Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


23 aprile 2009

E SE FOSSE LA VOLTA BUONA?

Questo post è opera di Andrea Pacciani, architetto, che vive e lavora a Parma. Andrea si occupa da oltre 15 anni di progetti architettonici per nuove costruzioni di natura tradizionale, di interventi di restauro e di ristrutturazione. Si occupa di lavori teorici, studi di fattibilità, pianificazione urbana, oltre che di interni e di design.
A fine post c'è un suo profilo più completo.


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E SE FOSSE LA VOLTA BUONA?
di Andrea Pacciani

Finalmente una buona notizia!
Direi che questa sollevata d'armi dell'intellighentia da parte dell'architettura modernista è una vittoria senza precedenti per il Principe di Galles e per le idee che porta avanti con indefessa convinzione da oltre vent'anni.
La notizia non sta nel contenuto della dialettica o dall'esito del dibattito inglese su quell'intervento edilizio, quanto nel cambio di scala di uno dei partecipanti. Che la sua opinione abbia convinto la famiglia reale del Qatar a cambiare i progetti architettonici passa in secondo piano di fronte alla portata culturale della reazione scomposta del sistema consolidato delle archistar; queste infatti hanno sentito la necessità di schierarsi compatte contro un vero nemico della loro credibilità disciplinare, conclamata a livello planetario.

Fin adesso scarsamente considerato, se non addirittura denigrato o trattato con sufficienza dalla critica architettonica internazionale, con questo evento di cronaca il Principe Carlo viene assunto ad interlocutore “reale” nel dibattito; è evidentemente chiaro che l'eco delle sue teorie cominciano a diffondersi e a dare fastidio e a farsi sentire troppo anche tra i piani alti delle società immobiliari più importanti.

Fintanto che i suoi interventi erano a livello quasi filantropico in difesa di singoli interventi edilizi di modeste dimensioni, anche se di alto valore culturale o testimoniale, gli si lasciava volentieri un osso da mordere. Questa volta invece, per aver toccato interessi economici di scala importante, è arrivata la levata di scudi delle prime donne dell'architettura mondiale abituate a sfidarsi nelle più svariate parti del mondo a colpi di scenografici interventi autocelebrativi

In un periodo di implosione autoreferenziale della cultura architettonica dominante, le lobby immobiliariste globali si sentono evidentemente minacciate dalle pressioni di un personaggio che oltre Poundbury e una manciata di volenterosi seguaci alla ricerca di far vivere bene le persone in luoghi decorosi, non ha costruito niente in confronto a loro e non ha possibilità di ingerenza nella cultura architettonica istituzionale ed accademica (gli hanno anche chiuso tempo fa un'università in cui voleva si insegnasse architettura tradizionale).

Sicuramente solo la forte pressione dello statement immobiliare internazionale, che in questo momento di crisi mondiale ha subìto l'annullamento di commesse importanti un po' in tutto il mondo, ha compattato le vedette internazionali dell'architettura a schierarsi compatte a rivendicare la propria autorità disciplinare.

Da sempre snobbate, per il lignaggio del personaggio, considerato per questo poco credibile da un punto di vista scientifico, le sue tesi oggi possono essere considerate all'avanguardia, intesa come opinione controcorrente allo stato di predominanza culturale, ovvero quella modernista.

Per modernisti intendo semplicemente gli architetti che dal primo movimento moderno fino agli ultimi eclettismi storicistico-moderni (quelli che fanno architettura moderna un secolo dopo, alla ricerca delle radici pure della modernità senza rendersi conto che è cambiato il contesto storico-sociale ), o agli ultimi sperimentalismi (quelli che basta dimenticare gli assi cartesiani e tutto assume un aspetto più innovativo), credono ancora nel potere salvifico del nuovo rispetto al modo di gestire l'antropizzazione del territorio che si è perpetuato per secoli nella storia.

Sicuramente i temi dell'eco-sostenibilità, dello spreco delle risorse territoriali e delle energie non rinnovabili, in questo periodo sulla bocca di tutti, aiutano l'affrancamento delle opinioni del Principe Carlo dalle critiche stilistiche stupidamente prese a pretesto per contestare un modo di fare architettura che invece è integrato ad un sistema di valori di vita che vedono al suo centro il cittadino consapevole della qualità delle proprie scelte e l'identità dei luoghi in cui vive.

Chimera della modernità, la consapevolezza condivisa e partecipata dei cittadini ai temi dell'architettura oggi si manifesta attraverso invece nuovi progetti ed edifici tradizionali che in silenzio stanno conquistando piccolissimi segmenti del mercato immobiliare. Credo sia anche un fatto di comunicazione che si può leggere tra le righe anche in questa vicenda.

Il declino dell'architettura internazionale dello star-system è annunciato dal crescere dell'interesse dei temi dell'eco-sostenibilità ambientale: a questa svolta epocale di ricerca al rimedio del danno procurato dagli eco-mostri, i grattacieli e quant'altro costruito selvaggiamente in termini di risorse ambientali, non è stato ancora corrisposto un forte cambio di linguaggio architettonico di riferimento e ha indebolito le posizioni culturali dell'autorevolezza dell'architettura modernista contemporanea sbilanciata più verso l'impersonificazione del caos, dell'effimero, dell'architettura fine a se stessa.

E' forse il momento di una accelerazione nella comunicazione dell'architettura tradizionale come miglior applicazione dei concetti di costruzione ecosostenibile. Si tratta infatti di un approccio alla progettazione che si integra non solo tecnicamente meglio ad altre concezioni avveniristiche, ma soprattutto con la consapevolezza, per gli utenti, che quegli edifici sono costruiti sui loro bisogni reali e personali e non dei capricci dei progettisti o delle imprese, evidenziando il ruolo centrale della qualità della vita dell'individuo che lì deve abitare.

