Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


25 maggio 2010

GIU' IL CORVIALE, SU IL BORGO CORVIALE

Demolire il Corviale non è solo giusto, ma è anche possibile.
Presento qui tre progetti del nuovo Borgo Corviale, uno dei quali è, in questo momento, il più approfondito, essendosi spinto abbastanza avanti non solo alla scala urbanistica, ma anche nello studio della sua fattibilità economica.
I tre progetti sono rispettivamente del Prof. Ettore Maria Mazzola, del Prof. Gabriele Tagliaventi e dell'Arch. Cristiano Rosponi, quest'ultimo per conto della Fondazione CESAR.

Il progetto di Ettore Maria Mazzola è stato pubblicato per intero nel sito Il Covile, di Stefano Borselli e questo è il link.

Il progetto di Gabriele Tagliaventi è pubblicato nel sito A Vision of Europe, e questo è il link.

Il progetto di Cristiano Rosponi non è ancora pubblicato per intero. Il Tempo di Roma gli ha dedicato questo articolo.

Tutti tre i progetti saranno pubblicati su Il Covile.
Una sintesi dei progetti sono pubblicati anche in Planetizen e ecquo.
Di seguito le immagini:



Prof. Ettore Maria Mazzola


Prof. Gabriele Tagliaventi


Architetto Cristiano Rosponi

Tre progetti molto diversi tra loro ma tutti finalizzati all'obiettivo di sostituire la città all'anti-città, la tradizione urbana italiana all'ideologia della machine a habiter, la ricchezza della relazioni sociali all'esclusione e all'emarginazione.

Per approfondire rimando al primo speciale de Il Covile, in cui è illustrato il progetto Mazzola. Seguiranno gli altri e quando avverrà ne darò notizia.

RASSEGNA STAMPA:

Repubblica- Su Corviale è subito lite- Buontempo: Va abbattuto
Il Tempo : Corviale si divide
Il Tempo- Corviale stile Garbatella
Il Tempo- Da Corviale la sfida alle nuove periferie
Il Tempo- Abbiamo un sogno: abbattere Corviale
Il Tempo- Demolire Corviale: adesso o mai più
Punto a capo – Roma, CESAR: su Corviale Buontempo ripropone un nostro progetto
De Architectura- Abbattere il Corviale è giusto
blog architettiimperia, Diario degli Architetti P.P.C. della provincia di Imperia

72 commenti:

ettore maria ha detto...

Ciao Pietro,

mi limito a ringraziarti per questo post, e mi auguro che i tuoi lettori leggano attentamente i testi su Il Covile che via via verranno pubblicati, in modo che possa esser loro più chiara la situazione odierna di Corviale, e quella che potrebbe essere in futuro.
Cordialmente
Ettore

memmo54 ha detto...

Spettacolare !
Ho visto il progetto di Mazzola sul Covile. Se davvero, come sembra, per i tipi si rifarà a Palmerini ed, immagino, a Sabbatini, sono pronto;
pianto tutto e passo alle vie di fatto. Mi presento con pala e piccone per contribuire agli sterri.
Ma sulle fasi ad incastro sono un po scettico. Ci sarebbero dei momenti, non brevi immagino, nei quali gli edifici si troverebbero sotto l'ombra del mostro.
L'effetto sarebbe mortificante. Procedendo invece da nord a sud, o viceversa, si potrebbe mantenere una distanza di sicurezza.
Anche la tipologia degli spazi previsti con diversi spazi aperti a piazza, slarghi ecc ecc. lo permetterebbe.
Sui costi son convinto che con lo stesso denaro denaro impiegato per realizzare i mortificanti interventi di edilizia contemporanea sparsi in giro per il paese si potrebbe completare tranquillamente tutto.
Preoccupano invece i costi di demolizione e di discariche divenuti salatissimi. sarebbe interessante sapere quanto si immagina di spendere.
Ci saranno le code per strada (... architetti "moderni" in prima fila...ovviamente...) per cercare un'alloggio al nuovo corviale.

Saluto Entusiatico

Pietro Pagliardini ha detto...

Ettore, ho aggiunto anche una parte di rassegna stampa. Sarebbero utili anche articoli più vecchi, per vedere se e come si è evoluto il modo di affrontare il problema, ma richiede tempo e pazienza. Quando li troverò li aggiungerò.
Ciao
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

E' raro sentire memmo54 in uno stato di euforia e questo è uno dei pochi casi.
Ma io non ne dubitavo.
Dovremmo mandare questo tuo post a sergio43 su archiwatch: sarebbe davvero interessante sentire un suo commento al tuo commento!!!
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Ringrazio Memmo54 per le sue meravigliose parole.
Sono davvero contento, e un po' confuso, per i commenti positivi che sto ricevendo dall'Italia, dall'Europa e da oltre oceano dopo la pubblicazione su il Covile e su Planetizen.. ieri ne ho ricevuti davvero tanti anche da chi non me li sarei aspettati.
E' un bene che si dibatta di questa cosa ora, ma soprattutto che si proceda davvero, prima che l'ATER si "liberi" di questo peso economico, come hanno apertamente dichiarato i relatori del convegno organizzato dal circolo PDL ATER, inclusi i politici presenti, in occasione del convegno tenutosi a Roma 2 settimane fa. Se la proprietà passa di mano, come sarà mai possibile tutelare i futuri proprietari quando il mostro finirà per cadere a pezzi? A quel punto sarà impossibile mettere d'accordo 1200 (e oltre) famiglie!
un caro saluto a tutti
Ettore

ritorno alla città ha detto...

Ettore,
ho appena terminato di leggere lo speciale del Covile. Innanzi tutto complimenti, un gran lavoro! Personalmente ne condivido gli intenti e i metodi, non posso che darti ragione quando sottolinei il fatto che troppo spesso le ragioni ideologiche non consentono una seria riflessione sulle conseguenze delle scelte architettonico/urbanistiche fatte negli ultimi 50 anni, tutti dovremmo avere sempre presente che le scelte che i progettisti fanno ricadono sulla vita degli esseri umani, e che città ed edifici devono essere al servizio di uomini e donne e non viceversa.
Lavorando esclusivamente con i privati non ho esperienza degli imperscrutabili meccanismi che guidano gli enti pubblici e quindi sono un po' scettico sulla capacità dell'ATER di riconvertirsi a molti decenni di distanza in un ente in grado di "fare"... ma mi piacerebbe essere smentito.
In fine, che dire se non che se Memmo54 porta pala e piccone io arriverò con cazzuola e caldarella ;-)

Ciao

Angelo

Pietro Pagliardini ha detto...

Se tutti devono proprio portare qualcosa, vorrà dire che io porterò porchetta e vino per la prima "benedica".
Ma non lo dite in giro, altrimenti vado fallito.
Pietro

memmo54 ha detto...

Non vorrei aver fatto un torto a Tagliaventi e Rosponi che stimo moltissimo da moltissimi anni (... perlomeno 15-16..quando solo "pensare" queste cose, questa architettura, era considerato veramente da folli.

Saluto Ancora

ettore maria ha detto...

ringraziando ancora tutti per i bei commenti, e scusandomi per non aver potuto farlo prima, mi limito a dire che, a questo punto, io porterò lo champagne ... anzi da buon italiano, lo spumante!

A presto

Ettore

PEJA ha detto...

Caro Pietro,
buttare già il Corviale? Finalmente qualcuno che lo dice senza preoccuparsi di conservare quel disastro edilizio! Da romano sono stufo della falsa retorica che si è creata attorno a quello che viene indicato come un "tentativo di utopia". Chi parla in questi termini non ha ben chiaro il modo di vivere, ed il danno sociale che quell'edificio genera, oltreché il danno territoriale/paesaggistico. Ho dato un'occhiata veloce alla proposta nominata "borgo corviale", e credo che sia molto più utopicamente auspicabile che qualsiasi lingua di cemento simil-brutalista o altro: bisogna cambiare regime, bisogna capire che la città non può espandersi nelle 3 dimensioni all'infininto e che l'utente delle città è l'uomo, non il brand, l'ideologia, il modernismo, l'automobile, ect... Mi piace anche l'idea della progressione realizzativa pensata, in maniera da giungere "naturalmente" al risultato voluto all'inizio, e non aspettare che il tutto sia bell'e finito!
Complimenti!

Pietro Pagliardini ha detto...

caro Peja, i complimenti vanno tutti ad Ettore Maria Mazzola (perchè tu parli del suo progetto che è allo stato il più definito) che non solo ha le idee chiare sul da farsi e ha pensato, pur in uno studio preliminare, alla fattibilità reale dell'opera, ma ha una visione urbana strettamente legata all'architettura di Roma.
Il coraggio di dirlo è invece di tutti. La sua effettiva realizzazione spetta invece a coraggiose decisioni politiche, che dovranno essere però discusse con gli abitanti del Corviale, che non sono cavie umane e che dovranno condividere le scelte.
Sono proprio curioso di vedere se c'è qualcuno ancora disposto a difendere quella terribile, assurda e disumana macchina in cemento armato.
Ciao
Pietro

Biz ha detto...

Da una rapida scorsa alle planimetrie, il progetto migliore mi pare quello di Ettore Maria.
L'impostazione è buona, mi piace, la condivido.
Complimenti! Perchè in effetti, comunque, è giusto far così, far seguire alle parole progetti concreti e fattibili, che mostrino con evidenza quanto migliore sarebbe una soluzione che persegue una urbanistica di quel genere: meno "innovativa" ma più efficace e migliore per le persone che ci abitano. Un posto dove sia possibile, oltretutto, fare architettura. Con certe impostazioni urbanistiche (pseudo innovative) in realtà fare veramente buona architettura è impossibile!
Bisogna continuare così, ok.

Biz ha detto...

(in realtà, il progetto di Tagliaventi non mi convince affatto! mi azzarderei persino a dire che non varrebbe la pena di demolire il Corviale per farlo ... è il "central park" che mi pare molto sbagliato)

Anonimo ha detto...

Premetto che non ho molta fiducia nel fatto che a Roma un ente pubblico possa promuovere progetti del genere.
Detto questo, il progetto di Mazzola mi sembra molto bello; l'unica cosa che mi lascia perplesso sono le fasi di costruzione nuovo/demolizione vecchio. Immagino che per demolire la Bestia sia necessario un po' di spazio intorno, forse servirebbero cariche esplosive, e le nuove cosruzioni (già abitate) sarebbero troppo vicine. Comunque speriamo bene... Questo progetto, se si riuscisse a realizzarlo, sarebbe come un cavallo di Troia, sono sicuro che ne seguirebbero altri a macchia di leopardo in tutta la città.
E comunque mi fa ben sperare che al momento gli unici progetti di un possibile nuovo Corviale siano di architettura tradizionale.
Ciao

Lorenzo

Pietro Pagliardini ha detto...

biz, hai ragione, è con gli esempi che si indica la strada, ma prima la strada deve essere tracciata e spianata. Per arrivare a far accettare, e solo in parte, progetti del genere ce ne è voluta di fatica da parte di coloro che, in solitudine, spesso derisi, spesso anche con errori ed eccessi, come è naturale, non ha mai perso di vista l'obbiettivo. Penso ai soliti nomi, ovviamente, quelli più famosi in Europa, i simboli: Krier, Carlo d'Inghilterra, che ha vinto un'altra battaglia a Londra, con tutto il suo movimento, Salìngaros; ma anche ai molti sconosciuti ai più che nelle città grandi e nei piccoli centri hanno giorno per giorno portato un mattone alla "causa". Insomma, senza un movimento di opinione e condizioni favorevoli al contorno (la più importante è la stanchezza della gente per le follie architettoniche e urbanistiche diffuse) ci sarebbe stato poco da fare.
Altra condizione essenziale la debolezza delle idee altrui: se finisce il glamour è evidente che resta davvero poco: la crisi (purtroppo) lascia il re nudo.
Ma non c'è da cantare vittoria perché il bello, o il brutto, deve ancora venire.
Scusa il tono un po' retorico, ma penso che sia davvero così.
Ciao
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

Scusa biz, ma mi rendo conto di aver dimenticato una figura importante in Italia per la diffusione delle idee sull'architettura tradizionale: Gabriele Tagliaventi, proprio l'autore di uno dei progetti.
E' da anni che Gabriele è l'animatore di una associazione, A Vision of Europe (http://www.avoe.org/), la quale pubblica e diffonde progetti da tutto il mondo, organizza convegni a Bologna di altissimo livello e realizza anche opere importanti.
Gabriele è "specializzato" (termine riduttivo) nello studio del rapporto tra la città e le attività commerciali: forte oppositore dei grandi centri commerciali che svuotano e depauperano la vita e l'economia delle città, è ormai un riferimento culturale forte proprio per le associazioni dei commercianti, con le quali ha tenuto un convegno internazionale a Roma.
Mi scuso con Gabriele ma in fondo è meglio così: ho potuto spiegare meglio, per chi non non fosse stato eventualmente a conoscenza di questo suo ruolo decisivo.
Ciao
Pietro

Biz ha detto...

Si, Tagliaventi, tra l'altro è forse il più noto dei tre.
A difesa del suo progetto va detto che in effetti il parco al centro deriva da un ragionamento sulle fasi che appare forse più convincente che nello sviluppo proposto da Ettore Mazzola.
Tra l'altro, apre un tema - forse involontariamente - che per certi versi è ineludibile: il riutilizzo, diverso, di parte della struttura del Corviale, un po' come accade - spesso a Torino ad es. - per le strutture industriali obsolete in aree riconvertite a parco. Magari anche per ridurre in parte i costi di demolizione.
In questo senso il "central park" ha comunque un senso, quindi in parte correggo il mio intervento precedente.

enrico d. ha detto...

Rientro da un breve tour nei Paesi Bassi; ove ho visto cose orrende, ma anche tanta bella roba.
In molte città e cittadine, come in alcuni sobborghi (non in tutti !) la politica "antizoning" regge. Con ottimi risultati di vivibilità.
Ma parlare dell'Olanda, è sfondare porte aperte.
Ho letto in un intervento del "nostro padrone di casa" il termine "benedica". E' notevole il fatto che a Bologna il termine corrispondente sia "bandiga". Con la prima "a" pronunciata un poco tendendo alla "e", e l'accento sulla "i". La parola ha preso autonomia dalla sua origine benedicente, perdendo di fatto qualsiasi connotazione sacra o para-religiosa. Tanto che viene usata anche in altri contesti, col significato traslato di "festa godereccia", o di "vernissage". Ovviamente da parte di chi si esprime in dialetto. proprio poche settimane orsono, un mio paziente, che sta aprendo un ristorante, mi ha invitato ad una bandiga nel suo locale. Che non è ancora aperto; ma queste serate (ne sono previste un paio a settimana per un mesetto) servono come allenamento !

