ITALIA NOSTRA: ALEMANNO ROVESCIA SUE INTENZIONI
"SI STRINGE AD ARCHISTAR CHE HANNO FATTO GRAVI DANNI A ROMA".
(DIRE) Roma, 7 apr. - "Il sindaco Gianni Alemanno ha rovesciato con la comunicazione del Convegno delle Archistar le sue intenzioni urbanistiche e le prime decisioni espresse all'inizio del suo mandato assumendo il governo della citta'". E' quanto si legge in una nota di Italia Nostra.
"Oggi- spiega Italia Nostra- si stringe tutto fiero al petto alcune archistar che hanno gia' prodotto gravi guasti anche a Roma, nel centro storico, con opere incongrue e costosissime, come fino all'anno scorso lo stesso Alemanno giudicava ad esempio la teca dell'Ara Pacis realizzata da Richard Meier".
"Appare misterioso- continua Italia Nostra- il proposito annunciato di negoziare con Meier ulteriori interventi, in particolare sul Lungotevere e verso largo Augusto Imperatore, dove il white architect ha gia' ferito con l'ossessione del colore bianco il Mausoleo di Augusto e le chiese che chiudono quello spazio con le patine, i colori, i disegni delle facciate anche di Valadier".
"Egualmente misterioso e' il sopralluogo annunciato a Tor Vergata con lo spagnolo Santiago Calatrava, che per il momento ha unicamente comunicato l'importo spropositato della sua parcella.
Italia Nostra Roma conferma la sua delusione e la sua contrarieta' a questo rilancio del narcisismo e delle spese pazze inaugurato da Rutelli, ripreso da Veltroni e fatto proprio da
Alemanno nella continuita' provinciale di queste committenze cosi' mortificanti per la citta'- conclude Italia Nostra- Basta con i complessi di inferiorita' che portano a Roma guai e sola
retorica".
7 aprile 2010
ITALIA NOSTRA SU ALEMANNO, ARCHISTAR E TECA DI MEIER
*****
Link a Il Tempo. Meier è entusiasta del suo muro che verrà demolito. Mah!
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27 commenti:
è proprio una presa per i fondelli (per non dire altro). Oggi durante il convegno è sembrato che tutto il problema della "Bara Pacis" fosse il muretto, con Alemanno che chiamava Meier "Il Maestro".
Quello che non mi è chiaro è però il fatto che, mentre Portoghesi auspicava il recupero del Porto di Ripetta, la faccia di Alemanno era stranamente sorridente e compiaciuta ... poco prima però aveva parlato dell'idea di interrare il lungotevere in corrispondenza dell'Ara Pacis, ovvero proprio dove sono situate le strutture del Porto. In ogni modo Alemanno e Meier dimenticano che, per preservare il porto (di cui Meier all'epoca delle contestazioni affermò di non essere stato informato da nessuno che in quel punto ci fosse un porto!!!), in corso d'opera è stata modificata la struttura di fondazione del "museo", creando uno zatterone in c.a. che ha comportato un aumento di spesa di 8.000.000,00 di Euro, condannato dalla corte dei conti ... in poche parole, l'eventuale tunnel dovrebbe danneggiare lo zatterone ed eliminare il porto. Spesso la gente parla per dare aria ai denti.
Ettore
Decisamente questo sito è una vera boccata d'ossigeno e dovrei esservene grato ... ma siccome non lo sono come dovrei esserlo, vi "regalo" un po' del mio gasping relato a questa notizia: http://antoniodipadova.blogspot.com/2010/04/linsulto-ai-terremotati-e-alla-dignita.html
Ringrazio lycopdium per le sue parole e per averci segnalato l'informe cozza che alcuni chiamano architettura e pure Chiesa. Si aggiungerà al breve repertorio di immagini di gesti architettonici che costellano il Bel Paese e che sto raccogliendo.
Saluti
Pietro
---> Pietro e lycopodium
per fortuna che la santa sede continua a far progettare le nuove chiese ai non reazionari.
Ancora oggi possiamo trovare delle piccole perle in città e luoghi ameni.
In questo ‘alleluja’ non cambia stile.
PS: non conosco il progetto di cui parlate ma eviterei le analogie di chi non conosce il linguaggio dell’architettura.
---> Ettore,
il tuo ultimo post era ricco di spunti, spero di trovare il tempo per commentare ‘seriamente’.
Un post non terroristico o ‘feltriniano’ de architettonico.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Se ricordo bene anche il progetto di Liam O'Connor presentato nelle controproposte progettuali per L'Ara Pacis prevedeva un sottopassaggio che incanalava il flusso automobilistico del Lungotevere. Ho sempre ritenuto che quell'ipotesi progettuale fosse in assoluto la migliore per quell'area.
Di quanti anni fa è quel progetto ? Qualcuno lo ricorda?
