Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


24 giugno 2009

COMMENTO SU KRIER A NOVOLI

Pietro Pagliardini

In un articolo su la Repubblica edizione di Firenze, l’architetto Antonio Godoli, direttore del Dipartimento Architettura degli Uffizi, presente all’incontro di Lèon Krier con la cittadinanza a Novoli, oltre a continuare nell’improponibile difesa d’ufficio (d’ufficio?) del Palazzo d’in-Giustizia di Leonardo Ricci, scrive, tra l’altro:

Credo che l’errore del Comune fiorentino fu proprio quello di chiamare un unico progettista e di un preciso indirizzo architettonico a disegnare un pezzo di città, pensando così di risolvere automaticamente ogni problema, facendogli riproporre forma, dimensioni e tracciato uguali a quelli di un insediamento storico. Krier rappresenta quel pensiero che vuole il linguaggio dell’architettura moderna causa di ogni male, di ogni disagio, di qui il ritorno a canoni, principi del passato. E’ evidente il richiamo, il fascino dei centri storici ma essi sono prodotti da stratificazioni di eventi nei secoli, memoria del passaggio della vita, la ricostruzione artificiale della loro forma non riprodurrà mai la felicità di un tempo”. Conclude attribuendo a Krier stesso una parte della responsabilità per il disagio dei residenti. Non si capisce, in verità, come possa essere responsabile di un progetto non suo, nè l'articolo accenna ad una spiegazione, ma questo non è l'argomento del post.


L’architetto Godoli è un caso rappresentativo, e non mi riferisco alla persona ma al ruolo che egli svolge e all’istituzione che egli rappresenta ai massimi livelli, di uno strano sdoppiamento della personalità niente affatto infrequente nel mondo della tutela dei monumenti e del patrimonio storico in genere.

Una persona normale, anche un architetto normale, sarebbe portato ad immaginare che l’Istituzione che sovrintende al patrimonio storico dell’architettura dovrebbe nutrire un amore per determinate forme, per un certo tipo di architettura diciamo classica e che aspirasse a vedere riprodotta, almeno in parte, tale bellezza anche negli edifici e nella città nuova. Invece non è così. Diranno gli amici modernisti: ma è ovvio che non sia così, anche se sono restauratori (o conservatori?) vivono nel loro tempo e quindi desiderano l’architettura della modernità! Anzi, immagino che proseguirebbero, proprio per l’amore e il rispetto dell’arte e dell’architettura antica, desiderano, anzi auspicano ed esigono che non si faccia ad esse il verso creando “falsi” che, quand’anche fossero del tutto simili al vero, trarrebbero in inganno gli abitanti e gli osservatori, e sarebbero inoltre anacronistici e sbagliati perché non adatti alla società contemporanea. Forse direbbero anche altre cose, meno garbate, ma per certo queste non mancherebbero.

Tralasciando il luogo comune della non meglio identificata modernità, perché se io faccio un edificio oggi è moderno per definizione, anzi contemporaneo, ma questa semplice ed evidente verità è abbastanza dura da farla entrare in testa a molti, è interessante ricordare come il prof. Paolo Marconi spiega questo paradosso molto italiano nel suo libro “Il recupero della bellezza”. Egli lo fa risalire ad Arrigo Boito e alla trasposizione in architettura della deprecabile usanza del falso pittorico (venduto però come autentico). Ecco il distico di Boito sotto accusa: “far io devo così che ognun discerna/esser l’aggiunta un’opera moderna”.

Marconi avverte però che Boito si riferiva solamente al restauro archeologico ed era rivolto contro i falsari-duplicatori. A questo Marconi fa risalire la cultura modernista delle Soprintendenze, le quali seguono il principio della “conservazione” piuttosto che quella del restauro.
Ha sicuramente ragione, come avrà sicuramente ragione quando attribuisce anche a Cesari Brandi l’equivoco di aver assimilato le falsificazioni di oggetti d’arte finalizzate a frodi commerciali alle “repliche architettoniche a fini di conservazione dei monumenti, seguendo troppo pedestremente l’invettiva di Boito”.