Pietro Pagliardini ha detto...

biz, mi piace il fatto che si possa rivedere la propria idea senza essere lapidato. L'esame di un progetto è sempre difficile, specie se non si conosce molto bene il luogo. E quel luogo bisogna conoscerlo perché ci sono volumi quantitativamente rilevanti, infrastrutture esistenti, una orografia non semplice e non apprezzabile nemmeno guardando Google Earth. Dunque il giudizio immediato si basa solo sulla forma in sé stessa, sul progetto, a prescindere dal luogo. E' chiaro che anche l'impostazione del progetto conta, eccome.

enrico, non credo che la benedica abbia perso del tutto ogni significato di sacralità: è certamente un banchetto, dove l'aspetto mangereccio tende inevitabilmente a prevalere (anche il pranzo pasquale è pur sempre un banchetto), ma il fatto che sia di prassi al termine dei lavori di una casa, in genere della propria casa (le altre si chiamano inaugurazioni e si fanno più per l'immagine) riporta a valori profondi legati alla famiglia ed è anche un riconoscimento del lavoro di chi l'ha costruita. Non sottovaluterei questi aspetti.
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

Dalle mie parti, purtroppo, siamo molto "avanti" nel dimenticare certi significati e certi rimandi storico-culturali. Nel settore dell'edilizia, è oramai quasi scomparsa l'abitudine di innalzare la bandiera il giorno del completamento della struttura del tetto.
Anche il fatto che le maestranze sono al 95% non italiane, deve avere una sua importanza.
Sempre in Olanda ho notato un altro aspetto, un altro comportamento oramai scomparso alle nostre latitudini.
In alcuni (piccoli) cantieri vicini alla casa dove ero ospite, durante la pausa di mezzogiorno, gli operai restavano sul posto, consumando i loro panini seduti su una pila di mattoni o ...sdraiati in una carriola. E ognuno arrivava sul posto e tornava a casa, regolarmente sulla sua bici. Qui a Bologna, è prassi che i muratori giungano al lavoro a bordo di pulmini (Mercedes o simili), e pranzano regolarmente in ristoranti e trattorie, a prezzi concordati, spesso col sistema dei ticket-ristorante. C'è da dire che il pasto di mezzogiorno, in olanda è per tutti poco più (o poco meno) di uno spuntino; non c'è l'uso di pietanze calde.

Pietro Pagliardini ha detto...

Vedo che un progetto urbanistico tradizionale stimola una riflessione sulle tradizioni in genere. E' la provincia profonda che parla. Non di metropoli è fatta l'Italia.
Ciao
Piero

Salvatore D'Agostino ha detto...

Prima parte:

---> Pietro,

finalmente un post ‘concreto’ anche se è un post di politicarchitettonica, tutto unito non è uno sbaglio.
Si vuole abbattere un simbolo dell’architettura progressista di matrice ‘sinistrosa’.

Quindi,
un’operazione simbolica per accreditare un’altra idea ‘politica’.

L’introduzione di Stefano Borselli ‘suona la carica’ (‘frase fatta’ calzante) ai suoi ‘alleati’ tradizionalisti (sembra un vecchio barone accademico che dopo anni di vessazioni riesce a prendere il ‘potere’ – verbo importante per capire l’Italia – del palazzo della cultura architettonica).
Scusa il mio essere ‘definitivo’ ma l’introduzione come la tua postfazione sono patetici, a tratti inconcludenti.

Soprattutto non riesco a capire queste frasi:
“un'urbanistica a scala umana”. Boh?;
“Tutti coloro che ripetono acriticamente “NO non si può fare” o furbescamente “non si può fare più”, semplicemente non hanno idea di come farlo, e spesso nascondono la loro ignoranza con una polemica propagandistica”. Chi? Dove?;
“la trasformazione del mostro”. Perché non chiamarla ‘architettura brutalista’?;
chi sono gli architetti nichilisti? Per favore cerchiamo di non essere ‘populisti’;
"l’architettura che la gente desidera". Tratta dalla forza dei sondaggi, boh?;

Mi dispiace ma l’Italia è incastrata in questo modo ‘politico’ d’intendere l’azione ‘architettonica'.

Ragionando alla ‘Pagliardini’ o alla ‘parla come mangia (senza capire la qualità di ciò che si mangia)’ o del ‘tuttologo’ quindi, per opinione personale del ‘bello’ del ‘brutto’ senza spessore critico (comparazione storica/architettonica e non ideologica) quest’azione è furba poiché è simile all’attentato alle nichilistiche (per dirla alla dearchitettonica) torri gemelle vuole abbattere il simbolo di un’etica (potere) politico.

Vecchia storia, anzi vecchissima storia quella della contrapposizione di accademie politiche architettoniche.

Io non credo nell’architettura politica, anzi credo che non esista un’architettura ‘ideale’ se non in alcune tristissime 'gate comunity' (penso anche al nostro Paolo Soleri).

Io credo nella storia italiana, ma non quella della ricerca dell’identità italiana: iniziata 150 anni fa con l’unità, scontratosi nella doppia anima fascista futurista/progressista e retorica del tradizionale, dilaniatosi all’interno dell’accademia e tra gli accademici nel dopoguerra fino ai giorni nostri.

Io credo nell’agone architettonico stratificato delle nostre città-stato.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Seconda parte:
Lasciamo stare, ti spiego perché è furbescamente politica, quindi, un’azione architettonicamente debole e retorica poiché non tocca le vere criticità delle nostre città, ad esempio:

non si pensa ad abbattere i brutti (come dicevo utilizzo la logica ‘pagliardinesca-feltriana–langoniana’ dovrei dire mostri, ma non voglio esagerare) palazzoni del ‘sacco di Palermo’ concepito dal potere ‘politico’ scudocrociato insieme alla liquidità e operatività di alcuni imprenditori sicuramente loschi;

non ci si scaglia contro ‘Milano 2’ la gate comunity elitaria (occorre avere un certo reddito per viverci), antitaliana (forse la più corbuseriana), a misura di alcuni uomini, fuori contesto, tabula rasa, costruita con gli stessi soldi di cui sopra (recentemente il suo arterfice ha dichiarato di essere un bravo urbanista);

non si urla contro il ‘quartiere Caltagirone’ nato sotto l’egida politica di sinistra e delle ‘esternalità’ di Campos Venuti (se non erro).

I tre esempi hanno la stessa matrice in comune con il vostro tentativo (degli architetti alleati) l’accordo politico-architettonico, con una piccola differenza la vostra ha una matrice ‘populista’ peggiore di quella progressista che tanto odiate, poiché pensate all’architettura ‘politica’ per la gestione dell’ordine sociale dopo tanti anni di fallimenti di urbanistica politica (sia essa porgressista o tradizionalista).

Che tristezza!
Che passi indietro!
La solita insana follia degli architetti ‘Dio’ l’uno contro l’altro.

Saluti,
Salvatore D'Agostino

P.S.: nel prossimo commento parlerò dei lavori degli architetti, poiché credo che la professionilità non vada banalizzata.

Pietro Pagliardini ha detto...

Salvatore, comunicazione di servizio: la tua seconda parte non so perché ma mi appare come pubblicata nella mail ma non si vede. Adesso provo a risolvere, se non mi riuscisse ti invio il testo completo e lo rimandi. Penso di averlo messo per errore tra i commenti in attesa di moderazione, strumento mai utilizzato.
Ciao
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

Era tra i commenti in attesa di moderazione. Quello che non comprendo è che in quel purgatorio ci sono commenti pubblicati direttamente. E' uno strumento per me oscuro.

Salvatore, vengo velocamente al punto:
intanto, oltre alle tue chiacchiere populiste, aspetto con ansia il commento sui progetti, dato che per ora ti sei esibito, in maniera un po' sconclusionata, in un commento alla "Pagliardini". Ti ringrazio per il credito che mi dai paragonandomi a Feltri e Langone, e addirittura attribuendomi uno stile personale: la tua intenzione non è buona ma il risultato sì.
Brutalista riferito al Corviale è termine "critico" da libro di Storia, ma la realtà dice che è un mostro. Brutalista paradossalmente gli conferisce dignità perché banalizzandolo, lo mette al pari di ciò che non è mostruoso. La tua visione "critica" è solo conformismo, utilissimo al gioco di chi non vuole cambiare niente.
Un trattato di criminologia fatto per studiare, usa classificazioni per dare un ordine logico e categorie di comportamenti, ma il giudizio vero su un criminale è "criminale" e basta. Questo è un blog, non un'accademia, e una breve rassegna di sostantivi e aggettivi giusti per il Corviale sono "mostro", "mostruoso", disumano", "incivile", "aberrazione", "criminale", "criminogeno", "alienante", "esclusione", "dittatura", "emarginazione", "spreco", ecc.
Detto questo, coerentemente con quanto predichi, mi aspetto un giudizio "critico" fatto con il giusto "metodo" (che in genere niente ha a che vedere con il giusto "merito") e le buone maniere in base al sistema cui ti hanno abituato a scuola sul tema:
"Le contraddizioni del Corviale, tra problemi e prospettive di rilancio e le proposte alternative, tra speranze e populismo".
Mica male: ci potresti organizzare un bel convegno di primavera con un titolo del genere!
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Caro Salvatore,

quando chiedi a Pietro chi sono gli architetti nichilisti, forse basterebbe rileggere le tue parole.
Tra l'altro la confusione tra politica ed architettura penso che sia tutta tua.
Corviale io non lo vedo come un edificio comunista, ma come la versione folle della già folle idea dell'unità di abitazione di LC.
Per quanto attiene i dubbi mossi da altri sulle fasi di demolizione e sul parco centrale (che nella mia proposta non c'è) voglio chiarire due punti:
sulle demolizioni non penso ci siano problemi perché il sistema che io immagino non prevede l'impiego di dinamite, ma quello della sezionatura e smontaggio, simile per esempio a quello utilizzato per la demolizione della teca di Morpurgo all'Ara Pacis, quindi non ci sarebbero grandi problemi nei dintorni del cantiere.
Per quello che riguarda invece il parco centrale, mi limito a dire che non lo ritengo possibile, poiché sarebbe errato abbandonare tutti i sottoservizi preesistenti: abbattere Corviale non significa dover anche abbandonare tutte le fogne, acquedotti, linee del gas, elettriche e telefoniche esistenti, ed anche ovviamente le strade, a meno che non si vogliano spendere inutilmente tanti soldi pubblici. Tra l'altro, sul versante nord occidentale ci sono non pochi problemi orografici.
Detto ciò, dato che ritengo che il male dei critici sia quello di parlare senza mai avere il coraggio di mostrare quello che sono in grado di fare, chiudo chiedendo a chi critica senza mai dare delle alternative, di fare la sua proposta, mi faccio io stesso promotore per la pubblicazione su Il Covile, e sono certo che il Direttore darebbe lo spazio. In questo modo, finalmente, si potrebbe parlare di critica costruttiva.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Prima parte:

Un esempio di Tabula Rasa ovvero ‘fuck the contest’.

I tre progetti di provocazione ‘politicarchitettonica’ tradizionalista escludono la possibilità di chiamare altri urbanisti per riconsiderare il luogo.
Tutte e tre attuano la tabula rasa poiché è un luogo politicamente non condiviso creando una città satellite chiamata ‘borgo’ che non vuole dialogare con la prossimità della città sfrangiata romana.
Operazione tipicamente ‘modernista’ non ‘tradizionalista’.
Sembrano dire: qui non sei a Roma ma altrove nella città dei sogni eugenetici.


Analizziamo i tre progetti:

Cristiano Rosponi: a parte la retorica dell’articolo suggerito mi sembra un fuori scala avulso dal contesto, uno strano copia incolla di una città che ho già visto e che non riesco a ricordare. Impossibile valutare.

Prof. Gabriele Tagliaventi: sostituisce il Corviale con un 'grren ground zero'.
L’idea del parco o della città ‘giardino’ in Italia è sempre stata suggestiva ma difficilmente attuabile (ottima per le gate comunity ma non per il nostro senso urbano). La cura del verde sia pubblica, sia privata, ha portato sempre grossi problemi.
Amiamo gli spazi vuoti e i suoi movimenti temporanei.
Il progetto è troppo geometrico, non c’è una maturità urbanistica, assomiglia alle svariate lottizzazioni di edilizia speculativa, basta andare a zonzo anche con 'Google map' per Roma per trovarne di simili.
Infine, non capisco che cosa significa ECO-quartiere?

Salvatore D'Agostino ha detto...

Seconda parte:

Ettore Maria Mazzola: complimenti il suo è un lavoro intelligentemente maturo.

Dico questo perché intuisco che lei abbia una certa autonomia critica rispetto al ‘populismo politico dell’operazione’, lei forse, prenderebbe le distanze da una possibile azione ‘quadristica’ del suo progetto.

Detto questo, ecco ciò che mi convince:

- la variazione delle altezze e dei volumi delle case (evitare l’effetto casermone):

- piccoli giardini o orti;

- l’accessibilità veicolare;

- la densità;

- le strade non rette (evita l’effetto autostrada e se ne frega della quinta scenica) spezza la visuale, agevola la curiosità;

- mix abitativo;

- la sequenza costruzione/demolizione;

Ed ecco ciò che non mi convince:

- l’idea di un borgo chiuso. Il borgo nasce dalla conformazione naturale del terreno, erano creati sulle coline, i confini per la maggior parte erano naturali. L’idea di un limite segnato dall’architettura (terrazzi giardino + garages) è debole;

- debole la parte commerciale io credo che i centri commerciali debbano essere parte integrante (con tutta la loro carica POP pubblicitaria) delle città e non fuori dalle città. Ad esempio la piazza principale dovrebbe essere un ‘centro commerciale' (come nel passato);

- gli spazi scolastici ibridi non mi convincono;

- la costruzione di una chiesa (sicuramente necessaria) senza prevedere se tra i futuri sedicimila abitanti ci siano sensibilità religiose diverse e quindi munire il borgo degli appositi spazi;

-i bassi artigianali è pura retorica ‘falso antico’ occorre rivedere questi spazi nella sua complessità osservando le nuove esigenze lavorative/manuali.

