Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


10 dicembre 2010

IL DUOMO DI MILANO COME LUMINARIA NATALIZIA

L’amico Enrico Delfini, non architetto, mi ha inviato una mail con un commento ad alcune foto di architettura, come fa di tanto in tanto.
In genere mi manda foto curiose di stranissimi edifici oppure commenta architetture contemporanee non famose ma ugualmente strane e di tendenza. Enrico non è pregiudizialmente ostile all’architettura contemporanea, tutt’altro.
Questa volta mi ha offerto un punto di vista originale e profondo sull’illuminazione delle vetrate del Duomo di Milano. Non so se questa scelta rientri nel progetto natalizio delle luminarie, presentato anche al TG, ma so che il Duomo, in questo caso, è assimilato ad una luminaria di Natale, ad arredo urbano, il Duomo diventa anch’esso spettacolo occasionale ed “evento”, al pari di qualsiasi altra manifestazione pubblicitaria con al centro oggetti architettonici. Enrico spiega le motivazioni che non lo convincono, legando l’architettura, in questo caso l’architettura sacra, alla sua autentica funzione di luogo di culto per i fedeli e non a semplice involucro letteralmente “svuotato” di significato e di spazio interno e ridotto a gigantesca luminaria per “eventi” particolari.
Le foto sono visibili qui, nel sito del Corriere della Sera, il testo che segue è, naturalmente, di Enrico Delfini.

*****

Quando si dice che il mondo va alla rovescia.
Avevo sempre creduto che le finestre servissero per far entrare la luce dentro gli edifici, e che le vetrate gotiche (le RollsRoyce delle finestre) aggiungessero alla luce il colore, la forma, le immagini, le storie....
Ribaltare uso e funzione è buffo, ma soprattutto stupido.
Da parte della Curia ambrosiana (già nota per usi e abusi di spazi sacri) un autogol: non fosse mai che qualche turista potesse essere invogliato ad entrare in duomo, a respirarne lo spazio, a percorrerne le navate; magari trovarsi smarrito nella foresta di colonne, captare un certo vago sentore di una essenza superiore....
Le forme gotiche del duomo di Milano possono piacere, o essere di difficile digestione; ma resta un colosso dell'ingegneria e dell'architettura.

Mi ha sempre affascinato il suo essere "fuori scala" (senza riferimenti al vicino teatro!). Se ancor oggi giganteggia nel centro storico meneghino tra palazzi e costruzioni posteriori di secoli, ma che nemmeno si avvicinano alle sue dimensioni, mi chiedo che effetto deve aver fatto sui popolani del XIV secolo... quando le dimensioni degli edifici circostanti dovevano essere irrisorie.
Immagino quel che potrebbe aver pensato il buon Renzo Tramaglino, avvistando da chilometri di distanza quell'enorme montagna bianca artificiale, svettante su un mare di casupole e di campanili pigmei.
Qualcosa del genere, è possibile forse (era?) a chi arrivava a Manhattan via mare nei primi decenni del '900.....
Anche i grattacieli vengono illuminati (l'Empire State Building. ha colori diversi alle diverse cornici; tutto verde per San Patrizio!), ma sempre si tratta di luce proiettata da fuori sui muri e sulle pareti. Non mi risultano esempi di illuminazione "verso l'esterno" ! 