Ettore, il tuo pezzo sull'edilizia popolare è estremamente interessante e mette a fuoco una gran quantità di temi che sono scomparsi dal panorama delle preoccupazioni di noi progettisti. Uno degli errori maggiori del movimento moderno (che comunque malgrado tutto io amo profondamente, come si ama un padre di cui però non sopportiamo atteggiamenti ed errori) è quello di aver buttato via il bambino con l'acqua sporca e non è servito a nulla il breve periodo del Post modern di Graves e compagni, che a mio parere non ha fatto altro che peggiorare le cose ed accentuare l'ignoranza nei confronti di certe tematiche trasformando tutto in mera ricerca estetica.
Per quanto riguarda Ridolfi be' permettimi di dissentire, una certa dose di "sperimentazione" nel nostro mestiere è importante, ovviamente non bisogna dimenticare mai che la nostra dovrebbe essere una professione di "servizio" nei confronti degli esseri umani che devono vivere nei e con i nostri lavori.
Ricordo una mostra dei primi anni ottanta , credo che si intitolasse : le migliori architettura italiane degli anni 70, o giù di li, e fra le elucubrazioni cementizie di portoghesi, lo zen di Gregotti e alte amenità del genere spiccavano i disegni a china a mano libera in scala 1/20 di una casa unifamiliare di Ridolfi da quei disegni traspariva un enorme amore. Se sperimentare significa addentrarsi nello studio della giunzione fra due pareti in mattoni e elaborarne fino allo spasimo la composizione ricercando una "propria" perfezione nel particolare come nell'insieme io sono per la sperimentazione, ma se sperimentare deve significare piazzare un rotolo di carta igienica sulla collina di Ravello allora sono d'accordo con te.
Angelo Gueli
Salvatore, osa, osa! Cosa vuoi conoscere d'altro? Vai al link e guardi. Gli occhi sono lo strumento per vedere e il cervello per elaborare, la parola per comunicare.
Guardi e vedi un oggetto, come un soprammobile di casa. Ti piace il soprammobile? Lo compri. Non ti piace, lo lasci.
solo che quell'oggetto diventerà una Chiesa, una casa, uno spazio per accogliere persone in preghiera e sarà, dovrebbe essere, inserito in un tessuto urbano in cui si svolge la vita della gente.
Cos'altro vuoi capire?
Osa, osa, dicci qualcosa, dicci anche che va bene, basta che tu dica qualcosa.
Come direbbe Moretti: Salvatore, dì qualcosa di critico!
Pietro
Angelo Gueli, il giovane saggio!
Ciao
Pietro
Pietro,
non conosco il progetto che critica vuoi?
Resto basito dalla tua critica: ‘mi piace non mi piace’ - ‘è una cozza’.
Buon sghignazzo,
Salvatore D’Agostino
Caro lycopodium,
l’insulto ai terremotati sta nei 2700 €/mq dei quartieri dormitorio in cui li hanno ficcati. Quartieri? Diciamo “cliniche”… dato che dentro hanno gli stessi arredi, gli stessi divani, gli stessi colori, le stesse sedie… Qualcuno ha pure l’indecenza di chiamarle new-town… magari fossero new town! Sono quartieri dormitori per persone nullafacenti. Eh sì, perché se non ricostruisci l’economia e le fabbriche le case mica servono a granchè. L’aquila è (era) una città con molte frazioni, con un centro storico funzionante che faceva da calamita. Ma i nostri eroi se ne son fottuti, presi dagli spottoni elettorali delle gnu-taun costruite da aziende venute da lontano con l’aiuto del signor Ghe-pensi-mi. Così L’aquila possiede qualche altra decina di frazioni nuove di zecca, ‘na genialata: massì, mandiamo a farsi sfottere anche il mercato edilizio della provincia! Mentre , nel frattempo, un bel po’ di migliaia di terremotati sono tuttora alloggiati in alberghi e case sparse qua e là: famiglie, comunità, parentele, amicizie spezzate e tutti a girarsi i pollici...Tutto questo, molto sinteticamente, sono gli insulti ai terremotati… non le forme strane di qualche parroco e monsignore troppo zelante. Un consiglio lycopodium, occupati meno delle forme e assai di più delle anime…
L’invito varrebbe ai Lagnoni che vorrebbero occuparsi di città ma alla fine continuano ad occuparsi di: mensolette, archetti, muretti meierani, transatlantici costruiti decenni fa e fantasmi del passato ormai morti e sepolti. Ma è impresa inutile e da perditempo.
Per quanto riguarda il post di Ettore è parso anche a me molto interessante e concordo con le parole di Angelo: “uno degli errori maggiori del movimento moderno (che comunque malgrado tutto io amo profondamente, come si ama un padre di cui però non sopportiamo atteggiamenti ed errori) è quello di aver buttato via il bambino con l'acqua sporca”. Ecco, questo (anche se per me il Movimento Moderno non è un padre, al massimo uno zio scoperto col tempo) è sano atteggiamento.
