architettura”, ha colpito nel segno:
CASAMICA del 7 giugno, magazine allegato al Corriere della Sera, articolo sul prossimo negozio di Louis Vitton in Giappone.
Il titolo è estremamente “schietto”: UN LOGO ALTO DIECI PIANI.E il testo dell’articolo è ancora più esplicito: “Con un logo si può fare tutto. Anche un palazzo di dieci piani che contiene un negozio. E se il committente è Louis Vitton ….. il successo è garantito”.
Ma il meglio viene alla fine dell’articolo:
Domanda del giornalista al progettista: “Dove e quando sorgerà il progetto?”
Risposta dell’architetto: “Louis Vitton è attualmente in trattativa per l’acquisto di un terreno. Per questa ragione non posso comunicare date e indirizzi precisi. Non sorgerà a Tokyo ma in un’altra grande città del Giappone.. dal momento della firma, che avverrà a breve, la costruzione durerà circa un anno e mezzo”.
Il nome della rubrica è, non a caso, modarchitettura, due generi fusi in un’unica parola a rafforzare le opinioni di La Cecla.
Devo ammettere che questo magazine, che mi è stato fornito da un’amica, pensando che mi potesse interessare il servizio su quello che il presidente del CNA, Sirica, chiama, in maniera surreale, “evento epocale”, cioè il congresso mondiale degli architetti a Torino, e che io ho educatamente accettato senza manifestarle la mia totale estraneità all’evento, si è dimostrata un vero estratto di anti-architettura.
Ci troviamo di fronte, palesemente, ad un bell'oggetto di design che potrebbe essere prodotto, con l'aggiunta di ruote, come carrello o comodino da Kartell. Solo gli ometti del rendering tradiscono il fatto che domani questo carrello diventerà un edificio.La città sembra totalmente inesistente per il committente, è solo uno dei mercati possibili e così è, di conseguenza, per il progettista, Ben Van Berkel, il quale dichiara soavemente che il luogo non è del tutto sicuro. Se per caso la trattativa per l'acquisto dell'area non andasse a buon fine, quell'oggetto potrebbe andare ovunque in città e/o in qualunque altra città del Giappone (ma il discorso varrebbe per qualsiasi altro paese) oppure è studiato proprio per quel luogo ed in caso di mancata firma del contratto andrebbe riprogettato? A onor del vero dal testo sembra più probabile la prima ipotesi.
Un edificio per la città sarebbe dunque trattato alla stregua di un distributore di benzina o di un auto-grill, costruzioni queste ripetitive ed estremamente specializzate che si vanno a collocare, prevalentemente, lungo infrastrutture specializzate, non nei centri urbani. Ma qui si tratta, non nella forma ma nella funzione sì, di un vero edificio, alto 54 metri, che domani diventerà un negozio popolato da persone che lavorano e altre che comprano e che non appena sarà stato trovato l’accordo sul prezzo del terreno, andrà a collocarsi in un’area centrale di una città, indifferente all'intorno, alla città e ai suoi cittadini che sono solo semplici consumatori.
Questa condizione di indifferenza al luogo non è appannaggio solamente degli edifici-logo ma di tutta l’anti-architettura delle archistar: quale differenza c’è infatti tra il comodino e la torre di Libeskind a Milano, per fare un esempio a caso? Nessuna, se non che il primo è il logo di una società commerciale, il secondo è il logo dell’architetto stesso.
Quali considerazioni fare sul comodino dal punto di vista architettonico? Nessuna, ovviamente, perché un oggetto di design smisuratamente ingrandito e collocato nel tessuto urbano con l’unica condizione della massima appetibilità commerciale, non è architettura, anzi è architettura da fiction come dice il giornalista; eppure in chissà quante riviste farà la sua comparsa e vai a capire l’effluvio di parole che verranno sprecate per descriverne la trasparenza, la luce, la forma interna a coclea che, insieme alle foglie esterne, ne farebbero un edificio organico che si ispira alla natura, perfino il rapporto con la strada, dato che ci sono le vetrine, e tutto il solito repertorio immaginifico di critici e architetti: invece sarà solo un altro atto della commedia dell’architettura messa in scena dalle grandi firme della moda il cui spettacolo i cittadini devono subire con l’avallo e la benedizione della stampa specializzata e di buona parte delle università che alimentano il culto architettonico di cui scrive Nikos Salingaros nel suo Anti-architettura e demolizione, Libreria Editrice Fiorentina, 2007, € 22,00.
Un commento però il progetto lo merita: carino, davvero.
9 giugno 2008
EDIFICI-LOGO: IL RE E' NUDO
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