Enrico Delfini

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Le motivazione dell'illuminazione delle vetrate del Duomo "verso l'esterno" sembrano esserci, almeno nella testa degli autori del progetto finanziato dalla Fondazione Aem, Gianni Ravelli, Paolo Castagna, Iacopo Triscar, nessuno dei tre a me noto. L'intenzione è quella di attuare un "dialogo tra sacro e profano attraverso la luce", visto che paga l'azienda elettrica municipale la quale non può che sponsorizzare, appunto, la luce, in questo caso dei led. Va notato che l’effetto delle vetrate illuminate, o da dentro o da fuori, si può avere in un caso solo di giorno, a beneficio di chi si trova all’interno, e nell’altro caso solo di notte, a beneficio di chi sta fuori, quindi nessuna delle due soluzioni confligge con l’altra.
Il progetto può piacere o non piacere, infatti ad Enrico non piace, così come il Duomo può piacere o non piacere, infatti a me non piace essendo un goffo compromesso tra misticismo gotico e grevità romanica, tuttavia penso che se "il buon Renzo Tramaglino" lo avesse visto così illuminato, alla rovescia, come dice Enrico, al buio, naturalmente, che a quel tempo doveva essere totale, sarebbe rimasto a bocca aperta davanti a quella specie di lanterna magica gigante, una sorta di faro di terra ferma, come una cometa che guidava a distanza i pellegrini …. non è male la suggestione di una luce che arde nella notte attirando i viandanti per pura curiosità, credenti e non credenti (il sacro che dialoga col profano?).
Ma a quei tempi i led non c'erano, e neanche l'Aem, oggi ci sono tutti e due, il mondo cambia, diritto o rovescio che sia ….
Forse il progetto, più che rovesciato, è solo un po’ in ritardo sui tempi.

Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Sì la tua è un'altra interpretazione possibile. L'effetto scenico sembra anche a me suggestivo e permette di vedere le vetrate sotto una "luce" assolutamente nuova, dato che l'illuminazione interna ordinaria non può mai raggiungere valori analoghi.
Tuttavia è difficile non leggere nell'operazione un aspetto molto più profano che non sacro, come suggerisce Enrico.
Ma poi in cosa consiste il dialogo tra sacro e profano se non c'è l'intenzione che il primo vinca sul secondo, dato che il padrone di casa, cioè la Curia di Milano, come ogni altra Curia, dovrebbe avere come "ragione sociale" della propria esistenza proprio questo obiettivo?
In una buia Milano del '600 un Duomo illuminato avrebbe certamente costituito un faro e un punto di riferimento non solo diurno, ma in una Milano di oggi, rischia di essere percepita come una luminaria tra le altre, e di confondersi con esse, magari più suggestiva ma pur sempre facente parte del gioco profano della festa del consumo.
Credo che a questo Enrico si riferisse, più che alla indiscutibile suggestione di questa immensa lanterna.
Ciao
Pietro

Emmanuele ha detto...

Più che all'illuminazione in sé, che come voi dite porta il Duomo ad avvicinarsi ad una "lanterna" (il ché è di per se assai evocativo), ciò che non mi sconfiffera è un utilizzo di colori molto accesi, quasi polimeri... Forse è questo che rende l'effetto visivo un po' pasticciato, quasi un fotomontaggio...

Pietro Pagliardini ha detto...

Io non so dire se i colori sono più accesi rispetto all'effetto in condizioni normali, cioè dall'interno verso l'esterno. Certamente non possono non esserlo nella visione dall'esterno, dato che come ho già commentato, la luce interna è normalmente molto inferiore.
Ma ciò potrebbe essere, in fondo, solo un vedere le vetrate "sotto un'altra luce". Enrico coglieva solo l'aspetto più profano dell'operazione più che quello chiamiamolo estetico. Coglieva il prevalere di una tendenza della Chiesa post conciliare, e della Curia di Milano in particolare, di aprirsi al mondo con atteggiamenti più esteriori che interiori.
Ciao
Pietro

enrico ha detto...

Ovviamente non sono così insensibile da non vedere il lato fascinoso e suggestivo della lanterna gigante. Quel che non mi convince sono due aspetti: il primo è la "filosofia" dell'operazione, apertamente commerciale, essendo limitata nel tempo, a sancire ufficialmente l'aspetto "luminaria".
La seconda cosa che mi rende perplesso è la forzatura di voler "leggere" un'opera d'arte in condizioni differenti da quelle per cui è stata concepita e creata.
Accade con statue, affreschi, fregi architettonici fatti per esser visti, ad esempio, da 50 metri e da sotto in sù, quando vengono spostati in aree espositive in cui le osserviamo da pochi centimetri. Per restare a Milano, chi può pensare che la madonnina d'ora in cima alla guglia sia oggetto da vedere da mezzo metro?
Nel caso delle vetrate, oltre alla differente luminosità, c'è il problema della "riflessione" dell'immagine, nel senso che, cambiando il punto di osservazione, si inverte la destra con la sinistra. E se l'artista ha messo in una crocefissione la Madonna a destra e san Giovanni a sinistra, ci sarà stato un motivo; con quale autorità, con quale arbitrio, possiamo modificare l'opera d'arte? Ve l'immaginate che cosa direbbe Michelangelo se vedesse un Giudizio Universale invertito? col Cristo Giudice che alza la mano sinistra?
In un'epoca in cui tecnici e critici sembrano schiavi di filologie e filosofie di restauro (anche troppo) rigide, un'operazione come questa appare, a me, in tutta la sua debolezza.

