Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


2 dicembre 2011

PILLOLE DI MODERNITA'

Post senza pretese, solo una raccolta alquanto casuale di frasi raccolte qua e là in rete, nei commenti di questo blog e su facebook sull’idea della modernità e delle sue conseguenze in architettura.
Non tutti i “pensieri” hanno un autore, non per scelta ma perché alcuni non l’avevano proprio e altri li ho letteralmente persi per strada. Nel caso eccezionale che qualcuno lo riconoscesse come suo, basta scrivere e io lo inserisco.


- La contemporaneità non é una qualità, non é uno stile, non é una religione, non é una saggezza, non é un'abilità, non é una estetica, non é una promessa, non é un ideale e neanche una delusione!
Quello che é semplicemente la contemporaneità, é il fatto di essere qui, adesso!
La contemporaneità qualifica soltanto il momento nel quale viviamo...Ne possiamo essere entusiastici o no, e purtroppo rimaniamo tutti contemporanei! Lucien Steil

- "Intanto tutta la grande architettura é contemporanea al suo tempo, rilevante alla sua situazione nello spazio, nel tempo, nella società umana - ma anche eterna. Senza quest’essere eterna - quest'essere in armonia con il cosmos e l'evoluzione della vita - nessun'architettura può essere chiamata contemporanea." Hassan Fathy

- E poi mi piace guidare una macchina con navigatore satellitare e lo preferisco ad andare in carrozza, soprattutto per le lunghe distanze. Se potessi muovermi in elicottero sarebbe meglio ( anche se questo non vuol dire che non mi piaccia anche camminare o andare in bicicletta). Luigi Prestinenza Puglisi su facebook

- Nooo, la carrozza paragonata alla macchina noooo. Questa non me la dovevi tirare fuori. Pietro Pagliardini (risposta a LPP su facebook)

- L'evoluzione non si può certo fermare.

- Il dubbio che ho riguardo a questi argomenti è: il cosiddetto "moderno" in architettura, ha una sua autonomia reale, un suo sistema, oppure i suoi criteri, in realtà, si fondano per differenza su una negazione di criteri classici? (di cui avrebbe dunque sempre bisogno per riproporre la negazione?)
Sono sempre più convinto che è "la seconda che ho detto". Biz (Guido Aragona)


- «Confesso che non mi piace molto la parola modernità preferisco il verbo equivalente, modernizzare. Perché indica la creazione, quell' azione reale e concreta che ci porta a trasformare in continuazione ogni nostra forma di espressione. Modernizzare è, d' altra parte, una sfida continua». Una sfida che, in architettura, si può tradurre in... «Ad esempio nella ricerca di nuovi materiali. Come lo sponge, un "ibrido di aria e materia" che abbiamo sperimentato per questo nuovo spazio. Un "ibrido" messo a punto per l' occasione ma che va comunque ad aggiungersi agli altri materiali tradizionali che abbiamo utilizzato: l' alluminio, il legno e il vetro, anche se si tratta di un vetro che può cambiare trasparenza a secondo delle esigenze. Ma modernizzare è anche usare le nuove tecnologie digitali»- Rem Koolhaas intervistato da Stefano Bucci sul Corriere in occasione del nuovo spazio Prada a Los Angeles

- so anch'io che un tetto a due falde con una capriata "tradizionale" utilizzata come pensilina in una piazza volta è più comprensibile di un'altra struttura... MA è BELLA??????????????????????????????????????????????????????????? ...sarà pardaossale ma e o.....a!!!!!!! Ve lo assicuro io se non ve la detto ancora nessuno è proprio b....a, non si può g.....e! Il tempo è cambiato siete ancora fermi a qualche secolo fa... s.....a!!!! Luca Donazzolo da facebook

