Il post che segue è una lettera pubblicata su Il Foglio del 19 marzo 2009, scritta da Carlo Maria Acerbi che mi ha gentilmente autorizzato alla pubblicazione. Mi è sembrata particolarmente pregevole per capacità di sintesi e per rigore argomentativo.
L' idea di città che vi si legge sembra aver convinto anche il Direttore del giornale, Giuliano Ferrara, a giudicare dalla compiaciuta risposta.
di Carlo Maria Acerbi
Il politico inglese Ebenezer Howard, alla fine del XIX secolo, in un pamphlet illustrato, "Garden city of Tomorrow", sogna e pubblicizza una città perfetta, una città nuova, una città verde, una città non densa.
E' un utopista urbano come ce ne furono tanti all'epoca, ma le sue teorie purtroppo fecero breccia nel cuore dei grandi architetti modernisti.
La teoria di Howard si basa sull'analisi della qualità del vivere nella città e nella campagna, unendo gli aspetti positivi dei due mondi opposti si ricava la città-campagna. Un programma che, da visione poetica e romanzesca, viene studiato e proposto come modello politico e amministrativo di controllo del territorio multicentrico, economicamente efficiente. A chi non piacerebbe vivere in campagna con i servizi e le opportunità della città, si chiede il politico. Già, a chi non piacerebbe?
A vedere gli effetti di questa teoria ci sarebbe da mettersi a piangere, non c'è città europea non toccata da questo sogno. Il fenomeno della città giardino ha portato a edificare in larghezza, ed espandere città all'infinito, a non progettare più spazi veramente pubblici. Un piccolo giardino per tutti, villette, condomini, palazzoni costruiti al centro di giardinetti, inquietanti, rifugio di drogati, stupratori, cani incontinenti.
Dove sta la fine della città? Dove inizia la campagna? Non si può definire, c'è sempre qualche edificio residenziale tra un comune e l'altro. Ecco cos'è la città-giardino, il sogno del verde che da solo dà qualità alla città, ed è finito che la campagna e il verde si stanno estinguendo.
Progettisti illuminati, pensano ancora a questo mondo incantato, la verità è che il sogno della città verde è un incubo.
L'idea di aumentare la densità della città a Milano è tanto criticata, sembra ancora un tabù parlare di densità, di concentrare. Ma guardiamo agli esempi di città veramente dense, alla loro efficienza, alla loro bellezza. Ritorniamo a parlare di città come paesaggio veramente antropomorfo, come è sempre stato. Sembrerebbe impossibile a sentire le polemiche di chi lancia allarmi di cementificazione che la città più visitata al mondo sia proprio New York, è una bella città.
Per non parlare di Venezia, città piuttosto costruita, una laguna cementificata, ma chissà, forse se fosse rimasta una palude com'era una volta oggi avrebbe lo stesso tanti turisti.
Di cosa si sta parlando veramente, cosa sognano gli anti-cementificatori, forse un attico a Gratosoglio? O a Rozzano? Scommetto che questi progettisti vivono tutti in centro città dove la densità è più alta.
Perché non si coglie l'occasione, dopo cinquant'anni di scempi urbani, per parlare veramente di città, di infrastrutture, di densità! Ridisegnamo la città, ripensiamo ai suoi limiti, decidiamoli, e costruiamoci dentro, e costruiamoci tanto. Così si è sempre fatto, così si sono costruite le città antiche, le città medioevali, le città belle.
Solo così si può veramente salvare il verde, solo così si può parlare di campagna, di città, di paesaggio.
E non c'è occasione migliore per abbattere pure qualche mostro.
*****
di Carlo Maria Acerbi
Il politico inglese Ebenezer Howard, alla fine del XIX secolo, in un pamphlet illustrato, "Garden city of Tomorrow", sogna e pubblicizza una città perfetta, una città nuova, una città verde, una città non densa.
E' un utopista urbano come ce ne furono tanti all'epoca, ma le sue teorie purtroppo fecero breccia nel cuore dei grandi architetti modernisti.
