di
Ettore Maria Mazzola
Recentemente, sul blog “amatelarchitettura.com” è apparso un articolo che intendeva far riflettere sul significato, e giustificarne l’aspetto, dell’orribile Casa della Musica realizzata da Rem Koolhaas a Porto. Questo è il link:
Cu nasci tunnu un’ pò moriri quadratu
Volendo dimostrare il fatto che i posteri arrivano sempre a dimostrare la validità di un’opera incompresa dai suoi contemporanei, l’autore del post aveva redatto una ipotetica critica scritta da un iguvino del ‘300 disturbato dalla realizzazione del Palazzo dei Consoli della sua città.
A quel post aveva fatto seguito un altro post, apparso su De Architectura, nel quale Pietro Pagliardini dimostrava l’assurdità del contenuto dell’articolo in questione. Questo è il link:
Gattapone archistar?
Ne è scaturito un acceso dibattito, provocato anche dal mio intervento, “not really politically correct”, con il quale esponevo le ragioni per cui ritenevo che Pagliardini fosse stato troppo magnanimo nei confronti dell’anonimo autore del post su Koolhaas e Gubbio.
A chiarire ulteriormente le ragioni per cui il testo su Koolhaas e Gubbio fosse fuori luogo, Pagliardini ha pubblicato un nuovo post, molto ben articolato, col quale discute di argomenti poco digeribili da parte dei sostenitori di Koolhaas & co., vale a dire se si debba svolgere la professione all’interno di regole universalmente riconosciute, oppure se sia meglio fregarsene in nome del “fuck the context”, slogan e vera e propria ragione di vita dell’architetto olandese.
Questo è il link:
Gattapone ovvero delle regole vs la casualità
Nell’articolo, stimolato dal mio commento nel quale raccontavo del mio scontro con Patrick Schumacher (teorico del “parametricismo”) in occasione di una conferenza/confronto tenutasi a Londra un paio di anni fa, Pagliardini ha parlato del modo di progettare dei cosiddetti “parametricisti”, dimostrando come, alla fin fine, il progetto venga elaborato più dal computer che dall’architetto che ne faccia uso.
La progettazione parametrica è proprio quella descritta da Pagliardini, una progettazione nella quale i presunti "schizzi" di Zaha, possono tramutarsi in "architetture" solo grazie agli “schiavetti” in grado di gestire il software, adattando il modellatore CAD affinché esca fuori qualcosa che assomigli allo scarabocchio iniziale … un po’ pochino per essere considerati delle archistars!
Generalmente infatti, queste archistars non sanno nemmeno come il loro progetto sia venuto fuori, e gli ingegneri che (come nel caso del MAXXI) sono riusciti a farlo stare in piedi, resteranno degli illustri sconosciuti pur essendo i reali realizzatori dell'opera.
Vale a dire che tutti quei sindaci, affamati di fama, che spendono una barca di soldi pubblici per portare nelle “loro” città la griffe dell'archistar di turno, portano nel “loro” territorio il lavoro di un computer passato attraverso le dita di qualche giovane “smanettatore” (magari sottopagato perché sta facendo esperienza!) che resterà sempre ignoto all’umanità.
Agli architetti incapaci – come Zaha e Patrick Schumacher – di progettare in maniera rispettosa della tradizione, ovvero quegli architetti che condannano chi lo faccia di falsificare la storia, o di essere passatisti, non comporta alcun senso di colpa realizzare opere che, oltre a non essere state disegnate da loro, risultano anche essere il clone di porcherie similari.
Questo modo di progettare porta infatti a delle “opere” che sono il risultato dell'uso di softwares che lavorano per modelli precostituiti … ecco il perché il MAXXI e l'obbrobrioso museo di Liverpool sembrano essere usciti dallo stesso stampo!
In pratica, siamo davanti ad un modo molto facile per potersi sentire architetti, anche se si è incapaci di progettare, è la legge parassita della nostra società, una società basata sul principio del "massimo del guadagno con il minimo dello sforzo".
... Forse Schumacher intendeva questo quando ha affermato che il "parametricismo" sarebbe divenuto la "tradizione egemone" ... le colonie di parassiti infatti, come le cellule cancerose, quando vengono ad “avere la vita facile”, si moltiplicano a dismisura a danno delle cellule sane e, se non si provvede a fermarle in tempo, finiscono per distruggere ciò che le circonda!
Mi dispiace per l'orrendo paragone finale, ma ogni tanto è necessario arrivare a tanto per portare la gente a riflettere!
1 commento:
Grazie Pietro!
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