Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


11 aprile 2011

DIVERSI PARERI SULLE VELE DI SCAMPIA

Di seguito alcune opinioni prese dal web sull'abbattimento delle Vele di Scampia. In rosso i miei appunti.


… Di fronte ai continui riferimenti al così detto “stravolgimento” del progetto, divenuto ormai una sorta di leggenda metropolitana ripetuta spesse per sentito dire, ritengo necessario ribadire, ancora una volta, che le modifiche apportate al progetto non c’entrano assolutamente nulla col processo di degrado che ha trasformato le Vele in un inferno abitativo.
Le cause sono ben altre e sono quelle che abbiamo esposte sulla stampa cittadina e, in particolare, nei miei libri "Dalle case collettive alle Unità urbane", Esi, 1996, e "Il Testimone", DenaroLibri, 2001……
Con il grande Riccardo Morandi chiamato a progettare le strutture antisismiche che dimostrarono tutta la loro solidità in occasione del terremoto del 23 novembre 1980…..(1)
Gerardo Mazziotti- Le Vele/2 – Un errore abbatterle, Repubblica 17 agosto 2006
1) E’ rassicurante cominciare con un sano benaltrismo, vero collante dell’unità nazionale, atteggiamento mentale utilissimo a svicolare su problemi e responsabilità. E’ anche interessante sapere che per dimostrare la bontà dell’esecuzione si porta a prova il successo il non essere crollate durante il terremoto. Come se tutte le case di Napoli fossero crollate e le Vele no!




Eppure, quello che per Saviano è un "simbolo marcio del delirio architettonico", per i docenti di storia dell'architettura, di restauro architettonico e per diversi sovrintendenti italiani è un "segno" da salvare, come lo sono stati anche altri segni del "male", come alcune architetture fasciste, e come lo sono il Corviale, lo Zen e molti altri quartieri ad alto tasso di degrado. E intendono opporsi a un nuovo abbattimento delle vele.(2)
Pierluigi Panza - Blog Fatto ad arte, 31 marzo2011
2) Ove si evidenzia che esistono due mondi incomunicabili: quello dei docenti e di diversi soprintendenti, cioè della cultura architettura ufficiale, e quello della gente. Ingiustificabile, dato che l’architettura è per la gente

Le Vele di Scampia non sono che un esempio fra molti di questa architettura inumana, totalitaria, tipica degli anni ’60 e ’70. Quando si scoprì che la thalidomidina induceva deformazioni nei feti umani, venne bandita dal mercato farmaceutico. Gli ecomostri invece continuano a ricevere l’appoggio fervente di un’intera classe di architetti alla moda, nonché di istituzioni che si vorrebbero responsabili della formazione di giovani professionisti. C’è più di un parallelo con quelle scuole di farmacologia dove s’insegnava che il Thalidomide era un buon medicamento contro la nausea provocata dalla gravidanza; ma quel crimine, con le conoscenze raggiunte, non lo si permette più. Perché allora tanto timore reverenziale, ancora, verso gli architetti famosi che promuovano gli ecomostri, e fanno finta che Corviale, Zen2, Vele e Tor Bella Monaca sono «bellissimi»? (3)
Nikos Salìngaros, Blog Fatto ad arte, 31 marzo 2011
3) Qui si narra dell’atteggiamento antiscientifico del mondo dell’architettura che rifiuta la verifica dell’errore. Prima hanno fatto gli esperimenti, non hanno funzionato, continuano a difendere l’errore. Condanna con le aggravanti specifiche.