- non vi è una mobilità veicolare urbana;

- oltre al mix abitativo occorre un mix costruttivo. La storia delle città italiane (anche i tuoi esempi) ci ricorda che un mix di stratificazioni storiche e non un ‘monologo’ architettonico;

- le città italiane si sono costruite per brani e per stratificazioni (anche oggi). La storicizzazione dei canoni ‘tradizionali’ è una storia recente, ahimè, non ‘italiana’;

- il recupero di una tecnica artigianale costruttiva autoctona mi sembra pura ‘utopia’ da un centianaio d’anni sappiamo costruire le case diversamente. Occorre concepirle con un diverso senso qualitativo. La storia dell’architettura non cambia perché un genio pensa di saper fare altro ma da un mix creativo delle invenzioni tecnologiche e costruttive. Il Rinascimento italiano è puro cambiamento di paradigma delle tecniche di disegno;

Perdona la citazione di un mio articolo a proposito della VEMA puriniana (http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2006/09/lossimoro-purini-utopia-reale.html) mi piacerebbe affrontare i temi della città nella sua complessità e non per ‘utopie’ politiche, anche per il tuo progetto restano le stesse riserve citate nell’articolo.

Infine:

Siamo proprio sicuri che le ‘periferie ghetto’ abbiano un solo colore politico?

Che senso ha parlare di ‘genius loci’ per un progetto da ‘Tabula rasa’?

Osservando gli 8000 comuni italiani siamo in presenza di un'emergenza d’interventi ‘griffati’ diffusi?

Perdona nuovamente la citazione di un mio articolo ma la retorica de ‘il ragazzo della via Gluck’ è veramente un dramma 'italiano' ne ho parlato con lo scrittore Walter Siti che consoce bene le borgate romane e i suoi problemi ---> http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2010/05/0039-speculazione-un-colloquio-con.html

Comunque vada, in bocca al lupo per il tuo lavoro.

Saluti,
Salvatore D’Agostino

Salvatore D'Agostino ha detto...

---> Pietro,
fai confusione con te stesso, io non ho una scuola di riferimento (per motivi che non ti sto a raccontare mi sono auto formato), trovo la buona educazione verbale una strada possibile per il dialogo (ma questo resta un mio problema, tu puoi continuare a emulare i tuoi miti, però smettila di fare confusione con la tua presunta pseudo libertà e il mio presunto perbenismo).

Se ci permetti trovo immaturo (adolescenziale) il linguaggio aggressivo verbale (non mi fido delle persone spavalde spesso sono delle persone rancorose che non hanno niente da perdere).

Io vivo in una terra che sa distinguere le aggressività in due: concrete e verbali. Di solito le aggressività verbali sono dominio delle mammolette (perdona il brutto termine).

Trovo nelle tue parole un’eccitazione che non mi piace, che sembra dire: ‘ora vi faccio vedere io come si utilizza il potere architettonico’.

Detto in termini da ‘cattiverio’ alla Pietrangelo Buttafuco: ‘queste sono minchiate pericolose da ottusi gerarchi della politicarchitettonica’.

Detto questo per carità risparmiami le tue repliche, possiamo semplicemente fare a botte.

:-)



---> Ettore,
mi vuoi dire che questa vostra iniziativa non è politica?
Cito una tua frase: «Oggi le cose sembrano essere mutate, c’è una convergenza di situazioni politiche, culturali, ed anche operative, che fanno sì che Comune, Regione e, ben presto anche l’Amministrazione dell’A.T.E.R. (ex IACP) siano governati da un unico colore politico, che peraltro condivide l’idea di intervenire per motivi etici e morali, affinché scompaia per sempre l’idea della periferia-ghetto».
Mi dispiace hai una concezione della ‘figura’ del critico errata.
Il critico non mostra, l’architetto mostra. Sono due figure distinte. Per fortuna.

Saluti,
Salvatore D’Agostino

enrico d. ha detto...

Scusate se torno a citare la mia esperienza olandese. In alcuni sobborghi, anche di un certo pregio, e di conseguenza abitati in prevalenza da cittadini a reddito non "proletario", non si è fatta la scelta del casermone, e nemmeno della palazzina media. Si è mantenuto lo schema (storicamente prevalente) delle villette unifamiliari, isolate, ma più spesso in "stecche", ma non omogenee, come si è scelto di fare a Bologna e dintorni. Non 10, 15 18 unità identiche in fila; ma una sequenza di unità "omogenee per altezza e larghezza", con fronte allineato. Quasi ovunque l'altezza è di due o tre piani; l'aspetto delle facciate è omogeneo, ma spesso non monotono. Con estremi di bellezza e bruttezza patologici (qualsiasi significato si voglia dare ai termini).
Questo sia sulle strade "importanti", ove passano i tram, e dove il traffico è abbastanza intenso, sia nelle strade laterali ove il passaggio è solo locale, a velocità spontaneamente ridotta. Negli affacci sulla viabilità principale, il piano terra è spesso occupato da negozi, ristoranti, uffici...con ingresso diretto dal marciapiede
Nelle zone a traffico pedonale (zone più antiche, pressi delle chiese...) abbondano i dehors di bar, pizzerie, birrerie, bistrot....
Ma anche nelle zone laterali, a basso traffico, diciamo così "residenziali pure", non sono poche le case che mostrano, alla porta una qualche insegna che indica una qualche attività. Di tipo diverso, naturalmente, ma capita di vedere uffici tecnici, servizi software, pedicure, massaggi, catering, baby sitter.... cui si accede passando per il piccolo giardino sul davanti. Cancellino rigorosamente aperto !
Ma parliamo di olandesi: usi, costumi, abitudini, stili di vita piuttosto diversi da noi.

ettore maria ha detto...

1^ parte
Scusatemi se non sto rispondendo ai vari dubbi o complimenti in maniera diretta perchè li sto facendo accumulare, in ogni modo sono felice della quantità di note positive, ed è per me utilissimo il fatto che questo progetto stia stimolando un dibattito costruttivo.
Ho due note che voglio aggiungere in risposta a due interventi, quello ultimo di Enrico e quello molto lungo di Salvatore, che merita una risposta un po' più eleborata:
Ad Enrico voglio dire che mi fa molto piacere il riferimento all'Olanda, che conosco molto bene avendo sviluppato, in collaborazione con 15 miei studenti, i progetti per i lotti 18 e 22 di Brandevoort e che oggi sono in costruzione. A tal proposito quello che mi ha fatto piacere scoprire in quel Paese civile, è il fatto che utilizzino il sistema del mix sociale che si utilizzava in Italia fino all'avvento del Fascismo e che aveva portato nel 1917 allo slogan dell'ICP "la casa sana ed educatrice". E' in qualche modo il modello cui mi ispiro e che vorrei l'Italia recuperasse invece di pianificare le periferie ghetto, che sociologicamente sono quanto di più sbagliato possibile.
Per quanto attiene le note utili critiche di Salvatore, ribatto punto per punto:
l’idea di un borgo chiuso. Il borgo nasce dalla conformazione naturale del terreno, erano creati sulle coline, i confini per la maggior parte erano naturali. L’idea di un limite segnato dall’architettura (terrazzi giardino + garages) è debole;
- debole la parte commerciale io credo che i centri commerciali debbano essere parte integrante delle città e non fuori dalle città. Ad esempio la piazza principale dovrebbe essere un ‘centro commerciale' (come nel passato); IL PROGETTO PREVEDE PROPRIO QUESTO
- gli spazi scolastici ibridi non mi convincono; SAREBBE UTILE SAPERE PERCHE', IN OGNI MODO SE DEGLI SPAZI "MORTI" DURANTE LE ORE NON SCOLASTICHE SI RAVVIVANO PUO' ESSERE SOLO UN BENE
- la costruzione di una chiesa (sicuramente necessaria) senza prevedere se tra i futuri sedicimila abitanti ci siano sensibilità religiose diverse e quindi munire il borgo degli appositi spazi; NON AVREI PROBLEMI AD INSERIRE ANCHE UNA MOSCHEA E UNA SINAGOGA SE CE NE FOSSE L'ESIGENZA
-i bassi artigianali è pura retorica ‘falso antico’ occorre rivedere questi spazi nella sua complessità osservando le nuove esigenze lavorative/manuali. GLI ABITANTI DI CORVIALE, MOLTI DEI QUALI ARTIGIANI CHE HANNO PERSO IL LORO LABORATORIO IN CENTRO, HANNO OTTENUTO (C'E' UN VIDEO SU YOUTUBE) DAL PRECEDENTE SINDACO L'ASSENSO VERBALE A REALIZZARE AL DI SOTTO DELL'ATTUALE CORVIALE UNA SERIE DI LABORATORI ARTIGIANI CHE GLI CONSENTA DI TORNARE A SENTIRSI PRODUTTIVI, QUINDI NON CAPISCO PERCHE' MI PARLI DI "fALSO ANTICO"
- non vi è una mobilità veicolare urbana; NON CREDO, DATI GLI SCHEMI ALLEGATI. IN QUESTO MOMENTO C'E' ANCHE UNO DEI PIU' ACCREDITATI STUDI ITALIANI SULLE RETI E MOBILITA' (SIMMETRIA) CHE STA STUDIANDO QUESTO ASPETTO DEL MIO PROGETTO E DEL CORVIALE ESISTENTE

ettore maria ha detto...

2^ parte
- oltre al mix abitativo occorre un mix costruttivo. La storia delle città italiane (anche i tuoi esempi) ci ricorda che un mix di stratificazioni storiche e non un ‘monologo’ architettonico; INFATTI NON HO FORNITO NEMMENO UN PROSPETTO. IL MODELLO STRATEGICO E' QUELLO DI GARBATELLA O CITTA' GIARDINO ANIENE, DOVE I MASTERPLAN FATTI DA GIOVANNONI E MASSIMO PIACENTINI FURONO SEGUITI DA PROGETTI DI MARCONI, NORI, PALMERINI, SABBATINI, COSTANTINI, ENERGICI, LIMONGELLI, ECC., ED E' ANCHE QUELLO CHE SI FA OGGI IN OLANDA (VEDERE IL CASO BRANDEVOORT)
- il recupero di una tecnica artigianale costruttiva autoctona mi sembra pura ‘utopia’ da un centianaio d’anni sappiamo costruire le case diversamente. E INFATTI ABBIAMO NON POCHI PROBLEMI DI MANUTENZIONE DEGLI EDIFICI NUOVI PERCHE' I SISTEMI MODERNI NON SONO DUREVOLI, E DEGLI ANTICHI PERCHE' QUESTA "SPECIALIZZAZIONE" CI STA FACENDO PERDERE LE CONOSCENZE NECESSARIE E CI AUMENTA I COSTI.

Siamo proprio sicuri che le ‘periferie ghetto’ abbiano un solo colore politico? ASSOLUTAMENTE NO, DATO CHE LE HA CODIFICATE IL FASCISMO E LE HANNO PORTATE AVANTI TUTTI IN NOME E PER CONTO DEGLI SPECULATORI
Che senso ha parlare di ‘genius loci’ per un progetto da ‘Tabula rasa’? PER ME NE HA MOLTO
Osservando gli 8000 comuni italiani siamo in presenza di un'emergenza d’interventi ‘griffati’ diffusi? SI ANCHE SE LE GRIFFE NON SEMPRE SONO COSI' NOTE
mi vuoi dire che questa vostra iniziativa non è politica?
Cito una tua frase: «Oggi le cose sembrano essere mutate, c’è una convergenza di situazioni politiche, culturali, ed anche operative, che fanno sì che Comune, Regione e, ben presto anche l’Amministrazione dell’A.T.E.R. (ex IACP) siano governati da un unico colore politico, che peraltro condivide l’idea di intervenire per motivi etici e morali, affinché scompaia per sempre l’idea della periferia-ghetto». AVREI SCRITTO LA STESSA COSA SE AL GOVERNO CI FOSSERO STATE ALTRE PERSONE CHE LO AVESSERO DETTO APERTAMENTE COME HANNO FATTO "QUESTI", CHE PER ALTRI ASPETTI NON MI PIACCIONO AFFATTO! MA PENSO CHE L'IDEOLOGIA POLITICA VADA MESSA DA PARTE E SI DEBBA "DARE A CESARE CIO' CHE E' DI CESARE"
Mi dispiace hai una concezione della ‘figura’ del critico errata.
Il critico non mostra, l’architetto mostra. Sono due figure distinte. IL PROBLEMA E' CHE IL CRITICO CONTEMPORANEO CREA A TAVOLINO I SUOI MITI (E BONITO OLIVA L'HA AFFERMATO APERTAMENTE), COSI' PER GLI INTERESSI DEI SUOI SOSTENITORI CREA E DISTRUGGE CIO' CHE GLI INTERESSA, PERO' NON HA MAI IL CORAGGIO DI FARCI VEDERE COSA E' IN GRADO DI FARE. QUESTO E' IL MOTIVO PER CUI HO AVUTO IL CORAGGIO DI ESPORMI, DOPO LE CRITICHE CHE HO MOSSO ALL'ATTUALE CORVIALE SU TANTI QUOTIDIANI E BLOG, E MI SONO MESSO IN GIOCO PER MOSTRARE CON I FATTI, E NON CON LE PAROLE, L'ALTERNATIVA CHE RITENGO POSSIBILE.
Un caro saluto
Ettore

Salvatore D'Agostino ha detto...

Prima parte:

---> Ettore,
ho capito il tuo approccio politico e la tua intelligenza ‘relazionale’.
Condivido la piazza ‘centro commerciale’, l’integrazione di possibili luoghi di culto e la ‘speculazione’ bipartisan distruttiva delle nostre città.
Mi ero dimenticato che apprezzavo il lavoro sui parcheggi privati/pubblici, come la previsione di spazi per i mercatini temporanei. Aspetto lo studio sulla mobilità urbana.

Chiariamo altri punti:

- Una curiosità qual è la tecnica costruttiva del tuo progetto olandese?

- manca la risposta alla nota:«l’idea di un borgo chiuso. Il borgo nasce dalla conformazione naturale del terreno, erano creati sulle coline, i confini per la maggior parte erano naturali. L’idea di un limite segnato dall’architettura (terrazzi giardino + garages) è debole»;

- mi puoi chiarire il tuo approccio ‘Genius Loci’ per questo progetto ‘Tabula rasa’? E se trovi il tempo, sinteticamente, che cosa intendi per genius loci?

- per gli spazi ‘ibridi’ degli edifici scolastici il problema è organizzativo ma se il tuo intendo è quello di eliminare i muri e le recinzioni che abbrutiscono tutta la nostra edilizia scolastica, ne condivido l’intento.

