Questo quinto post della serie strade prevede, sempre a causa della lunghezza, un unico autore il Prof. Arch. Ettore Maria Mazzola, University of Notre Dame School of Architecture Rome Studies Program. E' un testo appositamente rielaborato dall'introduzione al corso di analisi della città che ha tenuto nel 2007 per il Graduate Program della Notre Dame e tutto dedicato a Roma.
Di questo impegno ringrazio l'amico Mazzola.
ETTORE MARIA MAZZOLA
Leggere la città esistente per disegnare quella futura
Volendo sottolineare ciò che colpisce un pedone nel suo passeggio per le strade di un centro storico, forse non c’è miglior descrizione di quella lasciataci da Plinio Marconi «[…] più che del dettaglio di ciascun edificio in sé, conta l’architettura d’insieme delle strade, assai varie e pittoresche nel casuale comporsi di tanti elementi disparati – crocicchi, androni, sottopassaggi angusti, l’improvviso alzarsi e scorciare di muraglie, i balconi fioriti, le loggette, le altane»(1).
Diversamente, lo studio di una qualsiasi realtà “urbana” prodotta nel corso del XX secolo dimostra che, in nome di una ossessione per la presunta “razionalità”, tutto ciò che aveva sovrinteso – intenzionalmente o no – allo sviluppo armonico delle città, contribuendo alla creazione del carattere dei luoghi e dell’orgoglio “campanilista” dei cittadini, è stato totalmente ignorato da chi teorizzava di voler realizzare una “città funzionale” alle esigenze umane: il modello tradizionale di città (LA CITTÀ COMPATTA), è stato rimpiazzato da quello modernista (LA CITTÀ DISPERSA), basato sulle folli imposizioni contenute nella Ville Radieuse di Le Corbusier(2).
Contrariamente alla nostra tendenza imitativa del modello disperso (SPRAWL) di pianificare le città, James Howard Kunstler – autore di The Geography of Nowhere (1993), The City in Mind (2001) e The Long Emergency (2005) – in un intervista del 2006 tuonò contro i limiti di quel modello: «assenza di spazi pubblici decenti; estrema separazione degli usi; svantaggi per bambini e anziani che non guidano, ecc.» facendo notare come: «La disposizione abitativa meno naturale e normativa è l’espansione selvaggia, nata negli Stati Uniti, che cominciarono il ventesimo secolo con delle grasse riserve di petrolio in casa. Oggi dipendiamo disperatamente per più di metà del petrolio che utilizziamo da nazioni che ci odiano. L’epoca dell’espansione a macchia d’olio come alternativa credibile è agli sgoccioli[…]».
Se i dati scientifici riportati in The Long Emergency corrispondono alla realtà – nessuno fino ad oggi è stato in grado di confutarli – ritengo che sia più che legittimo da parte nostra operare un processo di ri-compattamento delle città del XXI secolo, e per far questo non c’è miglior lezione che quella dell’analisi del tessuto urbano. La comprensione del sistema delle strade, delle piazze, della commistione di funzioni, della varietà edilizia, e di tutto ciò che rende piacevole gli spazi urbanizzati, può infatti risultare di grande aiuto per rivedere il modo in cui i quartieri più recenti sono stati pianificati.
