Un link al giornale Libero con un'intervista a Luca Molinari, curatore del Padiglione Italia della prossima Biennale:
La domanda è: sarà vero? A giudicare dalla biografia del nuovo direttore della Biennale, Kazuyo Sejima, non c'è da esserne affatto certi!
16 commenti:
Nonostante la professata assenza di ogni tipo di 'continuità storica', mi pare che i progetti di Kazuyo Sejima, a giudicare da ciò che ho visto in rete, siano 'giapponesi' come di più non si potrebbe. Forse intendeva 'continuità storica' rispetto alle culture degli altri .......
Vilma
A dire il vero, Vilma, io non so chi sia nè ho avuto tempo di guardare i suoi progetti.
So che in qualche giornale è stata presentata come un'archistar, ma può darsi che sia la solita approssimazione giornalistica.
E sempre ad essere sincero non so nememno chi sia Luca Molinari. Per cui la mia incertezza è assolutamente sincera.
Posso però provare ad immaginare, facendo un pò di dietrologia:
Molinari è stato nominato dal Ministro Bondi; Bondi è un politico attento e prudente e potrebbe avere scelto una figura di mediazione. Azzardo questa ipotesi da ciò che Molinari dice nell'intervista: mi sembra che non voglia scontentare nessuno. Ha colto evidentemente che c'è un clima generale che non è a favore del "nuovo" e tantomeno del "folle" e quindi rispetto dei luoghi e della tradizione ma senza rinunce alla modernità.
Può voler dire tutto e niente e solo dopo che ci saranno i fatti si potrà dare un giudizio.
Insomma, ho un pò elucubrato.
Scusami Vilma, ma non ho firmato nè salutato e ho lasciato il commento con un altro account.
Comunque sono io
Ciao
Pietro
Che Molinari abbia queste intenzioni è lodevole, ma ho i tuoi stessi dubbi al riguardo. Su Sejma, ormai tutti gli architetti famosi sono presentati come archistar... Trovo ormai anche stupido e superficiale questo neologismo. Non lo è per caso? D'altronde è stato coniato nella tesi di laurea di due ragazze di non so quale facoltà... Un pò come dire: Archisushi, Archicantante, Archipennina, Archipuledra, ect...
Pietro,
il problema non è disconoscere Kazuyo Sejima o Lucas Molinari. Il problema è avere un’opinione a ogni costo facendo un commento simil dietrologico che possiamo definire postlogico.
A volte sarebbe opportuno tacere soprattutto se ignoriamo la storia delle persone ma si sa qui come su Libero l’ecologia della parola non è ben vista.
Matteo Tosi:
«forse anche perché ormai da qualche tempo impazza in rete e non solo la protesta di una nutrita schiera di credenti contro la bruttezza e la vacuità dei più recenti edifici di culto, in testa la famosa chiesa-cubo inaugurata lo scorso aprile a Foigno(sic!) su progetto di Massimiliano Fuksas»
«Verrebbe da pensare che stia per usare l’aggettivo “tradizionale”. Il che, qui da noi, pare assolutamente sconveniente per uno appena nominato da un governo di centrodestra, stia attento a non tirarsi addosso gli strali dell’italica intellighenzia».
[…]
«Anche secondo lei, quindi, è finita l’era delle archistar tutte minimal e concettuale? Condivide anche lei le polemiche scoppiate durante la scorsa Biennale, che denunciavano edifici pensati senza l’uomo che avrebbe dovuto viverli?»
“la vacuità dei più recenti edifici di culto, in testa la famosa chiesa-cubo”! Mah!
“italica intellighenzia”! Boh!
“era delle archistar tutte minimal e concettuale”! Basito!
Mi chiedo ma che domande sono queste?
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Salvatore, io non disconosco i due ma non li conosco, ed è lievemente diverso.
Quanto al resto a me pare che sia proprio dell'uomo interpretare la realtà. Dunque io leggo una notizia, legata ad un'altra, collegata ad un'altra ancora; leggo anche due biografie, di due persone. Poiché sono dotato di una parte del cervello che non è solo hard-disk, contenitore di dati, ma è anche software e quindi svolge determinate operazioni, cerco di interpretare, di capire. Azzardo ipotesi, faccio congetture e non le spaccio come fatti.
