Dall'amico Enrico Defini, medico bolognese, viaggiatore curioso e appassionato di architettura e arte, ricevo questa cartolina di viaggio con alcune impressioni sui grattacieli di Manhattan ma non solo.
Caro Piero,
rientro da Manhattan, dopo una indigestione di grattacieli.
Erano con me una coppia di amici, che vedevano NY per la prima volta.
Mi sembra interessante riportarti le impressioni che questi amici (colti intelligenti ma "digiuni" in tema di architettura-urbanismo) esprimevano, al cospetto dei grattacieli.
Volutamente mi astenevo, per quanto possibile, da influenzare o pre-condizionare le loro opinioni.
Bisogna premettere che New York City, rispetto alla mia ultima visita, poco prima dell'11 settembre, è molto cambiata. Se due grattacieli mancano, decine di nuovi sono spuntati e stanno crescendo. Giurerei che la torre che stanno costruendo di fianco al Ground Zero Memorial, è cresciuta di un paio di piani nei sette giorni che sono stato là... (ha già raggiunto almeno i 300 metri!)
Innanzitutto si conferma che le forme "eleganti" in vetro acciaio e titanio vengono istintivamente viste come "belle" (e siamo al solito discorso sulla differenza tra oggetti di arredamento ed elementi urbanistici).
Ma insieme alla bellezza e allo stupore, i miei amici esprimevano anche valutazioni circa la "funzionalità" e considerazioni sugli aspetti logistici interni agli edifici e più in generale sulla rete infrastrutturale necessaria (indispensabile!) alla vita di un grattacielo.
Un edificio in cui abitano, o lavorano 5 o 10mila persone, non può esistere senza una rete di trasporti capiente, efficiente, vicina, affidabile.
Se i 7mila dipendenti del New York Times arrivassero al grattacielo (by R.Piano) sulla 8th av.-42nd street con le loro automobili, nessun parcheggio sarebbe sufficiente; nella migliore delle ipotesi alcuni (molti) dovrebbero lasciare l'auto a qualche centinaio di metri; le operazioni di ingresso e di uscita sarebbero caotiche e lunghissime. E la cosa andrebbe moltiplicata per centinaia di grattacieli.
E le operazioni di carico e scarico merci? Un albergo di 500, o mille, o 1500 stanze (e ce ne sono decine) produce spazzatura, biancheria da lavare, in quantità che fanno impressione. E gli approvvigionamenti? E lo stoccaggio delle scorte? Solo per la carta igienica, un camion al giorno!
Questo tipo di ragionamenti ha provocato nei miei amici una sorta di ammirazione per l'organismo "città" declinato alla newyorkese.
Facendo un paragone (moooolto ardito) con le nostre città e cittadine, dove si innalzano, o si vorrebbero innalzare, grattacieli senza un motivo plausibile e senza il substrato culturale storico logistico di cui NY dispone, si rischia di cadere nel ridicolo e nello scontato.
Ma è un fatto che NY è la città degli estremi. Foresta di grattacieli e tecnologie all'avanguardia, ma anche una città a misura d'uomo, dove ci si può spostare a piedi o in bicicletta.
E a proposito di bici, dopo 12 anni, ho constatato un netto aumento del loro uso; nelle mie precedenti visite ('93, '95 e '99) erano rarissime; solo qualche "pony express" di colore a sfrecciare pericolosamente. Noleggiarne una era possibile solo a Central Park, e solo tra maggio e settembre. Oggi ci sono decine di bike-rentals, decine di chilometri di piste ciclabili (e altre in costruzione); e anche centinaia di trabiccoli tipo "risciò" in cui un pedalatore trasporta due clienti su un divanetto posteriore; prezzo concorrenziale rispetto alle carrozze bianche.
Tornando ai grattacieli, bisogna riconoscere qualche qualità alla torre di Gehry a Lower Manhattan, la casa di abitazione più alta del mondo occidentale.
Mi ha deluso invece l'Heart Bldg di Foster.
E per parlare delle sensazioni mie personali in generale, rispetto agli anni '90, devo riconoscere che la lezione di Salìngaros ha lasciato il segno: gli edifici degli anni '20-'30, con i loro fregi art-déco (molti perfettamenti restaurati) mi sono quest'anno sembrati molto più belli e interessanti, rispetto alla fredde superfici delle glass-box.
In generale ho constatato di avere messo insieme uno sguardo più attento all'aspetto esterno mentre in precedenza mettevo in primo piano la funzionalità interna.
Scusa lo sproloquio, ma avevo piacere di condividere questi miei "pensierini"
Enrico
3 commenti:
Caro Enrico
ti ringrazio per questo tuo testo che tocca molti temi e non solo quello dei grattacieli.
Per adesso, a commento delle tue considerazioni sul rapporto tra organizzazione urbana e grattacieli, allego questo link estremamente pertinente con le tue osservazioni:
http://boingboing.net/2011/11/08/what-happens-when-you-flush-a-toilet-in-the-worlds-tallest-building.html
Ciao
Piero
Costruire un edificio di 800 metri, senza fogne!
Ci vuole un genio; e un ufficio tecnico comunale di manica larga !
enrico, prendersela con il geometra del comune di Dubai è ingeneroso. Per pensare a tutte quelle robe lì ci vuole una cultura urbana che non si inventa in un giorno, nemmeno con montagne di petro-dollari.
Dubai non è una città, e non credo sia nemmeno un'utopia, è un concentrato di interessi internazionali attirati da una vetrina temporanea. Una specie di esposizione internazionale in mezzo al niente, credo destinata a fare la fine di tutte le esposizioni internazionali.
Ciao
Pietro
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