Quella che segue è una breve descrizione del tessuto urbano della Capitale, in una passeggiata ideale che dal centro si muove verso la periferia. Le sensazioni che si susseguono lungo le strade di questo percorso ci consentono di riconoscere almeno quattro diverse città:
1. pre-ottocentesca, (o storica): è caratterizzata da un tessuto compatto, apparentemente irregolare, ma dotato di una sua logica razionale, all’interno del quale si riconoscono una serie di sistemi e sottosistemi (sequenze urbane) fatti di strade, vie, vicoli, piazze, piazzette, slarghi; qui, la commistione delle funzioni è la regola, l’edilizia “nobile” è accostata a quella “minore” in un armonioso rapporto biunivoco, dove la res publica si mescola meravigliosamente alla res privata generando la civitas, l’andamento delle strade, eccettuati alcuni assi rettilinei (l’antica via del Corso, o gli assi del Piano Sistino), presenta delle lievi – o pronunciate – curvature che, anche nel caso di stretti vicoli, garantiscono la possibilità di godere della vista delle facciate degli edifici, i principali dei quali, spesso, risultano collocati in modo da svolgere il ruolo di traguardo visivo, evidenziando come quelli che alle nostre menti razionali moderne possono sembrare degli spazi casuali, nella realtà siano stati razionalmente calcolati dagli autori. La “passeggiata” evidenzia anche come possano esserci tanti modi di giungere in una piazza e, nella quasi totalità dei casi, non v’è mai un asse allineato al centro della facciata dell’edificio principale, sembra essersi privilegiata sempre la visione di scorcio, molto più stimolante di quella ovvia della prospettiva centrale tanto cara all’urbanistica post-illuminista; la vista di scorcio, tra l’altro, consente all’edificio di poter esser inquadrato provenendo da diverse direzioni. Esempio emblematico è la Piazza della Rotonda, dove ben 6 strade convergono sul Pantheon, ma nessuna risulta in asse con esso;
Roma, l’area di Piazza della Rotonda
2. post unitaria: qui, il tessuto edilizio è organizzato per griglie ortogonali, le cui maglie urbane – a causa del sistema speculativo che le ha generate – risultano mal collegate, sia col centro che tra loro. Questa è la Nuova Capitale costruita in spregio alla vecchia Roma – basti pensare che i monotoni quartieri umbertini, d’impostazione Beaux-Arts, vennero definiti “di rimprovero e insegnamento” nei confronti della vecchia Roma (3). Nella Roma post-unitaria, le strade risultano quindi rigidamente dritte, le piazze assumono dimensioni enormi, proporzionate a quelli che sono gli assi stradali nel disegno planimetrico, ma non di certo alla scala umana, le cortine edilizie lungo le strade divengono monotone, poiché le facciate tendono a coincidere con l’isolato, perdendo il ritmo e la varietà presente nel centro storico. Tuttavia, l’architettura risulta ancora ricca e a tratti piacevole, le strade continuano a risultare vitali, grazie alla commistione di funzioni ed alla presenza di diverse attività commerciali lungo i marciapiedi, ma il passeggio diviene meno interessante. Questa Roma, avendo perso l’effetto sorpresa, le viste di scorcio e i traguardi visivi in grado di attrarre e reorientare il pedone, in nome dell’ordine e dell’uniformità, ha reso la passeggiata noiosa, benché ancora possibile;
Roma, l’area di Piazza Vittorio Emanuele
3. pre-modernista, caratterizzata da un tessuto ormai organizzato secondo i principi della maglia regolare, dove i grandi assi di matrice ottocentesca la fanno da padrona; la larghezza delle strade ha perso di vista il giusto rapporto con l’altezza degli edifici, e per ritrovare il senso contenimento urbano le strade fanno ricorso alla costante presenza di alberature lungo i marciapiedi, portando i fronti edilizi a non aver più alcun valore di riferimento. All’interno di questa “Roma” diviene difficile ritrovare una gerarchia spaziale tra le strade. La Roma pre-modernista è però l’ultima che, almeno a livello architettonico, cerca di mantenere un rapporto diretto con la città storica. In alcuni quartieri, nonostante la perdita del rapporto larghezza strade-altezza degli edifici, e nonostante la monotonia delle visuali – che sembrano modellate più per un veloce transito veicolare che non per un lento e piacevole passeggio – gli edifici sono ancora concepiti per avere delle funzioni diverse al pianterreno, garantendo quella “sicurezza” rassicurante per i pedoni, che di lì a poco si è andata perdendo.
Roma, l’area di Piazza Mazzini
4. Modernista, in realtà questa definizione è attribuibile al solo “quartiere” dell’EUR, in cui è chiara la logica d’insieme, ed in cui è chiaro l’intento di essere un qualcosa nato a scopo dimostrativo e temporaneo, ma che poi è rimasto lì per sempre. Qui, volendo, una gerarchia tra le strade è riscontrabile, tuttavia questa gerarchia risulta indipendente dall’idea di scala umana: la larghezza dell’asse portante di tutto il complesso, via Cristoforo Colombo, con i suoi 100 metri, risulta immensamente più larga dell’altezza degli edifici. Via Cristoforo Colombo è una strada disegnata per le auto, e nessun essere umano sano di mente penserebbe mai di mettersi a passeggiare al centro della carreggiata, nel vano tentativo di godere dei presunti “riferimenti visivi” (tali solo nel progetto); questi elementi risultano talmente distanti tra loro, e talmente privi di “cornici edificate”, da dissolversi nell’aria. Non è un caso se l’EUR, dimensionato per l’automobile, risulta esser stato completato – dopo la caduta del Fascismo – con l’apporto economico dalla FIAT. La lettura delle strade di questo “quartiere” dimostra senz’altro una sua coerenza nel carattere degli edifici Razionalisti, tuttavia si tratta di un modello di città ben distante dalle esigenze umane, che sembra uscire da un quadro metafisico di De Chirico, dove gli spazi sembrano concepiti al solo scopo di generare l’agorafobia.
