Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


25 giugno 2010

I MISTERI DELLA CHIESA DI SAN PIO

Risvegliamoci e resistiamo al brutto che avanza”: è questo il titolo di un post di Francesco Colafemmina nel suo blog Fides et Forma. Il brutto di Colafemmina è riferito prevalentemente all’arte sacra, o meglio all'arte moderna che di sacro ha assai poco, architettura compresa, ma la frase ha lo stesso valore se riferita all’arte e all’architettura in genere.

Nel suo libro Il mistero della Chiesa di San Pio, progettata da Renzo Piano, il tenace e documentatissimo Francesco dimostra come in quella Chiesa non vi sia praticamente nessun segno tale da poter riconoscere in quell’edificio un luogo di culto cattolico, e questa è già la prova chiara ed evidente di un progetto sbagliato, prescindendo completamente dalla fede, o dalla sua mancanza, da parte di chi giudica. Quella, come molte altre contemporanee, è una Chiesa solo per un fatto di pura comunicazione: si chiama Chiesa, quindi è una Chiesa. Ma, dentro e fuori, di Chiesa cattolica c’è ben poco.


Se un architetto ha l’incarico di redigere un progetto, qualunque esso sia, e alla fine del processo consegna un edificio che non risponde alle caratteristiche e alla funzione richiesta, ma è altra cosa, come chiamare diversamente questo risultato se non errore?
Quali le cause possibili di questa evenienza? Tralascio del tutto la tesi del libro, peraltro assolutamente plausibile e ricca di indizi che in qualche caso potremmo anche chiamare “prove”, in cui si segnala la presenza di simboli riferibili all’esoterismo massonico, e mi limito a considerazioni generali applicabili a qualsiasi progetto o edificio costruito:
- La committenza ha fornito istruzioni ambigue o addirittura sbagliate, tali da lasciare al progettista un ampio margine di interpretazione personale. In questo caso si potrebbe ingenerare confusione nel progettista stesso e metterlo in uno stato di assoluta incertezza, e allora sarebbe probabile un progetto debole e contraddittorio. Non è però il caso in oggetto, perché l’edificio nasce su un impianto planimetrico e volumetrico preciso: quello di una conchiglia a spirale del tipo nautilus. Per questo basta guardare questa tesi di laurea, svolta in maniera del tutto indipendente da ogni influenza esterna.
http://www.youtube.com/watch?v=bRzrbybUmPA
Del resto, che la forma a spirale sia una scelta lo scrive Renzo Piano stesso nella breve relazione al progetto nel suo sito, anche se ci sono schizzi preliminari molto diversi. Dunque in questo caso, dato anche il lungo lasso di tempo trascorso tra progettazione e costruzione, che fa presupporre il fatto che molte persone ne abbiano potuto prendere visione, possiamo ritenere che la committenza fosse ben informata e che abbia condiviso il progetto. E’ perciò da ritenersi che per il committente quel progetto, con tutti gli arredi e opere d’arte presenti, corrisponda alla loro idea di Chiesa.



- La committenza ha chiesto il progetto per una determinata funzione, senza fornire troppe ulteriori specifiche, se non, si può immaginare, un bagdet. Nel caso specifico, trattandosi di una Chiesa e per di più dedicata ad un Santo veneratissimo e oggetto di culto popolare, destinata ad accogliere milioni di pellegrini all’anno, immagino che avranno chiesto anche una grande capienza e un’immagine forte e riconoscibile; richiesta questa implicita nella scelta stessa dell’architetto, il cui nome da solo è capace di produrre interesse, pubblicità, pubblicazioni, foto, interviste, libri, servizi TV e il consueto giro mediatico dell’archistar. Se così fosse l’architetto avrebbe redatto il progetto in maniera autonoma e in piena libertà. D’altro canto al nome Renzo Piano corrisponde una fama e un’autorevolezza tale da ritenere difficile l’imposizione di troppi limiti o intromissioni nella stesura del progetto.
Naturalmente i due casi non sono i soli possibili, essendo più verosimili situazioni oscillanti e intermedie. Ma il dato certo è che il progetto è uscito sbagliato, perché risponde più alla necessità dell’architetto di autorappresentarsi che non a quello di essere un luogo di preghiera, tant’è che le panche sono prive di inginocchiatoio, e non v’è dubbio che il responsabile primo sia il progettista.

