Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


17 ottobre 2008

RISPOSTA AD UN COMMENTO

In un commento al precedente post, LineadiSenso mi domandava perché prendersela tanto con gli Archistar che sono una percentuale infinitesimale di coloro che fanno progetti nel mondo.
Gli ho già risposto ma, per chiarire ancora meglio e senza tante parole lo invito a guardare l'immagine di questo link dal Corriere della Sera:
http://sitesearch.corriere.it/gallery/Scienze/vuoto.shtml?2008/10_Ottobre/container/1&8

Non si tratta del progetto di un'Archistar (almeno non mi risulta) ma sarebbe possibile quel progetto senza le Archistar?
La speranza per chi ci sta sotto, e anche per chi dovesse starci sopra, è che non lo realizzino.

Pietro Pagliardini

9 commenti:

Anonimo ha detto...

"sono loro [...]le Archistar [...] che danno il passo alla truppa"

si potrebbe anche dire: - era ora! durante gli anni universitari mi chiedevo: possibile che nella moda tutti cercando di copiare il meglio, armani, versace ecc, solo nell'architettura si copia il peggio? costretti a copiare il geometra di turno perchè il cliente ha quello di fronte? possibilie che nessuno dia un orizzonte di senso alle forme?

sempre parlando di moda: ma se uno va vestito da cani tu, con chi te la pigli, con lo stilista che ha disegnato l'abito che indossa o col pirla che l'ha comprato?

detto questo, non penso che le archistar facciano così tanto danno. o meglio, lo fanno quando i loro errori ricadono sulla testa dei poveri architetti provinciali, lo fanno quando vengono chiamate da piccoli sindaci che pensano, dopo per anni hanno consegnato il territorio alle speculazione, di "rifare il look" alla loro piccola cittadina e ti chiamano il foster di turno per progettare 'na piazza che qualsiasi bravo architetto sconosciuto farebbe meglio. ma che ci vuoi fare, ormai l'architettura è moda, è griffe... per il resto penso che se l'architettura è divenuta finalmente terreno di discussione anche per i profani sia solo un bene.

ps: ti ringrazio per il complimento al sottotitolo del mio blog, però non è un inno all'anarchia personalistica, vuole solo essere un invito a prender consapevolezza che le proprie idee hanno diritto di esistere ma bisogna essere consapevoli che a qualcun'altro possono far schifo, da qui il rispetto per la civis, un po' il contrario di quello che fanno le archistar tradizionaliste o iperavanguardiste che siano (e dei sindaci che le chiamano). sì, insomma, 'na terza via. o no?

ps 2: io invece qualche tua idea la condivido.

Pietro Pagliardini ha detto...

E' vero, la'rchitettura è trattata come griffe, moda e su questo siamo perfettamente d'accordo. Solo che per me è uno sbaglio e lo denuncio, senza per questo pensare di cambiare il mondo. Il paragone con l'abito e lo stilista però non tiene proprio perchè abiti e case sono due categorie completamente diverse: l'abito è oggetto d'uso, si compra, si indossa, quando è finito si butta o si ricicla; la casa è una parte del nostro ambiente, ci sopravvive di molto e, quando è degradata o è passata di moda resta a dare degrado alla città, per molte generazioni.
Fare una casa brutta è come inquinare il mare con il petrolio.
Non si possono paragonare cose diverse e a me sembra tanto ovvio che mi meraviglio sempre quando mi sento opporre confronti come questi.
Per il resto sono d'accordo con te sul fatto che le nostre idee possono fare schifo agli altri: l'importante è non volerle imporre e, purtroppo, l'architettura modernista ci è imposta e non è dato spazio ad altro (non lo dico per te, ovviamente).
saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Anche io sono daccordo che l'architettura sia una moda ma lo è sempre stato, fin dall'antichità ha rappresentato una forma di espressione che definiva un periodo storico, un luogo, una mentalità. E' giusto che sia così anche perchè, come succede anche nella moda e nel costume, i materiali e le forme si evolvono, si differenziano e si adattano al contesto sociale in cui si sviluppano. E' assurdo andare in giro vestiti come il Re Sole oppure con una tunica come Dante? I vestiti di oggi sono, oltre che una moda, una evoluzione, ci consentono un benessere che i vestiti di cento anni fa non avevano, merito dei nuovi materiali e dell'evoluzione dell'industria tessile. E allora perchè oggi dovremmo costruire edifici con lo stile e la forma che si usava nei secoli scorsi? Lei parla di "imposizione" dell'architettura modernista ma chi è che la sente come un'imposizione? Non saranno i committenti e la società di oggi che spingono verso questa architettura? E le archistar altro non sono che persone che meglio interpretano queste tendenze contemporanee e per questo vengono esaltate e riconosciute come simboli della cultura di oggi.

