Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


26 ottobre 2009

SONDAGGI

Angelo Gueli mi ha segnalato un post del blog Architecture Here and There che non conoscevo.
Tralasciando i sondaggi via internet che, come quelli fatti dai quotidiani, non hanno grande attendibilità perché si rivolgono ad un pubblico fidelizzato che tende dunque ad avere idee in comune, gli altri dati che David Brussat fornisce sono invece molto significativi.



Ecco una sintesi del post:

Nel 2007 l’AIA (American Istitute of Architects) commissiona, per il suo 150° anniversario, un sondaggio tra un campione di 1804 cittadini e gli edifici modernisti subiscono una debacle.
Le più alte in classifica sono le torri gemelle, 19° posto, ma per ovvi motivi affettivi, segue la pur splendida
Casa sulle cascate, di F.L. Wright, 29° posto.



A Dresda la ricostruzione della Frauenkirche è passata con l’80% dei voti e quella del circostante Neumarkt con il 91%.

Lo scorso maggio, Le Figaro ha chiesto ai parigini quali edifici vorrebbero voluto demolire.Per il
33,4 per cento era la Torre di Montparnasse (1972), nel centro di Parigi, seguivano le Beaugrenelle Towers, una serie di grattacieli modernisti fuori Parigi, con il 31,4 per cento, al terzo posto, il 22,7 per cento, volevano radere al suolo il Centre Pompidou.

La settimana scorsa, un sondaggio ha chiesto a 1.042 britannici: "Immaginate che un nuovo edificio dovesse essere costruito vicino a casa vostra. Quattro diversi modelli vengono proposti. Osservate ciascuno disegno. Quale vi piacerebbe che fosse costruito? Due erano tradizionali e due di disegno modernista. Tutti erano di volumetrie e utilizzo simile.
Quelle tradizionali, sono stati preferiti dal 77 per cento
.

Questi dati sono solo una conferma di ciò che in realtà ogni architetto sa, anche se rifiuta di riconoscerlo. O se lo riconosce ritiene che i cittadini non abbiano le capacità e le conoscenze per decidere.
Io credo invece che l’architettura possa ritrovare una sua strada e una sua dignità disciplinare e civile non certo con le Leggi sull’architettura o con i Festival vari ma con il contributo attivo dei cittadini, unici titolari del diritto di decidere sulla propria città.


*****
A questo punto mi concedo una deviazione, un divertissement:
se i cittadini sono stati chiamati a scegliere sul segretario di un partito, con un processo democratico molto simile a quello che auspico per i concorsi (gli esperti, cioè gli iscritti, scelgono tra candidati e progetti veramente alternativi e questi si sottopongono al giudizio popolare), perché mai non dovrebbe accadere la stessa cosa per la città che presenta un interesse collettivo di interesse almeno pari a quello delle vicende di un partito?
E quale è stato il risultato di quel voto di domenica?
1°: la tradizione rivisitata
2°: la modernità manierista
3°: il modernismo nichilista.

Davvero singolare l’analogia con i sondaggi in architettura!

Finita la deviazione, la domanda resta sempre la stessa: chi ha paura del voto ai cittadini?

30 commenti:

Anonimo ha detto...

"il modernismo nichilista"

sant'iddio... anche questa mi tocca sentire.

robert

Linea a schivar casette monofamigliari in stile palladiano-wrightiano ha detto...

ah, dimenticavo: se vuoi vedere una città costruita dai cittadini, voluta come la vogliono loro, che piace al 90% delle persone, che mai e poi m ai si riuscirà a cambiare? beh, vieni qui in mezzo alla città diffusa del lombardo-veneto (che poi è 'na specie di broadacre city di wrightiana memoria... quel figlio di buona donna...)

robert

PS_ per chi non conoscesse cos'è la città diffusa: è composta da una quantità industriale di casette monofamigliari, di capannoncini monopadronali, di giardinetti monofamigliari, di strade mercato sostituite alle piazze, di svincoli-tangenziali-parcheggi in quantità industiale per fare a zigozago tra le quantità "mono" soprariportate e passare gran parte delle vostra vita in fila ad aspettar che il semaforo scatti o la rotonda (v'è sempre una rotonda nella città diffusa!) si sblocchi.

