Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


22 settembre 2011

IL PARADOSSO DELLE CITTA' INVISIBILI

Segnalo un paradosso che esemplifica il completo distacco dell’urbanistica operante dalla realtà della città e dallo stesso senso della realtà:

la Regione Toscana ha “esploso” la categoria edilizia dell’ampliamento, il cui significato è sufficientemente comprensibile a tutti, dividendolo in due categorie diverse:
l’addizione funzionale e l’addizione volumetrica.
Non sto a riportare la definizione ufficiale e la semplifico: l’addizione funzionale è quell’”ampliamento” che non costituisce un nuovo organismo edilizio e deve essere “funzionale” ad uno già esistente. A titolo di esempio: se ingrandisco il mio soggiorno o aggiungo una camera per un figlio o una stanza al servizio della casa esistente, una serra per esempio, si parla di addizione funzionale.
Se invece accanto alla mia casa costituisco una unità autonoma, oppure accanto alla mia casa costruisco un nuovo volume da utilizzare come “laboratorio” per un’attività lavorativa, a prescindere dalle dimensioni della stesso, si parla di addizione volumetrica.

Ora è evidente, in base al troppo bistrattato “buon senso”, che in entrambe i casi io costruisco fisicamente un “volume”. Per adesso teniamo a mente questa constatazione.

Cosa distingue i due diversi volumi?
In linea di principio tale distinzione non è né astratta né peregrina, perché segue, in qualche misura, il processo di crescita spontaneo di un organismo, di uno stesso organismo edilizio, che si sviluppa nel tempo in base alle necessità di chi vi abita, e questo viene nella legge classificato come “addizione funzionale”.
Se invece inserisco un organismo edilizio nuovo e diverso, faccio un salto di scala, modifico la natura del tessuto, e questo viene classificato come addizione volumetrica. In sostanza, l’addizione funzionale risponde a normali esigenze di crescita legati all’abitare e quindi va incontro alle normali aspettative dei cittadini.

Tutto questo in linea di principio. Ma cosa accade poi nel momento in cui i principi si sostanziano in articoli di legge? Accade, tra le altre cose, che le addizioni funzionali non rientrano nel “dimensionamento” del PRG, mentre le addizioni volumetriche sì.
Già, perchè esiste il dimensionamento del piano, che sarebbe la madre di ogni PRG. Dico madre, ma sbaglio, dovrei dire figlio, perché si suppone che il mitico numero che segna e direi mette il marchio su ogni nuovo piano dovrebbe scaturire dall’altrettanto mitico quadro conoscitivo.
Ora come possa un numero, la cui determinazione è così complessa, scaturire da un quadro conoscitivo territoriale nessuno è in grado di stabilirlo e infatti il dimensionamento è una scelta a monte, una scelta politica che successivamente viene giustificata con una massa di dati, a valle, una parte dei quali certamente necessari, i più invece superflui e abbastanza risibili. Comunque nessuno di questi da solo può determinare automaticamente un valore credibile, ad eccezione di quelli della rete dei servizi: acqua, fognature, ecc. oppure dei servizi scolastici, ma solo se si esclude di poterli incrementare; e questa è, appunto una scelta politica.

In verità è molto più semplice ed anche più logico lavorare per approssimazioni successive, e per sintesi, ipotizzando un certo valore di cubatura, in base a criteri sintetici fondati essenzialmente su scelte di progetto e quindi proiettare, in base al numero di abitanti prevedibili a regime, la necessità dei vari servizi.
E’ chiaro che l’indirizzo del dimensionamento è quello di restringersi al minimo fino a raggiungere lo zero, conseguendo cioè l’altro mito chiamato volume zero.

Con queste condizioni, l’addizione funzionale sfugge al dimensionamento, perché la sua quantità totale non è facilmente prevedibile e perché l’addizione funzionale è classificata nella categoria della ristrutturazione edilizia.
Sì, avete capito bene: con la ristrutturazione edilizia si può ampliare casa ma quel’ampliamento non è classificato come volume. Non è una deroga, in verità (e sta qui la grande furbizia) ma è proprio la categoria dell’intervento edilizio cui si fa appartenere l’addizione funzionale che esclude per definizione l’esistenza del volume in aggiunta. Quindi è un volume inesistente e quindi, anche in un piano che si dicesse essere a volume zero, nella realtà a zero non è.

