Pietro Pagliardini
Stamani, leggendo su IL FOGLIO un articolo del teologo Vito Mancuso, mi ha colpito questa frase:
“L’anima contemporanea si dibatte in una morsa: sente di aver bisogno della verità, ma sente al contempo che le risposte tradizionali non funzionano, e non sa dove andare e non sa cosa fare”.
E così continua:
“I nostri giovani spesso non sanno cosa fare di sé stessi. Il cristianesimo appare loro inconsistente soprattutto per l’incapacità di rispondere al problema del male. Magari non lo sanno tematicamente, ma lo sentono”.
Ho staccato le frasi perché la prima è quella per me significativa e le altre due le ho messe per inquadrare meglio il contesto in cui la prima è inserita.
Sarà un errore un pò blasfemo, sarà una stupida esercitazione letteraria, sarò influenzato da Bauman, ma per quegli scherzi che fa il cervello non ho potuto fare a meno di leggere questi pensieri di un teologo come se fossero di un sociologo che, invece che parlare di Dio, parlasse di società e città.
Cosa proporre a quei giovani che sono confusi? Falsi idoli affascinanti quanto effimeri come le archistar o soluzioni più tradizionali, che però non funzionano (dice Mancuso).
Se avessero trovato “prima” le soluzioni tradizionali quei giovani sarebbero stati così confusi da appigliarsi a quelli?
Ma ormai che la storia è fatta, che quei giovani non hanno trovato molto e hanno davanti a sé solo falsi idoli (e se le cose sono andate così niente è possibile fare per cambiare il corso degli eventi passati), ormai che sono confusi e “non sanno cosa fare di sé stessi”, ai falsi idoli quale alternativa proporre?
Continuare con il vuoto assoluto o tornare ad una risposta tradizionale?
7 dicembre 2008
IMPROBABILI ASSOCIAZIONI
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11 commenti:
Che le soluzioni tradizionali in campo architettonico non funzionino facciamolo dire ai teologi. Occorre poi dimostrarlo. Credo che esistano diversi livelli di "funzionalismo", la difficoltà sta nell'inquadrare quale possa essere il modello più adattabile alla società e alle sue molteplici sfumature. Se nelle università si studiano ancora Le Corbusier e Van der Rohe, Khan e Wright vuol dire che non è ancora tutto perduto, non trova? E' anche vero, però, che l'archittettura oggi si legge molto più sulle riviste che sui trattati, sui saggi. E a dire di chi ha vissuto i tempi d'oro di queste ultime, ci troviamo ad affrontare un declino del dibattito sull'idea di Architettura. C'è confusione, è vero. Talvolta la leggo anche sulla mia pelle da studente, nonostante mi ostini a tentare di seguire altre vie. Forse la nuova generazione è caricata di un peso troppo grande, frutto di distrazioni precedenti. Bisgona solo sperare che il vuoto assoluto venga presto colmato con una nuova linfa.
Saluti
Alessandro Russo
Alessandro, il teologo non parlava di città, ovviamente. Parlava del dolore. Sono io che ho fatto una strampalata associazione d'idee. Non facciamo dire a Mancuso, che è un teologo molto serio che ha ben altro a cui pensare, cose che non ha mai detto.
Quanto alle "distrazioni precedenti", sì mi sembra proprio che tu abbia trovato una calzante espressione: qualcuno si deve essere distratto parecchio ed è accaduto di tutto. Per una sessantina d'anni il professore è uscito dall'aula e ha lasciato i ragazzi soli; figurati come ha trovato l'aula al suo ritorno!
Saluti
Pietro
"Cosa proporre a quei giovani che sono confusi? Falsi idoli affascinanti quanto effimeri come le archistar o soluzioni più tradizionali, che però non funzionano (dice Mancuso)"
Non mi piace Mancuso (sarà per questo che piace tanto ai media :-)
Secondo me, nè l'una nè l'altra cosa, ma invece, da un lato, riferirsi a cose e modi che non invecchiaranno mai: l'amore per il prossimo e per il lavoro ben fatto, il lavoro come servizio, la razionalità, la giustizia, e così via. Dall'altro, non avere paura del futuro e del presente: quindi non rinchiudersi nel passato, che non può essere il nostro giusto presente.