Robert
L'Aquila era una città con un centro storico funzionante. Peccato però che il centro storico sia terremotato, un dettaglio non proprio insignificante.
L'altra sera ho sentito l'arch. PL Nicolin in TV che raccontava di essere andato a l'Aquila poco tempo fa con la tua stessa convinzione ed è rimasto stupefatto e ha dovuto cambiare idea.
Io ti domando: da terremotato cosa avresti desiderato? Avresti pensato da architetto o da uomo senza casa?
Adesso il compito è passato agli enti locali, Comune e Regione e, guarda caso, ci sono problemi "burocratici" quali approvazione dei PdR ecc. e il sindaco della città non ha saputo fornire date certe per l'inizio della ricostruzione. E non per colpa sua ma a causa delle nostre leggi e del loro sacro rispetto formale.
Se le leggi sono più forti del terremoto allora siamo arrivati al capolinea.
Ciao
Pietro
Caro Pietro,
uno dei signori ghe-pensi-mi s’è presentato ai terremotati dicendo: - volete una casa o una baracca prefabbricata? - Una casaaaaaaaa!!!!!
Ovvio no? Ti dicono casa o baracca, te che rispondi? Casa, ovvio. Sta di fatto che aver portato tutte le risorse sulle tue bellissimissime gnu-taun ha fatto sì che la città sia rimasta disastrata però le casette del Ghe-pensi-mi sono belle e pronte per le telecamere… ovviamente a 2700€/mq. In Friuli, caro Pietro, han messo le persone in prefabbricati per dar loro un tetto vicino alla propria casa e non a 15 km di distanza e si è pensato a ricostruire le città e tutte le strutture economiche, successivamente le persone sono state spostate nelle case difinitive. Ah, Pietro… questo metodo è quello che usano tutti i paesi del mondo. Solo qui in Italia si è inventato il metodo del signor Ghe-pensi-mi… con tutti i problemi che ora L’aquila si ritrova. Pietro, io non ragiono da architetto… semplicemente da uno che bada al concreto senza sfasciare comunità e famiglie, cercando di far lavorare tutti alla propria ricostruzione. Però se tu preferisci le gnutaun telegeniche fatte da imprese non aquilane, no problem, posso capire benissimo la tua titubanza a criticare il signor Ghe-pensi-mi.
Robert
Sei fuori strada robert. Io non apprezzo affatto le new town, di norma. Quelle non sono nemmeno new town, sono abitazioni ben fatte la cui unica esagerazione io personalmente trovo essere le piastre antisismiche.
Ti racconto però un fatto vero. Ho assistito alla conferenza del Presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Arezzo, Ing. Giovanni Cardinale, studio GPA di San Giovanni Valdarno. Grande professionista, persona di notevoli qualità umane e di grande cultura.
Uomo di sinistra, capogruppo DS e PDS per lungo tempo. Lo dico per inquadrare il personaggio.
Ha vinto, con un Consorzio (naturalmnete), la gara per la ricostruzione e ha realizzato 7 di quelle palazzine che vediamo in TV.
Ci ha spiegato come ha funzionato. Le piastre sono state realizzate direttamente dalla protezione civile mentre si svolgevano le gare d'appalto per le abitazioni.
Il bello delle piastre non è solo la sicurezza sismica, ma il fatto che sopra di esse le abitazioni potevano essere collocate ovunque entro l'ingombro massimo e costruite in c.a., legno o acciaio. Così non vi sono stati tempi morti e la progettazione era libera dai condizionamenti strutturali, dato che non doveva esserci una maglia rigida e la struttura non doveva avere particolari resistenze sismiche, dato che tutto è affidato ai cuscinetti sotto le piastre.
I costi delle abitazioni non sono affatto alti, considerando che hanno un ottimo livello qualitativo (riscaldamento a pavimento, completo cablaggio, solare termico ed elettrico, arredamento completo ecc.). La quota parte delle piastre ha inciso molto invece sul costo totale.
Insomma anche l'uomo di sinistra è rimasto ammirato. Si è però posto il dubbio che il sistema militarizzato che ha consentito di ottenere quei risultati in quei tempi non diventi regola, pur riconoscendo che la nostra burocrazia richiede maggiore efficienza.
Mi spiace ma al gossip degli scandali, veri o presunti non ci sto, non mi interessano, non ne posso più del giustizialismo imperante, del sono tutti ladri ecc. Verso nessuno, anche verso Stefano Boeri. Ne ho davvero le tasche piene e c'è un solo modo per non sentirne parlare: non parlarne.
Ciao
Pietro
Mi ripeto: per fronteggiare un terremoto vi sono sostanzialmente due modi:
A) fronteggiare l’emergenza con le tendopoli e successivamente spostare le persone in prefabbricati non definitivi vicini all’area sottoposta a calamità e iniziare a pensare alla ricostruzione. Ricostruzione in tutti i sensi: edile, economica, sociale ecc ecc.
B) passare direttamente dalle tendopoli alle case definitive.