- i laboratori artigianali progettati, come anche nelle logiche da zoning, non funzionano, mi piacerebbe pensare a una creazione spontanea di questi spazi. I lavori ’artigianali, come quelli commerciali, non durano in eterno poiché i mestieri e le merci mutano nel tempo. Occorre riflettere sull’artigianato di oggi ma non pensare a ‘architetture’ rigide per lavori ‘fisiologicamente’ temporanei.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Seconda parte:

Adesso tocchiamo due aspetti ‘fondamentali’:

1) la tecnologia costruttiva tradizionale. Perdona ma non ho comprato il tuo libro ma le tue tesi ‘sulla ‘durevolezza’ delle opere in muratura’ andrebbero confutate con esperti. Una piccola personale considerazione, non tutte le architetture devono essere previste ‘eterne’, in alcuni casi (ad esempio l’edilizia abitativa) occorre facilitare un riciclo architettonico secondo le esigenze del tempo. Ancora oggi, molte case in muratura (in futuro quelle costruite in cemento) vengono demolite perché considerate inospitali.

2)Il mix costruttivo non deve prevedere un team di soli architetti amici, poiché una città si deve confrontare con la ‘speculazione’ (nel suo senso positivo) delle personali esigenze abitative o idee imprenditoriali di chi acquista il lotto e non imporre uno stile architettonico.
Le città storiche ‘italiane’ non vanno idealizzate, non sono state costruite da ‘omologhi geni’ ma da molti tecnici, spesso popolani (pensa all’architetto come un medico condotto e non allo specialista), basta camminare ‘consapevolmente’ per le nostre città per notare veri e propri strafalcioni grammaticali architettonici (spesso di una bellezza estrema). La tua paura per le ‘griffe’ non ha senso, poiché le città-stato italiane sono un’apoteosi di griffe (per fortuna). Quest’idea di un’architettura umile, dell’architetto modesto, dell’estetica popolare dell’architettura mi sembra debole, per non dire patetica.
Parliamoci chiaro, la Garbatella di Giovannoni /Piancetini (due archistar del tempo, cioè due personalità forti e autorevoli) hanno realizzato uno spazio architettonico con una forte valenza stilistica, lontana dalla retorica della non architettura o dello spazio non firmato.
In sintesi, trovo molto debole l’idea di un borgo chiuso e della qualità costruttiva omologante delle tecniche tradizionali.

Ultima nota ‘la critica’:
questo è il punto cruciale, il critico non è progettista o pittore o scultore.
Il critico si espone con il coraggio delle proprie idee.
Vanno confutate le idee e non i ‘non-progetti’ del critico.
L’Italia deve recuperare - da più parti - il valore della critica poiché si è scaduti in un’opinionismo senza ‘spessore’.
Il bravo ‘critico’ ha una preparazione e una conoscenza, da non sottovalutare.
L’opinionista ‘spesso sbraita senza senso’ (vedi Vittorio Sgarbi) creando pasticci ideologici.
Non vorrei perdere il filo del nostro discorso, perdonami, ma non possiamo ridurre la figura del critico ‘all’uomo che non sa fare’.

Saluti,
Salvatore D’Agostino

LdS ha detto...

ma 'sto corviale, attualmente, con cosa lo si raggiunge? solo con l'auto?

robert

ettore maria ha detto...

1^ parte
Caro Salvatore, ecco le risposte ai punti mancanti:
- qual è la tecnica costruttiva del tuo progetto olandese? NOI ABBIAMO INDICATO QUELLA TRADIZIONALE, MA CHI STA ESEGUENDO E SEGUENDO LA COSTRUZIONE STA LAVORANDO CON UNA TECNICA MISTA CHE PREVEDE SETTI PORTANTI PERPENDICOLARI ALLE FACCIATE IN C.A. E FACCIATE IN TECNICA TRADIZIONALE;
- manca la risposta alla nota:«l’idea di un borgo chiuso. (...) L’idea di un limite segnato dall’architettura (terrazzi giardino + garages) è debole»;LA FORMA URBANA DEL PROGETTO E' DETTATA DALL'OROGRAFIA, NONCHE' DALLA NECESSITA' DI MANTENERE L'INSEDIAMENTO COMPATTO (RISPARMIO DI TERRENO), NONCHE' DALLA VOLONTA' DI RIUTILIZZARE TUTTE LE STRADE, FOGNE, ACQUEDOTTI, LINEE ELETTRCICHE ECC. ESISTENTI. L'OROGRAFIA CONSENTE ANCHE DI AVERE DEI PARCHEGGI MASCHERATI AL DI SOTTO DI GIARDINI TERRAZZE CHE, IN QUALCHE MODO "SFUMANO" L'URBANIZZATO CON UN VERDE DISEGNATO VERSO QUELLO PIU' NATURALE DELLA CAMPAGNA E/O DEL PARCO. NON VEDO NESSUNA DEBOLEZZA IN QUESTO, DATO CHE E' CIO' CHE SI VEDE IN TANTISSIME CITTADINE COLLINARI ITALIANE, SPECIE NEL CENTRO ITALIA. TRA L'ALTRO, DEFINIRE I MARGINI ASSOLUTI DELL'INSEDIAMENTO PER PREVENIRE IL CONSUMO DEL TERRITORIO E' COSA PIU' CHE GIUSTA, E IN QUESTO E' IL LIMITE DEL "TRANSECT" NEW URBANISM CHE NELLE ZONE A MARGINE INSERISCE L'EDLIZIA DIFFUSA FIGLIA DELLO SPRAWL;
- mi puoi chiarire il tuo approccio ‘Genius Loci’ per questo progetto ‘Tabula rasa’? (...) PER IL GENIUS LOCI PUOI FAR RIFERIMENTO A NORBERG-SHULTZ, QUELLO CHE POSSO LIMITARMI A DIRE E' CHE HO VOLUTO LAVORARE SULLA CREAZIONE DI UN'IDENTITA' DELL'INTERVENTO, UN QUALCOSA IN GRADO DI ATTRARRE PIUTTOSTO CHE RESPINGERE LA GENTE, UN IMPIANTO URBANISTICO CHE POSSA STIMOLARE IL SENSO DI APPARTENENZA AL LUOGO. QUANDO MI CHIEDI DELLA TABULA RASA, SE TI RIFERISCI ALL'ABBATTIMENTO DI CORVIALE, DAL MIO TESTO INIZIALE E DALLE RISPOSTE PRECEDENTI SAI CHE NON C'E' ALTRA POSSIBILITA';
- (...) eliminare i muri e le recinzioni che abbrutiscono tutta la nostra edilizia scolastica (...). INFATTI
- i laboratori artigianali (...) NEL PROGETTO MI SONO LIMITATO A DARE INDICAZIONE DELLE COLLOCAZIONI PIU' LOGICHE PER LE ATTIVITA' COMMERCIALI E ARTIGIANALI, QUINDI IL TUO COMMENTO MI SEMBRA FUORI LUOGO, IN OGNI MODO, COME TI HO DETTO PRECEDENTEMENTE, TRA GLI ABITANTI DI CORVIALE CI SONO MOLTISSIMI ARTIGIANI CHE HANNO FATTO RICHIESTA DI APRIRE DEI LABORATORI ARTIGIANALI AL PIANO TERRA DEL CORVIALE PER 2 RAGIONI (VEDERE INTERVISTE SU YOUTUBE) A)PORTARE VITA SOTTO IL SERPENTONE; B) TORNARE A SENTIRSI UTIILI ALLA SOCIETA' E A SE STESSI;

ettore maria ha detto...

2^ parte
- la tecnologia costruttiva tradizionale. Perdona ma non ho comprato il tuo libro ma le tue tesi ‘sulla ‘durevolezza’ delle opere in muratura’ andrebbero confutate con esperti. Una piccola personale considerazione, non tutte le architetture devono essere previste ‘eterne’, in alcuni casi (ad esempio l’edilizia abitativa) occorre facilitare un riciclo architettonico secondo le esigenze del tempo. Ancora oggi, molte case in muratura (in futuro quelle costruite in cemento) vengono demolite perché considerate inospitali. SE LEGGI IL LIBRO CAPIRAI CHE E' TUTTO SCIENTIFICAMENTE DIMOSTRATO. SUL DISCORSO DEL NON PREVEDERE LE CASE PER SEMPRE MI CHIEDO SE SEI DAVVERO CONVINTO DI QUELLO CHE DICI, MI SEMBRA ASSURDO PENSARE COME SANT'ELIA CHE OGNI GENERAZIONE SI DEBBA COSTRUIRE LA SUA CITTA', IO SE PERMETTI PREFERISCO SPENDERE UNA VOLTA E PER SEMPRE, EVENTUALMENTE EVITANDO CHE I MIEI FIGLI SPENDANO. SE POI OCCORRE FARE DELLE TRASFORMAZIONI INTERNE QUESTE SONO POSSIBILI ANCHE NELL'EDILIZIA STORICA. SUL DISCORSO DELLE CASE STORICHE ABBATTUTE PERCHE' INOSPITALI C'E' DA CHIARIRSI, PERCHE' CI SONO EDIFICI, NATI SPONTANEAMENTE E SENZA CRITERIO, ALTRI MAL PROGETTATI PERCHE' SERVIVANO A SPECULARE, E PROBABILMENTE SONO INOSPITALI, MA TANTI ALTRI CHE VENGONO DEMOLITI SOLO PERCHE' LA CULTURA POST M.I.A.R. LE HA DEFINITE "CASE VECCHIE". MI DISPIACE ME FAI DI TUTTA L'ERBA UN FASCIO SEI FUORI STRADA
- Il mix costruttivo non deve prevedere un team di soli architetti amici, (...) TI HO GIA' RISPOSTO
-Quest’idea di un’architettura umile, dell’architetto modesto, dell’estetica popolare dell’architettura mi sembra debole, per non dire patetica. NON HO DUBBI CHE A TE PAIA COSI', MA TI ASSICURO CHE TI SBAGLI. IL DISCORSO E' MOLTO LUNGO, PER CUI TI RIMANDO ALLA LETTURA DI 2 MIEI LIBRI (ARCHITETTURA E URBANISTICA - ISTRUZIONI PER L'USO; LA CITTA' SOSTENIBILE E' POSSIBILE)
- trovo molto debole l’idea di un borgo chiuso e della qualità costruttiva omologante delle tecniche tradizionali. L'HO CAPITO E TI HO RISPOSTO;
ANCHE SUL CRITICO E PROGETTISTA TI HO RISPOSTO.
Cordialmente
Ettore

Anonimo ha detto...

ettore, cortesemente, puoi soddisfare questa mia semplice curiosità: attualmente il corviale è servito oppure no da mezzi pubblici? chi ci vive come lo raggiunge? solo ed esclusivamente in auto? so che magari tra la moltitudine di commenti qui e in archiwatch qualcuno l'avrà anche scritto...

grazie
robert

ettore maria ha detto...

Caro Robert,

L'attuale Corviale, come si dice a Roma, è a tre metri dal cartello "benvenuti sul pianeta terra", c'è un autobus, il 786, che porta sotto il mostro, per il resto occorre l'automobile ... o la preghiera!

per ulteriori informazioni sui trasporti pubblici puoi consultare il sito dell'ATAC che gestisce i trasporti romani.

qfwfq ha detto...

avevo postato un commento che per mia fortuna è svanito nel nulla.
il dibattito Mazzola vs D'Agostino è decisamente affascinante, divertente, nonchè portato a livelli estremi di dialettica architettonica.

Onore e merito al Grand master Pagliardini

Tra i due archi-free-climber personalmente tifo per Salvatore, per un motivo non stilistico (beh in parte anche per quello....) ma di approccio metodologico.

Il vero nodo che EMM non risolve è che la sua idea di architettura, o meglio il suo approccio metodologico, è molto vicino a quello che ha prodotto Corviale; più di quanto non voglia lui stesso ammettere.

Alla fine si tratta sempre di una idea imposta da un architetto su un popolo (una città) che sostanzialmente subisce (senza partecipazione nè reale spirito critico).

alla fine, con tutte le analisi tecniche su mobilità, dimensione del fabbricato, scala urbana, scala umana e le pippe mentali sul "genius loci", sempre di architettura "griffata" (in questo caso da Mazzola) si tratterà!

visto e considerato che nessuna delle scelte e soluzioni urbanistiche, tecniche e organizzative, proposte dai progetti evidenziati, presuppone l'obbligo di una particolare scelta stilistica, sarebbe molto più onesto intellettualmente ammettere semplicemente che lo stile "S.Saba" viene ricopiato, (pardon, riproposto, rideisegnato) semplicemente perchè "vuolsi cosi colà dove si architetta"

o meglio a Mazzola gli piace così! se non siete daccordo disegnatevi voi il vostro Corviale!

La volontà popolare mi pare abbastanza estranea, spesso confusa, il più delle volte estromessa, dal tema.

L'architetto del dopoguerra imponeva l'untà d'abitazione come migliore modello possibile, in questo caso ha deciso che la casa migliore di tutte è la casa ottocentesca in stile borgo medioevale.


qfwfq

Pietro Pagliardini ha detto...

A qfwfq: il tuo commento si è perso nel mare di internet probabilmente a causa mia. Mi sta accadendo da qualche giorno, infatti, che io li pubblico ma mi vanno a finire nella "moderazione commenti". Ne ignoro il motivo. Comunque alla fine è arrivato.
Lascio all'autore le eventuali (e a questo punto anche impegnative e faticose) repliche.
Per parte mia vorrei solo chiarire il mio pensiero sul prevedibile espediente di assimilare anche l'architettura tradizionale a quella impositiva dell'architettura "archistar", in base alla logica del "muoia Sansone con tutti i filistei": le archistar sbagliano ma anche voi fate lo stesso, dunque siete uguali perché così è l'architettura per sua natura.
Ebbene il mio pensiero è un po' diverso dal tuo e, per non ripetere, ti segnalo quanto ho scritto in due commenti sull'argomento su Archiwatch:
http://archiwatch.wordpress.com/2010/05/29/corviale/
Penso che anche Ettore sia d'accordo con me. E immagino che anche l'idea di Rosponi e Tagliaventi non sia molto diversa, almeno nei contenuti di fondo.
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Caro qfwfq (un nome un programma!)

