Pietro Pagliardini
Un post di tutto riposo, nel senso che non ho scritto niente ma mi limito a riportare una piccola, ma significativa, parte del libro “La città bella”, di Pier Luigi Cervellati, Il Mulino, 1991.
“La conoscenza del luogo per il quale viene elaborato un progetto…..è considerata una premessa pleonastica, addirittura una bolsa raccomandazione da polveroso Bignami della progettazione. La realtà è assai diversa perché non sono i luoghi, la loro storia, la loro conformazione geo-morfologica, ad essere studiati, ma al contrario sono gli stessi progetti, suddivisi per categorie, che vengono (quando vengono) analizzati. La realizzazione di una scuola, ad esempio, prescinde dai caratteri storici e formali del luogo a cui è destinata, per adattarsi al tipo (numero di aule, categoria di appartenenza) di costruzione richiesta.
Omissis
Nelle scuole di architettura non si insegna più a misurare…….Per misurare l’altezza di un edificio o di un albero si allungava il braccio e si traguardava con una matita la dimensione di una persona. Il segmento di matita così individuato, corrispondente a circa 170-175 cm, diventava unità di misura. Si riportava sull’edificio o sull’albero e se ne otteneva l’altezza. Era un’operazione che richiedeva un esercizio quotidiano, finchè la misura non finiva per diventare “proporzione”, modulo su cui attestare la realtà circostante.
Omissis
Anche i nostri maestri legavano il tempo allo spazio. La percorrenza a piedi di un chilometro , ad andatura regolare, richiede circa 15 minuti ed è anche questa un’unità di misura importante per sapere subito distanze e rapporti urbani e territoriali.
Omissis
Nella città storica si tendeva alla misura reale, a portata di mano, di occhio e di piede - e si considerava tutto ciò che serviva ad attrezzare lo spazio come casa comune. La città, sembra ovvio ribadirlo, era il luogo di una comunità vivente, “la cui caratteristica fondamentale era il riconoscimento reciproco” (P.Toesca).
Omissis
Non solo scartiamo la ricerca storica, come anche il rilievo e la misura del tempo e dello spazio, ma giustifichiamo la loro assenza dai nostri diretti interessi considerandola elemento di modernità. La modernità è espressa sempre dal caso e dalla casa illustrati nell’ultima rivista o nell’ultima pubblicazione patinata.Omissis
Progetto fine a se stesso è anche quello che scaturisce dai concorsi che hanno per oggetto l’assetto urbano e/o territoriale. Se gli ordini professionali tutelassero la professione, dovrebbero opporsi a questi concorsi.
Omissis
I concorsi d’idee sull’assetto territoriale sono una beffa. Servono ad inquinare i risultati e ad impedire che le soluzioni corrette scaturiscano dall’unica fonte possibile: quella della ricerca (anche storica) su ciò che caratterizza il luogo specifico che si vuole trasformare.
Anche in questo senso il passato assume una dimensione progettuale di inusitato (e poco sperimentato) valore e significato. Questo passato diventa la componente fondamentale dell’assetto futuro, a patto che sia considerato come elemento invariabile del territorio e dell’aggregato urbano oggetto della pianificazione e della progettazione. Considerato cioè come elemento permanente e condizionante di qualsiasi scelta”.
Niente da aggiungere, se non qualche link su Pier Luigi Cervellati.
http://www.exibart.tv/inc/video_alta.php?id_news=6138
http://www.architettiroma.it/archweb/notizie/10148.aspx
http://www.estovest.net/letture/cervellati.html
http://www.italianostra.org/notizie/materiali/mat4.html
http://lists.peacelink.it/economia/2006/04/msg00012.html
1 dicembre 2008
APPROPRIARSI DEI LUOGHI
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6 commenti:
Pietro,
mi hai ricordato che possiedo questo libro. Purtroppo non ho trovato la scheda di lettura ma dai solchi di matita lasciati è un libro controverso attento alle speculazioni ma ostile al moderno. Programmo una rilettura e ripasso.