La A è usata e da tutti i paesei civili del mondo. La B l’ha inventata seduta stante il signor Ghe-pensi-mi. La A consente di usare meno risorse all’inizio e pensare la ricostruzione con un po’ di senno e facendo si che la popolazione venga resa partecipe alla ricostruzione, in altre parole: le persone lavorano e non si girano i pollici. La B invece usa un sacco di risorse e di soldi (il triplo) per fare le case subito e basta… perchè i soldi son finiti. Ripeto se non s’è capito: le case e basta. Senza nemmeno rendere partecipe la popolazione in quanto le abitazioni per esser tirate su in fretta devono esser fatte da imprese specializzate e, per forza di cosa, lontane dal terremoto. La A tiene le persone vicine, la B le sposta dovutamente lontane, la A consente di entrare in prefabbricati quasi subito, la B ti fa passare l’inverno in tenda al freddo oppure ti lascia tuttora a centinaia di km in un albergo… potrei continuare ma mi fermo.
Che bella sperimentazione vero? A proposito di cavie umane… eh? In tutti paesi del mondo (pure in Giappone) si fa la A e da noi il B! eh? Che bella la sperimentazione!!! Eh sì? La sperimentazione è proprio telegenica!!! E le cavie umane recitano divinamente...
Caro Pietro, questo io non lo chiamo gossip. Se vi sono persone che restano ammirate (compreso te) bene… vi dico semplicemente una cosa: cambiate il vostro cervello da modernisti incalliti che pensano solo all’oggetto architettonico e iniziate a pensare a tutte quelle strutture e relazioni che creano città. Comincia a pensare “al malato e non al medico” che vuol far vedere al mondo quant’è bravo. Ah, ‘ste cose, se leggi Libero, Giornale e Foglio non le trovi… non ti voglio costringere a comprare Repubblica, Corriere o Unità… basta che clicchi semplicemente su sito che hai linkato tu stesso: Eddyburg.
Robert
PS: o magari fai l’esame di Sociologia Urbana come dice Ettore :-) l’ho fatto pure io quella volta, è interessantissimo, e senza dover scappare dalla mia università...
Se posso dire la mia, innanzitutto ringrazio per gli apprezzamenti al mio post ... che però è rimasto privo di commenti e sarebbe stato utile avere un dibattito su quell'argomento piuttosto che scrivere sul post dedicato al convegno di Roma. Per quanto riguarda le "New Town" mi sono scagliato contro quando ancora non si erano nemmeno approntate le aree, perché la ritenevo una scelta disumana, una neo deportazione "su terreni di proprietà discutibile" posti "tre metri al di là dal cartello benvenuti sul pianeta Terra": le mie domande sono: come si può pensare che la gente debba vivere a tale distanza dal luogo ove risiedeva e lavorava? Come si può aiutare questa gente, che ha subito il dolore della perdita di alcuni familiari, o amici, a non subire anche il dolore della perdita del senso di appartenenza al luogo e ai "simboli" in cui orgogliosamente un tempo si riconosceva? L'8 luglio, nel bel mezzo del G8 sono stato a San Gregorio (frazione di L'Aquila), per intenderci quel paese in cui c'è l'edificio che è sceso di un piano perché mancavano le staffe e i collegamenti tra i ferri dei pilastri del piano terra e quelli del primo. La vista è stata agghiacciante: 3 mesi dopo il terremoto, le macerie erano ancora lì (e lo sono ancora), e al di sotto degli edifici si sentiva ancora (e si sente tutt'oggi) scorrere l'acqua dalle tubazioni perché non ci si è neppure posti il problema di chiudere le condotte per non sperperare quel bene prezioso che è l'acqua. La gente del posto, di qualsiasi credo politico, sentitasi abbandonata dalle istituzioni si è riunita in "comitato per la ricostruzione di San Gregorio", e noi della University of Notre Dame abbiamo (in realtà il mio collega Samir Younés) elaborato con gli studenti un progetto di ricostruzione basato sulle reali richieste dei cittadini ... nessuno dei soggetti preposti alla ricostruzione ha dato un cenno di interesse per ciò che quella gente ha fatto con noi autogestendosi.
Condivido l'opinione sulla ricostruzione del Friuli, ma segnalo anche l'esempio di Nocera Umbra, che conosco molto bene. Non credo che si debba parlare di gossip o di fini politici nel criticare la strategia di L'Aquila, penso ci si debba limitare a leggere la cruda realtà, che senz'altro non è quella che i media (putroppo assoggettati alla classe politica) ci mostrano. Quello che non mi torna però da parte degli aquilani è che, se non mi sbaglio, la presidentessa della Provincia, Pezzopane, che fu in prima linea battendosi per la "ricostruzione com'era dov'era per il rispetto del senso di appartenenza al luogo" (cito testualmente perché le sue illuminate parole mi colpirono poiché provenivano da una persona che rappresentava le istituzioni), alle ultime elezioni non è stata rieletta. Se così fosse, non mi torna il fatto che gli aquilani non abbiano votato in blocco per l'unica persona che, a mio avviso, era uscita bene dal pasticcio della "ricostruzione".