Paradosso della norma: il dimensionamento, stabilito a monte come principio ideologico, è salvo.
Si stabliscono limiti improbabili allo sviluppo (sostenibile) e contemporaneamente si introduce sotto banco la scappatoia a quei principi. Si introduce cioè una norma fatta apposta per evadere la norma, quindi si può dire che non è il cittadino a compiere azioni criminogene, come qualcuno sostiene, ma è lo Stato, in questo caso la Regione, che produce norme che sono potenzialmente criminogene. La furbizia pubblica incoraggia certamente quella privata.

Dice: ma è tutto fatto a fin di bene, per uno scopo nobile. E io rispondo che è vero, ci mancherebbe, tuttavia si vorrà ammettere che la logica e lo stesso principio di realtà vanno a ramengo?

Una norma che volesse rispettare il principio della crescita naturale dell’abitato esistente, il principio di realtà e un minimo sindacale di logica umana, avrebbe dovuto conservare la categoria dell’ampliamento, regolamentando quello corrispondente alle addizioni funzionali, con incrementi a scalare in base alle necessità, quindi con una norma che conceda di più a chi ha di meno (una casa piccola ha più necessità di una casa grande)e considerare gli ampliamenti per quello che sono, cioè nuovi volumi. Ma non si può farlo perché il dimensionamento, dato ideologico-politico imposto a monte lo impedisce.

Il risultato finale è che:
- un parte della crescita della città risulta essere invisibile, perché non esiste ufficialmente come volume; questa palese assurdità autorizza il cliente a pensare che tu lo stia prendendo in giro o che non ci abbia capito niente. Vaglielo a spiegare al cliente che un volume non è volume, e quello ti dice, d'istinto, che se non è volume allora perché lo limitano! E’ possibile dargli torto?
- il dimensionamento, posto come limite massimo per legge, ma senza una motivazione reale, tant’è che lo si svicola con una norma che con l’arcivernice fa sparire gli ampliamenti, diventa il nodo scorsoio dei PRG imposto dalla politica e non dalla realtà delle cose, dato che la realtà non è un numero ma la forma della città e il vero dimensionamento è quello che compatta la città in base ad un disegno coerente e non la fa espandere nella campagna;
- la ristrutturazione, che ha una sua accezione chiara nella legge nazionale, a livello regionale diventa un elastico entro cui ci può stare ogni cosa e che contribuisce al sorgere di interpretazioni leguleie da cui la qualità della città ha solo da perdere.

Morale: come rovinarsi la vita con le proprie mani senza ottenere alcun risultato qualitativo accettabile, rovinando la vita ai progettisti, incrementando a dismisura la loro dipendenza dalle interpretazioni degli uffici e inquinando quello che dovrebbe essere il normale rapporto tra la legge e i cittadini: leggo, capisco, applico.
Troppo facile per uno Stato sofferente di bulimia burocratica che ci sta portando alla morte.

7 commenti:

ritorno alla città ha detto...

Caro Pietro,
Adesso è tardi magari proverò ad articolare un commento sabato o domenica. Comunque sono pienamente d'accordo con te, il comune cittadino non distingue tra volume urbanistico e volume reale, e come dargli torto quando per farlo capire ad un neolaureato in architettura ci si mette qualche anno!
P.s.
Non sentivo nominare l'arcivernice di Pier Lambicchi da quando avevo dodici anni .
Abbracci
Angelo

Pietro Pagliardini ha detto...

L'arcivernice. Da vecchi si perde la memoria a breve e torna quella a lungo. Però non credevo, Angelo, che tu fossi così vecchio..... Li porti bene, accidenti.....
Sabato e domenica c'è un incontro tra gli amici del Covile a Settignano.
Ma probabilmente lo sai già.
Ciao
Pietro

neutriniiiiiiiiiiwwwrooonnnn!!!!! ha detto...

adesso che i neutrini van più veloce della luce... che pure l'ultimo baluardo della verità se ne va in frantumi... mi vien da chiedermi a settignano che ci faranno quelli del covile... l'è dura rifondar l'episteme se pure i neutrini ci si mettono a far i relativisti...