Paolo Gobbini ha detto...

Il senso originale delle chiese e delle loro vetrate è di essere la "casa di Dio". Questo è quanto afferma la Chiesa quando le consacra. Questa è la comprensione del senso comune grazie al quale chiamiamo le chiese edifici sacri.
L'epifania del sacro che in esse si realizza, crea al contempo di fronte a sè il profano. Il dialogo tra sacro e profano è inscritto nell'essenza stessa del sacro, a patto che il sacro resti tale e non venga invece sconsacrato, deturpato.
Le vetrate plasmano la luce del sole e offrono a chi frequenta la chiesa il cangiante mutare dei colori nell'arco della giornata.
La luce artificiale che brilla nella notte meneghina dentro il duomo e lo fa risplendere come una grande luminaria natalizia VISIBILE SOLO RESTANDO FUORI NEL PROFANO, permette l'esperienza spirituale di elevazione della mente a Dio?
Oppure riduce il duomo a grande vetrina colma di luminarie, a megaspot pubblicitario per l'AEM, a vacua soddisfazione dei sensi nel vasto supermercato religioso in cui dal natale 2010 c'è anche la chiesa cattolica ambrosiana?
Lungi dal portare le persone alla chiesa, le obbliga a restare fuori per guardare dall'esterno quel che andrebbe visto dall'interno e a non vedere ciò che andrebbe guardato come l'architettura e le decorazioni esterne.

Pietro Pagliardini ha detto...

Paolo, tu rafforzi l'idea del post di enrico, cioè l'aspetto profano dell'operazione.
In fondo la lettura e l'interpretazione dell'architettura e dell'arte sacra non possono prescindere dall'essere esse stesse come un libro aperto della dottrina della Chiesa, in specie nelle cattedrali gotiche; quindi l'uso che oggi ne viene fatto dalla Curia stessa contraddice proprio questo scopo fondamentale con cui il duomo è stato originariamente concepito.
Il Duomo di Milano non è una chiesa sconsacrata e io comprendo lo sconcerto di quei credenti che vedono la "luminaria" come un tradimento e una profanazione del tempio.
Pietro

Rossella Ferorelli ha detto...

Buonasera. Leggo spesso questo blog ma non avevo mai commentato prima d'ora. L'inizio dell'anno nuovo mi pare un'ottima occasione per vincere la pigrizia ed innescare dibattiti nuovi.

Volevo semplicemente proporre una lettura differente. Sostanzialmente sono d'accordo sulle riserve dovute agli scopi eminentemente promozional-commerciali dell'iniziativa, ma non trovo che l'idea sia di per sè malvagia.
Personalmente, infatti, ritengo che la reinterpretazione (purché non invasiva, e questa di certo non lo è) degli oggetti di architettura anche antica sia non solo diritto dei contemporanei, ma persino un loro dovere. Se l'architettura è, infatti, per eccellenza arte civile - e quindi sociale - essa è nata per essere utilizzata e per evolversi assieme agli usi stessi, che non sono fissi nel tempo.
Allora, un'operazione così "delicata" (nel senso della reversibilità) non deve essere condannata solo perché non filologica, perché la filologia, a ben guardare, ha ben poco a che spartire con l'arte.
E, per dirla tutta, a me l'operazione piace. Avrò una spiritualità poco filologica anch'io, probabilmente, ma se fossi più convintamente cattolica, direi che guardare le vetrate illuminate dalla piazza mi farebbe venire in mente, per prima cosa, che non occorre entrare in una chiesa per essere in una chiesa.

Il che è poi il massimo traguardo di un'operazione di architettura, non credete?

Pietro Pagliardini ha detto...