Il portico, l'atrio, la scala, sono divenuti luoghi di pericolo, nuove carceri piranesiane, dove, nella penombra di ogni angolo, la microcriminalità può agire indisturbata.
È una cronaca amara e questo senza arrivare a scomodare i ceffi mascherati di Arancia Meccanica di Stanley Kubrick.
Così molta gente prova rimpianto per i tempi passati nei quartieri del centro antico dove la vita, pure svolta in un basso o in un buio monolocale, certamente però avveniva in un tessuto sociale più omogeneo e compatto, ove le relazioni interpersonali si svolgevano in uno spazio prossemico noto e controllato.
Questa diffusa condizione di malessere e di ripulsa per il proprio ambiente di vita, generata da uno spazio che ha la capacità di modificare e determinare i comportamenti degli individui che ospita, genera a sua volta delinquenza.
Il fallimento dell'Unità di Abitazione di Marsiglia di Le Corbusier, rimasta prototipo, così come il fallimento delle Vele di Scampia rappresentano la disgregazione dell'ideologia e della politica dello zooning, della città considerata come insieme di funzioni separate anche se poste in luoghi vicini.
La città antica, invece, garantiva l'integrazione sociale ed economica, aggregando negli stessi luoghi realtà di estrazioni diverse, anche culturali, oltre che sociali ed economiche. (4)
Enrico Sicignano, "Costruire in Laterizio" n° 65-1998, ripreso da www.progettoscampia.net
4) Togliere le persone dai vicoli , dalla città, per cacciarli dentro una utopica città nella città è stata una deportazione di massa. Le Corbusier non l’ho citato io. Descrizione e commento molto pertinente.

«Io distinguerei due livelli - continua Gizzi - l'aspetto architettonico-progettuale, cioè l'interesse architettonico, e il degrado sociale. Anche il fatto che abbiano fatto da sfondo a pellicole cinematografiche vuol dire che segnano una presenza, alla stessa stregua dei palazzoni della ex Berlino Est che hanno fatto da fondale a molte scene dei film di Wim Wenders» (5).
Stefano Gizzi, Soprintendete Napoli - da La Stampa
5) Distinguere i livelli significa negare la relazione tra l’architettura e la sua utilitas. E significa anche indifferenza verso chi ci abita. Per il resto, no comment, perché già fatto nel precedente post.

Daniele Sanzone abita a cinquanta metri dalle Vele ed è il cantante degli A67, formazione di crossover rock che nei suoi testi parla di degrado, camorra e, appunto, di Vele.
«Quelle - spiega - sono la metafora del male. Chiedete a chi ci abita, a chi ha perso un figlio o un amico che cosa bisogna fare. Abbattere le Vele significherebbe dare un segnale a tutti, ma non basterebbe. Bisogna fare tanto per questo quartiere, dalle case al lavoro. Qui tra amianto e topi crescono bambini e non è più tollerabile».(6)
Daniele Sanzone, da La Stampa
6) L’opposto del benaltrismo: si riconosce il problema, si trova la soluzione primaria e si allarga poi il discorso alla complessità degli altri numerosi problemi correlati.

E non è assolutamente vero che, per l'esigenza di ridurne i costi, la realizzazione delle Vele è cosa ben diversa dal progetto Di Salvo. E’ vero invece che, mentre erano ancora in costruzione, senza acqua, luce e fogne, la giunta Valenzi (nella quale probabilmente c'era già Siola in qualità di assessore) assegnò gran parte degli alloggi delle Vele ai terremotati del novembre '80 e ai senzatetto storici. Ed è vero, perché da me documentato, che la trasformazione del complesso in un inferno abitativo (direi di più: in una corte dei miracoli) è da contestare, non già a carenze progettuali o esecutive, ma alle varie amministrazioni comunali che l'hanno abbandonato a ogni forma di manomissioni (verande, edicole votive, box, eccetera), di trasformazioni (devastante la chiusura dei piani porticati con alloggi abusivi) e di vandalismi (le trombe degli ascensori sono state per anni utilizzate come depositi di rifiuti).(7)
Gerardo Mazziotti, Il denaro,it
7) Qui sia afferma che progetto ed esecuzione dello stesso non sono il problema. Il problema è l’abbandono da parte delle amministrazioni comunali che avrebbero dovuto accompagnare gli edifici come un genitore fa come i propri figli piccoli. Avrebbe dovuto, in sostanza, insegnare ad abitare.

