Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


5 settembre 2011

GABRIELE TAGLIAVENTI SU CATTIVA URBANISTICA E DEBITO PUBBLICO. ARTICOLO CHE SI SPOSA CON IL POST PRECEDENTE

Un articolo di Gabriele Tagliaventi sul rapporto tra urbanistica e debito pubblico italiano.
Un articolo che conferma la bontà e la necessità di quei principi affermati nella modifica alla Legge urbanistica della Regione Toscana di cui ho scritto nel post predcedente.

19 commenti:

Oh signora mia ma quanto siamo materialisti !!! ha detto...

pietro, ricordo quando (due? tre? anni fa) sostenevo qui da te che le uniche motivazioni che porteranno alla densificazione saranno la sostenibilità e "i schei". ricordo che ti dicevo di lasciar perdere le balle metafisiche di strani matematici. noto che pure tagliaventi parla di "schei" e non di concetti assurdi relativi alla "bellezza"...

bene-bene, ci speravo proprio in un sano materialismo contabile :-)

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Robert,mai pensato che tu non fossi sveglio. Però ìl tuo materialismo storico non esclude affatto che quelle forme di cui parla Nikos e prima Caniggia e prima la Jacobs e molti altri siano quelle giuste e non astrazioni senza contenuto reale.
Tu credi nella struttura e fai bene ma escludi la sovrastruttura e fai male.
Ma non ci illudiamo: per mettere in pratica le proposte ci vogliono comunque i schei per risparmiare i schei, quindi come la mettiamo col materialismo?
Ciao
Pietro

LdS ha detto...

pietro, io non credo nella struttura nè nella sovrastruttura. penso che che le idee influenzino le cose e il desiderio di sopravvivenza, oppure di miglioramento del proprio benessere, che c'è in ciascun individuo e società/comunità influenzino altrettanto gli eventi. solo che mi fanno ridere le ipotesi che cercano descrizioni olistiche della realtà. la parola materialismo l'ho usata così, non come categoria marxistica. l'approccio riformista è quello che preferisco.
mi vanno bene, per certi versi, la jacobs e caniggia, ma nikos lo metto tra gli eventi new-age del nuovo secolo che fan solo perdere tempo.

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Il fatto che le idee influenzino la realtà direi che è per me quasi una "religione". Se mi sono messo a scrivere in internet, oltre al divertimento ed anche alla reazione istintiva e caratteriale verso una cultura urbanistica che definire di basso profilo è dire poco, è proprio perché ho sempre pensato che le idee possono modificare la realtà, naturalmente avendo la fortuna e la tenacia di trovare una "squadra" determinata.
Questa squadra io l'ho trovata, anzi, sono stato trovato, e di questa squadra Salìngaros è il punto di riferimento, l'uomo di punta che ha determinato la rottura. La sua presenza in rete ma anche fisica, almeno una volta all'anno nelle varie sedi, quali la Sapienza e altrove, ancorché contestata, è stata determinante, eccome se lo è stata, a spostare il discorso sui temi di cui oggi si parla.
Non è necessario essere d'accordo su tutto il suo pensiero per constatare quello che è un fatto.
La tenacia di Mazzola, i suoi interventi spesso urticanti nella forma, ma efficaci nella sostanza è stato altro elemento decisivo: basti pensare al suo progetto su Corviale quanto dibattito ha creato: ha dato carne allo spirito delle idee. Sempre a prescindere da quello che tu ed altri possano pensarne.
Quindi sulle idee siamo d'accordo.
Poi c'è la realtà economica che spinge in quella direzione, certamente. Ma spinge proprio in quella direzione, verso quella soluzione specifica, perché qualcuno l'ha proposta. Se nessuno l'avesse proposta, la soluzione avrebbe potuto essere un'altra e sbagliata. E' accaduto così per decenni, perché proprio adesso sembra che timidamente ci si indirizzi proprio là?
Ciao
Pietro

LdS ha detto...

pietro, concetti come la densificazione e la rarefazione erano presenti nelle università da più di una dieci d'anni. penso d'averlo scritto un bel po' di volte. se avete pigliato la moda, tanto meglio per voi.

robert

enrico d. ha detto...