Penso che faresti meglio a leggere tutto ciò che viene scritto, a partire dal numero del Covile, piuttosto che parlare come il sentimento ti impone.
Dalle cose che scrivi si capisce che sei molto prevenuto, a tal punto da non aver capito proprio nulla di ciò che ho scritto, e si che non l'ho scritto in "architettese"
bastano queste tue due frasi per capirlo:
"La volontà popolare mi pare abbastanza estranea, spesso confusa, il più delle volte estromessa, dal tema".
"L'architetto del dopoguerra imponeva l'untà d'abitazione come migliore modello possibile, in questo caso ha deciso che la casa migliore di tutte è la casa ottocentesca in stile borgo medioevale".
Per inciso, ho sempre sostenuto che l'architettura, e soprattutto l'urbanistica ottocentesca è talmente sbagliata da essere considerata alla base della reazione che portò al modernismo. Ma forse a te piacerebbe vivere a Corviale, o forse sei come Gregotti che quando durante l'intervista a "le Iene" gli si chiese perchè non andasse a vivere allo Zen visto che gli piaceva tanto disse: "che c'entra, mica io faccio il proletario, io sono un architetto!"
Continua a tifare per Salvatore, come si dice, posso portare il cavallo fino alla pozza, ma non posso obbligarlo a bere!

Ettore

Anonimo ha detto...

e tu, ettore, rispetto a 'sto problema, come ti sei posto? dai per scontato che lo risolvano? ritieni che non debba esser risolto? non te lo sei posto? o l'hai risolto?

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Mamma mia, robert, dovrebbe forse prevedere anche una metropolitana?
Tutto vero, per carità, ma in questa fase non è un modo di ragionare per dire: non ne fate di niente?
A me sembra proprio di sì.
Proverbio: il meglio è nemico del bene.
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

caro Robert,
il problema me lo sono posto eccome, sennò non ti avrei nemmeno risposto. Non sono stati pubblicati i disegni specifici perché riguardano degli schemi sulla mobilità generale del Comune di Roma che ai non addetti ai lavori non credo importino, né che possano comprenderli.
E' più che ovvio, in una città che ambisce a ritagliare più spazio per i pedoni, che chi progetta si ponga il problema dei collegamenti.
Mi auguro dunque che volessi limitarti a fare l'avvocato del diavolo e che non volessi credere di prendermi in castagna come altri criticoni che non sanno più a cosa attaccarsi per provare a convincere me, e tantissimi altri, che Corviale ha ben altri problemi, e che quindi non avrebbe senso procedere alla sua sostituzione, ma basterebbe limitarsi a rimetterlo a posto e migliorare le connessioni.
Cordialmente
Ettore

Linea 786 ha detto...

Ettore non ti volevo prendere in castagna, penso solo che il problema delle connessioni è ben più importante di qualsiasi progetto per il corviale in sè. Nulla mi fa credere che non succeda ciò che è successo per le altre periferie romane: prima costruisco e poi le linee della metropolitana, forse, arriveranno... e quindi il tuo progetto, come quello di qualsiasi altro è solo un cavallo di troia per aprire le porte a cubature ancora maggiori per ritrovarsi in una situazione peggiore di prima. Quindi ipotizzare soluzioni per problemi secondari lo trovo non dico irresponsabile ma comunque funzionale alle guerre ideologiche in corso e, pertanto, resto della mia idea: se si vuol demolire-ricostruire il Corviale prima di aver risolto il resto, fatelo... ma pagatene anche le conseguenze economiche.

Non entro nel merito dei progetti, non ho il tempo per farlo. Ma ho parecchie riserve sul tuo "far tabula rasa" che trovo sinceramente assai contraddittorio (e quindi ideologico) rispetto alle tue solite visioni e, dall'altro ho parecchie riserve sul problema cronico di certa architettura tradizionalista che non riesce a introiettare le conseguenze formali dell'uso dei mezzi meccanici che, l'800, ha ben studiato e sviscerato (e come per certi versi il Tagliaventi riesce a fare, pur con tutti limiti del suo suo progetto).

Robert

enrico d. ha detto...

un cenno di vita vissuta "olandese".
Devo raggiungere l'aeroporto di Schipol, partendoa dal Rijswijk (sud.ovest dell'Aja).
Voglio essere in aeroporto alle 8 di mattina.
Accendo il computer, mi collego al sito dei trasporti pubblici ( che comprende treni pulmann tram vaporetti gestiti a livello nazionale regionale comunale di quartiere). digito indirizzo di partenza e ora richiesta di arrivo.
Mi risponde più o meno così:
uscire di casa alle 6.53
300 metri a piedi fino al via XY, altezza civico nn, fermata tram
alle ore 6.58 prendere il tram n.1 direzione nord (costo: 3 strippen; è l'unità di misura)
scendere alla stazione Aja Hs alle ore 7.12
prendere treno XYZW alle ore 7.18 (costo 7.60 euro in seconda classe; 15.90 in prima)
arrivo a Schipol alle 7.58
Seguono opzioni alternative

Ma la cosa incredibile , è che è vero ! tutto corrisponde al minuto !
trecento metri a piedi

ettore maria ha detto...

Caro Robert,
visti i precendenti commenti che chiami "linea di .." o "linea del ..", forse hai perso l'occasione per postare il tuo commento col titolo "linea bus che non c'è".
Scherzi a parte vorrei farti riflettere su una cosa fondamentale.
Il fatto che manchino i collegamenti pubblici, ma non le strade data la prossimità alla Portuense e alla Pisana, nonché al GRA, non è una buona ragione per non cambiare le cose a livello abitativo, ma soprattutto sociale, all'interno di quel disastro urbanistico-architettonico che è l'attuale Corviale.
Il fatto che finora non si sia pensato a potenziare i mezzi pubblici di trasporto per Corviale, come per moltissime altre realtà simili, a Roma e altrove, è dovuto solo ed esclusivamente alla vergognosa strategia della marginalizzazione delle classi meno fortunate, dimentichi della lezione dei primi esempi di case popolari a Roma, il cui obiettivo era in primis l'integrazione. Sin dall'atto costitutivo dell'ICP si prescriveva il divieto a realizzare quartieri per la sola classe operaia, questo perché Luzzatti e compagni ben ricordavano ciò che era successo a Parigi nel 1870! Quindi oggi si pianifica sulla base del criterio "Luntano da l'uocchije luntano da 'o core", generando "non luoghi" che crescono come delle polveriere in attesa di esplodere. Il fenomeno "banlieuse" vissuto in Francia dovrebbe essere il monito a non ghettizzare più nessuno, ma evidentemente per le persone che amano ignorare la storia (anche quella recente), in nome della loro voglia modernista di reinventare sempre tutto, tutto ciò non ha valore.
Non ci vuole molto ad aggiungere linee bus o tramviarie per Corviale, il problema è che non lo si fa per non consentire l'integrazione di quella povera, e spesso dignitosissima, gente.
Mi auguro che le persone, specie molti architetti e politici, inizino a riflettere seriamente sugli aspetti sociologici di questa vicenda, piuttosto che continuare ad arrampicarsi sugli specchi per mantenere in vita il mostro generato da quell'ideologia architettonica che hanno sposato e che non accettano di mettere in discussione.
Cordialmente
Ettore

Stefano ha detto...

Mi sembra che nessuno tenga conto di una cosa: il progetto di Fiorentino è di fatto quello di una città di fondazione. La soluzione di Mazzola, come quella di Tagliaventi, non può non tenerne conto. Le critiche sullo storico, sull'ex cathedra e altre sciocchezze, cadono se si considera appunto il contesto pregresso. E' chiaro che i progettisti ne hanno invece tenuto conto, e che la parte più difficile sarà la ricucitura dell'isola di Fiorentino con la città. Ma qui, paradossalmente, qualcuno accusa il medico che cuce la ferita di averla aperta!

Pietro Pagliardini ha detto...

Il Corviale città di fondazione, dice Stefano! Sei stato generoso, direi, a chiamarla città perché non ha nessuna caratteristica della città, se non il fatto che tiene insieme migliaia di persone. Forse lo si potrebbe chiamare "condominio di fondazione".
Hai ragione però, la domanda sui trasporti mi sembra molto "specioso", intanto per il fatto che gli abitanti ci sono già, anche se il progetto ne prevederà un aumento, e poi perché, come tu hai detto, è l'insediamento che esiste già e il progetto non fa altro che migliorarne la qualità.
Questa mania tutta architettonica, nel senso della cultura degli architetti, di perfezionismo, da "valutazione integrata" o strategica, e che guarda tutte le condizioni al contorno, e gli effetti indotti ecc. ma non entra nel cuore del problema, confesso che mi fa perdere le staffe.
Perchè non chiedere un'analisi acustica? Chissà se le grida dei bambini per le strade sono più alte di quelle dei litigi nei ballatoi!
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

è indubbio che il problema della ricucitura di Corviale con il resto di Roma debba essere risolto, come ho già detto anche in una risposta a Robert, non sono stati pubblicati gli studi sulla mobilità, e soprattutto sul miglioramento del sistema di trasporto pubblico perché non necessari in questa fase, ciò non vuol dire che, almeno per quanto mi riguarda, non siano stati tenuti in considerazione.
Tuttavia, se è vero che il dibattito sui collegamenti mi sembra un tentativo estremo di trovare un cavillo cui attaccarsi, dall'altro mi fa pensare anche ad una cosa cinicamente spassosa: data la gravità delle problematiche socio-economiche di Corviale questo problema mi ricorda la frase detta dall'avvocato mafioso di Johnny Stecchino al buon Benigni invitato a Palermo perché sosia del pentito di Mafia da far eliminare ... "a Paliemmo c'abbiamo un pobblema ... il tchafficoo!"
Santa Cleopatra!!!

Linea del dubbio... ha detto...

Caro Ettore,

non è un cavillo estremo, è solamente la motivazione al mio: “volete rifarvi il Corviale? Pagatevelo” che ti ho scritto qualche settimana fa. Ripeto... penso che il problema del Corviale sia secondario rispetto ad altri e mi pare ideologico, populista e demagogo occuparsene... tralasciando cose più importanti, prime fra tutte la mobilità, soprattutto quando si raddoppia la cubatura. Comunque, Ettore, si può sempre fare una premessa al progetto in cui si dice che il raddoppio del Corviale dovrà avvenire una volta data risposta intelligente al sistema trasporti. Oppure, invece di fare premesse “tecniche” se ne possono fare (come hai fatto) sugli architetti non-nichilisti... nessun problema... però poi non venite a far i piagnoni quando vi si accusa di esser, appunto, ideologici, populisti e demagoghi.
Oltretutto non mi si venga a dire che è “facile” risolvere il problema, non lo è affatto. Qui non si tratta di un paio di fermate di autobus, e men che meno di banale ricucitura... si tratta di innervare l'intera Roma con viabilità lente e sistemi di trasporto pubblico. Non vorrai mica dirmi che tutti gli abitanti del tuo Corviale lavoreranno all'interno dell'idilliaco borgo? Vuoi metterci una norma vincolante? O vuoi dar loro possibilità di muoversi verso il posto di lavoro (ovunque esso sia) con facilità e senza impiegare 4-5 ore della propria giornata? Lo spostamento verso il luogo di lavoro, come tu ben sai Ettore, è la principale fonte di intasamento, ben di più del far spesa e del portar i figli a scuola.
Per cortesia evita le battute sceme del paragonar il Corviale alla mafia... e il traffico ad una cosa secondaria... mi fanno venire il dubbio sulla tua cultura progettuale a livello urbano (o per meglio dire, me lo fanno crescere dato che già le forme e le estreme debolezze compositive del tuo progetto han contribuito ha generarlo).

Le banlieu francesi generate dal "funzionalismo di stato" non sono nemmeno lontanamente paragonabili con i nostri errori. Noi abbiamo si è no 4-5 esempio di macrostruture. Vedere solo quelle vuol dire notare la ciglia e non la trave dell'altro occhio.

Ah, tanto per esser precisi... così... che magari non s'è capito... io non sono per mantenere il Corviale e nemmeno fingere che non vi sia mai stato. Grazie a dio non appartengo alle culture NECROFILE che museizzano centri storici oppure difendono a spada tratta errori della modernità. Alla fine sono le due facce della stessa medaglia.

Robert

PS: ma cosa ci sta di così importante in quella aiuola spartitraffico a nord per farci andare a sbattere il principale asse dell'intero borgo?

Anonimo ha detto...

Robert,
non credo si possa chiedere ad Ettore di prevedere nel suo progetto "l'innervarvamento dell'intera Roma con viabilità lente e sistemi di trasporto pubblico". Va bene che hai un'enorme fiducia in lui, ma così mi sembra un po' esagerato...

Lorenzo

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, così, tanto per chiarire, io ho capito benissimo: tu non sei per mantenere il Corviale ma non vuoi fingere che non ci sia. Risultato: vuoi mantenere il Corviale. E' del tutto evidente e chiaro. Ma non è meglio dichiararlo chiaramente, come fanno molti?
Lo so che non è facile difendere quell'edificio, se uno ha, tanto, tanto, un minimo di ragionevolezza, ma, insomma, uno può anche dire: non è ragionevole ma "sento" che ha qualcosa che va bene.
Renato Nicolini, ad esempio, pur di mantenere il punto, ha proposto di metterci un po' di alloggi studenteschi e di "delocalizzare" (come una fabbrica, prego notare) una parte dei residenti. Forse immagina che così tanta gioventù metta allegria agli inquilini del Corviale!
Leggi bene questa frase:
"Per questo insisto sull’importanza di modificare la composizione sociale degli abitanti di Corviale con una robusta iniezione studentesca". E' sempre di Nicolini: non ti ricorda proprio niente? Non ti sa ancora di MM, sai di quella roba che tu dici a Venezia aver superato ormai da anni? Si vede che andava troppo veloce e deve avere passato anche Roma senza fermarsi!
Anche lui, però, non si è posto il problema dei trasporti. In compenso vuole migliorare la segnaletica, non ho capito se per le strade o per trovare i portoni di casa.
Io metterei la segnaletica anche allo Zen o alle vele di Scampia o a San Polo a Brescia!
Caspita, come non averci pensato prima! Qualche cartello ed è salva la storia dell'architettura moderna!
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Robert,
per l'ennesima volta, da quando partecipo a questo blog, mi dai conferma che quando non hai più argomenti, il che ti capita spesso, passi alle offese personali prive di struttura.
Perchè non ti metti in gioco, come ho fatto io, e ci fai vedere cosa sei in grado di produrre?
Secondo te questa è una frase seria? "mi fanno venire il dubbio sulla tua cultura progettuale a livello urbano (o per meglio dire, me lo fanno crescere dato che già le forme e le estreme debolezze compositive del tuo progetto han contribuito ha generarlo)" (tralascio gli errori grammaticali) Non hai idea nemmeno di quello che dici, per me sei come la volpe con l'uva, o meglio, come ti ho già detto in passato in occasione dei tuoi commenti offensivi e gratuiti, sei l'espressione di ciò che lamentava Viollet-Le-Duc. «amiamo vendicarci delle conoscenze che ci mancano con il disprezzo ... ma sdegnare non significa provare!»
Per quanto concerne questa tua frase “volete rifarvi il Corviale? Pagatevelo”, leggiti i testi finora scritti, scoprirai che non v'è pericolo di sperpero di denaro pubblico, eventualmente ci sarebbe la possibilità per lo Stato di iniziare (o meglio ricominciare) a guadagnarci da determinate operazioni piuttosto che andarci sempre a perdere. Tra l'altro non c'è raddoppio, ma un aumento del 50% della volumetria, edifici pubblici inclusi. Il tuo problema è che sei così prevenuto e carico d'astio, che leggi solo quello che il tuo cervello ti suggerisce. Apri gli occhi e ragiona prima di digitare sulla tastiera.
Ti prego di fornirci la tua soluzione ai problemi di Corviale, non avrei problemi ad accettarla se mi dimostri che è meglio di quella che ho suggerito io, per me il problema non è quello di vincere una competizione, bensì di fare il giusto per quella gente.
Ti faccio inoltre notare che fino a due giorni fa avevi dimostrato di non sapere nemmeno dove fosse Corviale e come fosse servito, oggi però spari sentenze su mobilità e traffico per un luogo che non conosci. Perché non visiti i luoghi e ti documenti attentamente, come ho fatto io, prima di fare il saccente su ciò che non conosci, però accusi noi di "populismo e demagogia".
Per concludere, quando dici a Pietro "ultimamente da quassù (pedemontana vicentina) le polemiche, assai spesso gratuite, in ambito architettonico e urbanistico, che mi giungono dal centro Italia e in particolar modo dalla capitale, vi fa sembrare ai miei occhi un branco di architetti polemici, lagnosi e brontoloni :-))))). Ti consiglio di tenerne conto... vi sto osservando, appunto, da fuori", mi chiedo, ma fossi pure uno di quei leghisti razzisti contro "Roma ledrona" che poi poi fanno prendere il diploma di maturità ai figli ignoranti e gli danno pure un posto con un megastipendio pagato dal resto degli italiani?