Ma a me sembra vi sia anche dell’altro, più profondamente legato alla cultura architettonica del novecento. Per questo riporterò parte di un post scritto circa un anno fa:

"Parlare di falso vuol dire partire inevitabilmente dalle teorie estetiche e dalla teoria del restauro. L’origine del dibattito e le diverse posizioni sono riconducibili a Ruskin e Viollet le Duc, l’uno con la sua intransigente visione di non restaurare i monumenti e lasciarli decadere per farli tornare parte della natura da cui provengono, una concezione frutto di profonde e rispettabili convinzioni personali ma difficilmente praticabile; l’altro con l’introduzione del restauro stilistico che ammette, quando non vi è sicurezza dell’originale, l'aggiunta cercando di interpretare le intenzioni autentiche dell’autore o, addirittura, l'invenzione, cioè il massimo del “falso”.

Ma è la Carta di Atene che istituzionalizza il concetto di falso, stabilendo che laddove vi è la necessità di inserire nuovi elementi, questi dovranno essere chiaramente leggibili, per riconoscerne l’epoca e per non creare, appunto, falsi.
Questa è la teoria che ha dominato il XX secolo e il metodo di lavoro delle Soprintendenze, trasformandola però nel manuale del politically correct dell’architettura, perché, col trascorrere del tempo, questa è trasmigrata, per osmosi, dal restauro al progetto, con la conseguenza che “l’antico” è stato definitivamente fossilizzato e fissato all’epoca di appartenenza e, per analogia con la teoria del restauro, il nuovo si dovrà esprimere con le forme e con i materiali del proprio tempo; così si è determinata la paradossale situazione che tutto ciò che è antico è intoccabile ma, quando si deve intervenire accanto ad edifici antichi o dentro la città storica si ammetterà qualunque cosa, purché “moderna”.

E’ da qui che è nato il luogo comune e il pregiudizio di falso = zotico; invece io affermo che la falsificazione è una qualità fondamentale dell’architettura”.

Ecco mi pare che questo post si adatti benissimo a quanto l’architetto Godoli ha scritto e a quanto ha detto durante l’incontro.

Per inciso, l’architetto ha dichiarato, con un certo orgoglio, di aver partecipato alla commissione che ha selezionato il progetto di Arata Isozaki per gli Uffizi.
Sì, proprio la famosa pensilina-gazebo.
E' stato forse l'unico momento della serata in cui si è sentito un mormorio e un mugugno proveniente da gran parte del pubblico, ma questo non l'ho letto ancora in nessun articolo di giornale.


24 commenti:

Salvatore D'Agostino ha detto...

Pietro,
«A Krier del parere della gente sembra comunque interessare poco. "Alle idee di un urbanista- dice - non si devono mettere ostacoli. Non bisogna dare l’opportunità di parlare a chi non deve giudizi sull’architettura".» (La Nazione)
Puoi confermare?
Quest’aria da architetti ‘sfigati’ mi dà noia.
Credo che la tua verve critica non ti aiuti.
Scrivere: «del Palazzo d’in-Giustizia di Leonardo Ricci,» e poi «Per inciso, l’architetto ha dichiarato, con un certo orgoglio, di aver partecipato alla commissione che ha selezionato il progetto di Arata Isozaki per gli Uffizi.
Sì, proprio la famosa pensilina-gazebo.»

Mi devi dire come si può rispondere a tale semplicistiche invettive?

«E’ da qui che è nato il luogo comune e il pregiudizio di falso = zotico; invece io affermo che la falsificazione è una qualità fondamentale dell’architettura”.»

Giustamente t’indigni con chi non approfondisce criticamente le tue idee.

A tal proposito mi piacerebbe un tuo scritto sull’architettura contemporanea che non usi luoghi comuni, ben argomentata e autorevole.

Il blog ‘La capanna in paradiso’ ha un grosso pregio, l’analisi critica, ed è molto più convincente delle tue urla da fustigatore del moderno.

Abbi un po’ di rispetto per il lavoro degli architetti, anche se ‘malati di moderno’.

Questo blog sta andando alla deriva perché parla di architetti dal dente avvelenato.
Noto il rancore di quei coinquilini sempre insoddisfatti perché invidiosi delle piccole e presunte virtù altrui.

Un po’ di sana critica quando arriverà?