- La tanto vituperata modernità nasce dall’implicito confronto con ciò che è stato, nasce dall’elaborazione del passato, quand’anche negato, ineludibile nucleo promotore del cambiamento e della presa di coscienza di una moderna autonomia intellettuale, senza disconoscere i debiti di carattere formale o contenutistico verso chi ci ha preceduti. Ed in questi termini il passato non è un bagaglio inutile, è un elemento di confronto necessario e indispensabile che tuttavia non deve obbligatoriamente concretizzarsi in ripescaggi stilistici o imitazioni morfologiche anticheggianti, il che significherebbe solo mummificazione di linguaggi in un repertorio formale senza tempo, vecchio prima ancora di nascere.
Non è una scusa assolutoria dire che un architetto di oggi che progetti "in stile" “non ha nessuna intenzione di far credere che la sua opera sia stata realizzata in un’altra epoca”, può essere che non ci sia falsificazione, almeno nelle intenzioni, ma c’è senz’altro l’incapacità di parlare un linguaggio autonomo e innovativo, sapendo che la modernità non va copiata (da presunti “grandi modernisti”), va inventata. Vilma Torselli


- Modernità non consiste nell'adottare quattro mobili quadrati. Leon Krier

-Potremmo risalire anche ai saggi degli anni Settanta di Charles Jenks sulla fine della modernità, da cui sono derivati i riflussi reazionari di Léon Krier, non solo contro la modernità ma contro il progetto in generale. Andrea Branzi

- C'è probabilmente una tendenza più generale che tende a porre il singolo individuo in contrapposizione alla società nel suo complesso, laddove invece l'individuo può trovare una sua dimensione (anche in quanto individuo) solo in un contesto sociale, sia pure con tutte le tensioni che questo comporta. Il "contesto sociale", come l'ho chiamato, richiama la necessità del "linguaggio" inteso come terreno comune, entro cui l'individuo può esplicarsi ma in questo "contesto", contro la destrutturazione del linguaggio che invece è conseguente alla frattura fra individui singoli e società.
Si potrebbe anche dire che questa "destrutturazione" linguistica, sociale, è opera del nichilismo.biz (Guido Aragona)


- Quelli che danno tanta importanza alla questione della modernità, non é che si impegnano in un mondo artificiale di valori relativi e di frivolità, in un mondo dove il senso comune non fa più senso, e dove la ragione ha perso il lume della ragione? Lucien Steil

- Pensare che "il mondo era meglio una volta" è un discorso da "vecchi al bar", senza offesa ovviamente, ma lascia il tempo che trova. Non mi sembra neanche tanto deontologico e di sicuro non da professionisti che hanno l'obbligo morale di rimanere al passo coi tempi per dare al proprio committente sempre un prodotto all'avanguardia delle ultime conoscenze tecniche e tecnologiche. Master

- Gli italiani sono a proprio agio con lo spazio della loro storia, in quello spazio si muovono e si ritrovano con una disinvoltura e una familiarità ereditate dai secoli passati, di modo che si può parlare al riguardo di un insieme di “luoghi”. Un luogo è un luogo nel senso pieno del termine se vi si può reperire un legame visibile con il passato e se tale legame è manifestamente presente alla coscienza di chi lo abita o lo frequenta. Marc Augè

- La modernità non è presunta, è un modo di essere (è inutile che ricordi che Augé è il filosofo della surmodernité), l'antropologia studia ciò che accade, ne indaga gli sviluppi e le ragioni, cercando di capire perché Milano costruisce Citylife, perché Fuksas progetta, perché Gehry sia ancora a piede libero.
E' determinante per aiutarci a capire il mondo in cui viviamo, non per cambiarlo. Vilma Torselli


- la pensilina di Isozaki, che De Carlo, non Krier, ha chiamato "tettoia", viene rifiutata per tutti i motivi possibili e quelli che non esistono dovrebbero essere inventati, pur di non farla. In quella pensilina lo stile E' il merito, e viceversa. Pietro Pagliardini

- Nessuno, pare incredibile a dirsi, s’era reso conto che il contesto civile, la cultura ed infine l’architettura, avevano origine ed esistevano al di là ed al di sopra delle sovrastrutture politiche ed economiche del momento, legati indissolubilmente allo spazio fisico, al territorio, alla geografia, anche minuta, dei luoghi, al linguaggio parlato ed infine anche a quello architettonico.
Nessuno parve ( e pare tuttora) rendersi conto che l’uomo è animale sociale che si aggrega per aree geografiche, culturali, linguistiche precise ed ha bisogno di sistemi comunicativi (…architettura inclusa… ) che lo mettano in relazione fattiva con i suoi simili ed i suoi “prodotti” passati presenti e futuri.
Un piccolo dettaglio secondario, sfuggito al quadro generale insomma : ciò che conta nella situazione presente sembrerebbe invece l’individuo, il demiurgo che rende “chiaro” ed inventa (…senza nemmeno conoscere bene significato ed etimologia…), cambia la storia, sogna e si batte contro la massa banale ed ignorante ; ripetitiva infine (.. peggiore incubo.!..) che vorrebbe ridurlo a se; senza, peraltro, sospettare che quella massa deprecata “è” lui. Memmo54