Matteo ha detto...

Questo post un pò mi sutpisce, perchè affronta il problema troppo superficialmente.
Ti offro solo due spunti di riflessione:
1)architettura è anche tecnica rigorosa; mentre il popolo può e deve esprimersi su questioni politiche (proprio perchè la politica rientra nella sfera meramente sociologica), in questioni tecniche è meglio che si tenga alla larga. Come può un normale cittadino valutare la necessità strutturale di un determinato complesso insediativo, per non parlare di opere di più ampio respiro come ad esempio un ponte (e qui ogni riferimento non è puramente casuale)?
2)architettura è anche arte: se l'arte si fosse fermata al gusto "popolare" non avremmo mai avuto gente come Kandinskij o Pollock (ma anche Giotto era visto come rivoluzionario). Quindi è vero che la tradizione offre conforto e tranquillità, ma ogni tanto serve anche qualcuno che alzi un pò il tiro
A presto
Matteo

Pietro Pagliardini ha detto...

sant'iddio, non mi dire che non l'hai mai sentita.
Pietro

Linea dei Cavoli Propri ha detto...

pietro, non l'ho mai sentita riferita a ignazio marino. che poi, non capisco, chiedere il diritto di gestire la propria casa internamente... dovrebbe andar d'accordo con l'idea di far quel cavolo che pare e piace della propria vita. dai, smettiamola co' 'sta storia di definire nichilista qualsiasi posizione che invece è smplicemente di essere liberale.

robert

ps: probabile che sia perso per strada un mio commento in cui affermavo che se si vuole andare ai voti si va semplicemente verso il lombardo-veneto attuale, tante belle casette e capannoncini monofamigliari in perfetto stile wrighitan-palladio... sì insomma, la brodacre city di quel lazzarone di frank.

Pietro Pagliardini ha detto...

Matteo, scusa avevo saltato un commento tuo e uno di robert.
L'abitare non è tecnica, il costruire è tecnica. L'abitare compete a chi vi abita, la tecnica compete a chi progetta e costui deve anche progettare per chi vi abita.
Non è che i cittadini possano o debbano decidere sulla sismica, ma su quale tipo di casa o quartiere vivere sì, possono e devono.
Il sillogismo architettura-arte, è più complicato ma se c'è, vale per le opere rilevanti, in genere quelle pubbliche o come dice Marco Romano per i temi collettivi. E anche su questo, storicamente, hanno spesso deciso i cittadini.
A questo proposito ti consiglierei di leggere il suo libro La città come opera d'arte: è di lettura facile, è breve e tratta questi argomenti.
saluti
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, me l'hai già detta questa di venire dalle tue parti per vedere cosa piace alla gente.
Il mio post è uno scherzo, però è vero che mi piace il sistema con cui il PD è arrivato alla nomina del segretario.
Ed è anche vero che mi piace lo stesso sistema per i concorsi e per le trasformazioni urbane. A me sembra assolutamente naturale che i cittadini decidano della propria civitas o, se preferisci, della propria casa. Gli architetti rifiutano con sdegno e con paura questa possibilità perchè sanno benissimo che ben pochi dei loro progetti passerebbero al vaglio della gente. Piuttosto, che mi dici dei sondaggi? Non inducono ad una riflessione? La gente è stupida e ignorante? Ma chi è l'architetto, che non ha più uno straccio di disciplina su cui basarsi, dopo il fallimento di tutte le sperimentazioni, che affida tutto alla sua fantasia e creatività per pretendere di decidere tutto per gli altri?
Questa davvero non riesco a capirla.
Su Marino non voglio entrare. Solo dire che quelle definizioni, pur essendo battute, a parer mio contengono elementi di verità e sono perfettamente coerenti con la libertà del cittadino.
Saluti
Pietro

Peja ha detto...

