Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


3 settembre 2010

DOVE DEMOLIRE LE PERIFERIE NON E' TABU'



Notizia tratta da URBANLOVERS, newsletter del Prof. Gabriele Tagliaventi allegata a A VISION OF EUROPE

Su YouTube sono presenti molti altri filmati analoghi, a dimostrazione che non si tratta di una eccezione.

8 commenti:

ettore maria ha detto...

non ci vuole poi tanto, basterebbe che chi ci amministra mettesse in primis, nella sua scala dei valori, il diritto dei cittadini di vivere dove, e come, vorrebbero. Purtroppo, diversamente dagli altri Paesi civili, in Italia la casta dei docenti di architettura e degli Ordini Professionali (votati al modernismo) ha ancora la capacità di influenzare i media, facendo proliferare articoli mirati a confondere le idee della gente (spesso mettendo in bocca a fantomatici residenti parole che non hanno mai pronunciato), affinchè determinate mostruosità, socialmente ed economicamente dannose (Corviale, Tor Bella Monaca, Laurentino 38, Zen, Pilastro, Vele, ecc.), vengano mantenute in piedi, e questo perchè esse avrebbero come unico valore quello di essere dei simboli di un'ideologia che vedeva la città come una macchina, e gli esseri umani come delle semplici "special guests"

Pietro Pagliardini ha detto...

Adesso, riuscendo loro sempre più difficile difendere l'ideologia, salvo qualche nostalgico irriducibile (e poi lo dicono a noi nostalgici!) usano la "popolare" arma dei "costi". Se provi a far presente che il premio di cubatura può ridurre, fin quasi ad annullare, l'investimento pubblico ti tirano fuori il "consumo di territorio" e la speculazione. Oppure dicono che il problema non è il pubblico ma gli interventi speculativi privati.
Come se il consumo di territorio non fosse avvenuto proprio grazie a questo sprawl verticale e la speculazione non fosse stata fatta dal pubblico sulla pelle dei cittadini più inermi! Come se il pubblico, cioè lo stato, non dovesse preoccuparsi prima di tutto di ciò che ha fatto direttamente piuttosto di ciò che ha lasciato fare! Come se lo stato non dovesse dare il buon esempio cominciando a rimediare ai propri errori!
Riconfigurare quei quartieri non consuma territorio ma sostituisce case dignitose ad asfalto e offre una vita più degna, sostituendo dormitori con città.
Dormitorio: termine che mi accompagna da sempre e che, eterogenesi dei fini, è stato coniato proprio da coloro che li hanno creati! Guarda che è ben strano questo paese.
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Pietro, sulla tua ultima frase "Dormitorio: termine che mi accompagna da sempre e che, eterogenesi dei fini, è stato coniato proprio da coloro che li hanno creati! Guarda che è ben strano questo paese" mi viene in mente la frase "segreta" che utilizzano i muratori anziani che svolgono opere di manutenzione per gli ordini religiosi: "è come la tegola del convento!" Per chi non ne conoscesse il senso, eccolo: quando si fa la manutenzione di un tetto, si mette a posto l'area danneggiata e, prima di andar via, si sposta una tegola, (in un'altra zona ovviamente), in modo che alla prossima pioggia i frati chiamino nuovamente il "mastro" ad eliminare l'infiltrazione ... è un modo come un altro per garantirsi il lavoro a vita, ed ecco forse perché, chi ha costruito i quartieri dormitorio, ha poi coniato quel termine!
ciao

Pietro Pagliardini ha detto...

Spettacolare il paragone! Ed anche gustosa l'abitudine del mastro.
Ciao
Pietro

Matteo Seraceni ha detto...

Premesso che sono sempre stato a favore della demolizione (anche nei centri storici: sfatiamo anche questo tabù della deriva brandiana) credo che il problema fondamentale sia un altro: quale idea opponiamo ai quartieri-dormitorio?
Perchè se l'alternativa deve essere il Citylife di Milano (e mi pare molto probabile, vista la tendenza di Alemanno di rendersi il più visibile possibile, come per il circuito di F1 all'EUR) allora non saprei proprio cosa scegliere...
Tutti si lamentano di questi "mostri" ma la verità è che nessuno si è ancora veramente chiesto non solo con cosa sostituirli, ma come evitare che questi errori di valutazione si ripetano.
L'urbanistica in Italia è in una fase morta (ma c'è mai stata una utbanistica, in Italia?).
Matteo

ettore maria ha detto...