Saluti,
Salvatore D’Agostino

Pietro Pagliardini ha detto...

Forse Salvatore non hai capito: io non perdo tempo a criticare mostri come il Palazzo di Ingiustizia che parlano da soli. Lo vedi (anche se non lo guardi) e ti dice da sè quello che è. Fargli una "sana critica" come la chiami te vorrebbe dire stare al gioco.
La sana critica per quell'affare da 30 milioni di euro di costo per il comune di Firenze, per mantenerlo e gestirlo, consiste nel cercare di vederlo il meno possibile, visto che non si può abbatterlo.
Quanto alla deriva te ne spiego il significato: girovagare in mare senza trovare un approdo. Dunque io l'approdo l'ho trovato, ogni tanto esco in mare ma poi so dove sono i porti.
Ho l'impressione che alla deriva ci sia te, che non sai dove approdare-
Saluti
Pietro

Salvatore D'Agostino ha detto...

---> Pietro,
mi piacciono la deriva e il non approdo, non a caso il sottotitolo del mio blog è: «Questo è un blog in transito, una scialuppa di salvataggio in navigazione precaria.» :-)
Non ho bisogno di certezze e di fare gruppo.
Per me gli approdi sono luoghi da dove fuggire.
Pietro smile! :-) Ti prendi troppo sul serio.
Saluti,
Salvatore D’Agostino

Michele ha detto...

@ Salvatore:
Allora se è il sottotitolo del tuo blog....allora c'hai ragione te....

La tua argomentazione sul non bisogno di certezze, ecc... sta in piedi ed è giusta se si parte da un presupposto.
Il seguente: non esiste un bello universale, tutti i gusti son gusti, ecc... ecc...

Se tale presupposto invece non fosse vero, o si sta da una parte o dall'altra, si si no no, bianco o nero, certezze. Giusto prendere posizione e non esisterebbe una fantomatica "terza via".

Pietro Pagliardini ha detto...

Michele, il fatto è che io vengo accusato da Salvatore di andare alla deriva mentre se ci va lui è una scelta nobile.
Ma questa è proprio bella!
E poi sono io a prendermi troppo sul serio!!!!!!!
Saluti
Pietro

ettore maria ha detto...

questa storia della stratificazione è del tutto relativa! Mi correggo, essa è verissima, ma lo è altrettanto il fatto che, in passato, sono stati creati luoghi che, pur nascendo da zero, hanno saputo ricreare le qualità della città storica, inclusa la "felicità di un tempo" che si sostiene non si possa ricreare. Cosa mi dice il sig. Godoli della realizzazione di Noto nuova dopo il terremoto del 1693? Mi sembra che Giuseppe Lanza, gli architetti Gagliardi, Labisi, Sinatra, Mazza, e i tanti "mastri" ignoti che vi lavorarono seppero creare, in poco tempo, una nuova città in cui, accanto ai nuovi tracciati, necessari per scongiurare l'effetto domino di Noto vecchia, e vicino ai meravigliosi edifici barocchi, nella zona ovest venne realizzato un quartiere di matrice islamica, nel rispetto delle volontà di chi ci andò a vivere, ovvero quella di ricreare gli spazi della città vecchia in cui si riconosceva. Una meravigliosa "falsificazione" della stratificazione secolare di una città siciliana ... credo che quegli architetti e mastri costruttori non vennero per questo "orribile crimine" murati vivi nelle fondamenta delle loro "falsità". Come al solito, personaggi come Godoli raccontano la storia secondo la loro ideologia ... mentre farebbero bene a vergognarsi della "pompa di benzina" proposta da Isozaki, quella si che è una cosa che non avrebbe mai duvuto immaginarsi!
Ettore Maria Mazzola

