Limitarsi allo Stop al Consumo di Territorio? O promuovere una restituzione “sostenibile” di parte dei terreni finora consumati?
di Ettore Maria Mazzola
Di recente, grazie anche all’operato di un sindaco illuminato come Domenico Finiguerra, sono nati in Italia diversi movimenti popolari atti a dire basta al consumo di territorio da parte dell’edilizia.
Della cosa, ovviamente, si sono interessati tutti tranne (o solo in maniera molto marginale) che gli architetti e gli urbanisti. La lezione morale che viene da quest’esperienza è comunque la dimostrazione della straordinaria volontà di partecipazione da parte della cittadinanza, stufa di essere posta a margine delle decisioni dalle quali può dipendere la propria qualità della vita e il proprio futuro! Del resto, studi sociologici come quello di Zigmunt Bauman (Voglia di Comunità – Laterza, 2005), dimostrano il desiderio di riappropriarsi della propria identità, e del senso di appartenenza ad una comunità, da parte della popolazione relegata al ruolo di spettatrice nella realtà che le viene costruita intorno ed in cui è costretta a vivere.
Per quanto mi riguarda, non solo ritengo che sia possibile non consumare più territorio, ma perfino che sarebbe possibile restituirne parecchio alla campagna. Ho affrontato il tema nel mio libro "La Città Sostenibile è Possibile" (Gangemi 2010) e nei progetti che ho sviluppato per la "rigenerazione urbana" di Corviale a Roma e dello ZEN di Palermo, mostrando come sia possibile "ricompattare la città dispersa" creando posti di lavoro, calmierando il mercato fondiario e immobiliare, e migliorando le condizioni socio-economiche di chi è costretto a vivere in "quartieri" spersonalizzanti.
Non si tratta di bloccare l'espansione, ma di promuoverne anche la contrazione. Non si può dire che non si deve costruire sul suolo demaniale, perché questo rischia di portare con sé l'espansione a macchia d'olio della città, sotto l'egida dei movimenti ambientalisti: è ciò che sta accadendo a Roma, dove il nuovo Piano Regolatore vieta di costruire su suolo pubblico, consentendo agli speculatori fondiari e immobiliari di acquistare terreni agricoli e promuovere l'edificazione residenziale in luoghi sempre più lontani dal centro urbano, peraltro in assenza di un adeguato sistema di trasporto pubblico! Cosa ancor più grave è che la Regione e il Comune ipotizzino la realizzazione di quartieri di edilizia economica popolare e/o gli interventi di "mutuo sociale" in questi luoghi lontani da tutto e da tutti, giustificando la scelta con l’ormai noto slogan della necessità di realizzare alloggi per chi ne ha bisogno, dimenticando che quei “bisognosi” necessitano anche di contenere le spese di gestione della famiglia, ergo di risparmiare le decine di euro/giorno necessarie per il carburante delle auto da cui dipenderanno per recarsi al lavoro … ma questo sembra essere un problema loro, e non della società! Così come sembra non essere un problema per questi miopi politici, urbanisti e pseudo-ambientalisti, il costo di costruzione e di gestione di tutte le infrastrutture necessarie a rendere possibile città la cui estensione di strade e marciapiedi, reti, fognarie, acquedotti, elettriche, gas, telefono, e la cui potatura degli alberi (posti a margine per fingere una certa attenzione all’ambiente) gravano sul bilancio di tutti noi!
Se in realtà ci accorgessimo che, a causa di uno scriteriato modo di fare urbanistica generato dalla concezione idiota della "Città Funzionale", voluta e imposta da Le Corbusier (dietro la sponsorizzazione dell'industria automobilistica) per mezzo dalla Carta di Atene del 1933, il cosiddetto "sprawl" ha portato con sé strade molto più larghe del necessario, parcheggi perennemente inutilizzati, pseudo aree verdi (che di verde hanno solo l'erbaccia, e che vengono utilizzate dagli incivili per abbandonare lavatrici, materassi, divani e immondizie), allora ci accorgeremmo che potremmo mettere a disposizione parte dei terreni demaniali per contrarre le città, edificando ove possibile edifici tradizionali (ecocompatibili e a chilometri zero) atti a demolirne altri, dotando tutti i quartieri di luoghi per la socializzazione, giardini, parchi di quartiere, servizi, ovvero tutte quelle attività e luoghi che lo zoning ha impedito. In poche parole ci troviamo in una situazione dove potremmo ribaltare del tutto il problema denunciato da Giolitti nel 1909 parlando del crack finanziario del Comune di Roma:
«Se in principio, nel 1870, vi fosse stata un’Amministrazione comunale che, intuendo l’avvenire di Roma, avesse acquistato le aree fino a 5 o 6 km intorno alla città, ed avesse compilato un piano di ingrandimento, studiato con concetti molto elevati, oltre ad avere creato una città con linee molto più grandiose, avrebbe anche fatto un’eccellente speculazione».
Per dare qualche dato, nel progetto che ho sviluppato per Corviale, oltre ad aver inserito una serie di funzioni vitali (5 piazze poste in sequenza, tutte le scuole primarie e secondarie, municipio, cinema-teatro, ufficio postale, attività sportive, negozi, attività artigianali, centro culturale, chiesa, un enorme parco di quartiere, una serie di giardini con aree attrezzate per il gioco dei bambini e per gli anziani, ecc.), è stato possibile restituire alla natura 11 ettari di terreno! Inoltre è stato possibile inserire oltre 2000 nuovi residenti, necessari all'integrazione sociale. Tutto questo significa che, se l'operazione venisse effettuata direttamente dallo stato, visto che l'IACP è stato trasformato in ATER (Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale), tornando a poter costruire in proprio gli edifici (anche per conto terzi) come prima del fascismo, piuttosto che limitarsi ad amministrare edifici di pessima qualità costruiti da imprese private, potrebbero azzerarsi i conti dell'edilizia residenziale pubblica: dalla vendita degli edifici speciali, negozi, attività artigianali e alloggi eccedenti, potrebbero addirittura guadagnarsi molti soldi reinvestibili in operazioni simili. Nel caso specifico di Corviale parliamo di una cifra compresa tra i 450 e i 518 milioni di euro! Altrettanto dicasi per lo ZEN, ma non posso anticipare i dati prima di aver presentato ufficialmente il progetto.
Per concludere, come ha scritto Italo Insolera: «in una città che ha l’edilizia come sua unica attività industriale, il deficit dell’amministrazione, già allora cospicuo, può essere sanato proprio con una diretta partecipazione in tale ramo di investimenti»
1 commento:
grazie Pietro
Posta un commento