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Il paragone sembra bellino ma quella che verrebbe messa in discussione è la teoria della....relatività....
Comunque robert, occorre prudenza in ogni campo, così come ce l'hanno quelli del CERN.
Vedi articolo:
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/11_settembre_23/cern-velocita-luce_bb7e3b0a-e5ae-11e0-b1d5-ab047269335c.shtml
Ciao
Pietro

in attesa del fotofinish l'episteme andò al bar ha detto...

teoria della relatività messa in crisi da neutrini relativisti ma bisogna aspettare... che ansia...da panico... ce la fate intanto a partorire un episteme temporaneo?

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Se ti devo dire la verità potrò anche avere l'ansia da prestazione, ma da neutrino proprio no.
Comunque per chi avesse queste ansie consiglierei la lettura integrale del discorso del Papa ieri a Berlino.
E lì, il neutrino non ha molta influenza, casomai il neurone.
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

Carissimo,
ho qualche problema a inviare un commento sul blog (non mi compare la stringa di sicurezza da decirare), per cui ti scrivo qui.
La storia che racconti sulle norme toscane, mi ha fatto tornare in mente quel che è avvenuto nella mia "famosa" città di Castel Maggiore circa una decina di anni fa.
Bisogna sapere che il territorio agricolo della zona è costellato di case coloniche composte tipicamente da un fabbricato principale (circa 15x15 di due piani e di un fienile/stalla poco discosto, di dimensioni medie 10x 20 con altezza pari a 2-3 piani.
Quando venni ad abitare qua, notai che tutte queste abitazioni erano quasi in rovina, particolarmente i fienili-stalle dato che, con l'abolizione dell'allevamento bovino e la meccanizzazione, erano in gran parte inutilizzati. I proprietari erano talvolta agricoltori, che vivevano, piuttosto scomodamente, nelle abitazioni rabberciate alla bell'e meglio; spesso si erano inurbati, e la proprietà era praticamente lasciata andare in rovina. Perchè? trattandosi di località a pochissimi chilometri da Bologna e pertanto altamente appetibili? Perchè il comune non concedeva il cambio di destinazione d'uso; se uno voleva anche solo fare manutenzione, doveva ri-costruirsi, nel 2000, un bel fienile.
Logica avrebbe voluto che, riconoscendo la realtà delle cose, venisse cambiata la norma, e stabilite regole per una corretta e dignitosa trasformazione. Ma avrebbe significato smentire decenni di prese di posizioni cultural-politiche. Per cui....colpo di genio!
Fu varato un faraonico Piano Verde, in cui si condannava la bieca abitudine borghese di piantare cipressi o cedri, e di ostinarsi a far crescere siepi ordinate di bosso o di alloro. essenze non autoctone! Morte ai cipressi, che vanno bene forse per le crete senesi, ma non li vogliamo nella Padania!
In base a queste, anche ragionevoli in parte, teorie, viene incoraggiata sul territorio comunale la sostituzione di tali essenze arboree di importazione con ontani, olmi, e alberi da frutto.
Chi pianta un certo numero di tali alberi, può ottenere, in deroga, l'autorizzazione a ricavare dal volume del fienile, due-tre-o quattro unità abitative.
Nel giro di pochi mesi, decine e decine di proprietari hanno proceduto, e decine e decine di case pericolanti sono state restaurate, e decine e decine di nuove abitazioni sono sorte, generando una inedita tipologia di "micro-borghi" in cui 4-6 unità risultano cintate in un unico giardino, ricco di olmi e ontani!
Per carità, il risultato non è disprezzabile, ma è bizzarro che non si sia detto che "i fienili non servono e si possono trasformare", ma il tutto è passato sotto mentite spoglie come effetto collaterale e come deroga. Se uno volesse trasformare la stalla, mantenendo i suoi cipressi, no!
Atro difetto della manovra: tutte le ristrutturazioni, essendo contemporanee, e quasi tutte eseguite dallo stesso studio (guarda caso amico degli amici), sembrano fatte con lo stampino.
Enrico

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