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro Mazzola, pompa di benzina non la conoscevo ancora e devo dire che è la definizione più pertinente.
Venendo a Noto credo proprio che nessuno degli architetti si siano posti neanche lontanamente il problema del "falso" nell'atto di assicurare alle varie comunità un luogo in cui vivere adatto e conforme alle loro richieste. Già, si potrebbe obiettare, ma oggi che il problema ce lo poniamo significa che c'è ed è reale e dunque bisogna risolverlo. E come lo risolviamo questo problema? Facendo un "falso" moderno, costituito da "oggetti" singoli disposti o casualmente o in base ad un astratto disegno di tipo pittorico (astratto nello specifico) pensato per essere accattivante sulla carta (proprio come un quadro) ma del tutto privo di quelle necessarie relazioni urbane che hanno sempre caratterizzato qualsiasi città o villaggio del mondo, almeno fino ai primi anni del '900.
Oggetti disegnati dando libero sfogo alla fantasia e alla creatività del progettista ma, guarda caso, uguali in ogni luogo dell'universo mondo. E così per risolvere il problema del falso ci ritroviamo senza più città, ma solo con "aggregati" con l'attributo "urbano" aggiunto come una foglia di fico, e con edifici veramente falsi perché privi di ogni relazione con i luoghi in cui sorgono e perciò non "intellettualmente" falsi ma antropologicamente, storicamente e visceralmente falsi perché lontani da ogni relazione con i luoghi in cui sorgono e con la gente che non li può riconoscere come propri, che non può instaurare con essi quel senso di appartenenza necessario per possedere un luogo ed esserne posseduti.
Città apolidi (contraddizione di termini)fatte da edifici apolidi per gente apolide suo malgrado che si chiamano cittadini solo in quanto appartenenti ad uno Stato ma non ad un territorio, ad una città, ad un quartiere, ad un villaggio, ad una comunità, ad un luogo insomma. Cittadini in quanto dotati di carte burocratiche che lo attestano e che lo legano agli altri individui e ai luoghi solo grazie a documenti e marche da bollo.
Dietro la città e l'architettura contemporanea, e soprattutto dietro l'ideologia e la vulgata che entrambe sostiene, si nasconde una visione spersonalizzante del singolo individuo e della società.
Potrà esistere situazione umana più "falsa" di questa?
Saluti
Pietro

ettore maria ha detto...

Caro Pagliardini,

concordo totalmente con la tua visione. Propongo quindi di fare una campagna contro la 1150/42 e i DPR 1404 e 1444/68, per ritornare ai codici urbanistici precedenti quelle norme moderniste pianificate per fare gli interessi delle case automobilistiche piuttosto che degli esseri umani. Propongo una campagna contro il "falso storico" del moderno, mi spiego, recentemente sono rimasto molto turbato nel vedere quanti falsi Terragni esistono in quel di Como, lì la Fondazione Terragni la fa da padrona, così condanna come "falsari" coloro che si interessano di tradizione, e impone la falsificazione di Terragni come metodologia progettuale. Concordo con te circa il coinvolgimento dei cittadini nei concorsi di architettura ... a proposito, io con Léon ho parlato diverse volte dei suoi coinvolgimenti nelle commissioni, non posso per motivi di privacy raccontare i suoi racconti, ma di certo non è come dice D'Agostino che LK sia orgolioso di aver fatto parte a determinate scelte. Io la vedo così: in un concorso modernista gli organizzatori che hanno già deciso in partenza il risultato, per rafforzare la scelta e trovare un'arma di difesa, coinvolgono un membro dell'altra corrente di pensiero in modo che possa essere accusato anche lui di aver fatto vincere un progetto modernista, e che quindi gli piaccia, così non ci potranno essere critiche non smontabili. Se questo è e deve rimanere il sistema, allora sarebbe cosa buona e giusta pubblicare le opinioni di ogni singolo memebro della giuria in modo da rendere palese se la decisione sia stata o meno unanime. Per cortesia evitiamo di scendere tanto in basso, usiamo la logica.

Master ha detto...

Una volta digitando "Leon Krier" su un motore di ricerca di immagini mi sono apparsi dei disegni in cui si vedevano templi greci, obelischi e piramidi egizie ... ho pensato che fosse uno scherzo!
... poi mi hanno invece detto che erano suoi progetti ...

Salvatore D'Agostino ha detto...

