Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


3 febbraio 2010

GRATTACIELI

Ho ricevuto questo disegno di Lèon Krier. I disegni di Krier sono parte integrante, e talvolta esaustiva, del suo pensiero. Questo fa parte della lotta che lui conduce al grattacielo come arrogante espressione del rifiuto della natura della città.
E’ un disegno provocatorio e anche urticante, che rievoca un fatto che ha segnato e segnerà ancora per molto tempo la storia di questo inizio del secolo, ma è chiaramente la metafora della fragilità intrinseca di questa tipo edilizio portato oggi alle estreme conseguenze. Ci sono aerei che attaccano, ma potrebbe esserci un incendio, un terremoto, un black-out; situazioni estreme, ma niente affatto improbabili, che in un grattacielo si trasformano in tragedia.



Links:

Sul concetto di Insurance Liability vedi il post Qualche numero interessante sui grattacieli.

Il futuro delle città: l'assurdità del Modernismo - Nikos Salìngaros intervista Léon Krier

Nikos Salìngaros: Grattacieli, un'epidemia mondiale

Ettore Maria Mazzola: Attualità di Giovannoni sui grattacieli

Lucien Steil: La ricostruzione di Manhattan senza grattacieli!

Camillo Langone: L'ANTICRISTO ABITA AL 53° PIANO

De Architectura: Grattacieli sostenibili e sostenuti

De Architectura: Il grattacielo famelico

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Pietro, non è per inventare tutte le volte la ruota, ma due cose vale la pena di ricordarle. La critica al grattacielo come struttura abitativa antinaturalistica, fragile, poco sicura ecc. mi sembra non possa prescindere da una seppur frettolosissima analisi di quello che il grattacielo rappresenta nella cultura che lo ha inventato ed adottato, quella dell’America potenza mondiale, ricca, superba, tecnologicamente avanzata che persegue il profitto anche nello sfruttamento del suolo e che identifica nel grattacielo un elemento di forte significato simbolico.
Elemento caratterizzante e spettacolarizzante di ogni metropoli americana, rappresentazione concreta delle capacità tecnologiche e delle possibilità economiche di una civiltà che non ha altro da esibire (men che meno primati culturali o storici) il grattacielo fonda il suo fascino anche su significati archetipici profondi, secondo i quali il verticalismo è metafora di grande significato psichico (non mi dilungo oltre sul significato della postura eretta, meglio leggersi Gilbert Durand ,“Le strutture antropologiche dell’immaginario”).
Per farla breve, se questa deprecabile struttura architettonica viene adottata, a parte indubbie necessità pratiche come l’impossibilità di alloggiare lo stesso numero di persone che occuperanno il nuovo Ground Zero in una villettopoli diffusa per la quale non basterebbe tutta Manhattan, bisognerebbe indagarne, ed eventualmente eliminarne i motivi a mont. Per fare un paragone da casalinga di Voghera, è un po’ come protestare contro il burka, non è necessario bruciarlo in piazza, sarebbe sufficiente cambiare il modo di pensare delle donne che lo portano, quindi la loro cultura, la loro religione, la loro storia. Facile, no?

Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

E' vero, non è affatto facile. Io non ho, ad esempio, niente contro il burka (che allo stesso mi mette paura ma ne subisco il fascino e la forza che lo sostiene), se fosse una libera scelta e se non fosse che nel nostro paese è vietato viaggiare con il volto mascherato e se non fosse figlio di una cultura che ci è estranea.
Non pretendo affatto di cambiare l'Islam, ci mancherebbe altro (ammesso e non concesso che sia solo la religione la causa e non anche tradizioni antiche e diverse) cioè non posso lavorare sulla causa, ma sugli effetti mi posso imporre (io Stato, s'intende, non io singolo).
Sui grattacieli è, più o meno, la stessa cosa.
Premesso che condivido in tutto l'analisi che tu fai sull'origine e il significato dei grattacieli e che non è possibile sottrarsi al fascino perverso e ammaliante di Manhattan (come per il burka ma a noi culturalmente più omogeneo) però io credo ovviamente che non tutto il mondo sia Manhattan, e l'Italia lo è ancora di meno.
E così come auspico un'Italia senza burka, anche perché vorrei che mia figlia non fosse domani obbligata a portarlo, auspico un'Italia senza grattacieli.
Dopodiché, tanto che ci sono, mi allargo e per poterli criticare in Italia, ne critico, prima, la tipologia ovunque vengano costruiti. Ad esempio: se a Dubai vogliono costruire un grattacielo di oltre un chilometro o di oltre due, o quanto diavolo (appunto) riescono in base ai soldi del petrolio (e non mi inventino altre fregnacce) mi viene da dire: affari loro; aspetto che caschi da sé e sto a guardare.
Ma se sto al gioco e li osanno e li ammiro e uhhh quanto sono belli e moderni...beh, è più difficile poi negarli da noi.
Quasi mai le cose si cambiano partendo dalla testa, molto più spesso dalla coda.
Pensa alla fine dell'Unione Sovietica: quali le cause? Tante, ma certamente non il fatto che il popolo russo sia stato convinto della cattiveria del comunismo, perché quella la conosceva da tempo.
In effetti io non voglio che gli altri la pensino come me e non voglio cambiare la testa e/o la cultura altrui, posso però pretendere che la nostra cultura e quella dei nostri luoghi sia rispettata. Anche per legge, se necessario.
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

Certo, anch'io lo voglio, ma la stessa colonizzazione che ci ha portato (o imposto?) la coca cola, i mac donald's, hollywood e quant'altro, perché non ci dovrebbe propinare anche i grattacieli? e perché non ce li dovremmo prendere? fanno parte del pacchetto ...

Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

No Vilma! Premesso che io sono maniacale collezionista di gadgets Coca Cola e non mi sognerei mai di esiliarla, dico che una cosa sono le merci, a cui è impossibile e nemmeno giusto opporsi per legge, meglio valorizzare i nostri prodotti, quando sono migliori, gli edifici non sono merci. Questo è il punto dirimente su molte cose. L'architettura non è come l'arte, che anche non legata ai luoghi conserva la sua essenza, come ti ho detto già altre volte; l'architettura è parte integrante dei luoghi e del nostro ambiente naturale, cioè la città, produce manufatti costruiti per "l'eternità", ha un valore civile e appartiene alla collettività.
Come non si dovrebbero importare specie animali esotiche, così non si devono importare specie architettoniche estranee. Mi posso e mi devo opporre per legge, che vuol dire Norme tecniche di attuazione dei piani.
Non è una violenza maggiore di quella che rompe quotidianamente le scatole ai cittadini che vogliono una casa nuova e si sentono dire no perché costruire è peccato!
L'architettura, la città è davvero l'unica cosa che unisce i popoli della penisola, è la nostra storia, le nostre radici, il nostro essere. Se distruggi quella distruggi un popolo. Non è così per gli americani che, come hai detto te, hanno altri valori, ugualmente forti ma diversi, che li uniscono.
Rifiutare il Mac o la Coca Cola vuol dire diventare autarchici e quindi fuori dal mondo. In architettura invece un pò di autarchia vuol dire stare nel mondo e mostrarsi al mondo con quanto di meglio abbiamo da offrire come esempio di civiltà.
Ciao
Piero

ettore maria ha detto...

Caro Pietro,
vorrei ricordare anche il mio post "attualità di Giovannoni sui grattacieli", poiché quel grande studioso, purtroppo poco conosciuto, aveva preconizzato tante delle cose di cui parliamo oggi.

Un caro saluto
Ettore

Pietro Pagliardini ha detto...

Ettore, hai ragione, scusa l'omissione dovuta a sbadataggine e fretta. Provvedo subito.
Ciao
Pietro

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