Saluti,
Salvatore D'Agostino
Salvatore, definire Cervellati "ostile al moderno" è riduttivo. E' sicuramente ostile alle scempiaggini e alle distruzioni perpetrate nel nostro tempo.
Cervellati è un ecologista duro e puro ma non ideologico; ma soprattutto è innamorato della bella architettura e dei nostri centri storici e, la parte migliore del libro è quella finale, in cui sostiene, con grande disinvoltura, che questi siano conservati e trattati come veri e propri musei, con il doppio scopo di tramandarli ai posteri così come ci sono stati lasciati, accolgano funzioni compatibili, diventino il punto di partenza per la crescita di tutta la città. Qualcosa può disturbare di Cervellati, per la sua intransigenza, ma è rara una mente lucida, coerente e logica come la sua e il libro andrebbe letto tutto, dall'inizio alla fine per apprezzarlo appieno.
Saluti
Pietro
Considero Cervellati un grande urbanista e ho apprezzato diversi suoi interventi sulle distruzioni del territorio che spesso vengono eseguite in sordina ma che non sfuggono a quell'attento osservatore che è Pierluigi Cervellati. Anche se non sono d'accordo sulla sua opposizione ai concorsi urbanistici che come tutti i concorsi sono una grande espressione di democrazia. La ricerca storica e culturale sul luogo in cui si dovrà intervenire è importante ma chi decide chi dovrà farla e su quali canoni si dovrà basare? Il concorso rimane a mio avviso il miglior strumento anche perchè apporta soluzioni innovative che storicamente sono state quelle che hanno prodotto l'evoluzione urbanistica delle nostre città.
Se posso vorrei anche consigliare un bellissimo libro di Mario Botta e dello psicologo Paolo Crepet, "Dove abitano le emozioni", che parla delle città come luoghi deputati alla vita sociale e al ritrovamento delle emozioni umane, puntando il dito contro tutti quegli interventi speculativi che inducono a snaturare i luoghi della vita comune. Un libro illuminante che ogni architetto dovrebbe leggere.
Master, vorrei risponderti sui concorsi ma, se non ti dispiacelo farò in un commento al post precedente, che è proprio sui concorsi, rispondendo ad un amico che finalmente è venuto a visitarmi. Scusami, ma dire due volte le stesse cose non mi sembra il caso. No prenderla come una mancnza di rispetto ma ...ad un amico non posso non rispondere.
Grazie per il consiglio sul libro però ti dico che sono molto dubbioso non tanto per Botta quanto per Crepet. Quando l'ho visto alla televisione ho notato che è bello, suadente, fascinoso ma...... la psicologia non è il mio genere, anche se credo che lui sia psichiatra, che è tutt'altro genere. Comunque lo metterò in elenco.
Saluti
Piero
Scusa l'errore, Paolo Crepet non è psicologo ma sociologo, oltre che psichiatra, e proprio in questa veste di esperto delle dinamiche sociali che ha partecipato alla stesura del libro citato.
Credo che gli urbanisti di oggi potrebbero trarre grande beneficio dall'analisi sociologica dei luoghi su cui intervengono, anche per capire le necessità di una società in continua evoluzione.
Master, appena mi sarà possibile farò un post proprio sul rapporto tra sociologia e urbanistica, che è stato proprio l'oggetto del convegno a cui ho partecipato, come spettatore, a Roma, riportando il parere di due degli oratori. Certo, uno può essere in disaccordo però mostra una linea di tendenza che io condivido. Il sociologo che ha aperto i lavori era Bauman, quello della "modenità liquida" di grande successo. Riporterò anche il suo parere in ordine alle relazioni tra sociologia e architettura e urbanistica.
Può anche darsi che già ci sia qualcosa sui giornali, forse sul Messaggero di Roma, o su Repubblica, ancora non ho guardato.
saluti
Pietro
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