Prima di tutto grazie per essere la prima a lasciare un commento nel nuovo anno.
La mia impressione è che la filologia c'entri poco, dato che qui non è stato alterato l'edifico in quanto tale ma il suo uso e, direi di più, ciò che esso rappresenta tuttora per i fedeli. In effetti se ne propone non una trasformazione architettonica ma un diverso uso che, ad alcuni, sembra uno stravolgimento della sua attuale funzione. Esistono molte chiese sconsacrate, per varie cause, che hanno assunto una funzione del tutto nuova e diversa quali sedi di mostre o sale da concerto (nella mia città, ancorché piccola, ve ne sono almeno tre), ma qui siamo in presenza di una chiesa, di una cattedrale il cui vescovo è un cardinale e quindi, specialmente per i fedeli ma non solo, può apparire come un simbolo violato, come una profanazione.
Anch'io credo, come ho già scritto, che un suo fascino ce l'abbia, anche se l'ho vista solo in foto, però occorre comprendere chi se ne lamenta.
L'architettura è arte civile, su questo sono assolutamente d'accordo, ma personalmente credo che la Chiesa, in quanto si propone come portatrice di valori assoluti e universali, non possa inseguire tutti i mutamenti della società, pena la caduta nel relativismo. Cosa che in verità accade proprio con l'architettura sacra moderna e contemporanea, cioè con tutte quelle nuove chiese dove ci deve essere un cartello per capirne la sua funzione.
Io credo che una Chiesa che continui ad essere portatrice di valori assoluti e non si lasci travolgere dalle mode e dal consumismo e non insegua una effimera modernità non solo si assicuri "l'eternità", dopo duemila anni di esistenza, ma sia anche utile alla comunità dei credenti, ovviamente, ma anche a quella dei non credenti, cui io appartengo.
Però è giusto che tutti possano esprimere un loro parere su questo argomento, proprio perché, volenti o nolenti, anche le chiese sono architettura civile, nel senso che appartengono ai cives, cioè a tutti i cittadini. Proprio come la città con tutta la sua architettura.
Buon anno
Pietro

Rossella Ferorelli ha detto...

Non posso dirmi d'accordo sulla concezione di una Chiesa dei valori assoluti, perché la chiesa (sic) è fatta dagli uomini, e per essi, nulla è assoluto.
Rispetto naturalmente ogni diversa posizione.

Ho scritto un post sul mio blog ispirato a questa conversazione. La invito a leggere e commentare, l'interazione tra blog è fondamentale per costruire un dibattito critico importante, visto che l'editoria giace sopita!

Pietro Pagliardini ha detto...

Non sapevo che hai un blog, adesso vengo a trovarti e ti rispondo sul tuo blog
Pietro

Anonimo ha detto...

Leggendo l'ampliamento che Rossella Ferorelli propone nel suo blog, mi pare di poter dire che le donne affrontano il tema di questo post da un punto di vista decisamente più ampio e possibilista, non voglio dire con maggior apertura mentale (che è sempre segno di intelligenza) degli uomini, ma lo penso.
Che dire? La solita antinomia fra emisfero cerebrale destro e sinistro? tra maschile e femminile? tra yin e yang? o che altro?

Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Non riuscirete a trascinarmi in una discussione sulle differenze tra uomo e donna perché non voglio tirare fuori il peggio di me. L'ho già fatto abbastanza volte.
Certo che Rossella è veramente brava e preparata. Questo è un fatto e non un'opinione.
Pietro

Rossella Ferorelli ha detto...

Ringrazio entrambi, non avevo visto le ulteriori risposte!
Nemmeno io mi voglio imbarcare in una discussione sulle questioni di genere, anche perché, per un minimo di coerenza, dovrei fingere un femminismo che davvero non mi appartiene!
A presto,
R

Pietro Pagliardini ha detto...

Rossella, non credo che Vilma volesse fare del femminismo, ma credo fosse solo un pretesto per continuare ad ampliare il discorso che la mia mentalità maschile, finalizzandolo ad un obiettivo, tende a mantenere su un solo binario.
Certamente perdendo qualche possibilità di esplorazione diversa.
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

perfetto, Pietro, per essere un 'maschio'sei molto intuitivo .....

Vilma

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