PS
questo commento non vuole assolutamente essere di matrice politica ... come ho detto in un mio precedente intervento, da circa dieci anni, ovvero da quando il mio povero suocero è morto nel bel mezzo di un'incazzatura con dei politici di Latina, i politici italiani, di qualsiasi colore, mi disgustano alquanto
Ettore, il gossip cui mi riferisco è quello sui costi, le tangenti, il malaffare vero o presunto.
Io cedo che una comunità nazionale non possa vivere pensando che tutto è malaffare.
Se così fosse, allora non c'è soluzione, vuol dire che tutti siamo malavitosi.
Io non credo, in verità, a questa sete di giustizia, o meglio credo che vi sia molta ipocrisia unita ad una atavica sfiducia nelle istituzioni.
Gettare sospetti su tutto quanto viene fatto è un segno di grave decadenza.
Questo non ha niente a che vedere con i metodi di ricostruzione su cui, mi spiace, ma non sono affatto d'accordo con te: se fossero state costruite baracche o moduli provvisori avrebbero tutti gridato allo scandalo. Su questo non c'è alcun dubbio.
Lo scandalo è il Belice, lo scandalo è l'Irpinia, non l'Abruzzo. Le comunità sono sradicate? Certo che sì, ma il terremoto c'è pure stato e converrai che ricostruire in un anno il centro storico forse non è possibile. Se lo fosse allora tra un anno o due dovrebbe essere tutto a posto, dato che ormai tutto è passato nelle mani degli enti locali e ho sentito anche proprietari che sono disposti, da subito, ad intervenire con fondi propri. Vedremo.
Una cosa è il "com'era e dov'era", che guarda oltre l'emergenza ed è una scelta di ricostruzione, altra cosa è il togliere la gente dalle tende.
Quanto alle macerie sai benissimo perché non vengono tolte: esiste la solita legge che lo impedisce.
Quella stessa legge per cui, ad ogni inizio dei lavori di qualsiasi cantiere siamo costretti a fare certificazioni, riempire moduli, fare analisi per dimostrare che queste terre non hanno agenti inquinanti. Quella stessa legge per cui se ogni camion non ha qualche foglio di carta che ne attesta la conformità sono guai grossi. Quella stessa legga che ha fatto diventare la terra oro.
Quella stessa legge che fa fare affari d'oro ai cavatori e alle discariche controllate, in un circolo perverso sotto il segno ambientalista: si portano detriti di inerti in discarica, e si paga salato per questo; poi il cavatore la può riutilizzare come ottimo inerte da rivendere dopo averla sostanzialmente "macinata".
Se poi c'è di mezzo l'ARPAT, o come si chiama nelle varie regioni, allora siamo fregati. Passano mesi, analisi, commissioni e le solite trafile e i costi lievitano a dismisura e l'ambiente cosa ne guadagna? Niente o poco, perché trasportare, come è successo a me, 400 camion di terra da Firenze a Brescia, nell'unica discarica adatta, ha prodotto costi ambientali spaventosi: 240.000 chilometri circa, 6 volte il giro della terra, di gasolio bruciato qualche incidenza sull'ambiente ce lo avrà pure avuto.
Ma lex, dura lex, sed lex, come è giusto. Ammesso siano giuste le leggi, altrimenti si cambiano.
Saluti
Pietro
Caro Pietro,
non intendevo criticare il tuo discorso del gossip, ma mi sembrava che, con i vari interventi, si stesse trasformando tutto in battibecco politico. Per il resto la penso come te sulla vergognosa burcorazia e le finte leggi di tutela che fanno solo gli interessi delle persone che dici tu, e che ci costringono ad inquinare molto più di quello che sarebbe necessario.
In ogni modo, sulla polemica che mi rimanda mentalmente a quella scoppiata negli anni '10 del secolo scorso a Testaccio e che i giornali titolavano "case, non baracche!" penso che, in aggiunta al modello unico preso in considerazione, ovvero le "new towns monofunzionali", avremmo pututo vedere l'esempio del cosiddetto "quartiere segli sbaraccati e degli sfollati" costruito da Giovan Battista Trotta alla Garbatella, un intero quartiere di "case rapide" costruito in meno di 5 mesi e che, a distanze di quasi 90 anni non è mai stato oggetto di restauri. Quell'esempio avrebbe consentito agli aquilani di vivere "accanto" alla città storica in attesa di rientrarvi quanto prima, avrebbe consentito di mantenere in vita le imprese e l'artigianato locale (secondo il sano principio del "costruttore/consumatore" lasciatoci da Montemartini) e, a lavori di restauro ultimati, le case avrebbero potuto tresformarsi in case economiche e popolari prossime al centro (evitando le ghettizzazioni della politica "sociale" basata sul principio "luntano da l'uocchij luntano da o' core").. o in residenze per gli studenti, dato che la Casa dello Studente ha fatto la fine che sappiamo. Queste "case rapide" avrebbero potuto ospitare attività commerciali al piano terreno, per non rendere gli abitanti schiavi dell'autotrazione necessaria ad andare a fare le loro spese ai centri commerciali, ecc. In altre parole, se chi decide, o impone, avesse un minimo di conoscenza della nostra storia recente, potremmo evitere il ripetersi di problemi già risolti con successo.