Pietro Pagliardini ha detto...

master, in effetti lei pone un problema vero, quello cioè se l'architettura modernista sia un'imposizione o un'accettazione. Naturalmente lei si riferisce al mercato, cioè agli utenti, perché che il modernismo sia un'imposizione nel mondo dell'editoria e dell'università non c'è alcun dubbio.
Più difficile è capire quanto il mercato gradisca questa forma di architettura e quanto invece lo subisca. Io credo che viviamo in una condizione di monopolio e dunque non vi siano grandi possibilità di scelta. Però sono anche convinto che vi siano ampi settori che approvano quel genere di architettura; infatti vorremmo solo trovare un po di spazio anche per la concorrenza, non instaurare un nuovo monopolio.
Invece non sono affatto d'accordo sull'evoluzione del costume: le case non sono abiti che si buttano via, le case restano.
Nessuna vuole negare l'evoluzione tecnica che, mi creda, si adatta benissimo all'architettura tradizionale che può essere dotata di riscaldamento, domotica, solare, ecc. come e meglio dell'altra, visto che è anche più adatta a contenere i consumi energetici, come è perfettamente spiegato da Angelo Gueli nel post GREENWASHER dell'8 ottobre.
saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

"che il modernismo sia un'imposizione nel mondo dell'editoria e dell'università non c'è alcun dubbio"

che strano, quando iniziai l'università imperversavano solo aldo rossi, i krier, gregotti, e da poco la biennale s'era data da fare per la strada novissima (capolavoro dell'architettura moderna eh?)
e poi, si può sapere che cavolo è sta architettura moderna? gerhy? meier? chipperfielf? miralles? libeskind? siza? MVRDV? tutti sotto lo stesso tetto eh? strano, e io che pensavo che finalmente fosse passata l'idea che l'unità del movimento moderno fosse morta e sepolta.

abitare, se non sbaglio ha la stessa origine etimologica di abito, derivano entrambi da "avere": prendere possesso del mondo (ma potrei anche sbagliarmi)

se vuoi pietro di pubblico tutta una serie di architetture attuali idiote (qui a vicenza è pieno) che si ispirano direttamente al primo archistar della storia moderna, quell'andrea palladio che si era pure autopubblicato i progetti. riuscirei tranquillamente a dimostrarti i "danni" che il palladio ha fatto...

Pietro Pagliardini ha detto...

Per me sono tutti sotto lo stesso tetto. Le differenze che vi si possono trovare sono tutte all'interno di un unico discorso che è quello della più sfrenata fantasia individuale nella progettazione non di edifici ma di grandi oggetti di design. Non mi interessa affatto distinguere le differenze tra l'uno e l'altro, tra una nuvola e un cetriolo, perché né una nuvola nè un cetriolo sono case da "abitare" ma sono solo monumenti ai loro progettisti.
Chiamare Archistar Palladio è un bell'espediente retorico ed è anche una intrigante provocazione perché è vero che Palladio ha messo molta della sua fantasia nel reinterpretare l'architettura classica, ma è anche vero che le ville restano ville, le chiese restano chiese, i palazzi di città restano palazzi di città e i principi sono quelli che lui stesso dichiara in apertura dei suoi Libri, cioè la triade vitruviana.
Non dubito affatto che vi siano danni nelle tue zone, dove va tanto di moda la villetta monofamiliare ma, per quanto siano dannose, brutte, male interpretate conservano qualche elemento che le possa assimilare ad una casa.
Un parallelipedo di c.a. e vetro tutto è meno che un luogo in cui abitare.
Quell'edificio cadente del link va contro ogni logica e razionalità, è uno schiaffo al contesto e un monumento ai progettisti (che magari abitano in una bella villa di campagna).
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Le tipologie architettoniche di Palladio hanno avuto in Inghilterra ed in America un seguito straordinario, non solo negli Stati Uniti, ma anche nell'America del sud, dove gli architetti della Compagnia del Gesù introducono nell'architettura importata dai dominatori spagnoli le varianti manieristiche di quella palladiana. Il che amplia notevolmente l'area culturale nella quale Palladio ha fatto i suoi danni.
Tutto ciò perché nel 1570 per la prima volta nella storia viene dato alle stampe un testo di architettura chiaro, organico, intelligente, con disegni riprodotti in scala, con tavole grafiche quotate nelle piante e negli alzati, un vero e proprio manuale tecnico di facile consultazione, che offusca definitivamente i libri di Sebastiano Serlio, il più autorevole riferimento immediatamente precedente.
Non mi sentirei di dare colpe al Palladio (così come oggi le colpe minori sono delle archistar), ma a chi ha scelto di imitarlo, spesso pedissequamente, accettando la 'pappa pronta' per pigrizia mentale o incapacità personale.