Sono d'accordo con la linea generale della critica a questo sondagio: in effetti, è pur vero che quando un non addetto ai lavori guarda delle architetture che non sono in copertina ai manifesti delle agenzie di viaggi, tende a valutarle più che bene, o meno che male...
Però perché non le conosceva ancora!
Diciamo che il risultato riflette un po il risultato di qualche anno fa sulle cure via staminali: la gente può decidere solo in base a ciò che conosce!
No?

Linea delle torri sbilenche ha detto...

pietro, semplicemente non vedo il problema, il 99% degli edifici e del territorio qui da me è deciso dai cittadini, nessuno si lagna... alla fine la città diffusa in stile piace (o come la chiami tu, villettopoli, termine assai restrittivo). la megalopoli padana scontenta solo gli architetti e gli urbanisti.
probabile che tu ti riferisca al solito 0,1% progettato dalle archistar... ovvio che per me, ma anche per i cittadini, quello non è un problema se non è sollevato da una campagna di opinione che vede solo la torre sbilenca e le contorsioni di zaha (e mi par che tu ci viva benissimo in questa polemica, o no?).

robert

Lineaduepiccioniconunafava ha detto...

ah, pietro... perchè la prossima volta che scrivi sul foglio non pigli l'occasione di invitare anche la destra ad eleggere il segretario? sai com'è... magari oltre alla norma di far votare i cittadini sull'architettura ti accettano pure quella...

Pietro Pagliardini ha detto...

Ah! robert, in effetti con la critica alle archistar ho diversi benefit e mi ci sto facendo la pensione!
Per il segretario: non voglio mica fare la figura dello sprovveduto! che senso avrebbe farebbe primarie quando c'è un leader riconosciuto? Sarebbe un plebiscito e dunque primarie-farsa.
Stai più attento a ciò che accade nella società.
Su quella di far votare i cittadini....temo non sia problema di schieramento politico ma di concezione del potere.
Ciao
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

Peja, scusa ma proprio non vedo cosa c'entrino le staminali.Comunque su queste non credo che si possa demandare alla "tecnica" la scelta su cosa fare della vita!
E' vero anche che sono questioni difficili da decidere con un "SI" e con un "NO", ma questo è il problema di questa società che vuole fare leggi per ogni cosa e se ci si affida solo alla legge questa non ammette il caso per caso, per cui si creano ingiustizie.
Tanto che ci sono, robert questo intendevo nel mio intervento a Firenze, a parte l'urbanistica.
Ciao
Pietro

è la democrazia, bellezza :-) ha detto...

pietro, noto che eviti sempre di rispondere alla "mia" città diffusa che piace tantissimo ai nostri concittadini...

ti dico perchè eviti di rispondermi:

il voler "ritornare la città" è una ipotesi talmente di nicchia, di elitè, di avanguardia :-)
che va a sbattere frontalmente col tuo desiderio di democrazia architettonica. giusto? cozza alla grande mi pare...
la sana democrazia ha partorito la cacca-diffusa... olè! dì la verità... in fin dei conti la sprawl ce lo dobbiam far piacere :-)
è quello che voglion i cittadini... sanissima casetta monofamigliare con giardinetto e distante 10-15 m dal vicino...
poi, magari, l'ufficio lo apriamo in centro storico, ma la casetta.. no!
la casetta va piantata in un bel suburbio!
doppio olè per la casetta con finto ponticello giapponese-minimal-un po'-retrò!-e un po'-modernist :-)

robert

PS: tu mi dirai... ma perchè ce l'hai così tanto con 'sto tema? beh... perchè se il resto dell'italia si sviluppa come il nord-est, essendo la struttura econonomica molto simile, sarete anche voi spalmati da una bellissima S-bodracre city di casettine e capannoncini :-) eheheh, rimpiangerai i casermoni tuttora pianificabili :-)

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, non evito di rispoderti, evito di ripetermi perchè questo è un tema che tu avevi già proposto e io detto il mio parere.