Salvatore D'Agostino ha detto...

De architettonici,
perdonate la lunghezza, ma non è semplice semplificare con le parole delle linee guide urbane.
Word stima questo testo costituito da 20.250 caratteri (spazi inclusi) quindi sarà diviso in cinque/sei parti.

Prima parte:

---> Ettore,

grazie per le tue risposte, mi hai dato la possibilità di capire il tuo progetto, adesso vorrei riflettere sui limiti ‘concettuali’ dell’operazione ‘BORGO CORVIALE’.
Perdona tra le righe puoi trovare la mia ricerca sui temi della città e l’architettura che ho chiamato A-B USO. Niente di ideologicamente autorevole, il mio resta un approccio laico e disincantato.
Credo, parafrasando Umberto Eco, che: «fare la teoria dell’urbanistica è come fare la teoria di giovedì prossimo».
Per siffatto motivo queste note, in brainstorming, parlano di città e non di scienza ‘urbanistica’.
Molte di queste idee amano stare in compagnia con tanti padri con cui rifletto e ho riflettuto, per rispetto di questo blog li citerò con parsimonia (non vorrei irritare ‘i dearchitettonici’ amanti del ‘pensiero semplice’ – Vattimo e compagnia avevano torto nel teorizzare il ‘pensiero debole’-)
Infine non credo nelle ‘genuinità’ delle urla architettoniche tra VIP, ACCADEMICI, ACCADEMIA DA POLTRONA, VIP PRESUNTI, ASPIRANTI VIP e soprattutto non credo nell’uso politico della parola ‘gente’.

SUL PERCHÉ IL GENIUS LOCI NON È UNA REGOLA ARCHITETTONICA

(Perché sottovaluti sempre chi ti parla, certo che ho studiato Norberg- Schulz!).

«L’uomo abita quando riesce ad orientarsi in un ambiente e ad identificarsi con esso, o più semplicemente, quando esperisce il significato di un ambiente. Abitazione quindi vuol dire qualcosa di più di un “rifugio”: essa implica che gli spazi dove la vita si svolge siano luoghi nel vero senso della parola. Un luogo è uno spazio dotato di un carattere distintivo. Fin all’antichità il genius loci, lo spirito del luogo, è stato considerato come quella realtà concreta che l’uomo affronta nella vita quotidiana. Far dell’architettura significa visualizzare il genius loci: il compito dell’architetto è quello di creare luoghi significativi per aiutare l’uomo ad abitare». (C. Norberg- Schulz, Genius loci, p. 6)

Il genius loci non è un ‘protocollo operativo’ ma un ‘attrezzo concettuale’ per leggere il luogo prima di realizzare un’architettura.
Attraverso la matrice Heideggeriana, Norberg- Schulz mette in relazione il luogo con il senso dell’abitare.
Per Norberg- Schulz il luogo (senso dell’abitare) è sostantivo poiché designato da cose esistenti e lo spazio è aggettivo perché designato dai sistemi di relazioni
Norberg- Schulz invita gli architetti a elaborare il progetto riflettendo sulle guide del senso del luogo + senso dell’abitare.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Seconda parte:

QUAL È IL GENIUS LOCI DEL CORVIALE?

Prima di rispondere a questa domanda occorre comprendere ‘il senso del luogo+abitare’ dell’Italia di oggi.
Riprendo i tre casi proposti in precedenza, riflettendo sul genius loci (non retroattivo):
- i palazzoni del sacco di Palermo (a confronto il Corviale è un’opera di architettura);
- gatecomunity Milano 2 e 3 (un luogo chiuso popolato da gente con la stessa sensibilità abitativa - dove non esiste il mix sociale-);
- il quartiere ‘Caltagirone’ ovvero il popolo dei mutui ‘trentennali’ contratti attraverso il sogno espresso da una politica di relazioni economiche vendute attraverso rendering, modellini e disegni (molto simili ‘concettualmente’ ai tre piani proposti in questo post), un brano di città, un borgo autonomo identitario, un sogno, che ahimè -come per il Corviale aspetta di diventare città (attraverso i servizi e le tante altre promesse politico-gestionali).
Ci troviamo di fronte a brani di città non utopici ma concreti, che danno ‘senso e abitano’ un luogo.
Sono brani di città che hanno un forte ‘genius loci’. Dove non vi è una presunta ‘omologazione’ poiché ognuno dei luoghi citati ha un forte carattere distintivo architettonico/abitativo.
Leggere attraverso l’attrezzo concettuale ‘GENIUS LOCI’ ci porterebbe a un dialogo, rispettando la continuità ‘stilistica’ abitativa di questi brani di città (hard-consolidati).

IL GENIUS LOCI RETROATTIVO E LA TABULA RASA

Di fronte ai casi citati che fare?
Voi nel caso del ‘Corviale’, da tradizionalisti, avete pensato al ‘genius loci retroattivo’ per giustificare la ‘tabula rasa’.
Da architetti ‘ideologici’ fate la cosa più semplice e mediaticamente efficace, non affrontate la complessità (troppo complicata come dire a mister B. che la sua città è uno squallido copia incolla in chiave speculativa di un senso urbano non italiano?), abilmente, prendete il simbolo di un’urbanistica altrettanto ‘ideologica’ per demolirla e sostituirla.
Senza soluzione di continuità ci troviamo di fronte al paradosso dell’urbanista DIO solutore di tutti i mali.
Si vuole sostituire il nichilismo nietzscheano corbuseriano (per riprendere gli autistici concetti di questo blog) con l’heideggeriano esistenzialismo tradizionale (ancora non ho capito quale tradizione: medievale, rinascimentale, barocca, agrituristica e via dicendo).
Il male di queste due visioni ‘urbanistiche’ sta nella stessa concezione ‘eugenetica’ della città.

IL GENIUS LOCI E IL CASO ‘MATERA’

Riprendo una storia molto conosciuta.
Nel primo dopoguerra (1948) la politica italiana (bipartisan) sollevò ‘la questione sassi di Matera’.
La classe politica dell’epoca si domandò: com’era possibile che una nazione proiettata verso la modernità avesse tra i suoi cittadini un ‘genius loci’ di cavernicoli?
Il risultato fu, che nell’arco di 20/30 anni i quindicimila cavernicoli di Matera furono muniti di quartieri residenziali ‘idonei’, moderni, civili.
Con quest’operazione fu cancellato il ‘genius loci’ di Matera.
Molti anziani privati del loro ‘genius loci’ cavernicolo non riuscirono a ritrovare il proprio equilibrio nelle ampie e comode case.
La vecchia Matera perse la sua ‘utllitas’, in altre parole perse il senso dell’abitare.
L’esodo generò un ‘vuoto’.
Un vuoto che ebbe la fortuna di essere osservato da intellettuali, cineasti e artisti.
Grazie a loro, attraverso un processo lento, l’utilitas trovò una nuova collocazione, in parco per turisti certificato dall'UNESCO come ‘Patrimonio mondiale dell'umanità’.
Bene, prendiamo nota di questa storia che chiameremo il ‘GENIUS LOCI DELLE BUONE INTENZIONI POLITICHE’ ci servirà più avanti.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Terza parte:

IL MALE DELL’EUGENETICA URBANISTICA
Adesso v’invito a lasciare a casa le vostre ‘sensibilità’ costruttive e di camminare per le città italiane.
Avendo chiaro il concetto di scala: ogni città ha la sua dimensione e soprattutto la sua demografia (dando per scontato la geografia).
A grandi linee: più è grande (o abitata) una città, più troviamo un mix architettonico e sociale, viceversa con le varie eccezioni, nelle piccole città troviamo meno mix architettonico e sociale.
In questo caso, essendo il Corviale ubicato nella più grande città italiana, v’invito a viaggiare attraverso le città grandi.
Ho scelto per voi tre piazze:
- Piazza Duomo a Milano;
- Piazza del Plebiscito a Napoli;
- Piazza indipendenza a Palermo.

Per favore non prendete appunti ‘architettonici’ (questo è brutto perché è fuori posto o esteticamente non collima con la filologia e via dicendo) ma assorbite il senso della città.
Dopo questo pedestre viaggio, appendiamo che nessuna delle piazze è stata progettata in stile (non troviamo nessuna progettazione nostalgica).
Le piazze italiane conservano la radice profonda dell’occidente: la stratificazione culturale.
Ogni generazione ha generato ‘materia culturale’ lasciando la propria impronta.
Parafrasando Rebecca Solnit, la città europea ti dà la possibilità di: «poter passeggiare tra sconosciuti».
Possiamo trovare questo sapore della città occidentale/italiana osservando la tavola di Urbino ‘La città ideale’ di Leon Battista Albertii, l’ architettura che si affaccia nella piazza (un vuoto più tholos) è diversa in altezza, in stile e nella continuità dei porticati.
La storia della città (e non i centri storici) si legge attraverso gli edifici.
La città italiana non si è mai guardata indietro, allegramente se né fregata, poiché sa come stratificare, nella trama cittadina la storia (nel bene e nel male) che sta vivendo.

SALVAGUARDIA DEL NON CENTRO STORICO

Parafrasando il manifesto per la ‘Salvaguardia dei centri storici’ (promosso da un artista ‘astrattista’ -Dio mio! L’astrattismo nichilista- Pietro Consagra) chiamata anche ‘Carta di Matera’ (nata dalle vicende accennate in precedenza), credo che sia arrivato il momento del manifesto ‘SALVAGUARDIA DEL NON CENTRO STORICO’.
Questo manifesto mi serve per palare della vera tragedia dell’urbanistica dello zoning italiana.
Con l’avvento dello zoning (una legge emergenza -ahimè dal dopoguerra a oggi le leggi ‘urbanistiche’ italiane hanno sempre avuto un sottofondo emergenziale) gli architetti ancora combattuti dal dualismo in seno al fascismo strapaese/stracittà si spartirono tacitamente le competenze agli amanti:
- dello strapaese, ovvero il gruppo ALT, si presero la lettera A;
- della stracittà, spesso puri e sempliciotti speculatori, tutto il resto.
ALT è l’acrostico di ‘Amiamo La Tradizione’, aggiungerei senza se e senza ma (per usare una frase semplice e politicamente efficace).
Federico Zeri codificò la scuola del gruppo ALT con lo ‘Stile sovraintendenza’.
Per chi gioca a scacchi il gruppo ALT si arroccò agendo, appunto, in stile sovraintendenza sull’area A (chiamata con vigore centro storico) teorizzando per la prima volta in Italia (con foga) la filologia.
Le aree delle altre letterine furono spesso lasciate agli speculatori politici-gli architetti ideologici-scaltri imprenditori (che, sovente, abitarono o abitano nei centri storici per non smarrire lo stile alto borghese), con delle straordinarie eccezioni.
È importante ricordare che le aree oltre la lettera A furono chiamate ‘periferia’.
La periferia diventa un concetto ombrello a uso e consumo dei semplificatori mediatici e soprattutto politici.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Quarta parte:

Un tam tam che ha mutato il senso della parola ‘periferia’ in sinonimo di ‘non città’.
Per la prima volta nella storia italiana gli abitanti di una città furono deprivati della loro ‘identità sociale’.
Occorre anche questa volta ricordare che nelle nostre città-stato, l’abitante s’identificava più con il proprio quartiere (la città italiana non è la città del centro storico ma dei quartieri) di riferimento che non con l’intera città.
Non a caso ogni anno le diverse ‘identità dei quartieri’ si sfidavano (vedi i numerosi palii) per rivendicare la supremazia del proprio quartiere.
La ‘mediatica’ periferia/non città ha distrutto l’agone architettonico dei quartieri.
Oggi occorre riprendere questi concetti con un nuovo approccio: SALVAGUARDIA DEL NON CENTRO STORICO.

AGONE ARCHITETTONICO

La bellezza della gente italiana (se inteso in senso parossistico: tristezza) è l’individualismo.
Le nostre città sono belle perché nei secoli ogni cittadino di potere (difficilmente abbiamo conservato le architetture del popolo), sia laico sia religioso, voleva lasciare la firma.
La sana invidia ha prodotto dei veri e propri capolavori architettonici, poiché progettati da architetti o artisti di talento (che non sopportavano la storicizzazione).
Se osservate bene le nostre città c’insegnano che non possiamo fare a meno dell’agone architettonico.