---> Michele,
«Per Gardella l’architettura riguarda la vita direttamente, è un modo di vita e in questo senso, ci ricorda Loos, la sua idea di eleganza come appropriatezza delle forme alla natura delle cose. “Eleganza viene da eligere”, diceva Gardella, “che vuol dire scegliere. Bisogna scegliere sempre la soluzione più adatta allo scopo”. Casabella, n.736, p. 7
Io opero le mie scelte immergendomi nella vita e non sono costretto nei limiti di un si e un no o tantomeno nella terza via .
Viviamo in un periodo di eleganti sfumature che non possono essere analizzate con il linguaggio critico del passato.
La mutazione in atto va vissuta da l di dentro non da giudici esterni.

---> Pietro,
non esageriamo, io non accuso nessuno.
Da lettore ho notato una deriva politica-ideologica del tuo blog, che non permette critiche.
Che sia chiaro la mia deriva non è confusione o qualunquismo è una metafora per analizzare meglio la nostra epoca.
Diceva Bertold Brecht: “dopo sette anni occorre tradire le proprie idee” questo valeva agli inizi del 900’ oggi occorre farlo ogni sette giorni. Questo è il senso della mia deriva.

---> E. M. Mazzola,
- interessante la storia di Noto, ma le abitazioni vennero costruite secondo una ‘matrice islamica’ senza distruggere il contesto non credo che sia ‘falsificazione’ ma integrazione. Occorrerebbe farlo nelle nostre città senza gridare allo scandalo.
- «vergognarsi della "pompa di benzina" proposta da Isozaki» anche lei con questo linguaggio da bar dell’architettura.
- sui concorsi sono d’accordo c’è poca chiarezza e la cattiva abitudine dell’amico che conta.
- «ma di certo non è come dice D'Agostino che LK sia orgolioso di aver fatto parte a determinate scelte.» a che cosa si riferisce?

---> Master, LdS e Matteo.
concordo, non so che cosa sia il defilippismo, se ho capito bene è la scelta con un si o con un no di qualcosa. Ottima immagine. Perché qui si pretendono commenti critici profondi sull’architettura tradizionale e commenti privi di critica nei confronti del moderno con scelte radicali-defilippesche si o no, dentro o fuori, gruppo o non gruppo, camicie nere o camicie verdi, politica del fare o comunisti, busta uno o due, pallina gialla o azzurra, centro storico o periferia, nero o bianco, indigeno o migrante, eterosessuale o omosessuale.

Ripeto per me il moderno è roba da filologici del restauro, sono affascinato dalle sfumature spero solo che non sia una malattia grave

Saluti,
Salvatore D’Agostino

P.S.: Pietro rilassati :-)

Pietro Pagliardini ha detto...

Salvatore, mi rilasserò di sicuro quando andrò al mare. Solo alcune chiose a quanto tu dici:
"Viviamo in un periodo di eleganti sfumature". A me pare che in architettura e urbanistica viviamo un periodo di grande rozzezza.
Bertold Brecht: sì in effetti lui cambiava idea spesso. Ma anch'io l'ho cambiata perchè ero modernista e non lo sono più.
Dunque ho già dato e ho già provato. Per ora mi trovo meglio qui. Domani, chissà, non mi pongo il problema di cambiare per forza. Brecht doveva giustificare i "suoi" cambiamenti e li teorizza.
Infine lo ripeto: IO NON VOGLIO FAR CAMBIARE PER FORZA IDEA A NESSUNO, MA IO AFFERMO E RICONFERMO QUELLO CHE PENSO. E su questo non mi sposto di unavirgola, nè ora nè mai. Perché stai a fare questa giaculatoria sulle mie idee che sono diverse dalle tue? La diversità è bella è prevede rispetto ma il rispetto non significa dare ragione agli altri.
Uffa, l'avrò detto 100 volte.
Saluti
Pietro

Master ha detto...

X Salvatore: Il defilippismo (termine interessante) credo sia la tendenza a creare conflitti e diatribe anche dove non ci sono, a mettere una contro l'altra gente che altrimenti non avrebbe mai litigato, come avviene credo nei programmi tv spazzatura dove si perdono ore a parlare di nulla.

Anche se esiste una diatriba tra modernisti e tradizionalisti nell'architettura, discutendo con molti altri architetti ho capito che è un po' una disputa inconsistente e che interessa una minoranza di questi. La stragrande maggioranza di questi professionisti ha un'idea completa dell'architettura e sceglie in base alle esigenze del progetto e non per partito preso.
A mio avviso questi "litigi formali" sono abbastanza sterili.