Che dire poi delle ricostruzioni sei-settecentesche (con mezzi molto inferiori a quelli attuali) delle città della Val di Noto dopo il terremoto del 1693?
Spero che non me ne voglia.
Ettore
Ettore, non è un problema pensare cose diverse, ci mancherebbe. Può darsi che si potesse fare meglio, ad esempio in relazione alle attività commerciali al piano terra come dici te. Le case rapide della Garbatella non le conosco e non dubito che tu abbia ragione.
Ma ci sono condizioni al contorno che vengono trascurate spesso e che cambiano del tutto le cose: la percezione dell'opinione pubblica è completamente diversa. C'è una eccessiva sensibilità, chiamiamola così, dei media e quindi dell'opinione pubblica, nei confronti di questi eventi calamitosi per cui se non riesci ad offrire un risultato straordinario sei comunque oggetto di critiche feroci. La nostra società non accetta più la morte e la sofferenza come un evento possibile, ma vuole dominarlo ad ogni costo e la caccia al responsabile viene prima del dolore per le vittime.
Basta guardare qualsiasi TG o leggere qualsiasi quotidiano per vedere notizie di cronaca di incidenti automobilistici nei quali, in ogni modo, la colpa è, a seconda dei casi, delle strade, dell'alcol, del comune, dello stato. Oppure i casi di morte in ospedale in cui a priori viene scartata la possibilità che non potesse essere evitata e allora si cerca il medico, la USL, la direzione sanitaria. Tutto meno che la responsabilità di chi guida o un evento casuale. Non voglio dire che non vi siano responsabilità pubbliche o che non esista la malasanità, dico che per principio si rifiuta la morte e se ne cerca il colpevole. Durante le prime ore dopo il terremoto abbiamo assistito al pietoso spettacolo di un responsabile della protezione civile, Franco Barberi, che sparò a zero non si sa su chi, contribuendo a screditare ancora di più le già screditate istituzioni, dichiarando che un terremoto dal genere avvenuto in Giappone negli anni 90 non aveva procurato una vittima, cosa poi dimostrata del tutto falsa. Oppure quel tipo che aveva previsto il terremoto e quindi dagli all'untore di chi non aveva ascoltato. Qualsiasi inchiesta TV comincia con la fatidica frase: qualcuno sapeva e non ha fatto niente.
Dunque il risultato è fondamentale e l'avere visto smontare le tende in pochi mesi ed occupare case ben fatte ed arredate di tutto punto è un'operazione che risponde anche a questa logica, che è perversa ma a cui nessuno può sfuggire.
Resta tuttavia l'esempio di una efficienza eccezionale che non può essere negata o disprezzata in un paese che è il simbolo stesso della inefficienza. Anche se l'ha compiuta Berlusconi con Bertolaso.
Poi sappiamo tutti e due che Berlusconi è un amante delle new town, è nato economicamente con questo modello e dunque è andato diritto per la sua strada. Che però ha il consenso dei cittadini.
Una chiosa: Noto è una meravigliosa new town a tutti gli effetti perché la vecchia città distrutta dal terremoto è a diversi chilometri di distanza, più in alto, tutt'ora esiste, abbandonata ma visitabile e sarebbe anche un'ottima cosa valorizzarla recuperando ciò che è possibile. Quella comunità,non so se d'imperio dall'alto o se per scelta condivisa, decise di spostare la città più a valle, e nacque Noto.
Ciao
Pietro
"mi sembrava che [...] si stesse trasformando tutto in battibecco politico"
ettore, ma ti sei reso conto in che blog stiamo discutendo?
:-)))))
robert
robert, poiché avrai una sorpresa, con il tuo modo di schematizzare e incasellare le persone in ambito politico sono proprio curioso di vedere le tue reazioni.
A molto presto.
Pietro
pietro, io incasello solo te e al massimo rupi :-)
Allora, robert, sei proprio cattivo.
Ciao
Pietro
Pietro,
piccola nota la personalizzazione dell’emergenza, la mediatizzazione di un eroe ‘salvatore’ ci rende un paese ‘povero’.
Un terremoto è una storia collettiva dove tutti gli italiani hanno e devono avere la propria parte (donazioni, soccorsi, aiuti vari).
In un vecchio commento ti avevo parlato delle new town di Berlusoni dicendoti che sono delle ‘baracche edulcorate’ - come sta emergendo dalla cronaca di questi giorni - dai ‘costi esagerati’.
