Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


15 febbraio 2013

NOVITA'

Pietro Pagliardini

Ieri al TG il garrulo Mollica, nei rituali servizi da San Remo, esaltava la “novità” di una canzone, non so quale. Quel poco di canzoni che ho sentito mi hanno fatto dormire, però pare siano portatrici di “novità”.
Novità, modernità, contemporaneità, creatività, innovazione, questi tag passano nei media e nella cultura diffusa come valori assoluti, esclusivi e indipendenti da ogni ulteriore attributo di qualità e di merito per ogni ambito in cui si esprime l’attività umana. La canzone è una novità e tanto basta a definirla una buona canzone. Ovviamente è anche contemporanea, e non potrebbe essere diversamente dato che è stata creata in questi giorni, e anche questo basta a renderla degna di nota. Però deve essere anche moderna, che non è proprio uguale a contemporanea. Infatti contemporanea ha un significato meno durevole, più di moda ma più soggetta al logorio del tempo, mentre moderna fissa definitivamente il carattere di positività in un arco temporale più vasto, un’epoca direi, e la consegna definitivamente all’olimpo delle cose da ricordare e da esporre al MOMA. Come si faccia ad esporre una canzone al MOMA non saprei dire, però credo che qualcuno ne sarebbe capace, se non l'ha già fatto. Se una canzone o un’opera è moderna, diventa icona di un’epoca, quella della modernità ovviamente.

Parlo di canzoni come semplice incidente di percorso ma il ragionamento vale per qualsiasi altra opera. Anche per l’architettura. Qui le novità si sprecano da decenni ma al momento attuale hanno raggiunto un ritmo veramente incalzante, da mozzare il fiato. I futuristi, poveretti, non reggerebbero il passo.

Le novità migliori sono quelle che viaggiano con la tecnologia. Zaha Hadid, grazie a Patrik Shumacher, fa due schizzi di autostrade che si incrociano, si sovrappongono, si allineano, arriva Shumacher e con il sapiente uso del software dà loro forma nello spazio virtuale. Il tutto passa poi a qualche disgraziato di ingegnere che deve ingegnerizzarlo per farne qualcosa che assomigli ad un edificio, che magari non serve a niente ma che comunque deve, ahimè, contenere persone in carne ed ossa senza cadere loro addosso. E’ decisamente una novità, su questo non si possono nutrire dubbi di sorta. Sarebbe l'architettura a prescindere.

Prima c’era, ormai sembra superato, quell’altro, Gehry, che nasce come scultore. Poi ha capito che tutto sommato scultura e architettura sono quasi la stessa cosa, solo che questa, oltre ad essere vuota dentro per farci entrare le solite persone, è molto più grande e costa molto di più e allora ha cominciato ad accartocciare dei fogli. Con una telecamera riprende da vicino i vari scorci creati dalla casualità delle pieghe e, con un processo decisamente più complicato e più artigianale (d’altronde siamo ai primordi, è pioneristico), sempre al computer, restituisce il modello cartaceo, arricchendolo e modificandolo per dargli una forma se non compiuta, che sarebbe esagerato dire, almeno più coerente. Tutto sommato l’impegno e lo studio, dal punto di vista plastico e compositivo è superiore. Superiore a quello di Hadid. Anche questa è stata una novità, a questo punto direi archiviata, certamente contemporanea quando è stata fatta e forse anche moderna. Non è andata al MOMA, perché non sapevano come infilarcela, ma è stata immortalata in un film di un famoso regista. E poi è andata a finire in diverse parti del mondo, con diversa fortuna e qualche problema di infiltrazioni d’acqua (certo nelle sculture questo problema non si poneva) ma l’apoteosi è stata Bilbao. Almeno per noi europei, soprattutto italiani. A Bilbao però non sembra vi siano problemi di acqua.

Quell’altro, decisamente in disarmo, ha fatto un ponte a Venezia in acciaio e vetro. E’ certamente una novità, e che novità. Camminare sull’acqua come Gesù nel lago di Tiberiade! Se non è una novità questa! L’altra novità è quella che sul vetro si scivola, specie quando piove e se non piove, a Venezia, quando non tira vento di tramontana c’è l’umidità che è come se piovesse e anche peggio perché uno non se lo aspetta. E allora si scivola anche quando non piove. E anche questa è una novità. E poi c’è l’altra novità, che se il ponte ad arco è spingente, vuol dire che spinge là dove appoggia e allora le spalle del ponte tendono ad allontanarsi l’una dall’altra e bisogna fare in modo che invece questo non avvenga. Questo fatto, in verità, tanto nuovo non è. Lo sapevano già gli antichi, che il vetro lo usavano poco, ma che se c’era un arco spingente rimediavano con un contrafforte. Ora Calatrava avrà pensato che le spalle avrebbero retto la spinta ma si vede che non devono avere retto se si muovono. La sfortuna ci sta nella novità.
Ma la sfortuna è anche delle casse pubbliche che pare abbiano sborsato 3 milioni di euro per la scivolosità e non so quanti per la spinta. Anche per la compagnia assicurativa del Comune deve essere stata una novità. Una novità un po’ dispendiosa, riconosciamolo, ma pur sempre una novità.