Che c'è di strano in questo?
Lo stesso fai tu su Matteo Tosi, solo che forse pensi di farlo meglio.
Saluti
Pietro
Peja, continuo a non sapere se la nostra dal nome impronunciabile appartenga alla categoria, ma ho letto il suo discorso di presentazione ed è semplicemente allucinante. Un insieme di nonsense da far venire la pelle d'oca non per i contenuti ma per la totale assenza di contenuti.
Domani se ho tempo lo posto perché è raro trovare del vuoto spinto fino a questo punto.
Sinceramente la presa in giro ha raggiunto e superato ogni limite.
Saluti
Pietro
Pietro,
un po’ di coerenza un fazioso reazionario disconosce, non mi venire a raccontare favole di aperture critiche al di fuori della tua idea. Tutti i tuoi articoli sono costruiti sulla base della tua unica-semplice-autoritaria idea trasposta da Krier/Salingaros/Caniggia/Muratori.
Spesso ti ho invitato a parlare concretamente di altre idee e autori ma non ho mai visto niente di nuovo.
Infine io non faccio congetture sulla base di niente, ho analizzato semplicemente le domande di Matteo Tosi mirate a raccontare la sua idea dell’architettura senza ascoltare il suo interlocutore.
Un brutto vizio dei nostri giornalisti di destra e sinistra che costruiscono articoli secondo ciò che vogliono dire.
Caro Peja il lemma ‘archistar’ è utilizzato da chi non vuole parlare di architettura ma del proprio gusto architettonico possedendo una striminzita grammatica architettonica. Per questo motivo è amato dai giornalisti, dai reazionari e dagli ecologisti o ecoestremisti.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
P.S.: ovviamente si chiama Luca Molinari no Lucas Molinari
Caro Salvatore, io ho passato la fase adolescenziale della Hit parade o della top ten, per cui sono del tutto disinteressato a sapere chi siano Molinari o Sejima fino a che non capita, come in questo caso, che mi faccia comodo, per i miei faziosi interessi culturali, andare a vedere di cosa si tratta, dato che da qui ad un anno ce li ritroveremmo in ogni dove, lodati e osannati come star. Non mi interessa leggere le novità sulle riviste pseudo-specializzate perché mi basta sfogliare i settimanali o aprire la news di archi-portale e europaconcorsi per vedere progetti tutti banalmente e drammaticamente identici, direi quasi accademici, per comprenderne il livello. Sono stufo di mandare a memoria nomi di studi assurdi che contengono un + o un -, due numeri e qualche lettera come i gruppi pop o rock. Lascio a te questo inutile sforzo mnemonico che temo comprima l’utilissimo sforzo di elaborazione.
Tanto che ci sono, visto che tu ritieni di essere molto maieutico, vorrei dirti che forse non lo sai, ma nelle domande che fai in giro e che fai nel tuo blog c’è una faziosità spaventosa e subdola perché non dichiarata. Dovresti sapere che dietro ogni domanda c’è già l’aspettativa di una risposta e fare una domanda in un modo o nell’altro indirizza l’intervistato in una direzione o nell’altra.
Dunque finiscila di metterti super partes perché è bene che tu sappia che:
a)Non sei un critico
b)Non sei asettico ma sei molto fazioso
c)Non sei un portatore di verità assoluta ma della tua verità.
Proprio come me, ma io lo so, tu no.
Saluti
Pietro
Pietro,
quindi disconosci.
Non credi di essere contraddittorio: «mi basta sfogliare i settimanali o aprire la news di archi-portale e europaconcorsi per vedere progetti tutti banalmente e drammaticamente identici, direi quasi accademici, per comprenderne il livello», poiché in queste pagine proponi delle regole, un’architettura che si rifà a canoni ‘antichi’, drammaticamente identici a codici del passato, parafrasando la tua frase banalmente ‘finti rustici’.