CHE FARE CON IL CORVIALE?
Premesso:
- sia vero che gli ottomila abitanti vogliono traslocare.
Sul loro blog ho trovato scritto: «Gli inquilini di Corviale amano il mostro. Anche se non lo capiscono ne sono affascinati. Hanno quasi un senso di fierezza ad abitare in un palazzo così conosciuto, discusso e fatto oggetto di attenzione continua da parte dei media»;
- che l’azione ‘reazionaria’ sia sincera e non politica;
- che occorre fare un progetto.
Ho approntato alcune linee guida di un possibile intervento sul quartiere (o al massimo borgata) Corviale.
Eccole:

I LIMITI DELLA CITTÀ
Il ‘radicale’ Corviale si affaccia a Est su tre quartieri ‘Trullo-Corviale-Magliana’ attualmente, ancora sfrangiati pronti a espandersi senza fine verso il mare.
La città deve inventarsi un confine, non un muro, ma una linea architettonica visibile.
Dove non ci sono limiti ‘naturali’ occorre creare qualcosa di nuovo: una green line, una pista ciclabile, delle stele, delle vedute, una piazza lineare, dei punti visivi artistici e via dicendo.
Non solo confini, ma anche porte, ritorno al ‘Pietro Consagra’ della carta di Matera e alla sua porta per Gibellina nuova. Sarebbe bello che ogni segnale di ‘Benvenuto a…’ fosse evidenziato da una porta scultorea (pratica urbana rimossa).

INIZIO SALVAGUARDIA DEL NON CENTRO STORICO

Definiti i limiti, gli ottomila abitanti, presunti insofferenti del Corviale, possono essere spalmati con interventi puntuali (edilizia sociale) nei tre quartieri, creando in questo modo il fondamentale mix abitativo e utilizzando i servizi già esistenti (potenziandoli dove necessita).
Iniziando in questo modo il processo di ‘SALVAGUARDIA DEL NON CENTRO STORICO’ per i quartieri Trullo-Corviale-Magliana, con il ritorno alla città compatta e alla città di quartieri.
Creando in quei quartieri nuove piazze, connessioni pedonali-stradali, eliminando muri/recinzioni (soprattutto nella chiesa), piccoli giardini o orti urbani.
In modo tale da far diventare questi quartieri parte della città dei quartieri ‘Roma’.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Quinta parte:

LA CITTÀ DEMOGRAFICA

Non possiamo più trascurare l’aspetto fondamentale della città, la sua demografia.
Occorre ripensare ogni due/tre anni le strategie della città secondo i parametri demografici.
Non tutte le città crescono, molte, anzi moltissime si ‘contraggono’ altre sono soggette alla densificazione di gruppi omogenei di migranti.
Il confine della città che abbiamo costruito mediato dai sensori demografici, ci aiuteranno a capire:
- come riutilizzare (anche abbandonare, non sempre serve una nuova utilitas, anche la rovina ha un senso architettonico) le città che si contraggono;
- come e dove costruire le nuove abitazioni per le città che si espandono;
- come evitare i ghetti di gruppi omogenei (se migranti futuri cittadini italiani);
- ci forniscono i parametri per la costruzione di nuovi centri di culto, scuole, centri sportivi, centri commerciali, industria agricola, industrie, artigianato (nel senso di piccole e medie industrie) e altro ancora.

P.S.: Mi piacerebbe conoscere la demografia del Corviale e il mix culturale.

CONTRO IL CONCETTO DELL’ARREDO URBANO: DEGLI UFFICI TECNICI O DELLA SOVRAINTENDENZA

Una delle disgrazie italiane è il concetto dell’arredo urbano ‘da catalogo’: degli uffici tecnici o della sovraintendenza.
Gli uffici tecnici devono fare il proprio ‘lavoro’: controllare il territorio e denunciare gli abusi.
Non è possibile non vedere 2.000.000 d’immobili (da Nord a Sud) abusivi, chiamati ‘fantasmi’ (dalla retorica politica per edulcorare il senso negativo e approntare il nuovo ‘condono edilizio’).
Ci deve essere qualcuno addetto al controllo.
Quindi, dimenticarsi il concetto dell’arredo urbano e istituire il concetto di progettazione urbana.

SITE SPECIFIC NO GENIUS LOCI

La progettazione non deve essere da ‘genius loci’ (peggio se è retroattiva) ma da ‘site specific’ (mi rendo conto sto esagerando con i temi dell’arte non filologica, facilmente decodificabile, non cervellotica).

Chi deve progettare?

Qui la questione è delicata.
In Italia ci sono 400mila potenziali progettisti tra:
- geometri;
- ingegneri;
- architetti;
- geometri ingegneri/architetti.

A chi affidare la progettazione?

Io non ho dubbi: all’architetto (con buona pace dei reazionari da manuale dell’architettura tradizionalista) coadiuvato dalla figura dell’ingegnere e dall’artista.
Riprendendo le suggestioni olandesi.
L’Olanda e l’olandese riconosce nella figura dell’architetto il referente necessario per la progettazione degli edifici.
In Italia dopo cinquant’anni di posticcia modernità speculativa, la figura dell’architetto è stata rimossa.
Ecco un link ‘olandese’ dove è possibile trovare 100 case a schiera ideati da 100 architetti diversi ---> http://www.lablog.org.uk/wp-content/060613-borneo.pdf

NON SOLO STATUE DI PADRE PIO

Ritornare con competenza (non con il bondismo) all’arte urbana.
Le città italiane amano essere contaminate dall’arte.
Istituire un corso di arte ‘intensivo’ per la categoria dei ‘geometri ingegneri/architetti’.
Corso per 390mila su 400mila (voglio essere ottimista) per evitare confusioni pericolose, ad esempio:
- non sapere la differenza tra la scultura greca e quella romana;
- non saper distinguere l’arte concettuale con l’arte povera;
- non distinguere un sito eolico da un’installazione dei Christo.
E soprattutto capire l’abisso ‘concettuale’ che separa l’estetica urbana di Marco Romano con la città neo-tradizionalista di Leon Krier.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Sesta parte:

POLITICA URBANA ‘CONTRATTUALE’ APERTA

Il concetto ‘aperta’ prende spunto dalle teorie di Umberto Eco espresse in ‘Opera aperta’.
La vita della città è basata sulle relazioni economiche, sociali e religiose.
La città italiana ha sempre permesso questo dialogo.
Occorre smetterla con questo senso primitivo del governo ‘ideologico/autoritario’ della città e cominciare - sulla base di un canovaccio - a mediare con tutti gli attori sociali, il presente ‘architettonico’, vedi gli esempi di Genova (Renzo Piano) e Bologna (studio Tasca).
La città identitaria, architettonicamente filologica, monorazziale è un’aberrazione culturale ‘antitaliana’ di una certa classe politica.
La città italiana ha sempre amato/odiato (agone) la diversità architettonica/culturale/razziale.

VUOTO CORVIALE

Ricordate il caso Matera e il ‘GENIUS LOCI DELLE BUONE INTENZIONI POLITICHE’?
Una volta completato l’esodo degli ex-corvialiani in abitazioni sociali (qui sono molto combattuto tra il mutuo sociale di destra e l’abitazione sociale di sinistra) e resi ‘quartieri’ le borgate limitrofe.
Ci troviamo di fronte a un grande vuoto, magari abitato da qualche ‘radicale’ irriducibile (scusate questa nota personale: che straordinaria ricchezza sono i non allineati, i fuori norma ovvero quelli che l’eugenetica ‘politica’ considera diversi).
A questo punto, avete già capito!
Poiché sapete che il ‘vuoto’ è dominio di quelle anime inquiete degli artisti cui una certa politica vuole ‘chiudere i rubinetti’.
Come dicevo, completato l’esodo il vuoto Corviale è pronto per diventare un giardino dell’arte.

IL GIARDINO – CORVIALE - DELLA RESISTENZA

Che cos’è il giardino della resistenza?

È l’idea più matura di Gilles Clément, che da anni studia ‘ i vuoti’ urbani: residuali (aree abbandonate) o riserve (aree non sfruttate).
Trasformandoli in giardini in movimento (dove il giardiniere principale è l’architetto natura).
Clément insegna di: «Istruire lo spirito del non fare così come si istruisce lo spirito del fare».
Nel vuoto Corviale troviamo sia i residui sia le riserve, perfetto per la creazione di un giardino di resistenza.
Un giardino per le tre borgate limitrofe.

Come?

Attraverso un processo lento non previsto (vedi esempio Sassi dei Matera) il vuoto Corviale secondo l’idea di Gilles Clémnet (per gli Xenofobici possiamo mediare con Antonio Perazzi) si trasformerà in giardino, senza la preoccupazione di demolire l’edificio radicale.
Ecco due possibili varianti:
1- TUTTO GIARDINO: con la lenta trasformazione in rudere dell’edificio attraverso l’opera dell’abbandono e l’azione della natura;
2- GIARDINO + ARTE: temo che le parti dell’edificio possano sortire lo stesso effetto dei Sassi di Matera. Ovvero appetibili per gli artisti ‘OFF’ non da MAXXI o MACRO e via dicendo.
All’interno dell’edificio (non tutto forse, alcune parti saranno abbandonate alla trasformazione creativa della natura) si autocostruiranno atelier, sale concerti, cinema, spazi per mostre, installazioni permanenti, palestre, centri di culto e perché no! Un centro commerciale di nuova concezione (meno retorico degli ECO e dei BIO).
Le macerie delle parti demolite del Corviale saranno lasciate in loco dove la natura provvederà a trasformarli in giardino.

BENVENUTI AI CONFINI DELLA CITTÀ DI ROMA

In sintesi:
‘Salvaguardia del non centro storico’per rendere quartieri: Trullo-Corviale-Magliana.
Trasformazione del colle Corviale in un giardino della resistenza e dell’arte.

Buona giornata,
Salvatore D’Agostino

Pietro Pagliardini ha detto...

Salvatore, ho pubblicato i commenti senza leggerli, per ovvi motivi di tempo.
Una volta tanto anche tu, mi pare di capire, sei entrato nel merito e ad abundantiam.
Dunque sei entrato a far parte della categoria dei De architettonici, come usi dire dispregiativamente te, e recuperando pure il pregresso.
Saprai mai perdonarti di questo?
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Salvatore,
dope esser stato costretto a leggere i tuoi commenti, penso di aver sufficientemente espiato le mie pene per aver mostrato un modo per cambiare Corviale .. la sintesi ti è difficile!
Mi limito a farti notare che hai le idee molto confuse tra "tradizione" e "stili", conseguentemente continui ad arrampicarti sugli specchi, sommergendoci di parole che, alla fine, servono a farti approdare ad un risultato paradossale.
Visto che me (ce) lo chiedi, ti dico che, quando si parla di "tradizione" non si parla di stile medievale, o rinascimentale, ecc. ma si parla di una logica continuità nell'uso di tecniche, materiali, forme, colori, tipi e quant'altro s'è tramandato, in determinato luogo, per secoli in relazione a quelle che sono le peculiarità di quel luogo, il che significa anche non stravolgere il "genius loci".
Citi, copiando, questo brano di Norberg-Schultz "Far dell’architettura significa visualizzare il genius loci: il compito dell’architetto è quello di creare luoghi significativi per aiutare l’uomo ad abitare", ma poi dimostri di non averlo capito, mettendoti a darci le tue interpretazioni del concetto.
Citi Matera, ma non citi il fatto che da 15 anni i materani stanno tornando ai sassi perchè non gli piace l'alternativa che gli è stata data. Citi Consagra e la sua porta di Gibellina Nuova (ti sei guardato bene dal citare i suoi due edifici/cetacei inutilizzabili) come un esempio .. ma hai mai provato, come ho fatto io nell'89 a visitare quella città e parlare con gli abitanti per pensare che cosa pensano di quel luogo?
Citi i quartieri che circondano Corviale, tra l'altro commettendo degli errori ed omissioni, senza nemmeno conoscerli, e senza sapere degli immani problemi che anche quelli hanno, e senza renderti conto che quella che suggerisci si configura come una deportazione degli abitanti di Corviale, che ormai vivono una comunità, allontanandoli dai vicini con cui ormai convivono/sopravvivono.
I suggerimenti finali sono il vero paradosso, tipico della mentalità del modernista-demiurgo stile Nicolini, sicchè immagini di lasciare vuoto il Corviale per farlo ripopolare parzialmente dagli artisti (dimenticando la piaga delle occupazioni abusive per necessità), addirittura parlando, in termini positivi, di una "la lenta trasformazione in rudere dell’edificio attraverso l’opera dell’abbandono e l’azione della natura".
Va bhe, se volevi renderci la giornata più allegra sei riuscito nel tuo intento. Grazie!

Salvatore D'Agostino ha detto...

Prima parte

--->Ettore,

:-) emoticon con sorriso divertito.

Non avevo dubbi sulla risposta ‘screditante’.

:-) emoticon con sorriso neutro.

NOTE

- Mi spieghi come si cita senza riportare un testo? Che cosa intendi per ‘citi, copiando’’?
- Matera: Sono stato a Matera e mi devi credere i sassi sono abitati dai turisti o da qualche artista.
- Pietro Consagra: non distrarti, parlavo di porte urbane.
- Gibellina: secondo te, io da siciliano non ho mai visitato Gibellina?

:-) emoticon con sorriso contrito.

ANCORA SUL GENIUS LOCI
Confusione "tradizione" e "stili"?
Tu dici: «tradizione" non si parla di stile medievale, o rinascimentale, ecc. ma si parla di una logica continuità nell'uso di tecniche, materiali, forme, colori, tipi e quant'altro s'è tramandato, in determinato luogo, per secoli in relazione a quelle che sono le peculiarità di quel luogo, il che significa anche non stravolgere il "genius loci"».
Perfetto!
Adesso mi puoi spiegare qual è il genius loci ‘attuale’ non ‘retroattivo’ di questi luoghi:
Corviale;
Milano 2 o 3;
sacco di Palermo;
quartiere Caltagirone?
Quali sono le “tecniche, materiali, forme, colori, tipi e quant'altro s'è tramandato” in questi determinati luoghi?

:-) emoticon con sorriso serio.

PARADOSSO DI LEON KRIER
Una frase che non capisco: tipico della mentalità del modernista-demiurgo stile Nicolini (ma non fa il politico?).
Mi dispiace, i tuoi progetti tradizionali per essere realizzati hanno la necessità di fare ‘tabula rasa’.
Possiamo chiamare questa necessità: paradosso di Leon Krier.

Che cos’è il paradosso di Leon Krier?

