"Un'altra modernità è possibile", Lèon Krier
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Vilma Torselli, a corredo del suo commento, mi manda le due foto che seguono, Ronchamp di Le Corbusier, che presentano analogie negli effetti di luce con le due foto della Pieve di Arezzo e con la chiesa di Foligno di Fuksas.
Emanuele ha colto ironia nel mio post fotografico. Una certa ironia c'è senz'altro ma è probabilmente involontaria.
In verità il post nasce da una passeggiata della domenica mattina nella parte alta della città, quando non c'è quasi anima viva, da qualche scatto con il cellulare e dalla ovvia constatazione che molti elementi architettonici vengono riproposti nel tempo in forme e all'interno di architetture e contesti completamente diversi.
Anche per questa ovvietà ho evitato di scrivere perchè mi sembrava, e mi sembra, superfluo, visto che le foto sono già abbastanza eloquenti. Ho lasciato che ognuno giudicasse in base alle proprie convinzioni, avendo io espresso la mia attraverso il titolo e la famosa frase di Léon Krier.
Il confronto più intrigante è quello della prima foto dove è la luce a farla apparentemente da padrona. Dico apparentemente perchè la luce è il prodotto e il risultato dell'architettura, non dell'illuminazione artificiale. La luce con la sua suggestione è ingannevole nel senso che può produrre effetti diversi in funzione dello spazio entro cui si colloca: in una chiesa la si giudica, o forse la si percepisce, come elemento fortemente legato al sacro con un richiamo evidente al cielo, all'infinito, all'atto della creazione; in uno spazio museale o dedicato all'arte esalta e valorizza le opere esposte e l'architettura stessa. Per certo la luce di Foligno, almeno giudicando quel solo scatto, non ha alcunchè di sacro, provenendo da una serie di aperture leziose, manieriste e banalotte, più adatte all'arredo di una discoteca, impressione prima che ho avuto anche dall'insieme del progetto. Quella di LC fornisce indubbiamente una suggestione più intensa, ma la composizione delle aperture, ancorchè su una parete dotata di una notevole massa muraria, unita alla consueta purezza della superficie intonacata bianca, restituisce un senso di astrattezza compositiva geometrica molto formalista.
La facciata interna della Pieve, con l'ordine regolare delle bucature a contorno del rosone, inserite in un muro di cui è ben visibile la trama delle pietre da costruzione, che svolge, come dice Salìngaros, la necessaria funzione di elemento di passaggio tra la piccola e la grande scala percettiva, restituisce allo stesso tempo suggestione e ne connota in maniera evidente il suo essere parte di una chiesa, oltre che contribuire all'illuminazione di fondo dello spazio. Eppure anche questa facciata ha elementi puristi, con il taglio netto delle finestre su una parete liscia priva di decori. Da qui la sua modernità.
6 commenti:
Ogni volta che vedo la "chiesa" di Fuksas ho un sussulto. Lo so che qui è inserita con fare ironico, ma ti prego, non offrirgli più pubblicità di quel che merita!
Hai ragione, mi riguarderò in futuro. Ciao
Pietro
pensa Emmanuele che io non ho colto l'ironia, ci ho creduto, che Pietro avesse trovato quei ricorsi fra passato e futuro ..... Certo, fossi stata in lui ed in perfetta buona fede avrei probabilmente pubblicato le foto che ora gli mando via mail, invece di quelle di Fuksas, magari le sostituisce.
Vilma
Vilma, ti ringrazio per le foto. Il mio commento l'ho aggiunto in fondo al post insieme alle due foto.
Ciao
Pietro
"...... Eppure anche questa facciata ha elementi puristi ...": toglierei 'eppure', il purismo, come del resto l'espressionismo, è presente nella storia dell'arte e dell'architettura come categoria dello spirito, come ricerca mai conclusa di un "modello" di perfezione ideale al di là di ogni discorso di stile, di data e di scala percettiva. LC ne ha solo scritto, non lo ha inventato.
Vilma
Infatti, Vilma, il purismo non è un problema in sè, lo diventa quando è totalizzante, l'unica o quasi ragione di un'opera e di un idea.
Nella Cappella de' Pazzi c'è molto purismo, ma non è certo un'opera solo purista.
Ciao
Piero
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