Saluti
Vilma

Anonimo ha detto...

Anche Master riprende questa storia "non posso mica vestirmi come nel '500!"
Ma basta co'sta storia dei vestiti!
Vogliamo parlare di vestiti?
E allora parliamone spingendo il paragone un po' più in là.
Le città non sono un piano astratto ... quelli vestiti non "casual" o da uno stilista che vuol farsi notare per la prossima sfilata primavera-estate ci sono, eccome. OGGI. Hic et nunc! Abitati ed appetiti più di quelli nuovi.

E il nostro edificio, vestito, deve stare in mezzo a loro.
Vi consiglio anche di considerare il comportamente di questo soggetto in questo consesso.
Non è mai troppo educato urlare, fare pernacchie, petare, ridere in modo sguaiato. Non è mai bello essere invadenti, non rispettare gli altri. E nemmeno farsi troppo notare (a meno che la "nostra" condizione ce lo richieda, ma davvero).
Ecco, se vogliamo parlare degli edifici come "vestiti", allora consideriamo anche queste cose.

Non il solito discorso, che serve solo a dire "faccio quello che cazzo mi pare!"

Signori, fare un edificio significa stare al mondo in un consesso di generazioni e generazioni.
Un minimo di educazione e saggezza ci vuole. Almeno un minimo.

Pietro Pagliardini ha detto...

Mi piace questo discorso dell'educazione! Le archistar sono maleducate! E' proprio una bella trovata.
Quando si va a casa d'altri ci si comporta per bene e la città è degli altri.
Biz ha un cuore antico, e gli piacciono le buone maniere e la gente a modo, che sa stare al suo posto.
E non si vergogna a dirlo.
Bravo Biz

Etichette

Alemanno Alexander Andrés Duany Angelo Crespi Anti-architettura antico appartenenza Ara Pacis Archistar Architettura sacra architettura vernacolare Archiwatch arezzo Asor Rosa Augé Aulenti Autosomiglianza Avanguardia Barocco Bauhaus Bauman Bellezza Benevolo Betksy Biennale Bilbao bio-architettura Bontempi Borromini Botta Brunelleschi Bruno Zevi Cacciari Calatrava Calthorpe Caniggia Carta di Atene Centro storico cervellati Cesare Brandi Christopher Alexander CIAM Cina Ciro Lomonte Città Città ideale città-giardino CityLife civitas concorsi concorsi architettura contemporaneità cultura del progetto cupola David Fisher densificazione Deridda Diamanti Disegno urbano Dubai E.M. Mazzola Eisenmann EUR Expo2015 falso storico Frattali Fuksas Galli della Loggia Gehry Genius Loci Gerusalemme Giovannoni globalizzazione grattacielo Gregotti Grifoni Gropius Guggenheim Hans Hollein Hassan Fathy Herzog Howard identità Il Covile Isozaki J.Jacobs Jean Nouvel Koolhaas L.B.Alberti L'Aquila La Cecla Langone Le Corbusier Leon krier Léon Krier leonardo Leonardo Ricci Les Halles levatrice Libeskind Los Maffei Mancuso Marco Romano Meier Milano Modernismo modernità moderno Movimento Moderno Muratore Muratori Musica MVRDV Natalini naturale New towns New Urbanism New York New York Times new-town Nikos Salìngaros Norman Foster Novoli Ouroussoff paesaggio Pagano Palladio Paolo Marconi PEEP periferie Petruccioli Piacentini Picasso Pincio Pittura Platone Popper Portoghesi Poundbury Prestinenza Puglisi Principe Carlo Purini Quinlan Terry Referendum Renzo Piano restauro Ricciotti riconoscibilità rinascimento risorse Robert Adam Rogers Ruskin S.Giedion Sagrada Familia Salingaros Salìngaros Salzano Sangallo Sant'Elia scienza Scruton Severino sgarbi sostenibilità sprawl Star system Stefano Boeri steil Strade Tagliaventi Tentori Terragni Tom Wolfe toscana Tradizione Umberto Eco università Valadier Valle Verdelli Vilma Torselli Viollet le Duc Vitruvio Wrigth Zaha Hadid zonizzazione