Salvatore D'Agostino ha detto...

---> Master,
condivido troppa chiacchiera inutile infarcita da vicende personali.
Occorre ‘critica’ architettonica e non facile (analogica) invettiva.
Saluti,
Salvatore D’Agostino

ettore maria ha detto...

Per cortesia, prima di sparare delle sentenze ritengo sia giusto documentarsi: Il progetto di Val d'Europe di Pier Carlo Bontempi non è un progetto vincitore di un concorso. Pier Carlo era stato invitato, con altri 2 studi francesi, uno dei quali era quello di Marc e Nadia Breitman (autori del bellissimo quartiere Plessis Robinson a Parigi) anch'essi tradizionali, l'altro non lo conosco. Quindi lo studio Bontempi è risultato vincitore di un "concorso interno ad inviti" dove si intendeva realizzare qualcosa tradizionale. Il successo di pubblico è stato talmente grande che lo studio ha ricevuto altri incarichi in quella zona, proprio perché è stato dimostrato che la gente voleva quell'architettura. Detto ciò, il discorso sui concorsi e le riviste che danno spazio alla tradizione resta aperto. La prossima volta cercate argomentazioni concrete e blindate, perchè come è stato possibile smontare questa, probabilmente sarà possibile smontarne altre. resta il fatto che la gente vicino a "Place Toscane" di Pier Carlo ha chiesto a gran voce di estendere quel progetto con quel carattere!

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro Mazzola, stai attento a quello che dici altrimenti rischi di essere considerato nervoso dai nostri distaccati e oggettivi critici!
Quindi aplomb, mi raccomando.
Il fatto è che si vorrebbe vietare di parlare di architettura tradizionale. Ma che dico parlare: pensare.
In politica si chiamava, qualche lustro fa, conventio ad excludendum: tu sei un corpo estraneo alla società, non esisti quindi taci.
E non giova cercare di spiegare, di dimostrare, di argomentare con razionalità, non distaccata ma umanamente partecipata.
C'è un solo modo possibile per argomentare: accettare le apodittiche quanto infondate dichiarazioni a favore della fantomatica modernità.
Avessi sentito almeno una ragionevole definizione di modernità legata all'architettura e alla città (che non sia la ovvia e scontata impiantistica)!
Saluti
Pietro

ettore maria ha detto...

caro Pagliardini, hai proprio ragione, infatti sul n°512 del Covile avevo provato a dare dei suggerimenti sul rapporto urbanistica-architettura-sociologia ed economia in vista di una possibile modernità sostenibile. Spero, per gli amanti della storia, quella "vera" e non quella "ufficiale", che mi venga pubblicato un nuovo articolo che ho preparato circa lo scempio realizzato da Fuksas a Foligno, magari si inizia a fare un po' di chiarezza sui concetti di modernità e di rispetto dell'intera collettività, sul simbolismo e sull'attuale abuso del mezzo architettonico per perseguire obiettivi politico-religiosi.
Saluti a te da un uomo invisibile

Master ha detto...

Una precisazione per Ettore Maria.
Se leggi io non ho mai citato Carlo Bontempi perchè non parlavo del suo progetto in particolare ma del piano di espansione enorme che Disney in collaborazione con tutte le amministrazioni locali di Val d'Europe e di tutti i paesi confinanti stanno mettendo in piedi. E' un progetto di proporzioni enormi e nei link che avevo inviato ci sono i riferimenti anche se la cosa migliore è andare a vedere ciò che stanno facendo come ho fatto io ed è impressionante! Sembra di trovarsi a girare in strade di Parigi di fine '800 ma è tutto nuovo e "falso".
Non vi lavora solo Bontempi ma decine di studi di tutta europa.
Quanto al successo non ci metterei la mano sul fuoco perchè a chiedere alle agenzie di compravendita site proprio in loco non si vende da almeno un anno neanche un appartamento e mi sembra di aver visto solo 2 gru in tutta l'area di Val d'Europe. Si parla anche di parziale demolizione o di riconversione ad aree terziarie e non più residenziali come erano in progetto. La crisi in questo caso potrebbe aver risparmiato un bello sperco di denaro e di terreno ...

