di Ettore Maria Mazzola
Martedì scorso, come ogni anno, ci siamo recati a Caprarola e Bagnaia per visitare Palazzo Farnese e Villa Lante con i nostri studenti.
Per la prima volta ho sentito l’esigenze di parlare di questa esperienza, non per la bellezza di questi luoghi, ma per ciò che abbiamo riscontrato a Caprarola.
A Caprarola abbiamo infatti avuto modo di visitare gli interni (non tutti quest’anno) e i giardini di Palazzo Farnese, per apprezzare dal vivo questi gioielli che il mondo ci invidia. Quest’anno il Salone dei Fasti Farnesiani affrescato da Taddeo Zuccari, e la Camera della Torre con i fregi di Bartholomaeus Spranger non erano accessibili perché in restauro … peccato per la visita dei nostri studenti ho pensato, ma che fortuna per l’edificio che possa aver ottenuto dei fondi per il restauro!
Ma sarà poi una fortuna??
A giudicare da quello che poi abbiamo visto e sentito c’è infatti da rimanere sconcertati. In merito alle due stanze chiuse ci è stato detto che i lavori sono fermi da tempo per ragioni economiche. Inoltre, la persona (esperta di restauro) che ci ha informati lamentandosi degli sprechi e dei metodi adottati nei lavori in corso, si è sbilanciata ed ha voluto raccontarci dello scandalo relativo alla realizzazione di un bagno per disabili, dove il contratto prevede una spesa di 15 mila euro solo per le misure di sicurezza!
Ma restaurare è giusto mi sono detto, quindi, dubbi legittimi a parte, ben vengano i lavori.
Al termine della visita, purtroppo molto frettolosa perché tra Palazzo e giardini non è più consentito fermarsi per più di un’ora e un quarto – ormai lo studio deve adeguarsi alle tempistiche del consumismo applicato alla cultura sicché non si fa più distinzione tra visita di studio e turismo di massa – abbiamo dovuto ricrederci sul pensiero positivo relativo al restauro.
Lo stato di abbandono dei giardini è ormai da anni noto a tutti, sicché la passeggiata dal Palazzo alla Palazzina del Piacere risulta essere un susseguirsi di squallore. Muri scrostati, terreno dissestato, gradini dove è facile inciampare, sterpaglie, rami e alberi schiantati al suolo … non è certo una bella immagine del nostro Paese, a chi giova tutto questo?
Arrivati poi alla Fontana del Giglio, quando ci apprestavamo a passare i due padiglioni che precedono le due scale affiancate separate dalla “catena d’acqua” che conducono al piazzale con la Fontana dei Fiumi, siamo stati presi dallo sconforto.
Ampie superfici di rivestimento delle facciate sono rovinati al suolo; i crolli più recenti risultano recintati con la banda bianca e rossa di pericolo, il materiale dei crolli più vecchi (qualche mese!) è stato rimosso, e i muri sono stati lasciati tristemente nudi. Tuttavia i crolli vanno più veloci delle recinzioni, sicché molti sassi del rivestimento murario risultano caduti e lasciati lungo le pareti.
Ma come è possibile tutto ciò?
Eppure ricordo che l’area sottostante la Palazzina del Piacere sia stata recentemente oggetto di restauro ad opera di ditte accreditate presso la Soprintendenza, ditte che, si suppone, meritando l’accredito dovrebbero saper restaurare in maniera ineccepibile, altrimenti a cosa servirebbe la selezione?
Un primo sguardo a quelle pareti scrostate lascia supporre che chi ha operato nei recenti restauri, piuttosto che applicare i vari strati di intonacatura e rivestimento, adoperando intonaci a base di calce e pozzolana e facendo un’adeguata preparazione della parete con una energica sbruffatura, si sia limitato ad incollare il rivestimento mediante l’uso di malta cementizia, o comunque “bastarda”, probabilmente partendo da uno strato di malta dato direttamente alla pezza, previa applicazione di un aggrappante chimico. Diversamente è strano comprendere le ragioni per le quali nelle aree lacunose non vi sia alcuna traccia dell’intonaco di supporto, né che lungo l’intero margine del rivestimento superstite risulti leggibile profondo distacco che preannuncia ulteriori crolli.
Ma chi le fa le selezioni delle ditte accreditate? E in base a quali credenziali? Chi li fa i controlli sui materiali e sulle metodologie di restauro? E in base a quali esperienze? E, a questo punto, chi li nomina i tecnici della Soprintendenza? E in base a quali titoli?
Purtroppo il nostro patrimonio va in pezzi, e non solo perché non ci sono soldi a causa del dirottamento di fondi necessario a realizzare e tenere in vita di capricci modernisti come il MAXXI di Roma, ma anche a causa della perdita di conoscenza delle tecniche e dei materiali da costruzione tradizionali. Finché si continuerà ad insegnare, a progettare e costruire esclusivamente in maniera antitradizionale, saranno sempre meno le ditte e gli artigiani in grado di intonacare e/o rivestire una parete in maniera corretta, e i tecnici in grado di dirigere i lavori. Chi ne pagherà le conseguenze sarà quel patrimonio storico-architettonico che dovrebbe darci da campare.
1 commento:
grazie Pietro
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