Pietro Pagliardini
L’architettura che verrà avrà sempre meno tecnologia. La parte di tecnologia presente, lo sarà in maniera meno evidente: sarà più legata la materia e meno alla pompa, useremo dei materiali che faranno un uso selettivo dei raggi solari, dei materiali assorbono l’umidità, che trattengono l’energia.
Andremo verso l’opacizzazione dell’involucro edilizio e l’architettura non sarà più prigioniera della tecnologia.
In campo urbanistico lo spazio pubblico non è uno spazio libero, è uno spazio controllato che gli abitanti della città prediligono rispetto allo spazio aperto naturale.
Chi ha pronunciato queste “profetiche” frasi? Lèon Krier? Ettore Maria Mazzola? Nikos Salìngaros? Carlo d’Inghilterra? Un esponente del New Urbanism?
No, Mario Cucinella, il guru italiano della tecnologia “verde” in architettura. Ho tratto queste frasi da un articolo su Italia Oggi. Anche Kipar, che onestamente non conosco, è in sintonia con quanto affermato da Cucinella.
Una inversione a U, un ripensamento totale. Anche se ancora resta un margine di “modernità”, una scoria, o una via di fuga, in quel sottolineare l’aspetto tecnologico dei materiali.
E’ inevitabile chiedersi il perché di tale svolta, da accogliere senz’altro con favore e soddisfazione.
Tralascio le ipotesi più maliziose, quali una pur legittima operazione di marketing per coprire una fascia di mercato evidentemente in espansione, oppure uno studio più accurato di un po’ di fisica tecnica, scienza niente affatto nuova che attribuisce alla massa e alla sua inerzia termica una buona parte della capacità di isolamento termico, sia in estate che in inverno, oppure l’inverno freddo e piovoso e le ultime notizie sul global-warming di origine antropica con l'uscita di scena di Al Gore, che contribuiscono a creare un clima meno ideologico e un approccio più razionale al problema ambientale, più che climatico, che pure esiste.
Non sarò certo io a condannare chi cambia idea, specie se l’ultima è quella più vicino al vero (non ci si può appellare alla scienza e poi smentirla progettando edifici di vetro e facendoci pure fortuna). L’augurio è che la svolta sia autentica, e non ci sono motivi per dubitarne, data anche l’occasione in cui è stata annunciata (Milano. Festival dell’Ambiente).
Di particolare interesse poi sono le affermazioni sulla città e sui “gusti” dei cittadini, sulle loro predilezioni. Pur essendo i toni, almeno nel resoconto giornalistico, alquanto sfumati e il linguaggio immaginifico, da guru appunto, il senso è abbastanza intuibile: la città di cui si parla assomiglia molto a quella tradizionale, fatta di pieni e non di vuoti, di costruzioni e non di solo verde. Manca molto ancora per definire una città, ma quel poco che viene detto è già qualcosa: niente case in mezzo al vuoto ma una sequenza di spazi continui costruiti ma anche ricchi di verde non indistinto. Una svolta dunque piuttosto coerente con una visione fortemente unitaria tra urbanistica e architettura. Perché l’ha fatta? Davvero mi auguro, ma è sempre in agguato la smentita, che vi sia un clima culturale e ambientale favorevole a queste idee, tanto più importante nel mondo ambientalista che spesso, anche a causa delle semplificazioni giornalistiche, è presentato più come un insieme di slogan e parole d’ordine che non con idee chiare e definite nel campo urbano. Invece ambientalismo e tradizione devono andare di concerto, perché c’è accordo nei fatti.
Temi come quello della densificazione e del contenimento della crescita urbana devono diventare patrimonio comune, inseriti però in una visione in cui la città deve essere considerata una grande risorsa, l’ambiente di vita dell’uomo e il luogo delle relazioni sociali, rifuggendo errori quali i grattacieli più o meno (molto meno) ecologici ma riscoprendo che i nostri centri storici sono densi, vitali e ambientalmente sostenibili.
Una conseguenza collaterale ma per me intrigante è che d’ora in poi, quando verrò accusato di antichismo, reazione, conservazione e tutte le altre contumelie possibili, potrò citare, per coloro che necessitano della certificazione di qualche guru (Maestro, archistar, ecc) senza i quali, evidentemente, non riescono a pensare, potrò citare anche Mario Cucinella nel mio personale albero genealogico, e la cosa davvero mi fa presagire future soddisfazioni.
Come dice il proverbio cinese, mi siederò sulla riva del fiume ad aspettare che passi anche Stefano Boeri, non cadavere, evidentemente, ma convertito dal futuro di agricoltura urbana e di boschi verticali al futuro che affonda le sue radici nel passato.
9 commenti:
Non cantar vittoria troppo presto: Cucinella figlio putativo di Renzo Piano ha imparato molto bene la lezione del suo maestro; se leggi le interviste a Renzo piano sui massimi sistemi, sul futuro dell'architettura e della città Renzo Piano da sempre racconta a parole come unica città possibile quella tradizionale occidentale come tu la immagini, ma poi se ne frega del tutto e continua per la sua strada del grattacielo sede del NYT o dei muesei di sè stessi in giro per il mondo. Cucinella ha capito che paga come visione da vendere ai committenti pubblici, poi i progetti smentiscono nei fatti vedi il solito museo di Rovereto.
purtroppo niente di nuovo sotto il sole
Pietro, mi risulta assai difficile scorgere nelle parole di Cuccinella tutto quello che riporti tu.