Leon Krier non accetta che la sua ‘Novoli’ possa essere dissimile dal suo progetto, non accetta di fare una conferenza in una sala non tradizionalista, non vuole vedere gli edifici modernisti nei dintorni del suo quartierino neo-tradizionalista.
Il paradosso di Leon Krier consiste nel creare il ‘genius loci’ e non progettare dal ‘genius loci’.
Il paradosso di Leon Krier è uguale al paradosso del ‘fuck the contest’.
Le due concezioni partono dallo stesso presupposto che l’architettura ‘tout court’ possa educare la gente.

:-) emoticon con risata onesta

Salvatore D'Agostino ha detto...

Seconda parte

CORVIALE

La mia narrazione del Corviale era una provocazione verosimile, poiché basata sulle vostre premesse che io reputo sbagliate.
Ricordi:
Premesso:
- sia vero che gli ottomila abitanti vogliono traslocare;
- che l’azione ‘reazionaria’ sia sincera e non politica;
- che occorre fare un progetto.

Una provocazione basata sulla necessità di ripensare le nostre città con un approccio laico e disincantato e non ideologico.
Sulla necessità di ridare senso urbano ai non centri storici.
Sulla necessità di evitare il ‘luogo comune’: periferia=non identità=non città=luoghi alienati.
Dal mio punto di vista i veri luoghi alienati italiani sono i centri storici a uso e consumo dei turisti non più abitati (come i sassi di Matera) dalla gente.
Corviale-Trullo-Magliana sono i luoghi più vivi di Roma, hanno solo bisogno di essere dimenticati dai politici e ricordati dai buoni amministratori.

Se ci permetti questa tua frase: «che suggerisci si configura come una deportazione degli abitanti di Corviale».

Mi fa fare una
:-) emoticon con risata crassa

Non ti preoccupare non son un pazzo. Ripeto la mia era, una narrazione surreale basata sulle tue errate premesse.
Il mio senso di città parte all’interno delle vive complessità.
Contrariamente al tuo senso di città che ha una sola necessità, la ’tabula rasa’ ovvero ciò che ho chiamato l’EUGENETICA URBANISTICA.

:-) emoticon con risata libera da schemi

La tua idea è socialmente/architettonicamente debole ma simbolicamente/politicamente forte.
Infatti, hai cambiato atteggiamento non dici più io ma noi: «Va bhe, se volevi renderci la giornata più allegra sei riuscito nel tuo intento ».
Posso conoscere gli ‘homo ridens’ del tuo gruppo?

:-) emoticon con risata da scherzo da prete

Come sempre, anche se non condivido, in bocca al lupo.

Saluti,
Salvatore D’Agostino

:-) emoticon con risata fatti una domanda e datti una risposta

P.S.: Per un mio errore il precedente commentone è stato inviato nella sua versione non corretta. Perdonate gli errori.

ettore maria ha detto...

Salvatore, mi chiedi:
"come si cita senza riportare un testo? Che cosa intendi per ‘citi, copiando?"
Intendo che sembra che hai copiato la citazione ma non l'hai compresa bene;
Mi dici:
"Sono stato a Matera e mi devi credere i sassi sono abitati dai turisti o da qualche artista".
Non so quanto tempo fa ci se stato, ma mi sa che ti sbagli, ho molti amici e colleghi a Matera, e so molto bene come vanno lì le cose;
Mi dici:
"Pietro Consagra: non distrarti, parlavo di porte urbane"
Lo avevo capito bene, ma il fatto stesso di menzionare Consagra risulta fuori luogo.
Dici anche:
"Gibellina: secondo te, io da siciliano non ho mai visitato Gibellina?"
E che ne so? Mi sembra quanto meno che non ti sia accorto di come stanno lì le cose, anche in merito a quella porta a forma di stella.
Poi dici:
"Adesso mi puoi spiegare qual è il genius loci ‘attuale’ non ‘retroattivo’ di questi luoghi:
Corviale; Milano 2 o 3; sacco di Palermo; quartiere Caltagirone?
Quali sono le “tecniche, materiali, forme, colori, tipi e quant'altro s'è tramandato” in questi determinati luoghi?"
Non esistono, perché sono nati dalle menti di persone che non avevano alcun interesse per il genius loci, il quale esiste ovunque, anche e soprattutto dove non si è ancora costruito, basta coglierne la presenza.
Mi fermo per non andare troppo per le lunghe e ti ringrazio per l'in bocca al lupo.
Ettore

Salvatore D'Agostino ha detto...

---> Ettore,
tralascio sulle mie presunte deficienze culturali, almeno quelle che mi attribuisci nel commento (so di essere limitato e questo mi dà grandi stimoli).
Corviale; Milano 2 o 3; sacco di Palermo; quartiere Caltagirone, ahimè, hanno un ‘genius loci’ che non vuoi leggere.
Premesso che, Corviale; Milano 2 o 3; sacco di Palermo; quartiere Caltagirone, rispetto alla posticcia edilizia diffusa, per paradosso, sono esempi di architettura decente:
Che fare con l’Italia dei ‘non centri storici’?
Tabula rasa? Occupare nuovo suolo con esempi di città ideale (edulcorando la prassi delle lottizzazioni)?
Le mie ‘idee guida’ rispondono a questa impellente esigenza.
Adesso mi fermo anch’io, poiché (per fortuna), abbiamo due diverse sensibilità urbanistiche.
Saluti,
Salvatore D’Agostino

ettore maria ha detto...

Caro Salvatore,
ti prego di spiegarmi quale sarebbe il "genius loci" di Milano 2 e 3, del sacco di Palermo, del quartiere Caltagirone ecc., a me, eccetto le saccocce di chi chi si è arricchito con quelle zozzerie non viene in mente nulla .. più che di genius loci parlerei alla napoletana di "bella m'briana", o come dalle mie parti (Barletta) di "Aguria" ovvero lo spirito della casa che se lo tratti bene ti protegge oppure si inc.... di brutto.
Per me nell'Italia dei non centri storici bisogna lavorare ricercando il carattere più prossimo a dove si interviene, poiché questo è influenzato dai fattori climatici, sociologici, economici, ecc., ma anche il visitare i luoghi e capire sul posto ciò che può suggerire delle aperture o delle chiusure, degli assi rettilinei o siunuosi in relazione alle visuali ed all'orografia, può darci il suggerimento sul come operare, quindi si tratta di non operare a tavolino, ma immersi nel luogo, possibilmente dialogando con i futuri fruitori per mettere in discussione le idee sviluppate e raggiungere un accordo.
Saluti a te ed alla tua meravigliosa Sicilia, terra me mi riempie di orgoglio ogni anno quando porto i miei studenti americani (che ne hanno una visione totalmente distorta) che quando ripartono non vorrebbero più andar via
Ettore

Linea che l'unico genius che leggo è quello ideologico. ha detto...

Ettore, bara pacis... altra frase che appena sento mi fa venir dubbi sulla cultura architettonica di chi la pronuncia... non mi metto a cercar altre strane definizioni, il mondo tradizionalista ne è pieno... Corbu come Pol Pot (letta qui dentro), cavie umane, architetto pedofilo (letta in altro sito per attaccare Adolf Loos... spero proprio sia una bufala), esimi professori di estetica che pigliano cantonate senza che nessuno si prenda la briga di verificare le loro ovvietà e li pubblicano su quotidiani nazionali. E poi l'ultima, la più importante: sei un architetto nichilista! Sì, insomma, la corrispondente del “sei un comunista!” di berlusconiana memoria. Come dire: la denigrazione è di casa. Almeno andatevelo a studiare, il nichilismo. E poi, cosa vi sia di offensivo nel dubitare della cultura di qualcuno me lo dovresti spiegare. Soprattutto quando quel dubbio nasce da una battuta che cerca di far passare, così come PolPot uguale Corbu, Corviale uguale mafia. Ma, dico, gli ultimi episodi di gang violenta, col morto ammazzato, in Italia, dove sono avvenuti? Al Corviale o nella centralissima Milano ottocentesca coi suoi bei fronti strada e le sane case “educatrici”? Spero ve ne siate accorti... voi tradizionalisti... o le ideologie vi impediscono di mettere a fuoco almeno la realtà oggettiva?

Gli architetti “brontoloni visti da fuori”, caro Ettore, è una battuta uscita da un battibecco scherzoso tra me e Pietro... tanto che lui nemmeno se l'è presa.
Comunque, un po' di verità sul fondo c'è. La sensazione in tutta questa diatriba è che si scontrino non problemi concreti ma, appunto, posizioni ideologiche. La visione che ne ho da fuori è di un carro messo davanti ai buoi. Un po' come tutte le polemiche in ambito architettonico che esalano dalla capitale. Mi chiedo: ma il Rozzol Melara, dov'è? A Trieste, ma mica diventa un caso nazionale. Il ponte di Calatrava a Venezia a qualcuno non piace? Sì, a qualcuno non piace, ma mica propone di demolirlo. Invece, nella tua città, uno che propone di demolire un edificio appena costruito e che funziona molto bene lo fate sindaco. Caro Ettore... in certi casi casi... non riesco proprio a trattenerlo il gene leghista...

Robert

Linea che secondo me... Burke... almeno un pezzo lo terrebbe in piedi. ha detto...

Pietro, penso vi siano infinite maniere per confrontarsi con un contesto che ha sedimentato anche il Corviale e lo ha fatto diventare parte del contesto. La prima che mi viene in mente è la demolizione parziale inglobando ciò che ne rimane in un più ampio progetto urbano, densificandone l'intorno e trasformandolo in moderna preesistenza, ma ve ne possono essere moltissime altre (è un problema tecnico e squisitamente formale). Le uniche che non condivido solo il “così com'è” magari rabberciato di qualche rampicante e la “tabula rasa” di Ettore. Il “com'era e dov'era” già fatico ad accettarlo del tutto nel restauro. Nel contesto urbano, tornare ad un ipotetico genius loci antecedente (che mai è esistito) mi lascia atterrito. Sai com'è, italiano sono, con le stratificazioni amo confrontarmi, le tabule rase le lascio agli avanguardismi e ai tradizionalismi, come diceva E. Burke: “Una civiltà sana è quella che mantiene intatti i rapporti col presente, col futuro e col passato. Quando il passato alimenta e sostiene il presente e il futuro, si ha una società evoluta”. Chissà perchè i tradizionalismi attuali, non se la ricordano 'sta sempliciotta frase di Burke, forse perchè selezionano le radici in basi ai propri personalissimi gusti? Sì, questo fanno, selezionano le radici: ideologia.

Per il discorso sui Modernismi e similari... che dire, io di posizioni ne incontro varie e forse l'unico problema è questa varietà, per il resto tutte risentono chi più chi meno della critica al Movimento Moderno. Quello che mi lascia perplesso è il fatto che tutto ciò che non va d'accordo con le idee dei tradizionalisti è modernismo, si ritorna al punto del signor B, tutto ciò che non va d'accordo con le sue idee è comunista. Da lì non se ne va proprio fuori.

Finisco qui, 70 commenti mi paiono davvero troppi, anche per un Corviale che è già lungo di suo.

Robert

PS_Ho seguito una conferenza in cui si mostrava: urbanistica derivante dalla Carta d'Atene; urbanistica del new urbanism; urbanistica che mixava Carta d'Atene e new urbanism, e il relatore parlava di quest'ultima come di una soluzione che ha funzionato. Come dire: la potenza del rizoma delle idee, per fortuna, riesce a travalicare le nostre piccole e locali ideologie.

Pietro Pagliardini ha detto...

Nel chiudere questa visione d'insieme della bellezza sorge naturale l'idea di paragonarla col sublime, e in questo paragone appare notevole il contrasto. Gli oggetti sublimi sono infatti vasti nelle loro dimensioni, e quelli belli al confronto sono piccoli; se la bellezza deve essere liscia e levigata, la grandiosità è ruvida e trascurata; la bellezza deve evitare la linea retta, ma deviare da essa insensibilmente; la grandiosità in molti casi ama la linea retta, e quando se ne allontana compie spesso una forte deviazione; la bellezza non deve essere oscura, la grandiosità deve essere tetra e tenebrosa; la bellezza deve essere leggera e delicata, la grandiosità solida e perfino massiccia. Il bello e il sublime sono davvero idee di natura diversa, essendo l'uno fondato sul dolore e l'altro sul piacere, e per quanto possano scostarsi in seguito dalla diretta natura delle loro cause, pure queste cause sono sempre distinte fra loro, distinzioni che non deve mai dimenticare chi si proponga di suscitare passioni”-
E. Burke.
robert, quando si adoperano le citazioni come un martello, bisogna essere pronti alle martellate.
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Caro Robert,

innanzitutto ti prego di non mettere nella mia bocca parole che non ho mai pronunciato. Alcune cose le hai trovate sul blog ma non sono mie.
Fai la citazione di Burke dicendo che non non conosciamo quella frase, ma credo di esser stato il primo a citarla in questo blog, è perfino nella prima pagina del mio vecchio sito (che non viene aggiornato da 11 anni).
Continui a metterci in mezzo la politica e a supporre una mia simpatia per mister B, senza sapere che per me è una persona viscida e falsa come una banconota da 15 euro!
Quanto alla mafia e Corviale, credo che tu non abbia proprio capito nulla di ciò che dicevo, infatti il senso della battuta era che, davanti all'evidenza di una serie di problematiche gravissime, c'è chi come te si attacca a parlare del problema degli autobus. Il tuo problema è che, essendo prevenuto, leggi le parole come ti fa comodo.
Chiudo con un pensiero sul "com'era dov'era". Abbiamo applicato all'architettura ed all'urbanistica la legge dell'automobile, sicché progettiamo edifici che sembrano della macchine. Però, mentre il design automobilistico, specie quello delle motociclette, ha da qualche anno mostrato interesse per le linee "vintage" senza mai subire accuse di "falso storico", nel settore edile questo non accade. Mentre nel restauro architettonico si preme per la "sottolineatura del nuovo rispetto al vecchio", nel settore automobilistico i maniaci delle auto d'epoca, giustamente, hanno creato ditte artigianali che ricreno i pezzi identici agli originali per "restaurare" i loro capolavori .. molti architetti ipermodernisti, tra l'altro, amano le auto d'epoca e se le fanno rimettere a posto "in stile" ... ma non pensi, caro Robert, che la gente possa essere ormai stufa di queste contraddizioni e che, come per le belle auto e moto d'epoca, anche gli edifici meritino di essere restituiti all'antico splendore? Restauro non significa solo conservazione, ma anche rimessa in pristino!
Dici bene, questo post ha ricevuto ben 70, anzi con questo 71, commenti ... vorrà pur dire qualcosa, o no?
Ettore

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