di
Ettore Maria Mazzola
La crisi che sta mettendo in ginocchio il nostro Paese e l’intero pianeta, le false rassicurazioni di uscita dalla stessa dei nostri governanti, creano le giuste condizioni per riflettere sul messaggio di allarme lanciato alcuni anni fa da James Howard Kunstler.
Molto opportunamente nei giorni scorsi, sul blog “De-Architectura”, Pietro Pagliardini ha pubblicato il video dell’interessantissima conferenza “How Bad Architecture Wrecked Cities” tenuta da James Howard Kunstler nel lontano febbraio 2004.
Con l’occasione, Pietro ha anche gentilmente postato il link al mio articolo "Costruire con parsimonia" scritto all’indomani della tragedia di Fukushima.
Il motivo del collegamento è che, in quell’articolo, ponevo dei quesiti sull’attuale modo di costruire e consumare energia, del tutto in linea col pensiero di Kunstler.
James Howard Kunstler è un personaggio coraggioso e fantastico ... per questo è uno di quelli che danno fastidio.
Personalmente, ritengo il suo "The Long Emergency" (pubblicato in Italia dalla Nuovi Mondi col titolo di "Collasso - Come sopravvivere alla fine dell'era del petrolio a buon mercato”) un libro straordinario, altrettanto dicasi per il precedente "Geography of Nowhere".
Purtroppo, quelli di Kunstler sono discorsi che gli architetti, gli urbanisti, i petrolieri e gli industriali – ed i politici ai loro servigi – rifiutano di ascoltare ... resta però per lui la soddisfazione che mai nessuno sia ancora riuscito a smontare le sue parole, sulla fine del “petrolio a buon mercato” e sulla dipendenza di tutte le presunte energie alternative dal petrolio.
… Una ragione in più per rimboccarsi le maniche e ripensare al nostro futuro ed a quello dei nostri figli, prima del raggiungimento del punto di non ritorno ("The Long Emergency").
L’esistenza, nel web, di video sottotitolati in italiano come quello citato, è per me una grande speranza, la speranza che i nostri ignorantissimi politici, e l'enorme massa di pseudo-architetti e pseudo-urbanisti che infesta il nostro Paese, ascolti, o legga i sottotitoli di cui i video sono provvisti e, finalmente, comprenda che dal dopoguerra ad oggi abbiamo intrapreso una strada che non va da nessuna parte … se non al collasso della nostra presunta "civiltà".
Ascoltare certi discorsi, aiuta le persone di buona volontà a capire, una volta per tutte, che quello dell'architettura e dell'urbanistica non è un problema di "stile architettonico", ma di "stile di vita".
A tal proposito, ritengo anche molto utile un altro video, della stessa serie sottotitolata, relativo alla conferenza “Retrofitting Suburbia“ tenuta ad Atlanta nel gennaio 2010 da Ellen Dunham-Jones.
Nel video, la relatrice si spinge – anche se brevemente – a ricordare quelli che sono i disastrosi effetti collaterali sulla nostra salute dell'urbanistica fallimentare del dopoguerra, mostrando anche qualche esempio americano di rigenerazione urbana possibile.
Personalmente mi sento molto coinvolto da questi discorsi, e vorrei che in tanti, in Italia, lo fossimo.
Sono ormai tanti anni che “combatto” – spesso usando toni molto aspri e provocatori – nella speranza che certi architetti, certi pseudo-storici e "critici" di architettura comprendano la grande menzogna che ci è stata raccontata sui banchi universitari e sulle riviste patinate. Costoro dovrebbero smetterla di accusare di "passatismo" chi come me, rifiutando in nome del bene comune uno stile di vita sbagliato, promuova un tipo di architettura e di urbanistica a dimensione umana e rispettosa dei luoghi.
Per questo mi auguro che ascoltino Kunstler – CHE GUARDA CASO NON È UN ARCHITETTO! – e apprendano dalle sue parole una serie di termini come "senso di appartenenza", "grammatica", "definizione dello spazio", ecc. … se mai riuscissero ad essere umili, costoro potrebbero finalmente, rivedere le proprie posizioni, troppo spesso arroganti, ignoranti e presuntuose.
Gli architetti infatti – ma anche tutti gli urbanisti, i costruttori e gli amministratori della cosa pubblica – che presumono di poter fare ciò che vogliono in nome di una ipotetica modernità dettata dalla propria ideologia, oppure in nome di una distorta visione della libertà a danno degli altri, dovrebbero sempre ricordare che questo pianeta ci è dato prestito dalle generazioni future che, si suppone, gradirebbero vederselo “riconsegnato” ancora salubre e fruibile.