Sono stato a San Giovanni Rotondo, circa tre anni fa e, prescindendo dal fatto che la geometria a spirale non è assolutamente percepibile ad altezza d’uomo, né fuori né dentro, confusa com’è con quell’elemento di disordine e di provvisorietà rappresentato dagli archi, i quali invece producono in genere l’effetto opposto di ordine e stabilità, e da quella copertura a corazza di coleottero sospesa su esili elementi metallici che frammentano del tutto la percezione unitaria del volume, che in planimetria appare invece geometricamente preciso e rigoroso, la prima cosa che si nota è l’orientamento della Chiesa, di cui non si trova l’ingresso, se non andandoselo caparbiamente a cercare. Ma poiché uno si scoccia dopo un po’, ci si infila nel primo fra i tanti boccaporti di nave che si trovano aperti e si finisce poi per trovare l’entrata....uscendo. Questa è collocata dalla parte opposta della spianata dalla quale si arriva e, per di più, in uno stretto spazio a ridosso di un muro a retta, e non ho potuto fare a meno di pensare al retro di un ristorante in cui si ammucchiano le casse di acqua e i rifiuti.



Una scelta davvero inspiegabile quella di collocare l’ingresso principale in un vero e proprio anfratto posto sul retro. Quali le motivazioni? Davvero non sono riuscito a darmi la spiegazione e, come me, molti altri.
Ma anche l’interno è disorientante: la selva di archi in conci di pietra che si tengono per effetto della precompressione (un inutile e costoso virtuosismo tecnologico) ha un primo impatto di una certa suggestione ma è solo un attimo, perché la confusione, il disorientamento e il disagio prevalgono. Per camminare si rischia continuamente di battere la testa sugli archi e manca del tutto quel senso di raccoglimento e di rispetto dovuto alla sacralità del luogo; quel sentimento che ti spinge naturalmente a parlare sottovoce, anche se non c’è una funzione religiosa in corso. Delle panche, di buon design e fattura ma senza inginocchiatoio, ho già detto.

Domanda: perché una Chiesa deve essere come una auditorium? Chi l’ha detto che un pellegrino debba pregare per forza seduto o in piedi e non possa inginocchiarsi, se non in terra? Chi ha stabilito che il fronte, debolissimo con un lezioso grigliatino da ufficio aziendale sopra la porta d’ingresso, deve essere nascosto nel retro? Questi sono misteri architettonici della chiesa di San Pio.
Ultima domanda: ma Renzo Piano avrà mai visto una Chiesa? Nessuno gli chiede di essere per forza credente ma è dovere dell’architetto documentarsi e mettersi nei panni di un fedele, oltre che conoscere la liturgia.
A meno che gli sia stato chiesto espressamente di fare una non-chiesa! Nel qual caso, sarebbe solo un brutto progetto di …..non so che cosa.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ci sono mai stato, ma quanto dici conferma proprio quell'impressione di disordine che quegli archi infondono. Perfino come auditorium o stazione ferroviaria risulterebbe discutibile.

Per quanto riguarda l'entrata sul retro, da quanto mi hanno detto, sarebbe dovuta a una modifica richiesta in un secondo momento da Valenziano. L'entrata laterale dalla spianata, infatti, è liturgicamente improponibile. Ecco la soluzione posticcia di quella porta da retrobottega.

Il problema è sicuramente a monte, è la committenza, colpevolmente sprovveduta e, mi è parso di capire, tutta intenta in altre priorità.

Pietro Pagliardini ha detto...