Ti riporto la risposta dell'altra volta, così faccio prima. Se non sei soddisfatto, e non lo sarai, successivamente aggiungerò qualcosa:
Se i modelli globali sono iper-individualisti non c'è da aspettarsi che non lo siano quelli locali.
Rimane, è vero, il dato delle aspettative della gente che sono, prevalentemente, centrifughe.
Però non è una regola assoluta, ci può essere spazio per tutte le esigenze.
Se guardi Poundbury con attenzione, e non voglio essere fazioso questa volta ma te lo dico con convinzione, vedrai che si può garantire l'individualità della casa con la continuità della strada e con l'isolato. Lèon Krier non vende fumo ed ha studiato a fondo l'isolato che non è esattamente, come potrebbe sembrare da un'occhiata frettolosa, la riproposizione pedissequa di quello della città storica.
Vi sono edifici a schiera, in linea e unifamiliari, parcheggi interni e verde privato.
Quel modello mi sembra un'ottima sintesi tra le esigenze individuali e quelle di socializzazione ed anche tra possibilità economiche diverse.

Questo il link http://www.de-architectura.com/2009/04/architettura-del-consenso.html
commento....verso la metà.
Ciao
Pietro

Linea che la democrazia non è poi così facile ha detto...

pietro, io non contesto la città compatta e diversificata per andare incontro a tutte le esigenze e mettere assieme desideri privati e sosteniblità pubblica.

essendo poundboury figlio di UN committente e UN architetto mi pare la dimostrazione concreta che la democrazia che invochi tu non esiste nemmeno negli esempi che ti piacciono (e sottolineo piacciono). se esistesse, poundboury sarebbe un bel quartierino di casette monofamigliari con annesso garage.

tradotto: mi parli di democrazia e poi mi citi l'esempio meno democratico che esista.

robert

PS: non è un caso che krier, di fronte ad una realtà maggiormente complessa e democratica come novoli, sia andato in tilt.

Anonimo ha detto...

al di là di tutto il male possibile che si può dire dei sondaggi e della loro attendibilità/significatività, sono comunque fermamente contraria al voto alle casalinghe di Voghera.
Ciao
Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Vilma, le nostre amatissime casalinghe di Voghera potrebbero offendersi e la mattina al mercato malignare su di te, non foss'altro perché metti in discussione gli amati sondaggi.
Ciao
Pietro

LineadellaCasalingadiVoghera ha detto...

a parte il sondaggio che dalla foto postata da pietro mi sembra fatto coi piedi: solite foto che rappresentano estremismi talebani della forma...
si potrebbe obiettare che far votare le casalinghe di voghera* ci avrebbe portato non tanto a non far la torre eiffel (solito esempio banale) ma nemmeno san pietro con annessa piazza del bernini, non avremmo fatto il bilbao di gerhy (e vallo dire a quelli di bilbao a cui è rinata, soprattutto economicamente, la città) e, venendo ad esempi più stupidi e banali, non avremmo avuto il MART di rovereto a cui si opposero tutti, pure i commercianti... vaglielo a dire ora di toglierlo che le pizzerie han triplicato i coperti con i 500.000 visitatori che richiama all'anno.

massì, facciamole votare 'ste casalinghe, tanto mica fan vincere poundboury, fan vincere lo sprawl (eh si, dove cavolo lo parcheggio sennò il suv?)

robert

* che oltretutto io nemmeno son contrario ad un patto però: gli architetti si casalinghizzano un po' e le casalinghe si architettizzano un po'. allora sì, mi può andare bene, ma bisogna farne di strada...

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, se quel sondaggio non ti va bene, e non so perchè, nemmeno gli altri vanno? nemmeno quello dell'AIA?
Ai tuoi esempi potrei rispondere che senza casalinghe niente cupola del Brunelleschi ma sarebbe inutile perché a me sembra che tu ti arrampichi sugli specchi cercando strani casi, come i pizzaioli di Rovereto, cui io potrei opporre altri esempi e, esempi dopo esempi, le posizioni rimarrebbero dove sono e non si capirebbe niente.
Mi sembra più chiara e intellettualmente onesta la posizione di Vilma: i progetti li fanno gli architetti; punto e basta. Ma è vero, due sono i principi guida opposti. Adesso è assolutamente dominante quello di Vilma, a parte il deprecabile effetto NIMBY, estrema difesa contro il sopruso.
Per mettere in crisi questo sistema non serve, a mio avviso, il tuo possibilismo un pò di maniera, serve affermare il principio opposto. Ma questi sono principi, non azioni, e dunque, se mai passasse il principio che la città appartiene ai cittadini, le forme in cui questo potrà inverarsi è tutto da discutere, sia per non svuotarlo, sia per non cadere nella demagogia che è sempre dietro l'angolo.
Insomma, la sintesi la puoi fare quando le posizioni sono chiare, altrimenti non si chiama sintesi, si chiama imbroglio, papocchio, ecc
Saluti
Pietro