Adesso c’è l’ultima novità, almeno fino a qualche giorno fa che nel frattempo è capace ne abbiano trovata un’altra. E’alla portata di molti architetti e questo fa prevedere, crisi permettendo, che potrebbero esserci moltissimi prodotti nuovi. Si parla del laser-scanner. Si crea una forma con qualsiasi materiale duttile e modellabile - e qui si esercita anche la creatività nella scelta dello stesso - la macchinetta lo “legge” e crea una nuvola di punti che, trattata al computer, restituisce un modello 3D bello e precotto. Cartocci di carta, pongo, plastilina, creta, lamiere tagliate e sagomate, stoffa, reti di acciaio, quello che si vuole. A quel punto, trovato il cliente giusto, non resta anche qui che passarlo agli ingegneri per la ingegnerizzazione. Tutti gli architetti potranno sentirsi Gehry, Hadid, Calatrava no perché lui è più tradizionale nel metodo, a parte il vetro che però non credo riuserà un’altra volta, per i ponti almeno.

A questo punto come non osservare che, a dispetto di chi afferma che la modernità è caratterizzata dalla frammentazione, decostruzione, individualismo, disordine, caos addirittura, siamo in vero tornati all’unità dell’arte e fra le arti! Musica, architettura, scultura, tutte unite dall’essere novità.
E il merito, la qualità dell’opera? Non conta, un dettaglio superato. D’altronde la novità è un concetto e l’arte moderna e contemporanea è concettuale. Questa però non è una novità, ma un discorso piuttosto vecchio.


4 commenti:

ettore maria ha detto...

Caro Pietro,
data la triste somiglianza tra tutti gli edifici e architetti menzionati, non vedo alcuna "novità", né "modernità", semmai vedo solo un patetico autocelebrazionismo diffuso che non si accorge della assoluta mancanza di inventiva degli autori emuli di se stessi. In merito alle problematiche delle infiltrazioni, il Museo di Bilbao ha un problema molto più serio e costoso: le lastre di titanio che lo coprono tendono a staccarsi a causa del vento, e volano in basso rischiando di trasformarsi in ghigliottine volanti, sicché l'edificio è permanenetemente monitorato e c'è del personale apposito per il fissaggio costante dei pannelli ... bello no? Un problema di manutenzione costante simile è quello che affligge la Cité de La Musique di Portzamparc a La Villette di parigi, dove a causa del ridicolo rivestimento in lastre di pietra intelaiate come delle finestre, l'acqua meteorica tende a sporcare le pareti creando delle "v" nerastre rovesciate in corrispondenza di ogni giunto, sicché ci sono due omini con trabattello a motore e pompa ad alta pressione che lavano costantemente le pareti ... fantastico vero? Chiudo con un altro errore che non posso fare a meno di menzionare: A causa dei pannelli brise-soleil del nuovo museo dell'Ara Pacis, la percezione dei bassorilievi dell'Altare Augusteo è disturbata dalle fasce bianche e nere che lo fanno somigliare ad un monumento senese ... ma il problema non è attribuibile a Meier, perché lui è una archistar, il problema è causato da un'altra stella: il Sole!

Unknown ha detto...

Ho scoperto per caso questo blog e devo dire che, finalmente, ho scoperto un luogo dove si respira aria pulita, dove ci si sente a casa. Questo articolo mi riconcilia con la mia professione, mi fa scoprire che vi sono ancora molti colleghi che aspirano a fare architettura; che in mezzo all'assordante confusione delle riviste, degli amministratori locali, degli opinionisti, esistono ancora persone che vorrebbero semplicemente fare architettura con gli strumenti e i metodi propri dell'architettura. Grazie.

Pietro Pagliardini ha detto...

Ti ringrazio molto per le tue parole. Credo sia uno dei migliori complimenti che questo blog abbia avuto. La categoria degli architetti ha assoluto bisogno di fare un bagno di realismo e di umiltà.
Saluti
Pietro

ettore maria ha detto...

in qualità di ospite frequente di questo blog mi associo ai ringraziamenti di Pietro ... è sempre un piacere scoprire colleghi che sono passati indenni agli anni di lavaggio del cervello. Benvenuto nel gruppo!

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