Se per entrata laterale intendi dal percorso a sud che guarda verso il paese e lungo il quale ci sono tutti i "boccaporti" che credo servano come uscite per sfollare la massa di persone che la Chiesa contiene, è chiaro che sarebbe stata altrettanto improponibile. Ma la normalità, se quella era l'unica collocazione possibile della chiesa, sarebbe stata farla sul lato della spianata, cioè ad ovest. L'orientamento ad est dell'altare che attualmente c'è, non è elemento vincolante, anche se preferibile, per le Chiese. Non a caso l'attuale Santuario ha ingresso ad est verso la piazza e altare ad ovest. Era francamente logico, da un punto di vista architettonico, collocare l'ingresso là dove si accede, cioè dove adesso c'è la vetrata dietro l'altare.
Questo dell'orientamento ad est dell'altare, ed anche delle spoglie del Santo, è un elemento che Francesco non ricordo se ha considerato tra i suoi numerosi indizi "esoterici", ma se non lo avesse fatto, sarà il caso che lo prenda in considerazione, perché impostare tutto l'impianto a spirale con l'altare ad est, mi sembra essere un altro bel tassello da aggiungere alle sue documentate "ipotesi".
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

In effetti mi sono riletto e non sono stato per nulla chiaro... Alle tue osservazioni, aggiungevo solo questo: l'entrata in asse con l'altare originariamente non sarebbe stata prevista da Piano, ma introdotta da Valenziano. E in effetti questa porta che liturgicamente è quella più importante non solo è adornata da simbologie estranee ma risulta pure posticcia, con quel grigliatino da centro commerciale.

Mi confermavi poi quell'impressione di disordine che risulta anche solo guardando le foto dell'interno. Manca unità e la gerarchia degli spazi. Ogni segmento è come estraneo all'altro: altro che chiesa come corpo mistico!

Pietro Pagliardini ha detto...

Dunque, se è vero che Piano addirittura non aveva previsto l'assialità tra ingresso e altare, sarebbe una ulteriore conferma di quello che io penso e cioè che più che di simbologie strane qui si tratta delle solita autorappresentazione del grande architetto, ma non dell'universo, bensì di questa terra molto glamour e pubblicitaria.
Certo, la committenza è debole se accetta e addirittura incoraggia questa totale destrutturazione dello spazio sacro, e qui Colafemmina ha certamente ragione. Mentre su tutta l'altra simbologia, compresa la spirale che finisce nell'altare, in cui io vedo, ancora una volta, una sorta di principio di "coerenza" del progetto - cioè sarebbe stato inutile evocare il principio generatore della spirale e poi collocare l'altare in un posto a caso - io credo sia solo la logica conseguenza di andare ad utilizzare artisti contemporanei i quali mettono insieme segni di cui, probabilmente, non conoscono nemmeno il significato e l'origine.
L'errore di Francesco io credo sia quello di dare troppo credito all'intelligenza e alle conoscenze degli altri e invece la realtà penso vada trovata, più prosaicamente, nell'ignoranza.
Come scrive Introvigne nel suo ultimo libro, il Segno ritrovato, se vogliamo trovare simbologie nella pianta di una città, basta tracciare a caso un po' di linee rette e potremo leggere croci, stelle, triangoli e quant'altro.
Qualunque ne sia la causa, tuttavia, quello che conta è il risultato e questo è decisamente pessimo e Francesco ha ragione a dire: Risvegliamoci e resistiamo al brutto che avanza.
Ciao
Pietro

enrico d. ha detto...

Vedo, caro Pietro, che ti riferisci alla chiesa di San Giovanni rotondo come alla "chiesa di san Pio".
Sei uno dei pochi: per la stragrande maggioranza è "la chiesa di Renzo Piano".

Qualche anno fa, intervenendo in un dibattito a più voci sul Covile, riguardo l'architettura religiosa, ebbi occasione di esprimere la mia opinione che riporto

"E forse non è un caso che di una chiesa moderna si dica “la chiesa di Aalto, di
Meier, ...” e non si faccia riferimento alla comunità che sta (dovrebbe stare)
dietro all’opera. L’esempio di S.Giovanni Rotondo è eloquente: la chiesa di
Padre Pio è “la chiesa di Renzo Piano”, mentre, per fortuna, nessuno conosce
l’architetto del grande ospedale lì vicino.
Indovina qual è la vera eredità di Pio ?"