In realtà, per essere all'altezza del passato migliore, occorre non riferirsi alle sue spoglie materiali, ma ai principi che le avevano poste in essere, rivissuti secondo le nostre necessità e sensibiità.
Diversamente, si perverrebbe ad una malsana idolatria per le cose del passato, non alla loro ammirazione.
Belle parole, e teoricamente condivisibili, Biz.
"Amore per il prossimo e per il lavoro ben fatto, lavoro come servizio, razionalità, giustizia e così via" dici tu. Hai detto niente? E' un programma "di rifondazione" il tuo. Io mi accontenterei che chi fa un progetto si facesse prima un giretto nel posto e lo guardasse per bene e poi pensasse all'essenza dell'architettura come arte civica, cioè per tutti e non solo per sè stesso.
Quello che dici te è già compreso in questo: è solo detto in modo più laico.
Saluti
Pietro
Il vuoto assoluto, un non-concetto, ciò che per noi è il nulla, il nichilismo, può essere in realtà la condizione necessaria, se non sufficiente, all’accadere di tutti gli eventi.
Così, almeno, la pensa l’altra metà del mondo abitato.
Ciò che chiami vuoto assoluto è in realtà ciò che resta dopo aver tolto tutto quanto è inutile e destinato a sparire, sia le soluzioni tradizionali che i falsi idoli, è una condizione potenziale dinamica, piena di possibilità realizzabili.
E poi, secondo la fisica quantistica dal vuoto sarebbe nato nientemeno che l’universo …..
Ciò che ho scritto vuole esprimere, sì, una provocazione, ma anche la speranza (utopica?) che i giovani non siano costretti ad aggrapparsi al passato per sopravvivere, nel timore di un futuro tutto da inventare.
Biz, il vuoto è niente e della meccanica quantistica la città non sa proprio che farsene.
Il passato non è "il male", la storia dell'uomo va avanti ma non può fare finta di ignorare che altri abbiano pensato, scoperto, lavorato, realizzato. Questo è un modo antiscientifico di procedere. Si parla sempre di ricerca, ma la ricerca non parte mai da zero. Max Planck, a proposito di quanti, non ha inventato tutto da sè, ha cominciato con le tabelline alle elementari, poi matematica alle medie, poi alle superiori, poi alla facoltà di fisica, poi in un laboratorio di ricerca, ha studiato altri scienziati e a quel punto ci ha messo del suo. Senza la storia Max Plank avrebbe coltivato patate, solo in maniera più intelligente del contadino del campo accanto.
Il passato insegna e va rispettato. Molte delle regole della città antica sono ancora valide, eccome se lo sono e non mi pare che le non regole di oggi abbiano dato grandi frutti.
Non commettere anche te l'errore di pensare all'antico solo in termini di "stile". E comunque un proverbio dice, tanto per restare all'antico:
il meglio è nemico del bene.
Sono 60 anni e più che si cerca il meglio e nel frattempo si è perso il bene.
saluti
Pietro
Si Pietro, ma l'utente anonimo del quinto commento non ero io :-)
Dovrei non essere d'accordo come me stesso :-)
Scusa Biz, ma ero preso dalla foga e ho letto quel "ciò che ho scritto" come la continuazione dell'altro commento.
In effetti mi ha meravigliato lo sconfinamento sulla fisica quantistica. E' vero che ultimamente c'è da aspettarsi di tutto te: chiudi il blog e te ne vai, poi ritorni...
Son contento che sei tornato.
Scuse a entrambi.