T‘invito a riflettere su un altro metodo applicato in Abruzzo cioè il caso di ‘Onna’.
Copio e incollo un commento da una discussione su Facebook: «L’ambasciatore tedesco in Italia Michael Steiner ha dichiarato oggi pomeriggio su Radio2 (ndr 6 aprile) che gli abitanti di Onna per ritrovare la loro identità perduta dopo il Terremoto hanno bisogno delle loro pietre.
Per questo “master plan” una squadra di volontari tedeschi ha passato mesi per il recupero di tegole, legno, mattoni e pietre. I nuovi edifici saranno realizzati con questi materiali, l’impiego di nuove tecniche di avanguardia e la partecipazione degli abitanti».
All’Aquila è stato applicato il metodo dell’abile costruttore di palazzine (la prima attività del Nostro) niente di più.
Il palazzinaro lavora per il presente economico non certo per il futuro di una città.
Il palazzinaro è pronto a demolire quelle case poiché da qualche tempo si sa che il futuro dell’edilizia è la ‘decommissioning’.
Ne avevo parlato tempo fa sul mio blog, cioè lo stesso imprenditore che ha costruito case ‘temporanee’ distruggerà e ricostruirà altre case ‘temporanee’.
L’edilizia diventerà un ciclo ‘economico’ e il ‘Nostro’ essendo stato il re dell’edilizia conosce bene questa tendenza, che in Italia è camuffata ‘dai media’ con il sostantivo ‘emergenza’.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
E io ti ripeto quanto ti ho già detto: Onna non è l'Aquila, essendo questa una città con un centro storico enorme.
Ma poi, cosa c'entra la ricostruzione di Onna con la temporaneità dell'alloggiamento dei cittadini?
Tu stai parlando del metodo di ricostruzione del centro storico e osservo che apprezzi non solo il "dov'era com'era" ma anche con gli stessi materiali. Io sono d'accordo su questo, con giudizio ovviamente. In Friuli è stato fatto così.
Ma ancora l'operazione di ricostruzione del centro storico non ha avuto inizio e, mi spiace per te, ma la protezione civile non c'entra niente, dato che è compito delle amministrazioni locali.
Il resto del tuo discorso è talmente dietrologico e macchinoso che se lo avessi scritto io mi avresti detto che faccio discorsi da politico vecchio di un secolo. Io ti dico solo che è una tua fantasiosa interpretazione.
Il fatto è questo: la gente è in case, ottime case dal punto di vista "edilizio", non particolarmente costose, con tutti i problemi di quartieri nuovi progettati e costruiti in sette mesi e, secondo l'arch. P.L. Nicolin, molto migliori dei PEEP che ci sono in giro, anche urbanisticamente. Dopo di che resta pure con il tuo pregiudizio.
Osservava robert, che la pensa più o meno come te, che le elezioni non le ha vinte eprò quella simpaticissima presidente della provincia che si è spesa molto per la ricostruzione, ma il suo avversario. Segno che la gente sembra, nella sua maggioranza, soddisfatta. Dato che che ci abitano loro, e non te, mi sembra che dovresti tenerne conto.
Quindi a l'Aquila sembra che non valga l'adagio: "Piove, governo ladro". Ultima considerazione prima di andare a letto: spiegami perchè te trovi tanto vive e affascinanti, interessanti e ricche di nuove forme espressive e culturali le squallide periferie che io depreco e invece queste nuove periferie, figlie dell'emergenza e di una catastrofe ti fanno così schifo?
Ciao
Pietro
Solo un paio di estratti da Eddyburg
Le abitazioni. Il governo ha deciso di saltare la fase degli alloggi provvisori e passare dalle tende direttamente alle durevoli e antisismiche Case. Ebbene, in tanti denunciano essersi trattato di una scelta sbagliata. Non solo perché le Case si sono rivelate molto costose (2.428 euro a metro quadro, contro i 1.210 euro dei Map). Ma anche perché, come sottolinea l'ex presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, le new town pongono un enorme problema di «riorganizzazione sociale», con difficoltà di ambientamento delle persone e necessità di creare una rete di servizi. «Le new town ci hanno isolato, ci hanno diviso, abbiamo perso l'identità», dice la signora Gigina, 66 anni.
E l'urbanista Vezio De Lucia le dà ragione. «Il modello di ricostruzione de l'Aquila rappresenta una pesantissima ipoteca sul futuro della città. Si è provato a fare un salto, direttamente dalla tenda alla casa, che è un errore molto grave, perché obbliga a inventare lì per lì un modello urbano, che nella migliore delle ipotesi non può non essere affidato alla assoluta casualità. La casa - prosegue - è stata contrapposta come valore unico e assoluto a ogni altro: la casa contro la città. E sono del tutto mancate le risorse, le politiche e l'impegno per mettere mano alla ricostruzione del centro storico. Che dal punto di vista urbanistico e della vita civile è fondamentale: se non si recupera il centro storico de l'Aquila, la città è destinata a morire».