La teoria di Howard si basa sull'analisi della qualità del vivere nella città e nella campagna, unendo gli aspetti positivi dei due mondi opposti si ricava la città-campagna. Un programma che, da visione poetica e romanzesca, viene studiato e proposto come modello politico e amministrativo di controllo del territorio multicentrico, economicamente efficiente. A chi non piacerebbe vivere in campagna con i servizi e le opportunità della città, si chiede il politico. Già, a chi non piacerebbe?
A vedere gli effetti di questa teoria ci sarebbe da mettersi a piangere, non c'è città europea non toccata da questo sogno. Il fenomeno della città giardino ha portato a edificare in larghezza, ed espandere città all'infinito, a non progettare più spazi veramente pubblici. Un piccolo giardino per tutti, villette, condomini, palazzoni costruiti al centro di giardinetti, inquietanti, rifugio di drogati, stupratori, cani incontinenti.
Dove sta la fine della città? Dove inizia la campagna? Non si può definire, c'è sempre qualche edificio residenziale tra un comune e l'altro. Ecco cos'è la città-giardino, il sogno del verde che da solo dà qualità alla città, ed è finito che la campagna e il verde si stanno estinguendo.
Progettisti illuminati, pensano ancora a questo mondo incantato, la verità è che il sogno della città verde è un incubo.
L'idea di aumentare la densità della città a Milano è tanto criticata, sembra ancora un tabù parlare di densità, di concentrare. Ma guardiamo agli esempi di città veramente dense, alla loro efficienza, alla loro bellezza. Ritorniamo a parlare di città come paesaggio veramente antropomorfo, come è sempre stato. Sembrerebbe impossibile a sentire le polemiche di chi lancia allarmi di cementificazione che la città più visitata al mondo sia proprio New York, è una bella città.
Per non parlare di Venezia, città piuttosto costruita, una laguna cementificata, ma chissà, forse se fosse rimasta una palude com'era una volta oggi avrebbe lo stesso tanti turisti.
Di cosa si sta parlando veramente, cosa sognano gli anti-cementificatori, forse un attico a Gratosoglio? O a Rozzano? Scommetto che questi progettisti vivono tutti in centro città dove la densità è più alta.
Perché non si coglie l'occasione, dopo cinquant'anni di scempi urbani, per parlare veramente di città, di infrastrutture, di densità! Ridisegnamo la città, ripensiamo ai suoi limiti, decidiamoli, e costruiamoci dentro, e costruiamoci tanto. Così si è sempre fatto, così si sono costruite le città antiche, le città medioevali, le città belle.
Solo così si può veramente salvare il verde, solo così si può parlare di campagna, di città, di paesaggio.
E non c'è occasione migliore per abbattere pure qualche mostro.
2 commenti:
Sono pienamente daccordo con te Pietro e il tuo post si ricollega ad uno mio pubblicato poco tempo fa:
http://urbanquality.blogspot.com/2009/02/un-posto-migliore-dove-vivere.html
Credo che solo facendo capire alle amministrazioni che la densità urbana è una ricchezza e non un aspetto nefasto si potranno riqualificare le nostre città.
New York non è solo un esempio di come si possa creare un ambiente urbano completo ma anche di come si possa riuscire ad integrare tutte le attività umane. Il risultato è una metropoli che soddisfa tutte le esigenze sociali e comunitarie, una bellissima città visitata da milioni di turisti. Altro che cementificazione, a Manhattan (grazie a Central Park e alle decine di altri giardini e parchi pubblici) c'è più verde pro-capite che in ciascuna delle nostre grandi città.
Master, una sola precisazione: il post è di Carlo Maria Acerbi e io mi sono limitato a trascriverlo senza cambiare una virgola.
E' chiaro però che l'ho pubblicato perché ne condivido il contenuto e mi piace la forma con cui esso è espresso.
Quindi, per la proprietà transitiva, sono d'accordo con te.
Saluti
Pietro
Posta un commento