Per quanto riguarda il divieto di parlare di architettura tradizionale di cui parla Pietro spero non si riferisca a me visto che sono stato io a tirare fuori Val d'Europe. E poi mi sembra che questo sito sia la prova che non ci sia poi una censura in questo senso.

Vi segnalo anche un blog che potrebbe piacere ai filo-New Urbanism.

http://avoe-21arrondissement.blogspot.com/

Non è a dire il vero molto frequentato (mi hanno mandato il link alcuni amici architetti per farmi fare quattro risate ...) ma a qualcuno potrebbe piacere.

LineadiSenso ha detto...

ho trovato un inserto di casabella del settembre 2002 dedicato interamente a novoli (strano... ma non si diceva che il leoncino veniva boicottato?) e vi sono presentati alcuni progetti appartenenti al piano di krier ma progettati da architetti italiani (buoni progetti oltretto).

posso fare una domanda? ma che cavolo ha da lagnarsi krier? per quale motivo secondo lui l'han snaturato?

robert

ettore maria ha detto...

Caro Master,

io ho semplicemente detto che il discorso Val d'Europe non fa testo, perchè non si tratta di concorsi tradizionali di architettura ma di incarichi diretti, o di concorsi ad inviti dove il tema ed il carattere è deciso a priori. In ogni modo, a parte la crisi Disney, Pier Carlo Bontempi ha ricevuto degli incarichi diretti a seguito del successo che ha avuto Place de Toscane (il progetto impostato sull'idea della piazza di Lucca). Alla gente non importa il vero o il falso, essa è interessata a ciò che piace ... sembra di ricordare il motto di Frate Antonino da Scasazza a "Quelli della notte".
Insomma, non ritengo possibile che i filo-modernisti (gli "amici" che si divertono a fare quattro risate sul progetto di Bontempi) si ingelosiscano per quei rari progetti che vengono affidati ad un architetto tradizionale. ... Che ci lascino vivere e che ricordino il motto di Viollet-Le-Duc: «amiamo vendicarci delle conoscenze che ci mancano con il disprezzo ... ma sdegnare non significa provare!» Venendo al discorso Disney, se vuoi la mia opinione, ti dico che non sono molto in simpatia con la loro politica di realizzare edifici costruiti come set cinematrografici (anche se non tutti) però, se dovessi fare un confronto con altri quartieri parigini, quali Marne La Vallée, Cergy Pointoise, Prefecture, La Defense, La Villette ... bhe, allora viva Disney, poiché i danni sociali di quei quartieri sono incalcolabili (indipendentemente dalla bruttura dell'edilizia) a causa dell'abominevole progettazione urbanistica e della ghettizzazione delle migliaia di operai, importati "a basso costo" sotto Mitterand per costruire gli edifici propagandistici, e poi parcheggiati e dimenticati lontano dal centro della città secondo il principio che dice "luntano da l'uocchie, luntano do' core" ... probabilmente, spero, i parigini si saranno ricordati di loro con i primi fuochi delle banlieuse. Questa è la lezione urbanistico-architettonica di Parigi, e ora stanno per avviare una nuova stagione di massacro urbanistico!
Voglio chiarire che ho detto "spero" che i parigini si siano ricordati di quella povera gente, non perché voglio fare il rivoluzionario, ma perché da certe situazioni bisognerebbe sempre imparare e mai dimenticare: una situazione quasi identica i parigini l'avevano già vissuta alla fine dell'800 ma, a quanto pare, non hanno imparato nulla da quell'esperienza.
Come ebbi modo di scrivere in un articolo sulle banlieuse, il sociologo utopista inglese Owen faceva notare: «Quando la borghesia si accorgerà che le città sono diventate delle polveriere, che in esse maturano idee rivoluzionarie, e addirittura vere rivoluzioni, in quel momento crederà opportuno intervenire non tanto per cercare di migliorare la condizione della classe operaia, quanto per conservare se stessa e il suo potere». Oggi, alla luce di ciò che accade in Francia, potremmo parafrasare Owen dicendo: “quando architetti e politici (residenti in centro) si accorgeranno che il congestionamento del centro storico è anche dovuto all’enorme massa di persone che vi si riversa dalle periferie alla ricerca degli spazi che le sono stati negati, e che le periferie sono diventate polveriere, che in esse maturano idee rivoluzionarie, e addirittura vere rivoluzioni, in quel momento crederanno opportuno intervenire, non tanto per cercare di migliorare la condizione delle periferie, quanto per conservare la qualità del loro amato centro storico”

PS
Non sono affatto un estimatore di New Urbanism, lo reputo una cosa buona nel grigiore americano, ma anni luce distante da ciò che serva alle città europee ed italiane.