Mattera, Serenella, Il Riformista
Da noi è avvenuto il contrario. Dal centro della città si sono staccate le periferie, che sono rimaste corpi separati. Periferie c´erano anche a L´Aquila. E, prima delle periferie, c´era una sistema fondato su un centro molto prestigioso e su alcune decine di frazioni. Con le new town non c´è nessuna ricostruzione, ma solo la costruzione di una città fatta solo di periferie. Il resto sono macerie.
Pier Luigi Cervellati, La Repubblica
tutti gli articoli sulla ricostruzione in Abruzzo di Eddyburg: http://eddyburg.it/article/archive/359/
robert, Eddyburg, cioè Edoardo Salzano e Vezio de Lucia (alto funzionario dello stato nel settore urbanistico per diverso tempo) hanno una visione, diciamo così, piuttosto partigiana, basta visitare il sito. Rispettabile ma partigiana. Non mi sembra che la loro urbanistica abbia prodotto effetti positivi da qualche parte. Io lo seguo di tanto in tanto il loro sito.
PL Cervellati: leggi tutto l'articolo su Repubblica e vedrai che non è così netto come appare dal tuo estratto. Eccone uno un pò più ampio e questo è il link:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/04/08/illusione-new-town.html
"Quando una città diventa macerie e rovine, ci si illude di poterla ricostruire facendone (come si è deciso di fare all' Aquila) una nuova. Nuove saranno le case, magari bellissime, spaziose, ma la città non c'è; si è solo allargata la periferia. Periferia che disperdendosi nel territorio cancella la città, come appunto nel caso dell' Aquila dopo il terremoto dell' anno scorso. Si è fatto tanto, ma la città non è stata restituita ai suoi abitanti e chissà quando lo sarà. Una città non è fatta solo di case e di abitanti. La città rappresenta una comunità. Con i suoi "valori", la sua memoria, le sue tradizioni, la sua identità. Il suo futuro. C' è solidarietà e conflittualità. C' è "vita", come direbbe un antropologo saggio e un poco retorico. La città è un bene comune. Appartiene alla collettività. La casa è di chi la abita. Se la città finisce di essere tale perché si pensa di migliorarla con una" new town" non c' è ricostruzione possibile. La ricostruzione di case e chiese, palazzi e monumenti, strade e piazze per restituire la città come bene comune, dev' essere prioritaria, perché la città è prima di ogni altra cosa storia e cultura, lavoro e natura di chi ci vive. Dispersa nella campagna la città non esiste più. Non confondiamo e non solo all' Aquila, la periferia, lo " sprawl" urbano (vale a dire la dispersione delle abitazioni), per città. Neppure barattiamo le new town quale esempio di moderna ricostruzione. Prima ancora che le new town riescano a diventare città saranno vecchie e obsolete. E da demolire. Forse allora si riuscirà a restituire-ricostruire la città: ricostruire i suoi rapporti e quel senso di civile responsabilità che la dispersione periferica dell' urbanizzato ha distrutto"
Successivamente parla di Tokyo e Los Angeles, ma mi pare che trascuri un passaggio non insignificante: non sono città con un centro storico di case in muratura coma l'Aquila.
Rileggi bene Cervellati e dimmi se condividi tutto quanto dice. Io lo condivido, slavo nel fatto che l'emergenza non prevede una pianificazione molto meditata.
Ma il fatto è che qualunque cosa faccia Berlusconi, per definizione, non va bene. Il fatto è che gli architetti si interessano della comunità a targhe alterne, quando cioè, fa comodo, per il resto, fuck the contest.
Ragazzi, c'è stato il terremoto, non è una new town, sono alloggi per stare in casa al caldino d'inverno in quartieri molto migliori di quelli lodati dagli architetti.
Sui costi l'ho già detto riportando la "testimonianza", come si dice, di un progettista che ha partecipato: le case sono costate 1200 euro a mq, di livello alto e non baracche come dice qualcuno, il resto sono le piastre e le urbanizzazioni.
Prova a smentire questa.
ciao
Pietro
"Ragazzi, c'è stato il terremoto"
appunto pietro... c'è stato il terremoto... era meglio evitare le sperimentazioni con metodi tipo quartieri dormitori vecchi di 40anni ed evitare gli spottoni elettorali sulla pelle delle persone.
saluti
robert
vorrei segnalare questo articolo sul Washington Post, perchè scritto da una persona di grande valore, nata a L'Aquila ed oggi titolare di cattedra presso la Georgetown University in America. L'autrice esprime il pensiero degli aquilani vittime del terremoto ad un anno dall'evento, la domanda dell'autrice circa l'opera di ricostruzione che è stata finora eseguita è "che cosa è una città senza il suo centro?" http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/04/09/AR2010040903684.html?referrer=emailarticle
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