Roma, l’area dell’EUR
Esisterebbero almeno altre due Roma da descrivere, quella “palazzinara”, edificata tra gli anni ’50 e i primi ’60, e peggio di questa, quella derivante dal Piano del ’62 e dai successivi Piani di Edilizia Economica e Popolare, ma l’unica lezione che da esse si può apprendere è che si tratta di modelli urbani da non ripetersi mai più!
Riassumendo, la lettura del tessuto dei differenti quartieri, ci aiuta a comprendere i vantaggi, e/o i limiti, delle diverse città all’interno del perimetro comunale, suggerendoci varie soluzioni per riorganizzare quelle zone in cui risulta difficile riconoscere l’esistenza di un progetto urbano.
L’analisi delle strade di un centro storico, ci mostra l’importanza di aspetti quali l’“effetto sorpresa”, i riferimenti visivi, il ritmo scadenzato dal susseguirsi di piazze, piazzette e slarghi, la varietà dei prospetti che si susseguono lungo i fronti stradali, il senso di unitarietà priva di uniformità, ecc.: le reti che mettono in relazione questi elementi, possono definirsi SEQUENZE URBANE.
Queste SEQUENZE possono suddividersi gerarchicamente in sequenze urbane principali – quelle lungo le quali si snodano le strade e le piazze principali – e sequenze urbane secondarie – quelle lungo le quali si articolano i percorsi pedonali secondari con piazzette più umili o corti.
Ambedue questi tipi di SEQUENZE URBANE utilizzano gli spazi pubblici come cerniere per attrarre e re-orientare chi cammina. L’esistenza di queste SEQUENZE ci spiega il perché le piazze del centro funzionino decisamente meglio di quelle “moderne”: le seconde infatti, costantemente sovradi-mensionate e concepite come fini a se stesse – quindi non appartenenti ad un sistema complesso – non esercitano sul pedone lo stesso piacevole effetto accogliente di quelle centrali e, conseguen-temente, non riescono a generare vita all’interno dell’intero quartiere.
Queste sequenze rendono la città piacevole … la possibilità di poter scegliere tra diverse connessioni pedonali, invita la gente a passeggiare attraverso il centro, allontanando la necessità dell’automobile … gli effetti positivi della città pedonale sono troppo ovvi per doverli descrivere.
Alla luce di quanto sopra, appare dunque chiara la necessità di riaffermare il valore della continuità tra case, strade e piazze, ovvero tra i luoghi deputati agli aspetti privati della vita di ogni giorno e quelli destinati ad un ambito di relazioni allargate: i nuovi quartieri (ma anche la riqualificazione di quelli esistenti) dovrebbero intendersi come degli spazi compositi in cui le case, e/o gli edifici speciali, sono solo un elemento della composizione urbanistica, importante ma non sufficiente a soddisfare le necessità di incontro e relazioni sociali! Come infatti ha acutamente evidenziato il sociologo americano Richard Sennet (4), la “griglia ortogonale urbana” rappresenta «la prima manifestazione di una forma particolarmente moderna di repressione che nega il valore degli altri e dei luoghi specificatamente addetti alla costruzione della banalità quotidiana».
NOTE
1) Plinio Marconi, saggio intitolato L'Architettura rustica nell'isola di Capri, in "Le Madie", pubblicazione mensile d'Arti Paesane, n° 2, Dicembre 1923, pag. 22
2 «le città saranno parte della campagna; io vivrò a 30 miglia dal mio ufficio, in una direzione, sotto alberi di pino; la mia segretaria vivrà anch’essa a 30 miglia dall’ufficio, ma in direzione opposta e sotto altri alberi di pino. Noi avremo la nostra automobile. Dobbiamo usarla fino a stancarla, consumando strada, superfici e ingranaggi, consumando olio e benzina. Tutto ciò che serve per una grande mole di lavoro ... sufficiente per tutti.»
