Una breve premessa informativa a questo post di Giulio Rupi.
Il progetto di cui si parla ha avuto una lunga e travagliata storia brevemente riassunta in questo articolo su www.arezzonotizie.it, Al via la ricostruzione del Palazzo della Fonte, dal quale sono tratte le due immagini dei prospetti del progetto in costruzione.
Il primo progetto, di cui ho immagini troppo piccole per essere pubblicate, voleva "denunciare" in maniera evidente la sua "modernità".
I progettisti sono:
il Prof. Arch. Andrea Branzi (Politecnico di Milano), il Prof. Arch. Michele Paradiso (Università degli studi di Firenze), il Prof. Arch. Giacomo Tempesta e i professionisti Arch. Franco Lani, Arch. Antonio Bigi, Ing. Gianni Cinelli, coadiuvati dalla struttura tecnica di Banca Etruria.
RICOSTRUZIONE DEL PALAZZO DELLA FONTE NEL CENTRO STORICO DI AREZZO: UNA DOMANDA
di Giulio Rupi
Ad Arezzo, nel 1944, nel corso di un bombardamento degli Alleati, una bomba ebbe a colpire, in pieno Centro Storico, un palazzetto posto a pochi metri dalla splendida Pieve romanica, lasciando quest’ultima miracolosamente illesa.
Era questo un edificio di quattro piani, posto d’angolo all’incrocio di due strade, adiacente, su ognuno dei due fronti, a palazzi altrettanto alti. Con la bomba ne era rimasto in piedi un solo piano, creandosi una visibile stonatura, come di un dente rotto in mezzo a una fila di denti sani.
In città, da allora, si è discusso e discusso su come ripristinare l’armonia perduta, riportando quell’edificio alla sua altezza originaria. Si son presentate svariate proposte finché finalmente, dopo quasi settant’anni, ha da poco preso avvio il cantiere della ricostruzione.
A quanto si sa il progetto è passato attraverso successive versioni e da una precedente versione “modernista” e poco contestualizzata si è fortunatamente addivenuti a più miti consigli con una operazione quasi di “mimesi” che riprende le caratteristiche dell’edificio preesistente (anche se non si è mai nemmeno presa in considerazione l’idea di non progettare alcunché e rifarlo esattamente come era, ma sarebbe stato pretendere troppo!).
E tuttavia, per quanto mi ha riferito uno dei progettisti (non conosco nei dettagli il progetto) si è voluto sottolineare la storia del palazzo evidenziando il nuovo attraverso uno sfalsamento tra i piani delle facciate del vecchio e quelli del nuovo: una sorta di “risega” che mostrerà ai posteri le due fasi di formazione dell’edificio.
A questo punto si inserisce, brevissimo, il mio commento, anzi una domanda che vorrei porre ai progettisti.
C’è proprio bisogno di dare tutta questa dignità di fatto storico a un grosso barattolo appuntito di metallo, riempito di materiale esplosivo (la “bomba”) per farne un evento da evidenziare nei secoli? Che differenza con, che so, lo spigolo di un muro d’epoca demolito per sbaglio da un camion in retromarcia?
Troppo onore, amici progettisti, per una miserabile bomba della seconda guerra mondiale! Storicizziamo tutto, ma evitiamo di dare alle bombe la gloria immeritata di un segno perenne proprio in uno dei punti focali del nostro meraviglioso Centro Storico.
3 commenti:
Giulio Rupi si comporta come quel famoso bambino che disse "Il Re è nudo". Dire che si è data dignità alla "bomba barattolo" è una vera perla. Magari qualcuno dirà che nella memoria storica degli aretini ormai quella cicatrice esiste ed è giusto mantenerla. L'osservazione di Giulio, però, è disarmante. Complimenti!
Complimenti Giulio,
splendido post, breve e preciso ... la tua mira è stata molto più precisa di quella dell'imbecille che lanciò la bomba a casaccio!
Purtroppo si deve assistere ancora una volta all'ossequioso rispetto dei dettami di un indirizzo storicista di guardare alla storia. Probabilmente i responsabili del procedimento in soprintendenza, dopo aver riflettuto per 70 anni sul da farsi, ed aver accettato la ricostruzione - ovviamente non com'era e dov'era, ma dove'era e più o meno com'era secondo la regola del pressappochismo - a fine lavori, vedendo la risega potranno avre il loro orgasmo storicista da risega, (sembra che la parola sia stata messa lì apposta) un qualcosa che ai comuni mortali non suscita alcun piacere, né interesse. Magari ora potremo coniare un neologismo per le soprintndenze. "farsi delle riseghe mentali". Spero che a lavori ultimati quel meraviglioso angolo aretino non risulti mortificato da un qualcosa di invadente, spero davvero che il progetto risulti mimetico.
L'ironia di Giulio è molto contagiosa e vedo che anche te Ettore gli tieni testa alla grande. Questa delle "riseghe mentali" è degna di diventare un cult
Complimenti
Pietro
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