Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


12 gennaio 2010

OUTLET

La settimana scorsa Aldo Cazzullo, noto giornalista del Corriere della Sera, ha dato il via, involontariamente, ad una serie di riflessioni sugli Outlet.
Mi limito a riportare, in ordine cronologico, alcuni estratti degli articoli dai giornali e una mail inviata da Giulio Rupi all’autore dell’articolo scritto sulla Cronaca di Arezzo de La Nazione.
I giornalisti sono: Aldo Cazzullo, Francesco Borgonovo, Camillo Langone.
Il prof. Attilio Brilli è ordinario di letteratura anglo-americana all'Università di Siena, autore, tra l'altro, di raffinate guide di città.




Aldo Cazzullo: Che tristezza quegli outlet, dal Corriere della sera del 5/1/2010
La coda dei milanesi all’outlet di Serravalle, dove i saldi non erano ancora iniziati, con il centro di ilano semideserto, tranne corso Buenos Aires e via Montenapoleone, dove i saldi c’era già, è un dato che va oltre la cronaca. Segna la definitiva trasformazione del centro commerciale in piazza, città, posto non solo di commercio, ma anche di incontro. Non ha più senso chiamarli “non luoghi”. Non sono spazi artificiali dove non si depositano memoria e identità………….

Francesco Borgonovo: La democrazia al centro commerciale, da Libero del 6/1/2010
Fosse solo un problema di soldi ci sarebbe da discutere. Ma la questione è culturale. Se esiste un’Italia dell’outlet, che è piccola e un po’ schifosa. Significa che ne esiste un’altra migliore. Quella che consuma cibo ecocompatibile prodotto nella sua tenuta in Toscana (dai dipendenti indiani). E’ quell’Italia migliore che, dopo aver menato per anni il torrone con il progresso e le magnifiche sorti e progressive dell’umanità, ora vuole scoprire la cascina, prodotti non ogm, il biologico e la trattoria (dove tutto è artefatto per sembrare sciatto e “casereccio”). Salvo poi ridere delle feste della lega e maledire il “populismo” di Berlusconi.
Il fatto è che la bottega sotto casa, oggi, è gestita da indiani o egiziani e la merce non sempre si sa da dove provenga. La trattoria a poco prezzo, ormai, è il ristorante cinese che perfora il fegato quasi come i vecchi ristornati per camionisti. Se una famiglia di quattro persone vuoel uscire a pranzo, spesso non può permettersi altro che il McDonald (non è eccesso, guardate i prezzi a Milano). I centri storici delle città di provincia sono diventati pericolosi, qualche vlta trasformati in ghetti dell’immigrazione selvaggia. Sono privi di cinema perché mancano i parcheggi e le vecchie sale non si adeguano ai nuovi standard, ma guai parlare di nuova edilizia popolare o demolizioni, di grandi opere o tangenziali. E per “rivitalizzarli” si strapaga la prima archistar di passaggio con una cattedrale nel deserto sottobraccio ……. Allora ci si consola con l’outlet, che è ben fornito e illuminato. E mentre fuori, alla faccia del riscaldamento globale, l’inverno è gelido, all’interno si gode un dolce tepore di democrazia.

Camillo Langone: Preghiera del 7 gennaio, da IL FOGLIO del 7/1/2010
Che le file chilometriche all’outlet vengano interpretate per quello che sono, una grande lezione di architettura. Le città di Mammona erette a Serravalle Scrivia e Noventa di Piave sono state edificate imitando la città di Dio (diabolus simia Dei) ovvero le città tradizionali, socievole i dolci dell’Italia di sempre: archi, torri, piazze, portici, logge, affreschi, non grattacieli, pareti di vetro, minimalismo, astrattismo, hangar, capannoni. Scala umana, non babelica. Stile locale, non globale. Perché puntano al consenso del pubblico, quei furbi mercanti, a differenza dei vescovi sciocchi della CEI che puntano al consenso della critica, delle riviste di architettura, e perdono clienti commissionando spigoli.


Prof. Attilio Brilli: Outlet, i non luoghi con la scenografia dell’antico borgo toscano, da La Nazione-Arezzo, dell’8/1/2010
…Il Centro commerciale, o outlet che dir si voglia, giuoca su una più sofisticata strategia di seduzione. Per farlo simula di essere un luogo socialmente organizzato con una piazza centrale, portici, luoghi di ristoro e intrattenimento e naturalmente negozi. La configurazione del luogo s’avvale a sua volta di una scenografia che allude alla tradizione storica locale. Così in Toscana il centro commerciale non può che assumere la fisionomia dell’antico borgo toscano, che è il simbolo tanto del sapere che del sapore architettonico. In altri termini il centro commerciale è un suo “replicante”. E come dicono i dizionari, replicante significa copia articiale del tutto identica ad un essere vivente: riproduzione senza sapore, senza la ruvida carezza della mano del tempo. Sarebbe facile dire che è proprio quello che ci vuole per una società che vive di uan cultura semplificata fino alla banalità. C’è da sperare semmai che gli ospiti di questi centri sappiano liberarsi dalla fanciullesca compiacenza con cui li frequentano e si rendano conto delle strategie di seduzione dalle quali sono blanditi. E rendersi conto di come si viene condizionati vale molto di più dello sconto ottenuto sulla merce.