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro enrico, non c'è dubbio che quella Chiesa sia più la celebrazione dell'architetto, e dei suoi committenti, che non quella di Padre Pio, a cui è destinata, e per cui avrebbero dovuto essere spese le offerte dei fedeli, beffati anche dalla traslazione delle spoglie del Santo che pochi volevano.
D'altronde perché fare una nuova Chiesa, dato che già ce ne era una?
L'unico motivo valido era per poter accogliere il maggior numero di pellegrini possibile, senza costringerli a code e, in qualche caso, a dover rinunciare ad entrare, specie per coloro che fanno la visita di un solo giorno che si riduce poi a poche ore. Quale altro motivo logico e razionale avrebbe potuto e dovuto esserci?
Certo, è accaduto altre volte che, a maggior gloria di un Santo, lo si sia voluto celebrare con una fabbrica più bella e importante, ma chiamando Renzo Piano anche i sassi sapevano che sarebbe stato prodotto un edificio glamour, basato sulla provvisorietà. E infatti lo sapevano e l'hanno scelto apposta.
Chi ha deciso così si è comportato esattamente come una qualsiasi grossa società immobiliare che, per fare passare un'operazione, utilizza il grande nome come grimaldello e specchietto per le allodole: hanno fatto, cioè, un'operazione finanziaria e pubblicitaria e hanno chiamato un nome importante perché soverchiasse quello di Padre Pio, evidentemente ritenuto, da solo, poco "attrattivo".
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

Beh ma Piano è uno degli architetti 'eletti' del mondialismo, coacervo di poteri che da almeno due secoli impongono ovunque, tra le altre cose, la loro simbologia. Lasciare questi segni è equivale a fare quello che fanno i cani quando segnano il territorio con la loro urina o i camorristi quando scrivono 'Dio c'è' sui cavalcavia. Pretendere che le tracce sparse da Piano siano dovute a infortuni o errori mi sembra un po' troppo autoconsolatorio.

Pietro Pagliardini ha detto...

Concordo sulla prima parte del tuo commento. Sull'autoconsolatorio non direi proprio. E' il mio approccio al mondo ad essere diverso: non sono un retroscenista, non ritengo che la maggioranza delle persone siano di intelligenza superiore e, per i complotti che funzionano occorrono intelligenze superiori e non basta: ci vuole un centro di comando unico. Ti sembra una società dove c'è un centro di comando unico che dà disposizioni di ogni genere?
A me sembra solo ci siano molti centri di potere che si annullano a vicenda e una grande confusione, a partire dagli USA in giù.
Figuriamoci in Italia e a San Giovanni Rotondo!
Saluti
Pietro

eb ha detto...

Caro Pietro concordo pienamante con l'articolo, con l'autore del libro e con i commenti fatti e aggiungo ulteriori considerazioni.
Rispondo più da cristiano e da esperto di iconografia pittosto che da architetto.
Senza dubbio quando il modernismo tratta il tema 'Chiesa' viene allo scoperto il volto più aggressivo e feroce di questo movimento. Il tema viene sempre trattato con disprezzo (da Ronchamp in poi), venendo considerata la chiesa un oggetto architettonico inutile o con una scarsa funzionalità (un semplice contenitore), ignorando che esiste anche un'altro tipo di funzionalità, quella nei confronti della parola evangelica. Di conseguenza l'edificio diventa il luogo di sfrenata e sfrontata sperimentazione, che autorizza gli architetti modernisti all'arbitrarietà più assoluta, in quanto loro stessi considerano del tutto arbitraria la fede cristiana. Il loro mondo poetico, la loro creatività, equivalgono per loro alla spiritualità, ignorando che quest'ultima è cosa assai più concreta di quanto loro possano immaginare. L'edificio in questione comunica un forte senso di disordine, di provvisorio, di effimero, è assimmetrico e disordinato, non vi è nessun elemento che appartiene alla tradizione architettonica cristiana, ne una chiara simbologia cristica. Ha forme irregolari non antropomorfe desunte tutte dal mondo animale, vegetale e minerale (è una chiesa dove si nega al fedele addirittura il volto di Cristo).
L'arte cristiana nei secoli assume una precisa connotazione al di sopra dei vari stili, come ebbi già adire in un mio articolo: ... L'antropomorfismo cristico è la vera novità e caratteristica peculiare del cristianesimo ... vincolante è la relazione tra il corpo di Cristo come uomo divino e il Tempio/Ecclesia. L'edifico ecclesiastico non può essere altrimenti conformato se non come immagine o rappresentazione del corpo di Cristo. Non è quindi una scelta arbitraria dell'architetto che gli edifici ecclesiastici nei secoli prendano a modello prorio il corpo di Cristo ... Il tempio é quindi anche il corpo dell'uomo, del cristiano che si identifica con l'uomo perfetto, il Cristo stesso ... Questa concezione antropomorfa archetipica si concretizzata sia nelle grandi dimensioni della pianta dell'edificio ... sia nelle parti di scala inferiore (facciata, navate, pilastri, cornici). (Per leggere tutto l'articolo: http://lacapannainparadiso.blogspot.com/2009/05/riflessioni-sullarchitetura.html)
- continua -

eb ha detto...