memmo54 ha detto...

Di villettopoli ce ne sono state di favolose: Garden City o anche, più vicino a noi, Città Giardino Aniene e la Garbatella, per citare quelle che conosco. Quartieri in cui i pochi edifici , casualmente sopravvissuti alla mania modernizzatrice, vengono contesi a colpi di milioni di euro.
Sono l’evidente manifestazione dell’esigenza, primaria, di sottrarsi alla destino gramo di una vita passata in un alveare a forma di "stecca" o di “torrone” sospeso e l’anelito ad un "proprio posto": magari con “minuto giardinetto” e fornito di un "linguaggio" che dichiari l'appartenenza ad una civiltà ritenuta, in genere, degna.
Esigenze più che comprensibili mi sembra.

memmo54 ha detto...

Il tormentone delle casalinghe di Voghera nasconde un piccolo dramma, invisibile ai più, che sta tutto nella vita grama e nelle feroci economie usate per dare un'opportunità alla figlia; ma questa la ripaga demolendo pezzo a pezzo, con un vandalismo continuo ed implacabile, il piccolo mondo operoso e che l'ha accolta e nutrita.
Possibile che non vi sia posto per queste persone, autentici pilastri della società ?
Sicuramente meriterebbero più rispetto. Per parte mia, ho cominciato a diffidare di coloro che appaiono sempre tesi verso qualcosa di unico e di grande.
Di meraviglie preferisco, di gran lunga, quelle “ordinarie”.

LineadiCentro ha detto...

"Di villettopoli ce ne sono state di favolose: Garden City o anche, più vicino a noi, Città Giardino Aniene e la Garbatella"

memmo54... non sono città diffusa. mentre la casalinga di voghera è solo un modo di dire, possiamo anche sostituirla con cittadino comune.


"il tuo possibilismo un pò di maniera, serve affermare il principio opposto"

non è possibilismo, è solo essere di "centro" e non estremista e, per fortuna, è tuttora la posizione prevalente di molti architetti e di molte persone comuni.


robert

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, le casalinghe di Voghera sono, per definizione, il centro.
Ergo: ascolta le casalinghe di Voghera.
Gli architetti di "centro" ancora non ne ho conosciuti, dato che sono (e siamo tutti) estremisti. L'unico centro che gli architetti conoscono sono sè stessi, dato che si pongono al centro non politico, non culturale, non sociale ma al centro dell'universo mondo.

Ciao
Pietro

memmo54 ha detto...

Con la realtà di villettopoli bisogna fare i conti. Inutile far finta che non sia un modello di successo: se ne ricaverebbero solo delle indicazioni sbagliate. Per riportare i suoi abitanti in città (… ammesso che ci vogliano tornare… ) bisognerebbe proporre qualcosa di più di scatoloni, anche ben confezionati e graficamente ben “impaginati”, che restano tuttavia separati ed antitetici alla città classica e al suo linguaggio che è, consciamente od inconsciamente, l’unico riferimento coerente e concreto.
Gli uomini aspirano a qualcosa di che dimostri la loro appartenenza al contesto (…ponendoli magari un gradino più in su…) non che li separi dal resto della collettività .
Difficile riproporre un architettura senza il recupero di tutti gli elementi compresi quelli che appaio i più formali .