- già che ci siamo, Pietro, allora diciamocelo: il progetto di Pier Carlo e Léon è allucinante (progetto a Modena).
L'accusa di falso storico è infondata? Ma sì, è del tutto normale fare oggi palazzetti in stile rinascimentale, a patto che poi ci si mettano anche dei figuranti con mantelli, gamurre, giornee, cotte, naturalmente non solo a carnevale! Vilma Torselli


- Il pensiero "unico" è proprio quello di Marconi e di quelli che la pensano come lui, non ci sono progetti contemporanei e progetti non contemporanei, ci possono essere soltanto Progetti con la P maiuscola fatti da architetti e ricostruzioni filologiche per cui non c'è bisogno di architetti ma di storici.

- Perché vi ostinate a pensare che oggi, per la prima volta nella storia, non è mai successo nel corso degli ultimi 3000 anni, non si può esprimere la contemporaneità e bisogna soltanto copiare il passato ? Antonio Marco Alcaro

La lentissima, a volte impercettibile, evoluzione permette comunque di mantenere un rapporto costante e ricucire un’epoca con l’altra. La Maison Carrè parla ancora alle casine basse e modeste d’intorno; dialogava con il teatro antistante, inferiore ma non indegno. L’edificio di Foster, per altri versi ben fatto, ben costruito, ben realizzato, bello in fine, non dialoga affatto: è un estraneo e muto, quanto indecifrabile, segnale giunto per caso. Memmo54

- «Io sono per la legittimità del nuovo anche all'interno di un manufatto antico. Scarpa diceva che non c'è restauro senza trasformazione. Ma ci vuole qualità. La cosa certa è che deve essere autenticamente nuovo per rispettare la dignità del nostro tempo» Mario Botta in una intervista a Pierluigi Panza

- Caro Ettore (Ettore Maria Mazzola), hai ragione a dire che antichisti non è appropriato ma è un semplice problema di comunicazione: se io dico "sono un architetto moderno", dopo devo anche spiegare che moderno è diverso da modernista e quando sono arrivato in fondo non mi legge più nessuno. Pietro Pagliardini

- In questa polarizzazione tra modernisti e tradizionalisti (diciamo così per comodità schematizzante ben sapendo che esistono infinite sfumature) la mia simpatia va ai primi per il semplice fatto che giudicare un opera contemporanea, cercare di capire e interpretare se si é di fronte ad una bufala o ad un autentico capolavoro é estremamente più difficile e rischioso, mentre ricorrere a modelli storici consolidati ci si mette maggiormente al riparo da eventuali errori, proteggendoci in maniera consolatoria dalla frammentazione contemporanea, conducendoci peróinesorabilmente ad un mondo culturalmente chiuso, cristallizzato e privo di possibilità. Giulio Pascali

- Chiedo: se Leonardo avesse avuto a disposizione i programmi di grafica-architettonica, avrebbe continuato a progettare con il "carboncino"? Maurizio Zappalà

- Tu ritieni che il movimento moderno nasce per strappare l'architettura ad una elite e io credo che sia esattamente l'opposto, cioè il MM, come le avanguardie artistiche, è elite, e direi anche in modo assolutamente consapevole e non ritengo che l'architettura attuale sia una degenerazione del MM ma la sua naturale evoluzione. Pietro Pagliardini

- scusate se continuo a dire la mia, senza avere alcuna competenza specifica.
A Bologna, tra fine '800 e inizio '900 è nato un bel po' di architettura "medioevale" per spinta del Rubbiani. Anche il palazzo di Re Enzo, praticamente in piazza maggiore è, secondo un certo punto di vista, un falso. Ma è gradevole, si sposa bene al contesto..... enrico delfini


