di Ettore Maria Mazzola
Antonio Salvadori, nel suo capolavoro in tre volumi “Civiltà di Venezia”, ricordava come la formula di approvazione di un progetto architettonico per la città lagunare – fino all’avvento dell’era moderna – fosse “che el sia fato che el staga ben”, ovvero che si realizzi in modo che risulti appropriata al contesto!
Immaginare il rispetto del “decorum” oggi sembra quasi fantascienza. Nell’era del mordi e fuggi e dell’egoismo più sfrenato, sembra non esserci più alcuna speranza di vagheggiare un’amministrazione politica che possa ancora tenere a cuore il bene e il bello comune. Se a questo aggiungiamo lo stato di indigenza in cui versano le casse comunali di tutta Italia, allora non c’è da meravigliarsi se qualche furbacchione abbia trovato il sistema per prendere per la gola un sindaco incapace di mettere al primo posto della sua scala di valori l’estetica e la vivibilità della sua città.
Sto parlando dell’incredibile notizia pubblicata su Repubblica del 13 febbraio 2012 nell’articolo di Salvatore Settis “Megastore con vista su Rialto – il progetto che divide Venezia”.
Esterno ed interno del Fondaco dei Tedeschi nei renderings di Rem Koolhaas |
Così, dietro una “convincente” regalia di 6.000.000 di Euro il Comune ha firmato una convenzione che, si legge nell’articolo, consentirà al gruppo Benetton di “realizzare nel Fondaco una superficie di vendita non inferiore a mq 6.800, e perciò presenterà svariate domande di autorizzazione edilizia e commerciale, anche in deroga al vigente piano regolatore. Per parte sua, il Comune si impegna a elargire ogni permesso "con la massima diligenza e celerità", e in modo da "non pregiudicare la realizzazione integrale del progetto".
Lo choc e l’indignazione che la notizia mi ha provocato mi avevano inizialmente indirizzato a scrivere questo pezzo intitolandolo "come ti legalizzo la tangente!", poi però ho pensato che fosse più giusto evidenziare come, nonostante i proclami culturali, la società contemporanea sarà molto più semplicemente ricordata come quella più ignorante ed arrogante che la storia dell’umanità potrà mai annoverare.
Non si tratta di attribuire al nihilismo, che caratterizza tutte le manifestazioni d’arte contemporanea, le ragioni del degrado e della pochezza di contenuti che la nostra società sarà in grado di tramandare ai posteri, bensì di riconoscere il fatto che il livello di ignoranza che il sistema consumistico-capitalista ha prodotto non trova precedenti nemmeno nei secoli più bui della nostra travagliata storia.
In quei secoli “bui” almeno, alcuni valori come la spiritualità, il senso civico e il senso artistico non hanno mai cessato di esistere; nonostante le difficoltà economiche del momento infatti, la società medievale ha saputo concepire delle città efficienti e vitali che dovevano celebrare i nascenti Comuni. Così si sono sviluppate città che in primo luogo miravano alla realizzazione di spazi ed edifici pubblici, città dove l’attività edilizia privata era regolata da statuti illuminanti votati alla celebrazione dell’immagine d’insieme in nome del bene e del bello comune. Quelle città erano caratterizzate da luoghi per la socializzazione dimensionati sulla scala umana, luoghi ed edifici che ancora oggi il mondo ci invidia e, si badi, non si sta parlando delle città ideali del Rinascimento, bensì di quelle che tra l’XI e il XIII secolo hanno definito il proprio carattere, un carattere così forte e deciso che ha generato negli abitanti quell’orgoglioso senso di appartenenza che, nonostante le vicissitudini storiche, ha fatto sì che certe realtà ci venissero tramandate quasi integralmente.
Diversamente da quell’infaticabile ricerca di sviluppo, salvaguardia e promozione del bene collettivo che chiamiamo “città”, l’individuo di oggi – appartenente alla “società dello spettacolo” – sembra avere come unico scopo di vita quello di far parlare di sé, nel bene o nel male, purché possa godere dei suoi “5 minuti di notorietà”.
Uno che ha capito molto bene questo è stato Oliviero Toscani e, con lui, i suoi principali mecenati a partire dal 1982: La famiglia Benetton!
Da quando è iniziato questo “matrimonio culturale”, le città italiane sono state tappezzate di foto che, spesso e volentieri, hanno mostrato una carrellata di esempi di pessimo gusto che hanno portato Toscani, la Benetton e tante altre aziende, a pensare che tutto si potesse mostrare. Tutti gli italiani ricordano un paio di anni fa l’orribile campagna antianoressia di Toscani che mostrava l’immagine agghiacciante della modella anoressica Isabel Caro nuda.
Recentemente la United Colors of Benetton si è tirata addosso le peggiori critiche per la campagna pubblicitaria che ritraeva una serie di baci omosessuali tra i principali capi di governo mondiale, incluso il bacio tra il Papa e l’Imam del Cairo: una campagna pubblicitaria per la quale perfino Toscani ha espresso il suo disappunto.
Il Papa e l'Imam del Cairo nel fotomontaggio della campagna "anti-odio" della Benettoni |
Alla base delle campagne della Benetton c’è principio secondo il quale per apparire bisogna trasgredire! Ecco quindi che la Benetton risulta più famosa per le immagini delle sue pubblicità che non per uno specifico capo d’abbigliamento che ha fatto storia.
