Pietro Pagliardini
Qualche sera fa in TV è andato in onda il film Basic Instinct 2. Cosa c’entra con questo blog? C’entra, non solo per Sharon Stone, la cui splendida architettura basterebbe a dare ragione ai difensori di progetti che si rifanno all'uomo vitruviano(1) (simmetria perfetta, armonia, proporzioni) ma per il fatto che l’altro protagonista, insieme alla Stone, non è il disorientato psicanalista ma the Gherkin, cioè il cetriolo, l’edificio nel centro di Londra di Lord Norman Foster la cui forma, per chi eventualmente non lo conoscesse, è facilmente deducibile dal nomignolo; infatti per non meno del 50% del tempo le scene sono girate dentro quell’edificio o lo hanno come sfondo negli esterni. Si può dire che tutto il film giri intorno al “cetriolo”, sia come immagini che come contenuti.
Questo non intende essere un porno-post e neanche la recensione di un film, peraltro noiosissimo, ma un’analisi di come l’architettura delle archistar venga sostenuta e veicolata dai media facendo indirettamente passare il messaggio di essere l’unico linguaggio possibile per la contemporaneità.
Non intendo dire che il Gherkin sia stato sponsorizzato direttamente da chicchessia come scenografia prevalente del film, credo anzi che sia stata una scelta, anche abbastanza semplice, perfino banale, degli autori perché funzionale alla trama, tutto incentrato su riferimenti psicanalitici legati alla morte e al sesso. Ma che sia pubblicità occulta o scelta autonoma gli effetti non cambiano affatto e sono proprio quelli di cui parla Nikos Salingaros nel suo Anti-Architettura e Demolizione la creazione di un culto.
Il simbolismo tra la forma del grattacielo e la trama del film è anche fin troppo scontata, dicevo prima, ma qui è portato alle estreme conseguenze, fino ad arrivare a riprodurre come soprammobile il modello dell’edificio,
in un altrettanto scontato accostamento tra la posizione della Stone e la presenza dell’oggetto.
Questa continua, esasperante presenza del Gherkin, in scala reale come sfondo, in scala ridotta come soprammobile, visto da dentro la pelle stessa durante le sedute “terapeutiche”
e addirittura come oggetto autonomo facente parte integrante e dominate del paesaggio ha, oggettivamente, un effetto propagandistico straordinario, in parte facendo ricorso anche a tecniche subliminali.
La conseguenza è alla fine l’assuefazione del pubblico a questa architettura, d’interni e d’esterni. Certamente si potrà obbiettare che questo edificio è presente in una situazione dichiaratamente anomala, parossistica, in cui follia, squilibrio, torbide passioni e ambiguità sono elementi dominati e dunque nessuna associazione è possibile con la vita reale o perlomeno comune alla stragrande maggioranza delle persone, per cui ci potrebbe essere addirittura l’effetto opposto di un’architettura anomala almeno quanto la narrazione della storia.
Non credo però sia così perché il film, pur essendo, noioso e banale, è tuttavia ben confezionato e la presenza di una diva come Sharon Stone, l’attesa per essere il sequel di un film che, per una sola scena, è diventato comprensibilmente un cult, generano una notevole partecipazione emotiva positiva verso il film e verso l’architettura. Questo mio vedere il film in chiave critica mi è stato consentito dal fatto che, come ho visto l’edificio di Foster, cioè quasi subito, è scattato in me il blogger, ho preso la macchina fotografica e ho guardato il film con il principale scopo di cogliere le immagini e scrivere questo post, altrimenti è probabile che mi sarei rilassato sul divano ad ammirare la bellezza e la bravura straordinaria dell’attrice, dai lineamenti perfetti e dallo sguardo gelido come l’acciaio e il vetro del grattacielo, e magari avrei apprezzato anche l’ambientazione. La quale in realtà non è affatto male perché raramente film ed edificio si compenetrano fino a questo punto. Solo lievi accenni di rughe nel volto della Stone, segno inevitabile del tempo, contrastano con la pelle lucente e la perfezione geometrica del cetriolo: di là la vita, di qua la morte.
L’unico momento di normalità in cui compare un barlume la vita nell'intero film si svolge nello studio dell’anziano professore che intuisce la devianza dello spaesato interprete e che ha, non a caso, uno studio circondato dalla natura e arredato in modo tradizionale con tende e drappeggi.
Quanto al Gerkin che altro dire se non che l'affidarsi al simbolismo fallico (anzi, ad un fallo privo di simbolismo) per dominare lo skyline di una città non può che avere come unico scopo la celebrazione del suo autore perché è una firma indelebile e sicuramente riconoscibile ma certamente non credo possa avere a che fare qualcosa con l'architettura, l'urbanistica e l’identità di Londra.
A meno che Foster non abbia voluto sfatare il famoso adagio puritano “Niente sesso, siamo inglesi”.
(1)Leonardo da Vinci: « Vetruvio architetto mette nella sua opera d'architettura che le misure dell'omo sono dalla natura distribuite in questo modo. Il centro del corpo umano è per natura l’ombelico; infatti, se si sdraia un uomo sul dorso, mani e piedi allargati, e si punta un compasso sul suo ombelico, si toccherà tangenzialmente, descrivendo un cerchio, l’estremità delle dita delle sue mani e dei suoi piedi. »
(Le foto sono state effettuate direttamente dalla TV)
20 maggio 2008
ARCHISTAR E PROPAGANDA: BASIC INSTINCT 2
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