A seguito del dibattito scaturito dai post precedenti, Pietro Pagliardini ha pubblicato alcune sue ulteriori riflessioni nel post, “Leonardo Benevolo e la Città del Movimento Moderno”
Questo articolo pone a confronto un estratto de “La città nella storia europea” (Edizioni Laterza, 1993), di Benevolo, e il contenuto della conferenza di Kunstler.
Al termine della citazione del testo di Benevolo, Pagliardini scrive: “Una sintesi onnicomprensiva e perfetta di un periodo storico, con una conclusione (e un tono complessivo) che però mostra la mancata presa di distanza da quel modello, soprattutto delle ricadute, dell’applicazione di quel modello sull’attuale deserto urbano”. Suggerisco vivamente a tutti di leggere il testo completo, sia di Benevolo che di Pagliardini.
Personalmente direi che il testo di Benevolo, come Pagliardini ha fatto notare, non solo non prenda le distanze da quelle scelte che hanno condotto l’architettura al triste punto in cui viviamo, ma che addirittura abbia voluto giustificarle ed enfatizzarle, tanto da “ringraziare” il movimento modernista per le teorie moderniste sviluppate nel quinquennio ’24 – ’29 che, a quanto l’autore sostiene, spianarono la strada verso la “liberazione dai condizionamenti del passato” aiutando le città a migliorarsi.
Benevolo dice: “È il climax della cultura artistica europea, che taglia nello stesso tempo i legami con la tradizione propria dell’Europa e offre una base concettuale utilizzabile in tutto il mondo, per modernizzare ogni altra tradizione … Per spezzare le limitazioni della teoria e della pratica post-liberale, bisognava passare attraverso la tabula rasa, sgomberare una volta per tutte l’enorme carico delle forme convenzionali dedotte dal passato (...) Si perde la continuità soggettiva con la vicenda europea, per recuperare la comprensione oggettiva dell’intera serie degli interventi umani nel paesaggio terrestre (…)”.
E ancora: “ma senza lo strappo, la consapevole presa di distanza, non si sarebbe potuto affrontare seriamente la progettazione della città moderna, riconoscere la molteplicità delle esigenze da sintetizzare e anche la ricchezza delle tradizioni locali, da sottrarre alle schematizzazioni degli stili”. … in poche parole la madre di tutte le pippe mentali che crearono le premesse “culturali” che hanno consentito agli architetti di abusare a proprio piacimento delle nostre città, conducendole verso il delirio attuale!! Quelle pippe mentali che, nel fare tabula rasa, dimenticarono intenzionalmente quanto di buono era stato sviluppato nel primissimo Novecento.
Benevolo, nel suo racconto parziale del modernismo, dimentica infatti di far notare che, proprio all'indomani di quel quinquennio che lui sembra voler osannare, qui in Italia (ma anche altrove) nacquero i primi veri problemi delle città.
Infatti, fino alla legge del '25 sui Governatorati, che portò anche all'esautoramento dell'ICP – che fino ad allora costruiva meravigliosamente in proprio e per conto terzi risultando un Ente florido e non in perdita – le cose non erano andate affatto male, le prime esperienze delle "città giardino all'italiana" di Giovannoni & co., anni luce diverse da quelle estere, avevano infatti generato – senza alcuna necessità di fare "tabula rasa" – gli ultimi quartieri degni di esser annoverati tra i luoghi "urbani" piacevoli da vivere, e in grado di generare quel "senso di appartenenza e di comunità” tanto importante per i residenti ... i casi romani che ho più volte elencato lo dimostrano.
Quanto al testo di Pagliardini, sebbene condivida totalmente il suo scetticismo sul "New Urbanism" e sul suo approccio al problema, non riesco ad essere d'accordo quando definisce "catastrofista" il discorso di Kunstler sull'esaurimento del petrolio.
E' infatti stato scientificamente dimostrato – e Kunstler in "The Long Emergency" cita le autorevoli fonti scientifiche cui attinge … tant'è che nessuno l'ha potuto smentire – che il petrolio è in fase di esaurimento, per la precisione i dati presentati da Kunstler nel 2005 davano altri 34 anni di petrolio estraibile, sebbene a costi crescenti, dopo di che il costo di estrazione supererà quello dell'estratto e non sarà più logico procedere alle trivellazioni! Non è un caso se le principali guerre che hanno insanguinato il pianeta negli ultimi anni si siano concentrate in quella "sfortunata" regione che, diagrammi alla mano, vede la presenza del petrolio ancora di poco al di sotto del picco massimo ... altro che talebani e motivi religiosi! Ma questo è un altro argomento che necessiterebbe lunghe discussioni che esulano da questo contesto.
