Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


8 maggio 2008

L' IDEA DI POLITICA E ARCHITETTURA DI MIMMO PALADINO

Pietro Pagliardini

Così Mimmo Paladino su Repubblica:
"Ma non deve essere la politica a dettare i canoni dell'architettura". Parla Mimmo Paladino, che ora espone le sue opere all'Ara Pacis. Tra le prime dichiarazioni del neo-sindaco Gianni Alemanno c'è stata quella sulla teca di Richard Meier che ricopre l'Ara Pacis. "Un intervento invasivo", così si è espresso "che rimuoveremo".

Strana l’idea che ha Paladino del ruolo dell’architettura e della politica!
Quante volte abbiamo sentito dire da autorevoli esponenti della cultura e dell’architettura: “Ci vorrebbe il Principe per fare una bella architettura, ma i politici di oggi….!”. Luogo comune molto snob e molto poco democratico perché non si può sposare il governo del Principe con la democrazia tantomeno si può nominare un Principe.. con delega all’architettura. La democrazia è altra cosa, è conflitto, è scontro di idee e non sempre le migliori vincono (negli ultimi lustri direi che, in campo architettonico, hanno sempre perso) e le scelte non sempre si fanno nei salotti, ultimamente un po’ logori in verità.

L’Ara Pacis è stata scelta dall’ex Sindaco Rutelli e adesso che arriva un nuovo Sindaco che ha idee precise, ma diverse, non va bene perché….. non coincidono con quelle di Paladino. O forse perché, come dice nell’intervista: “non credo che Alemanno abbia una cultura estetica in grado di comprendere il valore di un'opera come quella”. Rutelli e Veltroni, evidentemente, ce l’avevano la cultura estetica: ma guarda un pò! Forse Paladino voleva dire: "certa politica non deve dettare i canoni dell'architettura".

Quando si vuole citare un esempio virtuoso di politico che ha fatto dell’architettura il perno della sua fama internazionale si citano Pompidou e Mitterand, quest’ultimo un vero Principe. Loro vanno bene come politici che decidono perché gli edifici fatti durante i loro mandati appartengono tutti al medesimo filone culturale, quella dell’opera straordinaria, del grande gesto dell’architetto. Dico questo senza negare che a Parigi siano state fatte opere anche importanti, di qualità e, in fondo, capaci di rappresentare lo spirito di grandeur francese.

Ma, polemica a parte, la sostanza del problema è un’altra: chi abbia titolo a scegliere, a decidere sulle sorti della città, a maggior ragione nel caso di una città come Roma, che se qualcuno non se ne fosse accorto non è Parigi, e a maggior ragione ancora in un’area in cui la memoria del passato è così forte e presente, per quello che c’è e per quello che non c’è più.

Ogni opera di architettura di grande interesse o di riqualificazione urbana, proprio per l’importanza che riveste, porta inevitabilmente strascichi e polemiche: è sempre stato così anche nel passato per opere che adesso vengono ritenute capolavori dell’architettura. E questo, come ricorda Marco Romano nel suo ultimo libro, è una caratteristica esclusiva della città europea e avviene perché l’architettura è arte civica ed appartiene alla comunità, alla civitas, ai cittadini.

Il committente di un’opera pubblica ed è rilevante per la città è la città stessa, cioè i suoi cittadini; se questo è vero, ed è certamente così, il giudizio spetta a loro e, per via indiretta, ai suoi delegati, cioè ai politici, e nella fattispecie al Sindaco. Il che non esclude affatto, anzi è secondo me auspicabile, che per casi particolari e di grande importanza, tutta la città possa e debba esprimersi; non a caso Alemanno, parlando di Ara Pacis, ha detto che vorrà sentire prima il parere dei cittadini.
E allora quale ruolo rimane all’architetto, al mondo della cultura e alla critica, domanderebbe Paladino? Quello che a ciascuna di questi attori compete: l’architetto ha il ruolo fondamentale di fare il progetto, di leggere e interpretare il luogo e di restituire graficamente ciò che meglio si confà a quello specifico contesto, alle aspettative del committente, ai mezzi che questi mette a disposizione. Certamente l’architetto ha il diritto di difendere il proprio lavoro con ogni mezzo (lecito) ma difficile pensare che possa essere lui a decidere, come sembra ventilare Paladino, oppure gli esperti che ragionano, appunto, come Paladino.
Alla critica, al mondo della cultura, agli esperti, il compito di criticare appunto ma con argomenti fondati e non con la solita vecchia menata della modernità.
Le idee, e d il loro contradditorio contano, non i ruoli che vengono dati o che qualcuno si assegna da solo.

Nel caso dell’Ara Pacis mi è sembrato di trovare più idee contro che a favore: Italia Nostra ha fatto ripetuti appelli, il New York Times, giornale della città di Meier, ha dato un giudizio molto negativo, lo stesso Fuksas non ne ha parlato bene, Camillo Langone sul Il Foglio, caustico, lo definì il progetto di un geometra (con tutto il rispetto per i geometri), Paolo Portoghesi, Vittorio Sgarbi, Leon Krier, che adesso sembra potrebbe svolgere un ruolo di consulente per il Sindaco di Roma, ecc. Come la mettiamo con la “cultura estetica” di Rutelli e Veltroni?

Certo, adesso è già costruita, il problema è diverso, se la consultazione popolare vi fosse stata prima sarebbe stato certamente meglio, però la tentazione di smontare, con la teca, un mondo di conformismo, una cultura glamour chiusa nei salotti, una cultura antipatica, antipatizzante ed escludente, beh, è veramente forte.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Un commento piccolo piccolo, perchè tanto sono daccordo su tutto. Ma soprattutto sono daccordo con Paladino su una sola cosa: che Alemanno non abbia una cultura estetica è vero. Non vorrei fare giudizi politici, perchè tra Rutelli ed Alemanno è come dire un pugno nell'occhio o un calcio sugli stinchi, ma, come già mi pare di aver scritto nell'altro post, l'unico motivo che spinge Alemanno a demolore il progetto (orrido) di Meier è populismo/politico...
A presto!
www.piliaemmanuele.wordpress.com

Pietro Pagliardini ha detto...

Può darsi che tu abbia ragione, ma un sindaco è anche un politico e non ti devi aspettare che sappia tutto di tutto, però una dote ce la deve avere: capire ciò che è giusti o sbagliato, essere in sintonia con la maggioranza dei cittadini. Può darsi che Alemanno l'abbia capito meglio di altri. E poi, in fondo, ha sempre detto di voler interpellare i cittadini con un referendum che mi sembra un atto di intelligenza e certamente non di arroganza. Tutto questo a prescindere, s'intende, da posizioni politiche personali

Anonimo ha detto...

In linea teorica sono completamete d'accordo, sarebbe giusto che i cittadini avessero voce in capitolo sulle opere da erigersi nella loro città, ma la democrazia funziona per deleghe, e quindi sono i sindaci, i vari Rutelli, Veltroni, Alemanno ecc. che decidono, e qui son dolori..... Vorrei però fare un'osservazione: in passato, quando il meglio in campo architettonico è stato fatto, palazzi, chiese, piazze, fontane, arene ed archi sono stati fatti per volere di singoli potenti, prepotenti e assai poco democratici, imperatori principi, papi, ricchi mercanti che se ne infischiavano sommamente del parere di chicchésia, figuriamoci del popolo!

Certo erano altri tempi, tempi di despoti e signori non sempre illuminati che tuttavia son riusciti a fare bella l'Italia.
Come la mettiamo?
vilma

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