Questo post è un commento scanzonato al precedente di E.M.Mazzola su Corviale. Scanzonato perchè mi sembra un modo serio di affrontare le corbellerie che sono scritte nel programma.
Il Belpaese, non pago della quantità di opere d’arte, di siti archeologici, di opere di architettura di ogni epoca, di musei che trasudano arte e storia di arte, di città e borghi tra i più belli del mondo, della più grande varietà di paesaggi naturali e antropizzati mozzafiato e da cartolina concentrati nella misera superficie di uno stivale, sottoposti all’attacco del tempo e alla pressione dell’uomo, con un crollo al giorno di opere di valore storico-artistico inestimabile, non pago dunque di questo immenso patrimonio che non sarebbe poi male conservare per tramandarlo ai posteri e per farci anche parecchi quattrini, si potrebbe addirittura arricchire di altri due capolavori dell’architettura che il mondo ci invidia e di cui, nella nostra italica trascuratezza, non ci eravamo accorti: le Vele di Scampia e il Corviale di Roma.
Delle Vele di Scampia, purtroppo, abbiamo già perso qualche pezzo, grazie al genio distruttivo di quel picconatore, per l’appunto, del Presidente Cossiga, che volle fortemente fosse perpetrato questo scempio. Ma un po’ di tempo fa il soprintendente di Napoli si è spinto, a più riprese, a dichiarare che le Vele rimaste (una, due, e chi lo sa, chi si azzarda ad andare a contarle senza l’esercito) sono meritevoli di vincolo e di tutela.
Del Corviale invece l’architetto Mazzola ci ha informato nel post precedente che c’è una iniziativa in corso per cui “Il 30 ottobre Corviale sarà riconosciuto progetto di rinascita a valenza nazionale al Ministero dei Beni Culturali”.
Dunque è imminente la rinascita nazionale grazie al Corviale. Angela Merckel, Olly Rehn e Standard &Poor’s non aspettavano altro per farci riavere la tripla A.
Ma forse no, forse vogliono intendere qualcosa d’altro. Ma che vorrà dire allora “rinascita a valenza nazionale”? Vorrà dire che la nazione intera dovrà impegnarsi a pagare per farlo rinascere il Corviale? Intanto, se bisogna farlo rinascere allora vuol dire che è morto, e questo non è buon segno, e poi se partono con queste intenzioni ho paura che caschino male, perché se c’è da scucire soldi agli italiani con il consenso degli italiani stessi hanno proprio sbagliato momento. Forse intendono che la nazione intera dovrebbe essere coinvolta emotivamente e culturalmente per la rinascita dello stesso? Ma figuriamoci, la nazione ha cose più importanti cui pensare in questo momento. Non fosse altro, per parlare di rinascite vere, al terremoto di Emilia e Lombardia, a quello in atto nel Pollino e alla ricostruzione de L’Aquila, che mi sembrano, anche ognuna separatamente, lievemente più importanti della rinascita del serpentone.
Possibile che abbiano inteso davvero una delle tre sciocchezze di cui sopra? Diamogli credito di non essere proprio sprovveduti. Ma allora, cosa vogliono davvero?
Vogliono fare una rimpatriata, tutto qui! E che sarà mai! Sono nostalgici, quasi antichisti. Hanno la testa girata indietro e non riescono a vedere all’oggi e nemmeno al domani. Al Pantheon ci sono i monarchici che fanno la guardia alla tomba del Re? E’ apprezzabile, ci credono, ne hanno rispetto e fanno la guardia. Questi invece sono fermi agli anni ’70, al sogno delle macrostrutture in salsa italiana che, unito ad una visione sociale e politica collettivista, era una sorta di coazione a ripetere le visioni utopistiche dell’ottocento. Rifiutano la società aperta dove l’individuo è centrale anche se inserito sempre e comunque in una comunità di persone. Sono conservatori, appunto, hanno fossilizzato le avanguardie del ‘900, con una punta di romanticismo però, questo sì, perché affondano le loro radici e tradizioni nell’800, concretizzato nelle forme degli anni ’70. In fondo sono veri tradizionalisti.
D’altronde in qualche modo, chi più chi meno, li hanno vissuti quegli anni oppure ne hanno respirato gli aromi, li hanno assimilati a scuola da zelanti, nostalgici professori e queste cose restano.
Come si fa una rimpatriata? Dipende: quelle scolastiche si fanno a cena al ristorante, e in genere sono piuttosto tristi perché qualcuno inevitabilmente manca all’appello, quelle invece dell’Accademia si fanno con un bel Convegno, con i manifesti con su scritti tutti i nomi dei partecipanti, con un occhio di riguardo a non sbagliare i vari titoli, ordinario, associato, ricercatore, direttore, presidente, coordinatore di qualche cosa, insomma tutto il medagliere sul petto.
E poi bisogna che il tema sia forte, originale, che colpisca l’immaginario collettivo del proprio ambiente, ed ecco dunque “la rinascita a valenza nazionale”, che il 30 ottobre sarà riconosciuta al Ministero dei Beni Culturali.
Cosa vorrà dire quel “al” Ministero, quando sarebbe più corretto dire “dal” Ministero, questo mi è oscuro. Fa pensare più ad una speranza che ad una certezza. Come se qualcuno portasse, il 30 ottobre, questa proposta di “valenza nazionale” all’Ufficio protocollo del Ministero sperando che l'impiegato lo trasmetta con solerzia. Ma certo non seduta stante, non esageriamo. Mica pretenderanno che la Commissione competente (ci sarà pure una Commissione competente!) sia riunita in seduta permanente e anche se lo fosse che riceva subito la proposta e la deliberi e magari l’accolga in mattinata!
Eeeeh, va bene l’Accademia, vanno bene i titoli, vanno benissimo i nomi e le provenienze accademiche e istituzionali ma insomma, anche la forma va salvata e le decisioni importanti, e questa è una di quelle, è nazionale addirittura, richiede le giuste procedure, richiede il giusto tempo di maturazione, insomma. Le decisioni frettolose non appaiono mai importanti, troppo emergenziali. Questa no, questa richiede riflessione profonda, anche se il risultato finale è certamente assicurato.
Quindi, in attesa della maturazione, questi distinti signori, che mi piace immaginare con l'eskimo, che però oggi è stato rivisitato in parka, e sciarpa di lana rossa, che oggi è più tipo pashmina, potrebbero farsi un giro in internet (l’hanno già inventato da tempo) per vedere che all’estero roba analoga, anche di Maestri riconosciuti, in genere la demoliscono per ricostruirla in modo più normale e, ahimè, più populista ma più adatto alle persone che ci devono vivere e più adatto anche alla situazione sociale e politica che non è particolarmente propensa alle comuni e dove, semmai, c’è l’eccesso opposto, quello che ognuno vuole fare quello che gli pare.
Di certo non vuole vivere in un edificio lungo un chilometro, e non basterebbero nemmeno i saldi con lo sconto del 50% riducendolo a 500 metri. Temo ci sia al massimo il "Tutto fuori",
Nessun commento:
Posta un commento