caro Matteo Saraceni,

condivido il tuo dubbio su ciò che Alemanno farebbe, tuttavia non è vero che nessuno si sia ancora chiesto con cosa sostituire le mostruosità in questione.
Non so se hai seguito questo blog, almeno a partire dallo scorso aprile, o se hai letto i numeri speciali de "Il Covile", ma sono state fatte proposte concrete che hanno affrontato il problema di Corviale a livello urbanistico, architettonico, sociologico, economico e ambientale. Per la precisione, la cosa è stata talmente approfondita ed apprezzata che è arrivata ad essere discussa anche sul blog americano Planetizen. Ovviamente chi non ha interesse a fare le cose perbene, e Alemanno sta dimostrando proprio questo, ha ignorato questi "successi", però molti luminari nostrani hanno iniziato a rubacchiare le cose che andiamo dicendo da mesi e così, gli autori di quelle zozzerie e i professori che hanno lobotomizzato i loro studenti in nome dell'ideologia che ha prodotto il fallimento urbanistico novecentesco, vorrebbero rimettere le mani sulla periferia. Poi si è messo anche Bondi a dire che bisognerebbe coinvolgere gli architetti della Biennale per ricostruire le periferie ... allora io dico, piuttosto che fasciarsi la testa prima di batterla, scendiamo in prima linea e facciamo sentire più che si può l'opinione di chi s'è stancato di questo andazzo.
Cordialmente
Ettore

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro Matteo, sono del tutto d'accordo. Domanda: è mai esistita un'urbanistica in Italia? Se si intende una seria urbanistica ufficiale io penso di no. Per ufficiale intendo quella che crea le leggi e, allo stesso tempo, promana da esse. O meglio è esistita ed esiste, eccome, ma è pessima. Purtroppo quella che conta è quella che si applica, quella che si misura sui risultati.
Per le demolizioni non c'è dubbio che prima di demolire bisogna avere idea di come ricostruire. Se è per fare peggio, tanto vale lasciare tutto com'è.
Per questo motivo, per evitare di ricadere nelle solite scelte elitarie, giuste o sbagliate che siano, personalmente auspico un forte coinvolgimento degli abitanti. Come ho scritto più volte, non credo al progetto fatto dai cittadini, ma credo alle consultazioni con essi e soprattutto al momento decisionale in cui i futuri abitanti devono avere un ruolo decisivo. Sono convinto che è l'unico modo perché l'urbanistica acquisti autorevolezza e torni con i piedi per terra. Qui varrebbe lo slogan People meet in architecture, non certo in una fiera delle vanità e delle vacuità come la Biennale!
La città è per i cittadini e non può essere a loro imposta.
Questo principio democratico è in fieri nell'evidenza pubblica che viene data ad ogni atto urbanistico: adozione da parte del Consiglio Comunale (assemblea rappresentativa dei cittadini, ma ormai largamente condizionata da interessi politici, e talvolta non solo), osservazioni al piano, che nella legge sono ufficialmente limitate alle "categorie" (chiara origine corporativa) ma che poi si è allargata per prassi a tutti.
Occorre fare il passo successivo: i cittadini votino, prima delle procedure amministrative, con un sì o con un no, oppure con una scelta tra più progetti. Mi sembra, più che un ritorno all'antico, un'evoluzione democratica della società.
Ciao
Pietro

Matteo Seraceni ha detto...

Ho seguito con estremo interesse gli articoli apparsi su "Il Covile" e ritengo i progetti molto interessanti. Ma già da tempo conosco le posizioni di Salingaros, che condivido in larga parte, soprattutto per il metodo da lui seguito (non a caso è un matematico ed io, essendo ingegnero, credo di sentirmi molto in sintonia): finalmente qualcuno che usa gli strumenti matematici non per fare delle "belle formine" con Rhino e Grasshopper, ma per applicare modelli di analisi al costruito (cosa di cui peraltro, in diversa forma, mi sto occupando anch'io sul mio blog).
A questo proposito vorrei segnalarvi il bello studio condotto dal prof. Giorgini sullo studio della viabilità pedonale e veicolare (http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/scuola_e_universita/servizi/informatica/simulatore-traffico/simulatore-traffico.html), come ulteriore esempio che gli strumenti matematici non devono far paura, ma possono servire per migliorare la nostra vita (ormai tutti abbiamo un computer: smettiamo di usare photoshop e cominciamo a sfruttare la sua potenza di calcolo).
Per quanto riguarda la partecipazione della popolazione, credo però non si debba "scadere" nel populismo: le decisioni vanno prese di comune accordo, ma credo che siano comunque i tecnici a dover portare avanti il discorso e semmai "assimilare" i consigli e le esigenze degli abitanti.
Su questa linea mi è sembre sembrato un progetto molto importante il PREVI-Lima, di cui riporto un bell'articolo (non fatevi spaventare dallo spagnolo, è abbastanza comprensibile anche in italiano): http://www.scielo.cl/pdf/arq/n59/art16.pdf
Recentemente è stato ripreso da Elemental Chile http://architettura.supereva.com/files/20040430/index.htm.
Il tutto per dimostrare che è possibile costruire una edilizia condivisa e "vivibile" sempre a basso costo e a basso impatto ambientale senza ricorrere a grattacieli o a progetti "caduti dall'alto" dei soliti noti, i quali pensano che architettura sia costruire delle scatole e poi infilarci a forza dentro le persone; se ci vivono male, "cazzi loro" (scusate il francesismo).
A presto

Matteo

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