Mail di Giulio Rupi al Prof. Attilio Brilli che è, naturalmente, un suo amico, del 9/1/2010
Sugli outlet: d'accordo che distruggono i Centri storici e sulle molte cause sociali, economiche, culturali, migratorie etc, totale disaccordo con la critica della loro progettazione urbanistica come borghi antichi!
E il discorso non è di poco conto, perché cotesto atteggiamento di critica della inautenticità, come ti dico in seguito, porta a delle conseguenze disastrose oggi, nella progettazione della nuova città.
Tu scrivi:
"...C'è semmai da sperare che gli ospiti di questi centri sappiano liberarsi dalla fanciullesca compiacenza con cui li frequentano e si rendano conto delle strategie di seduzione dalle quali sono blanditi e rendersi conto di come si viene condizionati vale molto di più dello sconto ottenuto sulla merce."
E invece le file agli ingressi degli outlet così progettati vanno interpretate del tutto diversamente: UNA GRANDE LEZIONE DI URBANISTICA E DI ARCHITETTURA! (citazione dalla Preghiera di Langone)

Da quando Marinetti e Le Corbusier predicarono la fine della città europea, da sostituirsi con edifici isolati sparsi nel verde (la ville radieuse) le periferie moderne non sono più fatte di strade con edifici sul fronte, di vere piazze agli incroci di tali strade, ma di lotti con edifici isolati e, soprattutto, specializzati. La città storica con i suoi spazi "amichevoli" per il pedone, con la mescolanza delle funzioni (al piano terra negozi e botteghe artigiane, ai piani superiori uffici e abitazioni etc.) non la si è più voluta copiare nel progettare le nuove periferie PERCHE' INAUTENTICA.
La lezione che ci danno queste file davanti ai finti borghi medievali è che la gente vuole ancora vivere in quegli spazi amichevoli e pedonali che gli urbanisti moderni non gli hanno saputo dare nelle loro nuove lottizzazioni. Vuole ancora porticati, piazze, archi, negozi e abitazioni mescolate (negli outlet chiedono: "ma ci sono appartamenti in vendita al primo piano?").
E' quindi sacrosanto lamentarsi del fatto che i grandi centri commerciali e di divertimento e le multisala distruggono i centri storici, ma sprezzare nel contempo la loro progettazione "tradizionale" che punta al consenso del pubblico invece che a quello della critica significa alla fine giustificare chi ha progettato da 70 anni le periferie delle nostre città (cioè ormai il 70% del costruito).
Significa giustificare il nuovo regolamento Urbanistico e la progettazione urbanistica della Arezzo dei prossimi 50 anni, che si sta facendo proprio di questi tempi e che nulla ha imparato dai fallimenti degli ultimi 70 anni.
Perché è una progettazione urbanistica che ripeterà quell'errore, che ripeterà le zone specialistiche residenziali, quelle specialistiche produttive e via dicendo. Che non si pone neanche il problema della bellezza del Centro Storico perché sta scritto (dove ?) che riuscire a riprogettarne i valori, gli spazi, le felici contaminazioni e promiscuità è, più che impossibile, INAUTENTICO, FALSO, QUINDI IMMORALE!
Vedi bene quali enormi e determinanti implicazioni abbia un atteggiamento invece che un altro nel campo della critica architettonica!
Attenzione, in Architettura e soprattutto in Urbanistica, a porsi al di sopra del giudizio comune. Non sono discipline come le altre: è la gente che è costretta a vivere in periferie disumane e la sua ripulsa (ad esempio quando si mette a bruciare le periferie di Parigi) che deve avere l'ultima e definitiva parola critica.

2 commenti:

Matteo ha detto...

Innanzitutto buon anno.
Poi condivido la tu chiosa finale, ma già l'avevo scritto in precedenza (http://www.de-architectura.com/2009/04/piano-casa-densificazione-new-towns.html) che il modello bottega-abitazione andrebbe rivalutato...è ovvio che i "casermoni" e i "quartieri residenziali" sono fra le rovine della città moderna.
Il tema Outlet è molto "venturiano": consiglio a tutti i "modernisti" di rileggersi i commenti di Venturi e Scott Brown sul fattore "comunicativo" ed "emotivo" dell'architettura.
Trovo invece molto rozzo e stupido l'intervento di Borgonovo: conosco circa una decina di indiani, pakistani ed egiziani con bei negozietti e con merce certificata, persone deliziose ed amichevoli. Conosco ristoranti cinesi dove si mangia bene e trattorie a poco prezzo dove i ristoratori sono cordiali (anche se un pò rustici).
Se non piace Milano, che si trasferisca.
A presto

Matteo

Pietro Pagliardini ha detto...

Matteo, la chiosa finale è di Giulio Rupi, anche se io la condivido. In verità io non ho scritto niente.
L'articolo di Borgonovo è certamente quello che è meno interessato ai problemi "formali" dell'outlet e li giudica dal punto di vista del cittadino-consumatore.
Sul ristorante cinese, diciamo che in genere si può ammettere che Borgonovo tutti i torti non li abbia. Salvo possibili eccezioni, naturalmente.
Saluti
Pietro

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