Pietro
Rileggendo con più calma (sono in studio al lavoro) mi sembra anche di riconoscere l'anonimo/a commentatore/trice
Saluti
Piero
Il problema reale è che si parla di modernità vs tradizione. Questo mi sembra piuttosto fuorviante, perchè inclina a prendere posizioni da difendere, e porsi contro un avversario. Un pò come la sfida Zevi vs Tafuri. Poi tra l'altro, tra campo e campo c'è una diversità abissale. Capisco che nelle scienze molli possa tenere il paragone con il passato, ma nella concezione dell'architettura non si può non tener conto di molti cambiamenti, sociali e tecnologici, che implicano dei cambiamenti nella concezione della città. Sarebbe come progettare un quartiere senza strade, o delle abitazioni con muri spessi un metro. Il gusto poi, quello è personale: le archistar non sono una creazione dell'architettura, ma dei media dell'architettura. Anche Le Corbusier ed Alvar Altoo erano delle archistar al loro tempo: la differenza tra loro e quelle contemporanee, è che ora c'è la loro immagine viene sfruttata anche da terzi interessati, e questo fa il gioco di molti che finisce per far salire le quotazioni di questo o di quello...
Emmanuele, io faccio una grande fatica, per colpa mia, a far capire di non essere un critico di architettura quanto piuttosto un "polemista", un architetto che constata ogni giorno nella propria città, nei piani e nei progetti fatti da professionisti e pubblica amministrazione della propria città e di altre, nelle riviste di grande divulgazione popolare, dappertutto insomma, scempiaggini architettoniche ed urbanistiche la cui matrice è sempre la stessa: l'idea che il nostro sia il campo della creatività e le città un luogo di sperimentazione. Mai, o quasi mai, vi è attenzione, rispetto, umiltà verso ciò che esiste e che è infinitamente superiore al nuovo.
Da questo deriva la mia posizione volutamente "ottusa" o come dico spesso consapevolmente faziosa contro quel genere di scempiaggini.
Non ha alcun senso oggi, secondo me, stare a disquisire come fanno la stragrande maggioranza degli architetti e dei critici, a fare distinguo per cui ci sono architetti contemporanei bravi e architetture corrette; questo atteggiamento serve solo a rafforzare l'idea che l'architettura contemporanea è giusta e poi ci sono "compagni che sbagliano".
Non è così, anche se so benissimo che ci sono architetti e anche Archistar bravi e capacissimi. Questa è quasi un'aggravante, perchè proprio in quanto bravi, talvolta molto bravi, dovrebbero usare le loro capacità con maggiore attenzione; ma il meccanismo prevede invece l'auto-esaltazione di sè stessi e la riproduzione della propria griffe. E, bada bene, non mi riferisco solo alle attuali Archistar, ma anche a quelle che oggi sembrano reperti archeologici al confronti di queste, quali ad esempio il pur bravo Botta, che ha ripetuto nel mondo il suo solito progetto, il suo canone mai il canone del luogo. Botta è solo un artigiano, la Hadid ha industrializzato il sistema.
Non mi interessa nè dire quali sono bravi nè parlare del perchè.
C'è un potere mediatico, economico e accademico consolidato e quello va cambiato.
Dall'università escono, da decenni, architetti completamente fuorviati dall'idea di essere artisti, creativi, superuomini che devono lasciare il segno con gesti eclatanti; in sostanza architetti ignoranti del proprio mestiere e della propria responsabilità. Contro questo io scrivo, malamente, da qualche mese.
Io vorrei che fin dal primo anno gli studenti passassero giorni interi a disegnare dal vero edifici antichi e nuovi, come si faceva una volta e come neanche a me è stato insegnato, a favore di "fuffa", parole, architettese.
Uno sketch di Crozza-Fuffas è la migliore critica architettonica che in questo momento vi sia nella piazza. Gli altri sono "mosche cocchiere", per dirla con linguaggio da '68.
E' chiaro, lapalissiano, evidente che la società è cambiata e nessuno vuole una città greca, o romana o medievale; non farci così ingenui, a noi che spingiamo per un ritorno alla tradizione!
Ma di qui a ricavarne strane concezioni urbane che sono il più delle volte suggestioni narrative e letterarie senza fondamento e che in realtà producono degrado urbano ne corre.
Auguri di Buon Natale
Pietro
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