Kipar è un paesaggista, da quel che so ha inventato il sistema di parchi lineari “raggi verdi” a Milano. Niente di nuovo sotto il sole, logica inventata nell'800 ed riscoperta da alcuni decenni per generare: mobilità dolce nelle città-metropoli, corridoi-reti ecologici che modificano il microclima, salvaguardando la biodiversità e diventando occasioni di svago e tempo libero per le persone. In questo contesto la campagna urbana ha un ruolo fondamentale potendosi costituire essa stessa “parco lineare” all'interno della conurbazione (adeguatamente salvaguardata, incentivata e in molti casi parzialmente rinaturalizzata). Tutto ciò porta in primo piano il problema della mobilità, del sistema e delle relazioni in un periodo in cui i nuovi edificati, causa crisi economica, saranno sempre meno. Alla faccia di chi pensa sia solo un problema di qualche autobus o parcheggio in più. Difficile sarà applicare tale modello alla città diffusa la quale, proprio per la sua bassissima densità, è difficilmente innervabile da un sistema siffato. Come dire: sarebbe da demolire e ricompattare ben prima di altre realtà. Ipotesi allo stato attuale impossibile da realizzare causa l'atomizzazione delle proprietà assieme alla logica privatistica di gestire il territorio che ne consegue.
Robert
PS: per i grattacieli hai visto il video su Jesolo che si trova cliccando su uno dei link che ho postato sul mio blog? Te lo lascio anche qui: http://www.jesolo2012thecitybeach.it/
De architettonici,
«I bambini vedono sempre gli stessi cartoni, e conoscono a memoria tutte le battute. Anche noi facciamo sempre le stesse cose, e rispetto ai bambini abbiamo in più una voglia matta di dare giudizi, o quantomeno far vedere che ne abbiamo. Quando il gioco si fa duro, i duri mettono in campo i luoghi comuni». A cura di AlFb, ‘Scusa l’anticipo ma ho trovato tutti verdi, Einaudi, Torino, p .XI
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Anonimo, in effetti non canto vittoria sia perché non sono in guerra con nessuno sia perché so bene che le mode vanno e vengono. E questa della "tradizione" addomesticata può essere appunto una delle mode possibili adatta a questi tempi di crisi. Però non si può sempre pensare male e, in fondo, Cucinella "fa tendenza" e se lui dice che è venuto il momento di meno tecnologia e vetro e più muri, il messaggio passa. Con tutta la prudenza del caso continuo a vedere il bicchiere mezzo pieno.
Ciao
robert, in tutta coscienza non ho capito molto di quello che dice Kipar. E' un mio limite. Quanto al video lo verrò a visitare a casa tua.
Ciao
Salvatore,
Ciao
Pietro
quello che ho scritto non lo dice kipar (almeno nell'articolo), ho solo cercato di contribuire a chiarificare un po' di concetti che spesso banalizzano. infatti il commento di anonimo fa trasparire la confusione che regna nell'aria sul rapporto architettura-città-paesaggio.
robert
robert, va bene, inutile sottilizzare. Quel poco che di Kipar c'è scritto nell'articolo unito a quello che mi hai spiegato te, ugualmente non lo capisco. Ma vedo che anche in te lascia qualche perplessità.
Adesso ho ricevuto un invito a Milano su questi argomenti, cui sarà presente proprio Kipar. Mi piacerebbe anche, ma non posso proprio.
Ciao
Pietro
non mi lascia perplesso... mi lascia perplesso il commento di anonimo
robert
Penso che Anonimo abbia detto esattamente le cose come stanno. Ultimamente molti personaggi hanno (solo a parole) fatto retromarcia. Così, a partire da Koolhas che ha rinnegato la sua famosa frase "fuck the context", per passare da Piano, che dice e fa ciò che ha riassunto Anonimo, per arrivare a tanti altri personaggi che in questi giorni stanno speculando su tante cose che andiamo dicendo noi da tempo, ultimamente è un proliferare di finti "tradizionalisti" che hanno imparato ad abbindolare l'audience con argomenti largamente condivisi (tranne che da loro). In poche parole, molti di questi personaggi fanno, solo a parole, ciò che Terragni ha fatto nella realtà su suggerimento di suo fratello, il Podestà di Como che gli fece avere grandi incarichi: "presenta un progetto tradizionale, poi quando tiri su i ponteggi fai quello che vuoi!"
A presto
Ettore
ettore, anonimo ha messo nel canderone di tutto.
mart a rovereto. ha fatto bene alla città e tutti ne son contenti. non è high tech ed ormai è una presenza consolidata. fine.
piano. invito a guardare la recensione di romano sull'area ex-fiera: un modo corretto e per nulla ideologico sul guardare architettura-città-grattacielo. pure il grattacielo diventa tema collettivo.
http://www.esteticadellacitta.it/cityimage/recensioniprogetti/progettifiera2.pdf
sempre piano: invito a guardare l'intervento a lione, ottimo progetto di piccola cittadella, asse centrale con fronti, mix e linguaggio moderno. sistema di piste cicabli lungo il rodano che la raggiunge, bike-sharing e tram che la raggiunge (accanto un parco storico dell'800, un capolavoro contenente serre "high-tech" dell'epoca).
ij-burg. città di nuova fondazione ad amsterdam, isolati mixati e ibridati con altre tipologie, parchi, fronti strada, canali, sistema pubblico di trasporto funzionate a cui si somma la solita voglia di pedalare degli olandesi. il tutto schiettamente moderno, eccetto qualche raro intervento in "stile" che non è vietato.
infine... invito a guardare la moltitudine di architetture con bei muri inerziali anche se pluristrato (comprese quelli in legno) e non le quattro immaginette con gli edifici dalla pelle di vetro.
robert
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