Grazie per la critica, per fortuna ogni tanto commento su questo blog per ridimensionare il mio ego e in qualche modo prendere coscienza del mio agire immaturo.
Io non sono super partes cerco di colloquiare con un po’ di gente.
A) Non esiste in Italia la scuola di critico quindi è un mestiere che s’impara leggendo, osservando e soprattutto scrivendo con serietà.
B) Ho un punto di vista ma al momento non godo di benefit e soprattutto non tesso elogi in modo incondizionato.
C) Non credo nella verità, Bertold Brecht diceva che occorre cambiare radicalmente idea ogni sette anni io cerco di farlo ogni sette giorni.
Inoltre io non sono come te, credo che siamo totalmente diversi. Questa cultura della semplificazione, dello screditare e di ridurre tutto in una grande bagarre è tua non è la mia.
Dalle mie parti si dice ‘nun ammiscamu robba’.
Facevo solo due semplici considerazioni:
1) perché avere un’opinione su tutto anche se si disconoscono gli argomenti?
Questa era la mia domanda.
La tua risposta scivola su considerazioni personali a mio avviso inutili.
2)che cosa significano “chiesa-cubo, italica intellighenzia, archistar tutte minimal e concettuale”?
Per me questo è giornalismo senza senso.
Perdonami mi puoi spiegare qual è la parte subdola del mio pensiero/blog?
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Rispondo alle ultime domande:
chiesa-cubo perchè è una chiesa a forma di cubo
italica-intellighenzia perchè la cultura italiana è molto inquadrata e simile a quella ufficiale di un regime che non c'è più
archistar minimal e concettuale perchè molte archistar sono minimal e concettuali. Se non sai cosa significa informati.
Io non scredito nessuno, rivendico il sacrosanto diritto di protestare contro una italica (e non solo) intellighentia che con la sua cultura minimal e concettuale fa le chiese a forma di cubo.
Ti ricordo che hai sempre la tua sacrosanta libertà di non leggermi proprio se trovi che io sia così carogna e ignorante.
Vivaddio internet ci consente un click e arrivederci.
Saluti
Pietro
Pietro,
ma stai scherzando!
Io non ho mai detto e pensato che tu sia ‘carogna e ignorante’.
Mi sono sempre limitato ai concetti che esprimi.
Non voglio essere supponente ma mi dici ‘Se non sai cosa significa informati’.
Ti spiego perché Matteo Tosi non è un giornalista o meglio un giornalista militante.
La chiesa di Fuksas non è un cubo sia per dimensioni sia per l’ideazione architettonica. La sua austerità esterna cela un complesso gioco di luci interni mediata con l’artista Mimmo Palladino.
Il cubo come figura geometrica interessa molto a Franco Purini (vedi alcuni esercizi chiamati morfeni) o l’edificio per la Coop realizzato a Ravenna chiamato appunto Kubo.
Come una variazione sul tema è una delle prime case sperimentali di Peter Eisenman.
Sulla cultura predominante in Italia sarei molto cauto è vero che ci sono dei settori culturali monopolizzati da una certa cultura di Sinistra ma spesso -ahimè- sono autoreferenziali e si rivolgono a un pubblico di nicchia. Diciamo che sbagliano tiro poiché la vera indottrinazione avviene attraverso la TV circa il 50% della gente s’informa attraverso la TV, ed escludendo alcuni programmi di nicchia o per nottambuli la TV è molto di destra.
Non sarei così netto nei giudizi.
Fantozzi è di sinistra ma Alberto Sordi, Lino Banfi, Franco e Ciccio, Alvaro Vitali, Massimo Boldi, Cristian De Sica, Vanzina non lo sono. Dimmi fa più cultura un film di Natale dei Vanzina o Vincere di Marco Bellocchio?
Sul concetto di TV e Web t’invito a dare un’occhiata a questo link: http://www.facebook.com/photo.php?pid=30607325&id=1543884450#/photo.php?pid=30605958&id=1543884450
Minimal concettuale è un ossimoro, come dire architettura verde o morto vivente.
In arte:
per minimalismo s’intende un’opera composta con pochi elementi e priva di riferimenti concettuali;
per concettuale è l’idea che predomina sulla fattura dell’opera.