“Ananke” è parola greca che vuol dire destino; quello delle Vele è stato fermato dal soprintendente Stefano Gizzi con la proposta di salvaguardia mediante dichiarazione di interesse culturale. Non un vincolo che mantenga in eterno la condizione attuale, bensì una leva per indurre un corretto restauro e il riutilizzo, nel rispetto di quello che aveva progettato l’architetto Franz Di Salvo, considerato uno dei migliori interpreti della lezione di Le Corbusier e di Kenzo Tange (le grandi “unità di abitazione” piccole città autosufficienti in tema di servizi), ossia qualcosa di ben diverso da ciò che fu realizzato fra il 1962 e il 1975, al punto da indurlo a ritirare la sua firma dall’opera. Le sue sette Vele prevedevano in tutto 6.500 vani, ma l’intero villaggio doveva essere dotato di scuole, teatri, cinema, centri sociali, spazi per il gioco e lo sport: nulla di tutto ciò fu realizzato né in contemporanea né dopo, e vi si rinunciò del tutto quando il terremoto del 23 novembre 1980 scatenò l’ennesima ondata di occupazioni abusive. Già l’insulso sistema di punteggi per l’assegnazione delle Case Popolari comportava il concentramento di quanto di più socialmente degradato; l’aggiunta dell’abusivismo, l’assenza di servizi elementari, provocarono da subito una miscela infernale, condita anche dal rapido degradarsi dei pessimi materiali: condense diffuse di umidità nonostante l’esposizione quasi totale al sole delle abitazioni, impermeabilizzazione carente, ascensori costantemente guasti nonostante altezze di 14 piani.(8)
l’Altro quotidiano.it – Iniziativa “Salviamo le Vele”
8) Qui si afferma esattamente l’opposto del punto 7. Evidentemente tutte le ragioni sono buone pur di assolvere il progetto

“Pessime da abitare ma di notevole qualità…stupenda opera di architettura” dichiara l’ex soprintendente Mario de Cunzo. (9)
Eleonora Putillo, L'altro quotidiano.it
9) Mario de Cunzo: precedente Soprintendente di Napoli. Vedi punto 5. Bisogna riconoscere una notevole coerenza ai Soprintendenti!!

E’ stato il progettista de “Le Vele” di Secondigliano coadiuvato da un pool di valenti tecnici - uno per tutti il noto Riccardo Morandi che ha studiato le strutture portanti - realizzando quell’interessante complesso demolito di recente senza scrupoli con l’assurda motivazione che l’Architetto era addirittura responsabile del degrado sociale e culturale in cui verte tutta la zona di Secondigliano. (10)
Alessandro Castagnaro, PresS/Tiletter
10) Filone: la colpa è sempre degli altri e io mi tappo gli occhi per non vedere

Quasi d' obbligo a questo punto la scelta di Garrone e Saviano e così le Vele per tre mesi sono diventate la Cinecittà della finzione camorristica. Da antologia, le scene della piscina sul terrazzo di una Vela e del ragazzo che corre nello spettrale corridoio al piano terra. Franz di Salvo e l' architettura napoletana avrebbero volentieri rinunziato a questo supplemento di notorietà. Sperano solo in un paradosso: che il prevedibile successo mondiale del film induca a conservare e restaurare almeno una Vela, se non come testimonianza di un progetto interessante e coraggioso, almeno come location d' elezione di un film di successo. (11)
Pasquale Belfiore, repubblica 22 maggio 2008
11) Io direi che gli abitanti avrebbero fatto volentieri a meno della pubblicità. Ma evidentemente sono un problema secondario.

In un primo momento il Comune intende localizzare in una delle Vele la sede della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco. Ma successivamente si decide così come chiesto dai comitati di abbattere tutte le vele. Comincia la lotta per la riqualificazione.(12)
Da una slide del filmato "Comitato di Lotta Vele Scampia"- http://www.youtube.com/watch?v=BNLAi1odkPE
12) C’è poco da osservare: gli abitanti ne vogliono l’abbattimento. Ci deve pur essere qualche ragione!

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