P.S.:
Garden City “è” la città diffusa. Un concetto nato in Inghilterra, in continuità diretta con il modo di vivere sull’isola (…l’ultima invasione è datata 1066…) ed antitetico alla città Continentale. Unwin l’ha descritto in modo esemplare, anche con stupendi disegni che forse il nostro anfitrione non tarderà a pubblicare.
Comunque, se tale processo fosse stato gestito dagli “architetti di Voghera” sono convinto che i risultati sarebbero stati diversi….

Pietro Pagliardini ha detto...

memmo54, "con villettopoli bisogna fare i conti" certamente ma, anche se la città giardino non appartiene alla storia dell'Europa continentale, non è detto che non vi possano essere parti di territorio che soddisfino le esigenze di chi desidera una casa singola nel verde.
Io credo che una città che avesse una struttura forte potrebbe accogliere anche parti di città più diffuse.
Ciò che non è tollerabile è la villettopoli informe, che per mia esperienza non è dovuta solo alle richieste della gente (che ovviamente la desiderano, anche come reazione alle periferie di casa nostra) ma anche alla pigrizia dei progettisti che spesso non hanno alternative da proporre. Sembra facile, anche solo teoricamente, fare una città tradizionale ma non lo è affatto, per nessuno, tanto meno per chi proprio la detesta. Molto più facile con un disegno astratto con casermoni geometricamente disposti oppure tanti lotticini lungo una sinuosa strada che finisce a cul de sac. Molto, molto più facile.
Quanto a Unwin, grazie del suggeriemento. Ci penserò.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

la città diffusa è la città compatta spalmata sul terriorio. tutti i servizi, le funzioni, residenza, commercio, scuole, ospedali, produttivo, ecc ecc... spalmate sul territorio a bassa se non bassissima densità. quella che viene citata è una città giardino, semplici case immerse nel verde non fanno città diffusa. l'uso dell'auto, nella città diffusa è quasi totale da parte di tutti in quanto il trasporto pubblico è impossibile da attuare. questa città (chiamarla città è una contraddizione in quanto non è città) fino ad una certa diffusione è tollerabile poi si arriva alla saturazione ed iniziano i guai. non è nata in contrapposizione alle periferie qui in veneto, è nata e basta, complice il fatto che il veneto (e l'italia) in genere possiede un elevato grado di diffusità nel territorio, ben di più dell'inghilterra. oltretutto è nata spontaneamente, senza coordinamento, tutti i comuni, anche i più piccoli si sono diffusi e ingranditi a casaccio... se si fosse progettata bene non sarebbe cambiato molto, sempre diffusa sarebbe stata...
il problema primario di questo tipo di insediamento non è di ordine estetico, nè sociale, nè etico-morale, nè ambientale, è semplicemente economico. costa soldi mantenerlo, costa soldi, tempo ed energie fare anche una banale strada di collegamento, un'autostrada, una tangenziale, un passante in quanto il territorio è saturo. costa soldi, ovviamente, spostarsi, costa soldi in termini di competività economica. si riuscirà a far tornare alla città compatta i cittadini della città diffusa? molto difficile, se non in tempi lunghi, molto lunghi... per ora gli urbanisti han sentenziato con una battuata la risoluzione delle infrastutture e dei traporti veneti: "incentivare l'acquisti di vespe".

LdS ha detto...

mi suso... il commento anonimo sulla città diffusa è mio.

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Niente scuse: i tuoi commenti sono firmati da soli.
Non rispondo in quanto, afflitto da malattia stagionale, ho solo voglia di dormire.
Ciao
Pietro

LdS ha detto...

tu li riconosci... qualcuno che entra da poco probabilmente no.

auguri
robert

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, mi auguro che tu abbia ragione a dire che solo in tempi lunghi si potrà tornare ad una città più compatta! Non credo che nessuno possa ragionevolmente credere che ciò sia possibile in una generazione, data la quantità di costruito nuovo (e sciagurato) che esiste. Ma ciò che conta è muoversi in quella direzione: nei nuovi insediamenti dandone subito il segno, nelle ristrutturazioni urbanistiche ragionando in quell'ottica.
E chi spera di più!!!
Saluti
Pietro

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