Certamente tutte queste considerazione non garantiscono una ricetta unitaria e definitiva per la costruzione di una chiesa, e indubbiamente oggi costruire questo edificio è certamente problematico, ma le parole del Vangelo rendono evidente che nelle chiese moderniste e in particolare questa in esame, siamo molto lontani da ciò che i Vangeli esprimono.
In questa chiesa il problema non si ferma solo a delle mancanze formali, purtroppo, c'è qualcosa di più pericoloso rispetto al puro nichilismo modermista.
Quel che è più grave per un cristiano è il programma iconografico nella sua interezza, architettura, pittura e scultura insieme.
Sono presenti in questa chiesa tutta una serie di simboli (sarebbe meglio chiamarli segni) confusi o invertiti nel loro significato e di diversa origine da quella cristiana: massonici, alchemici, forse anche orientali, altri inventati. E non è tanto l'uso di simboli non propriamente cristiani che nell'antichità si trovano in tutte le epoche, ma è l'insieme iconografico che risulta assai confuso, distorto nei significati, con molti errori dal punto di vista dottrinali, e con allusioni tutt'altro che positive.
La spirale è una forma usata dal Borromini in S.Ivo alla Sapienza nella lanterna della cupola, una spirale ascendente che salendo si restringe e si rettifica: la via del peccatore prima ampia e contorta che per ascesa in virtù della Sapienza Divina diventa una via retta (nel senso sia dritta che giusta) e porta all'unione con Dio.
Questo è un uso del simbolo preciso e corretto, un particolare di un'insieme complesso e articolato e perfettamente coerente in tutte le sue parti.
Invece la spirale di Piano, ingigantita, diventa la pianta dell'edificio. Il decorativismo vietato dal dogma modernista si ingigantisce e diventa struttura. Questo meccanismo crea un percorso contorto e non univoco all'interno dell'edificio, viene a mancare la "retta via" che conduce a Cristo (l'altare, la teofania), viene a mancare il rapporto "faccia a faccia" tra il fedele e Dio (nella basilica il fedele subito all'ingresso è attratto dal mosaico teofanico del catino absidale che lo costringe a seguire una via diritta e unica, che sta a significare una "via di verità" di avvicinamento al divino).
La spirale di questa chiesa, non solo non ha valore simbolico corretto perchè non porta a nulla, non ascende, anzi suggerisce un movimento di decrescità, verso la cripta di tipo infero, oppure di crescita verso la vetrata e il piazzale esterno all'edificio, ribaltando il rapporto gerarchico della chiesa tra esterno ed interno.
Mi fermo quà ma ci sarebbe ancora e altro da dire.
Ciao,
Enrico Bardellini (La Capanna in Paradiso)

Pietro Pagliardini ha detto...

Enrico la tua analisi è lucidissima, chiara e molto colta, come d'altra parte lo è il tuo blog e dunque il suo autore.
Posso solo aggiungere che il volto aggressivo del modernismo si esalta e si può leggere con molta più chiarezza nell'architettura e nell'arte sacra e in quella cristiana in particolare. Mi domando cosa accadrebbe se nel progettare una moschea o una sinagoga le si riempissero di immagini divine!
A nessuno verrebbe neanche in mente una bestemmia del genere, e giustamente aggiungo.
Questo dimostra due cose: da un lato l'arroganza degli architetti, che progettano per se stessi a prescindere (non solo nelle Chiese), dall'altro la confusione dottrinaria, o peggio, di quel settore della committenza che ha il potere di decidere in questo campo, che si comporta con lo stesso atteggiamento dell'architetto, cioè innalza tempi a se stesso.
Grazie
Pietro

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