Ambedue i movimenti nascono intorno gli anni 60’ non sono simili ma esprimono concetti profondamente diversi.
Mi scuso per la pignoleria ma mi è stata richiesta.
Io penso che alla base del tuo pensiero ci sia l’idea di una critica al pensiero moderno che io condivido ma non concordo con la tua visione revisionista politica a senso unico e la tua soluzione al problema.
Ecco perché leggo e commento il tuo blog.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Salvatore, non è che io possa scegliere il tipo di commenti dato che ognuno scrive ciò che vuole ma, se potessi, sceglierei commenti come quest'ultimo che hai lasciato, per il fatto che spieghi.
Nel merito:
non so dirti se alla base del mio pensiero ci sia una critica al pensiero moderno nella sua totalità. In realtà non credo sia proprio così, non in maniera così radicale almeno. Tra l'altro io non ho la pretesa di raggiungere vette simili, e lo dico senza alcuna ironia; certo, ci sono aspetti della modernità che io considero fortemente negativi, in campo bioetico, ad esempio, dove giudico che per molti aspetti stiamo facendo passi indietro ad un periodo che io considero terribile, come quello dell'eugenetica nazista; e anche verso il mondo della cultura, specie quello italico, non nego di provare una forte disistima, perché intrinsecamente legato al potere (fino ad oggi, inutile negarlo, di sinistra ma pronto a cambiare colore per rimanere in sella) e al denaro ma spacciato come libera espressione del pensiero; in realtà c'è solo conformismo e credo siano rarissime le voci libere. Certamente non apprezzo della modernità l'architettura; ma questa condizione non è nemmeno figlia di chissà quali ragionamenti ma, banalmente, parte dalla constatazione della realtà che è un fallimento totale. La città è disintegrata e non è che lo sia solo per cause strutturali ma, in gran parte, per motivi sovrastrutturali, cioè per scelta culturale. La città è diventata ormai il campo di gara di politici e architetti, uniti insieme dalla stessa spinta individualista ad apparire e prevaricare i cittadini;
e, dato che della modernità non potrei fare a meno della democrazia e della libertà, e basta questo a rendermi felice di vivere nel nostro tempo, sono certo che solo se i cittadini si riapproprieranno della città e delle sue scelte fondamentali la città potrà salvarsi e con essa l'architettura.
E non credere sia un'idea utopica ma è tecnicamente molto più semplice di quello che sembra. E' solo questione di riuscire a farla passare e una strada passa per la "demolizione", letterale, dei moderni miti dell'architettura.
Di qui la mia indifferenza ai nomi degli architetti, che considero, nella maggior parte dei casi, intercambiabili, compreso il Fuksas di Foligno.
Di qui la mia dietrologia sulla Biennale che, più notizie acquisisco e più considero fondata. Ma su questo non resta che aspettare e ne potremo riparlare a settembre 2010, se ne avremo ancora voglia.
Saluti
Pietro
solo una piccola chiosa sulla intervista e sulla professionalità del giornalista. In occasioni simili, può accadere (accade) che i due si incontrano, parlano, e decidono di pubblicare qualcosa. e che l'incombenza sia lasciata ad uno solo dei due. In questo caso è probabile che l'architetto abbia prodotto un testo, che è poi stato trasformato in intervista. E' una cosa facile comoda e spesso usata nelle redazioni.
@ Salvatore:
È vero! Lo sto odiando, non riesco più a sentirlo. Un po come il termine "vaccino"...
@ Pietro:
Allora le nostre preoccupazioni sono confermate!
Peja, ripeto che è bene aspettare qualche scelta concreta ma, se il linguaggio ha la sua importanza in quanto specchio del pensiero, dalle dichiarazioni della Direttrice esce fuori un nonsense, una manacanza assoluta di significato, insomma quasi un vuoto che non lascia bene a sperare.
Però io penso che possiamo sopravvivere anche con una Biennale qualsiasi, per quello che servono questi festival! In fondo con un San Remo buono o uno cattivo la musica non cambia il suo corso.
Ciao
Pietro
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