3) Giovanni Faldella, Roma Borghese, Roma, 1882
4) Richard Sennet, American cities: the grid plan and th protestant ethic, International Social Scieca Journal; XLII, 3, 1990
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La Cattiva Strada
Alla parata militare
sputò negli occhi a un innocente
e quando lui chiese "Perché "
lui gli rispose "Questo è niente
e adesso è ora che io vada"
e l'innocente lo seguì,
senza le armi lo seguì
sulla sua cattiva strada.
Sui viali dietro la stazione
rubò l'incasso a una regina
e quando lei gli disse "Come "
lui le risposte "Forse è meglio è come prima
forse è ora che io vada "
e la regina lo seguì
col suo dolore lo seguì
sulla sua cattiva strada.
E in una notte senza luna
truccò le stelle ad un pilota
quando l'aeroplano cadde
lui disse "È colpa di chi muore
comunque è meglio che io vada "
ed il pilota lo seguì
senza le stelle lo seguì
sulla sua cattiva strada.
A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi
adesso è ora che io vada"
l'alcolizzato lo capì
non disse niente e lo seguì
sulla sua cattiva strada.
Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati
e ai loro sguardi imbarazzati
rispose "Adesso è più normale
adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto
che io vada "
ed i giurati lo seguirono
a bocca aperta lo seguirono
sulla sua cattiva strada,
sulla sua cattiva strada.
E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "È stato un male"
a chi diceva "È stato un bene "
raccomandò "Non vi conviene
venir con me dovunque vada,
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada sulla cattiva strada.
Link: http://www.youtube.com/watch?v=9QJNUx145bI
Ettore,
come al solito i tuoi post sono molto interessanti.
Penso che farà piacere a tutti dare una sbirciata a piazza della Rotonda.
http://www.360cities.net/image/pantheon-square-rome#225.84,-15.50,70.0
Ciao
Angelo
Grazie Angelo per le tue parole, e grazie per la panoramica su piazza della Rotonda!
Forse nel post avrei dovuto mettere più che delle foto dei filmati delle passeggiate che ho descritto. Infatti volevo mettere dei bellissimi disegni che i miei graduate students hanno fatto relativamente ad alcune sequenze urbane ma, dato che avevo solo le scansioni di alcuni esempi centrali, non avrei potuto documentare in maniera equa tutte le zone di cui parlo, così ho preferito optare per le viste dall'alto, ma ovviamente la percezione dello spazio non è mai quella che si suppone in pianta!
Cordialmente
Ettore
Caro Ettore, poiché tu mi mandasti l'immagine di una parte di quel disegno dei tuoi studenti sulle sequenze urbane, se vuoi potrei utilizzarla per un post "leggero", cioè basato su impressioni, a commento del tuo.
Certo, ancora devo scriverlo, ma insomma non c'è fretta, non ho problemi di produttività. Almeno per il blog.
Ciao
Pietro
Certo Pietro, ti invio le immagini con piacere, con la raccomandazione di indicare i nomi degli autori.
Cordialmente
Ettore
Molto interessante Ettore, seguirti sulla Buona strada. Bravo!
Grazie Stefano, chiunque tu sia, è sempre un piacere ricevere un complimento
Grazie Ettore, questa passeggiata dovrebbe far pensare addetti ai lavori e non, che la città a misura d'uomo, come noi ce l'aspettiamo nei vari centri storici italiani, e soprattutto come ce la godiamo in quegli spazi non appena riusciamo ad andarci, oramai sempre di più non la ritroviamo nelle periferie e nei nuovi quartieri. Se un "giro in centro" ci fa sempre piacere farlo, uno in periferia ci guardiamo bene anche solo di programmarlo. Allora per citare un famoso spot d'altri tempi: ....meditate gente..meditate!!!.....grazie ancora Ettore
Paolo
grazie a te "Anonimo Paolo", per le tue parole ricche di verità. Speriamo che la gente mediti davvero!
Ettore
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