In quest’ottica però accade che, così come un ragazzino viziato rischia di perdere la capacità di accontentarsi di ciò che possiede, spingendosi a ricercare esperienze sempre più stimolanti che finiranno per mettere a rischio la sua vita, altrettanto la Benetton arriva a necessitare di un “salto di qualità” rispetto alla trovata pubblicitaria immortalata su di un cartellone stradale.
Probabilmente la ragione di questo atteggiamento va ricercata in quello che George Simmel definiva l’atteggiamento blasé:
«l'individuo dell’ambiente metropolitano ostenta indifferenza e scetticismo e risponde in maniera smorzata a un forte stimolo esterno a causa di una precedente sovrastimolazione, o meglio in conseguenza di stimolazioni nervose in rapido movimento, strettamente susseguentesi e fortemente discordanti. La più immediata causa all'origine di questo atteggiamento è la sovrastimolazione sensoriale offerta dalla città. Il cittadino sottoposto a continui stimoli in qualche modo si abitua, diviene meno recettivo. Il susseguirsi quotidiano di notizie ed emozioni fa divenire tutto normale, consuma le energie. Così subentra un'incapacità di reagire a sensazioni nuove con la dovuta energia e questo costituisce quell'atteggiamento blasé che, infatti, ogni bambino metropolitano dimostra a paragone di bambini provenienti da ambienti più stabili e tranquilli. Gli aspetti economici, l'economia monetaria e la divisione del lavoro alimentano anch'essi l'atteggiamento blasé. Il denaro è l'equivalente, l'unità di misura e spesso l'unico termine di confronto, di tutti gli innumerevoli oggetti, fra loro molto diversi, di cui dispone l'uomo. Oggetti per altro acquistati da un mercante e non da chi con fatica ed intelligenza li ha prodotti. Naturale conseguenza è la perdita dell'essenza e del significato delle cose. Tutto diventa opaco, la valutazione pecuniaria dell'oggetto finisce col divenire più importante delle sue stesse caratteristiche. Così si acquisisce l'insensibilità ad ogni distinzione, che è un'altra caratteristica dell'atteggiamento blasé».
La Benetton necessita quindi di affermare la propria immagine trasgressiva in maniera più impattante e, la storia ci insegna, l’uso retorico dell’architettura può tornare utile.
Ecco quindi che, al pari del premio dato a Richard Meier da Rutelli prima di conferirgli l’incarico per il Museo dell’Ara Pacis, potremmo trovare una spiegazione logica all’assurdo Leone d’Oro alla carriera conferito a Rem Koolhaas dalla giuria dell’ultima Biennale veneziana, premio che, si leggeva nella motivazione, veniva dato all’architetto olandese perché avrebbe
“allargato le possibilità dell’architettura. Si è focalizzato sull’interazione tra le persone nello spazio. Egli crea edifici che fanno socializzare la gente, e in questo modo forma degli obiettivi ambiziosi per l’architettura. La sua influenza sul mondo è andata oltre l’architettura. Gente appartenente ad ambiti assolutamente diversi sente la grande libertà del suo lavoro”
… peccato che, nella realtà dei fatti, Koolhaas abbia svolto la sua opera intorno ad una frase che lo rese famoso negli anni ‘80: “Fuck the context”, ovvero “fanculo il contesto!” … altro che “che el sia fato che el staga ben!”
A dimostrazione del fatto che la Benetton ricerchi l’archistar di turno per fare breccia nella società dello spettacolo, c’è il fatto che quest’estate si è divulgata la notizia che il Gruppo Benetton ha conferito l’incarico a Massimiliano Fuksas per realizzare, nel cuore di Roma, un altro megastore. Nello storico edificio dell’Unione Militare, posto all’angolo tra via Tomacelli e via del Corso, di fronte a via dei Condotti, è oggi in corso di realizzazione un folle sventramento necessario ad installare una informe torre di vetro, il cui scopo è evidentemente quello di affermare, con tutta la violenza del caso, la presenza del gruppo Benetton nel punto più centrale della capitale.
L'Edificio dell'Unione Militare in via Tomacelli a Roma, prima e dopo la "cura" Fuksas |
Una riflessione: recentemente lo stato italiano ha sostenuto che gli scandalosi stipendi accordati ai “manager pubblici” siano dovuti all’esigenza di prevenire una loro possibile corruzione … se questo è vero, allora ritengo sia giunto il momento di ricominciare a rifocillare le esangui casse dei comuni prima che i sindaci, presi per la gola, finiscano per devastare i nostri centri storici che, a conti fatti, dovrebbero risultare la nostra principale fonte di reddito.
4 commenti:
grazie Pietro,
speriamo aiuti a riflettere e a scongiurare gli scempi
Ettore
benetton?!?...maletton, direi piuttosto... d'altronde son quelli che hanno i soldi, e comandan la musica... il regno dei barbari durerà ancora del tempo....
Grazie davvero.
Tra l'altro "Fuck the context" secondo me non vuol dire, "astraiti dal contesto", ma al contrario, "sfrutta il contesto per scioccare", che è pure peggio...
Se trovo un attimo tempo, vedrò di scrivere qualcosa.
verissimo Miguel,
un esempio di ciò che dici lo si ritrova nelle ultime esposizioni di opere contemporanee all'interno di edifici sacri e siti storici italiani:
è solo "sfruttando il contesto" che certi cialtroni, sotto l'egida di soprintendenti, possono garantirsi qualche spettatore per le loro installazioni!
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