- i pseudo-cloni siccuramente sono un atto di pessima architettura senza personalita...
come i pseudo-cloni di le corbusier che inquinano le periferie moderne
o i pseudo-cloni classicisti o post-modernisti che vanno molto di moda in italia mentre per fortuna nel resto d'europa sono superati.
una pessima archiettura è una pessima archiettura sia che sia moderna , classicista , rinascimentale , gotica o romana. Anonimo (e meno male che è anonimo…)


Aggiungo un po' alla volta, quasi a pro-memoria per me, alcuni link preziosi sulla modernità:

Tradizione e Modernità nella pratica contemporanea, di Lucien Steil su Il Covile
L'illusione della modernità, di Stefano Borselli su Il Covile
Armando Ermini commenta L'illusione della modernità su Il Colvile

5 commenti:

memmo54 ha detto...

Se ne può potrebbe trarre comodamente una fenomenologia trascendentale del moderno;
si potrebbe dividerli per categorie : gli scettici, gli scettico-probabilisti, gli entusiasti, i critpocriti, i criptoentusiasti.
Non soddisfatti del risultato,si potrebbero anche individuare categorie nuve.
Si potrebbe infine astrarli e riferili ad idee e forme di pensiero particolari e riconoscibili.
Alla fine, forse, scopriremmo che tutto ciò è già stato pensato (...anche in maniera soddisfacente...via !); che esiste da un'eternità e che stiamo ripetendo cose già dette, seguendo orme già lasciate.
Ciò rappresenterebbe un brutto colpo per chi confida nei destini progressivi, nei larghi estuari del fiume della storia.
Meglio lasciare tutto com'è; così come giustamente detto: frammenti (...in senso moderno..pillole...)di un discorso amoroso.
Saluto

Pietro Pagliardini ha detto...

memmo54, mi hai colto in fallo con quel "pillole". In effetti frammenti è più corretto, pregnante, antico.
Il tempo ci fa capire che tutto è sempre già stato detto, che raramente c'è qualcosa di veramente nuovo e mai visto, che insomma c'è qualcosa di ciclico che periodicamente ritorna.
Ma per fortuna lo scopriamo... tardi.
Se lo scoprissimo da subito ci sarebbe un grande silenzio. Troppo grande per vivi.
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

Non una fenomenologia del moderno, Memmo, una fenomenologia dell’uomo.
Tutto è già stato pensato, è già stato detto, è già stato fatto, anzi, è già accaduto.
Fortunatamente gli uomini che se ne accorgono sono sempre diversi ..... e la giostra riparte.
“Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono [......] Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva [.....] Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre……
(José Saramago, Viaggio in Portogallo)

Vilma

biz ha detto...

Bello. (e poi mi hai citato ben due volte ... mi ha fatto impressione perché non ricordavo di aver scritto quelle cose, è stato come leggere un altro. Grazie :-)

memmo54 ha detto...

La diversità sembra solo apparente; rintracciabile nei dettagli marginali. Quando recitiamo un verso di Omero , Dante,Shakespeare non pensiamo ad una specie di primati estinta proprietaria di un linguaggio indecifrabile. L’argilla con cui siamo fatti è la stessa: i sentimenti sempre gli stessi,i desideri e le ambizioni pure.
Il percorso così come concepito, appare invece come soluzione obbligata, la via d’uscita, termine ad quem della molteplicità irrelata (…nelle intenzioni perlomeno…) di soggetti singoli ritenuti sostanzialmente diversi gli uni dagli altri; unici ed insondabili come tutti gli individui. Un fatto privato che giace sulle proprie coordinate, con la sua buona dose di fascino; è qualcosa ma non sembra abbastanza: giustifica tutt’al più l’esistenza del singolo, non il mondo.
Si tralascia quanto c’è di universale, comune: l’aggregato di strutture sociali, anche non particolarmente complesse, ha trasformato, già da molto tempo, l’”io” in un “noi”. Qualcuno direbbe un “ intersoggetto”. Più semplicemente un soggetto collettivo che si dispiega nell’operare comune di cui linguaggio, società e storia sono le manifestazioni più evidenti. Dato intuitivo, empirico, verificabile aprendo la finestra di casa, non un’indebita astrazione. Nei momenti terribili, nelle catastrofi, lo cogliamo appieno; tra un disastro e l’altro stentiamo a riconoscerlo.
Saluto

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