Cordialmente

Ettore Maria Mazzola

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, cercherò di spiegare velocemente. Krier venne chiamato per fare il piano di Krier. Lo fece, condividendo le scelte con vari soggetti tra cui ovviamente l'assessore all'urbanistica, all'epoca Franchini e il rettore dell'università. Krier fece un piano che tra poco potrai vedere, anche se velocemente, su youtube, il quale in fase di approvazione definitiva venne stravolto. Che il piano sia diverso da come realizzato è evidente basta andarci. Stiamo cercando di riuscire a documentare le differenze più vistose, ma non è affatto facile reperire le cartografie. Quanto alle architetture lui condanna il palazzo di giustizia (ed è come sparare sulla croce rossa) e altre architetture, ad esempio quelle di Gabetti e Isola perchè sarebbero contestualizzate in montagna, hanno quel carattere di baita che mal si adatta a Firenze. Ha criticato il parco centrale che avrebbe dovuto essere in lieve depressione, per diventare il centro del quartiere e invece è una collina artificiale e lui dice, giustamente, che le montagne non uniscono ma dividono. o sembra una cosa semplice e vera.
Ma è tutto quanto realizzato che è diverso. Perchè? Non lo so, non sono fiorentino e non seguo tutte le loro vicende. Certo è che ho letto un intervista a quello che al tempo era il sindaco di Firenze e dice cose ridicole: il piano di Krier era bello ma anche quanto realizzato è bello!!!!!! Insomma, è tutto bello, vogliamoci bene e teniamoci Novoli. E su quest'ultimo punto non c'è dubbio che se la terranno.
Saluti
Pietro

Master ha detto...

Concordo con il giudizio sul New Urbanism di Ettore Maria e ne ho anche parlato ampliamente nel mio blog.
Per quanto riguarda i concorsi, seppur ad invito per la grandezza degli interventi (che richiedono grossi studi tecnici capaci di gestirli), sono un esempio a mio avviso che purtroppo il "falso storico" già parecchi diffuso in USA sta arrivando anche qui in Europa. Per fortuna certo è solo un'area di nicchia che spero non si espanda mai troppo.
Invece a mio avviso Parigi ha la possibilità con i nuovi piani di sviluppo proposti da questa amministrazione di diventare finalmente una città contemporanea dinamica ed efficiente, al pari di come Londra è diventata negli ultimi anni.

Siamo forse andati un po' fuori tema rispetto all'articolo di Pietro ma spero non ce ne voglia.

Anonimo ha detto...

vabbè... come non detto...

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Master, a me piace anche leggere e non scrivere. Quindi andate pure avanti con il fuori tema. Io mi riposo.
Ciao
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, sarebbe una cosa molto divertente, avendo il tempo, a trovare tutta la documentazione dei progetti esistenti (cosa non impossibile certo, ma impegnativa) e poi documentare anche lo stato attuale per mostrare ciò che è e ciò che avrebbe potuto essere.
Sarebbe anche utile per comprendere come la nostra politica sia molto approssimativa non solo per il fatto di non aver approvato il progetto di Krier ma per il fatto di essere indifferente a qualsiasi scelta che non sia di piccolo cabotaggio e di tornaconto immediato. Onestamente Novoli così come è venuta fuori è un accrocco di robe firmate senza alcun costrutto e criterio e non risponde a nessun principio che non sia la pura casualità. Credo però che una bella parte di responsabilità ce l'abbiamo anche noi architetti che non abbiamo alcuna disciplina e che lavoriamo solo in base a iniziative e istanze personali.
Saluti
Pietro

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