Per questo motivo, se mai dovessi fare una critica a Kunstler, cosa che non mi pare giusta visto che stiamo parlando di un giornalista e non di un progettista, dovrei far notare che nei suoi scritti manchino delle proposte concrete.
Kunstler si limita voler far riflettere la gente, egli fa un ammonimento che solo la miopia dei potenti della terra non vuole raccogliere.
Le grandi lobbies del petrolio e degli armamenti hanno infatti tentato, attraverso la consueta manipolazione dei media, di screditare i discorsi di Kunstler, mettendo in giro l’accusa di catastrofismo … mai però è stato dimostrata!
Del resto, l’arrogante affermazione di G. W. Bush “Lo stile di vita americano non è negoziabile!” lascia capire tante cose sull’ottusità dei cosiddetti “potenti della Terra” e dei loro burattinai!
Spetta quindi a noi progettisti a raccogliere il grido di allarme, e spetta soprattutto al corpo docente delle nostre università farlo, perché è lì che le teorie e le ricerche dovrebbero svilupparsi al di là delle ideologie ed in nome del bene comune.
Questo è uno dei motivi principali che mi anima, e che mi espone alle critiche – spesso sterili – di chi, non volendo cambiare il suo modo di fare e pensare, preferisce accusare di "passatismo" la mia attenzione e il mio interesse a recuperare l'esperienza dei nostri predecessori (anche molto recenti) per poter pianificare un futuro migliore, non per noi, ma per le generazioni a venire.
Il messaggio di Kunstler è forte e chiaro: fermatevi e riflettete ora che siete ancora in tempo per migliorare le cose ... quando comincerà la "lunga emergenza" non ci sarà più spazio per pensare, ma solo tentativi, violenti, per accaparrarsi le ultime risorse di greggio disponibili e sopravvivere nel nostro “stile di vita” distorto ... ma, si badi, egli ci ricorda anche che quei tentativi sono già iniziati, anche se mascherati da presunte ragioni religiose.
5 commenti:
grazie Pietro,
vediamo che succede!
Ettore
Speriamo che leggano. Complimenti per la chiarezza.
Grazie Matteo,
ovviamente nutro la stessa speranza
Ettore
A prescindere dalla questione della sostenibilità (cioè il problema che le città moderne sono costruite a misura di automobile e non di uomo), resta il fatto che L’ARCHITETTURA DEL DOPOGUERRA, come suggerisce Kunstler, è nel complesso BRUTTA, anonima, priva di significato e quindi di attrattiva per chi ci vive. Questo purtroppo non vale solo per gli Usa, ma anche per l’Italia, che si ritrova, come diceva qualcuno, i centri storici più belli del mondo e le periferie più brutte.
La teoria della “tabula rasa”, avanzata da Benevolo per giustificare i dogmi del movimento modernista, è pericolosa e fuorviante in architettura, come in ogni altro ambito. Infatti annulla, del passato, sia le eredità positive che quelle negative, indistintamente. C’è un fondamentalismo progressista che ritiene che ciò che è nuovo sia, di per sé, migliore di ciò che è vecchio (simmetrico al fondamentalismo conservatore che sostiene l’opposto).
Ragionevole, invece di evocare il binomio demagogico nuovo/vecchio, sarebbe rifarsi a valori oggettivi: bello (estetica), buono (etica), utile (tecnica) e vero (scienza). Così almeno sosteneva un tizio chiamato Benedetto Croce…
Gengiss
Gengiss, attraverso il binomio nuovo/vecchio, che "per definizione" sottintende il giudizio di conservatore/progressista, come dici te, si bypassa ogni ragionamento, ogni analisi della realtà, dato che si è passati al soggettivismo assoluto per cui tutto è bello (anche il vecchio, purchè appartenga al mondo della "conservazione" del bene), tutto è utile, basta che soddisfi ogni desiderio individuale e quindi soggettivo, tutto è vero, basta che sia progressista e un vero progressivo.
Credo anch'io che occorra ristabilire una gerarchia di valori, soprattutto in architettura. Oddio, ho detto gerarchia, parola non progressista!
Ciao
Pietro
Pietro
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