E' sicuramente il momento per il Principe Carlo di rimboccarsi le maniche e di raccogliere il guanto della sfida: chi meglio di lui può farlo? E' un'opportunità per i sostenitori di una nuova stagione classica per l'architettura, come altre ce ne sono state nella storia, che è al giusto grado di maturazione culturale per arrivare al sua conclamazione più ampia.

A vent'anni dalla pubblicazione del libro del principe A Vision of Britain: A Personal View of Architecture, oggi il Principe Carlo comincia a fare paura a qualcuno: che le lobby immobiliariste delle archistar comincino a pensare di scaricare qualcuno? è troppo presto per crederci, ma se son rose....


Profilo di Andrea Pacciani:

Andrea Pacciani, vive e lavora a Parma: da oltre 15 anni si occupa di progetti architettonici per nuove costruzioni di natura tradizionale, di interventi di restauro e di ristrutturazione. Si occupa di lavori teorici, studi di fattibilità, pianificazione urbana, oltre che di interni e di design.
Il curriculum più completo continua alla fine del post.

Contrariamente al modo corrente di fare la professione oggi in Italia, ha fatto la scelta di progettare e far costruire con i criteri compositivi e tecnologici tramandati dalla cultura costruttiva della tradizione; sulla semplice riflessione che si vive meglio nelle case di una volta che in quelle moderne, ha scelto di riprendere a costruire le prime con i comfort delle seconde.

Nato nel 1965 a Venezia, si è laureato in Architettura al Politecnico di Milano e ha svolto attività didattica in
collaborazione con l'Università di Parma. Ha ricevuto il secondo premio al concorso internazionale “Marsham
Street” Urban Design Competition, Londra (1996); ha organizzato “Le forme della tradizione”, Parma (2004),
convegno con atti pubblicati da Franco Angeli; ha esposto alla Biennale di Venezia (2006) 10° Mostra Internazionale di Architettura nella Mostra Città di Pietra con unprogetto su Punta Perotti a Bari.

Nel 2008 ha vinto il Palladio Award a Boston, premio internazionale per l'architettura classica e tradizionale.

Il suo lavoro è stato pubblicato su varie riviste di settore nazionali ed internazionali, e sul web; tra i suoi
scritti spicca, oltre a quelli dedicati all'Architettura Tradizionale, “L'Arte del Prosciutto”, un libro edito da
Mattioli 1885 che sconfina nella storia dell'arte e della gastronomia.

Parafrasando una frase di S.Agostino, il suo sito www.andreapacciani.com, nel quale viene descritta la sua
attività professionale, si apre con il motto IN INTERIORE HOMINE HABITAT TRADITIO



3 commenti:

Anonimo ha detto...

Non voglio discutere sulle idee e sul lavoro di Andrea Pacciani, l'argomento è stato anche troppo dibattuto e non potrei aggiungere nulla di nuovo nè di definitivo.
C'è solo una cosa che secondo me non quadra: l'architettura di tutti i tempi è sempre stata connotata da una costante tensione verso il nuovo, l'inedito, il 'moderno', Borromini ha fatto le sue chiese in barba al rigore prospettico del passato rinascimento, il quale aveva fatto ordine e rigore abolendo gli svolazzi mistici del gotico, il quale aveva sublimato in linee di assoluta modernità la grevità romanica e così via, in una dialettica successione di opposti che percorre tutta la storia non solo dell'architettura.
Perché mai, giunti a questo punto, noi dovremmo conservare tutto il conservabile possibile, perché mai non dovremmo cercare un confronto anche oppositivo con il passato, anche solo per il semplice fatto che è, appunto, passato e quindi necessitante di verifica, riammodernamento e, quando necessario, di oblio?

Vilma

Anonimo ha detto...

Grazie Vilma per l'attenzione.
La storia dell'architettura ci racconta che dopo ogni eclettismo inteso ultimo esercizio stilistico di un'epoca segue un periodo catartico per l'architettura che si richiama alle origini (il rinascimento dopo il gotico fiorito, il neoclassico dopo il rococò): credo che della modernità ormai abbiamo raggiunto uno stadio eclettico (decostruttivismo e sue derive) e storicistico (neo-protomoderni e tardo-organicisti) autoreferenziali e slegati dal contesto sociale; dell'architettura non interessa più niente a nessuno e la subiscono passivamente.
Da qui la riflessione che solo una nuova stagione classico-tradizionale è l'unica che può rigenerare l'architettura per altre epoca sperimentali successive.
Serve solo l'onestà intelletuale per ammetterlo e questo periodo di crisi globale unito alle tematiche dell'eco-sostenibilità sono molto porpedeutici....

Andrea Pacciani

lineadisenso ha detto...

"Da qui la riflessione che solo una nuova stagione classico-tradizionale è l'unica che può rigenerare l'architettura per altre epoca sperimentali successive"

come dargli torto: un decennio di colonni e timpanoni, un bel po' di simmetrie, una spruzzatina di triglifi, un contorno di metope, qualche stilobate? no-no, che ce 'sta la legge 13... il tutto facilmente copiabile, trasmissibile, ripetibile e fotografabile... ops... ho un deja vu! ma questi non erano gli anni '80 del secolo precedente??? uhm... mi sa di sì. dai, un decennio e poi torniamo a 'na modernita moderata e, se riparte l'economia come quando c'era bill, evvai coi bananoni!!! :-)))

buona collezione autunno-inverno a tutti

robert

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