Mi insinuo nel dibattito, solo per portare l'esperienza profana di un abitante di Castel Maggiore, realta semi-urbana appena a nord di Bologna, che Tagliaventi certo conosce.
E' un esempio, un paradigma, di quella visione sociologico-urbanistica che qui si deplora. Castel maggiore è un paesone di 18mila abitanti, divisi in un capoluogo di circa 12mila anime, e due o tre frazioni. Gran parte dell'edilizia degli ultimi trent'anni è tipico sprawl, con miriadi di villette a schiera.
Orbene, l'amministrazione ha fatto e brigato per ottenere la classificazione a "città", non ho idea di perchè, nè se tale denominazione comporta sostanziali vantaggi. Contemporaneamente, alle imprese costruttrici è stato richiesto, come oneri di urbanizzazione, l'adeguamento a "parco pubblico" di amplissime superfici periferiche aale lottizzazioni già periferiche di un paesone di periferia. Decine e decine di ettari, sentieri serpeggianti tra alberelli stenti, panchine improbabili, erba innaffiata poco e male. Utenti: zero (ad esser magnamini, epsilon piccolo a piacere); come è ovvio in un paese di mezza campagna, fatto all'80% di villette a schiera.
Ma l'operazione ha consentito all'amministrazione di vantarsi di esser risultata, in non so quale classifica nazionale, la "città italiana con più verde pubblico per abitante" !
Fintanto che un tale indicatore viene raccolto, propagandato, e considerato un indice di "vivibilità" e di "qualità", senza approfondimenti, non se ne esce.
Per converso, penso a quante decine-centinaia di newyorkesi abitano a meno di 5-minuti-5 a piedi da central park.

Pietro Pagliardini ha detto...

Robert, sono certo che troveremmo mille architetti che dichiareranno: io l'avevo detto, il mio dipartimento l'ha detto, ecc.
Nessuno inventa niente, ma chi ci crede la propria idea ls sostiene.
L'urbanistica non é letteratura e c'è una componente politica non indifferente non a caso l'architettura é arte civica.
Ti sfugge proprio questo concetto.
Ciao
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

enrico, ti candido all'assessorato all'urbanistica della tua "città".
Ci vediamo a Settignano.
Ciao
Pietro

enrico d. ha detto...

Sono andato a fare un controllo preciso: l'ultimo parco pubblico è situato a lato di uno stradone in uscita dalla città. Le dimensioni sono di 500 metri x 200 con il lato lungo parallelo alla strada.
Come detto, la strada è una arteria esterna al centro abitato, costeggia il parcheggio di un mega centro commerciale, e prosegue verso Bologna, interrotta ogni 3-400 metri da una rotonda-in-mezzo-al-nulla. Gli ultimi insediamenti abitati sono situati qualche centinaio di metri prima del centro commerciale, e per arrivare al parco bisogna proseguire per 1 km e 100 metri. Ho detto, per arrivare; non per "entrare", giacchè il parco pubblico è completamente recintato e dotato di un unico ingresso....ovviamente posto nell'angolo più lontano dal centro abitato: già fare oltre un kilometro sotto il sole o la pioggia, in mezzo al niente, al bordo di una strada a grande scorrimento non è il massimo, ma i nostri geniali amministratori e i loro tecnici hanno pensato bene di prolungare la poasseggiata di altri 500 metri, prima di farci accedere al parco !

Pietro Pagliardini ha detto...

E di che ti lamenti, 1600 metri di corsa fino al parco e poi giù a correre dentro 10 ettari di parco! Hanno pensato alla tua salute e a quella di tutti gli anziani che devono mantenersi giovani.
Ma perchè non ci hanno lasciato la campagna? Per scrivere: siamo il paese più verde d'Italia. Come se la campagna fosse grigia!
Con questo commento ti sei definitivamente candidato a Sindaco con delega all'urbanistica.
Ciao
Pietro

LdS ha detto...

nel 2006, la biennale di architettura, si intitolava "architettura e società". l'arsenale era interamente dedicato al tema, le questioni poste da enrico d. c'erano già tutte. NY, e alcune grandi conurbazioni, erano rivalutate nel loro aspetto sostenibile. le città erano viste come pilastro della pianificazione. secondo me, delle biennali che ho visto, è stata in assoluto la migliore.
prima del 2006 (io che son fattutoneignorantone) certe cose le avevo sentite accennare verso il 2001/2. la prima volta che ho letto, in documento ufficiale della regione veneto, accennare l'innalzamento degli indici per evitare il consumo di suolo è stato nel 2004. poi, cercando sul tema, ho trovato tesi della fine anni '90, testi/convegni/workshop dei primi anni '10.
tutto questo io lo chiamo "sostenere delle idee".
ripeto: mi fa piacere che certe idee siano diventate di pubblico dominio. così tanto di pubblico dominio che vengono citate come il miracolo che risolverà tutto (pure il debito pubblico) in maniera alquanto demagogica. purtroppo la cosa non è così facile e il miracolo, se si avvererà, lo percepiremo, qui al nord, fra 40-50 anni.

robert

Anonimo ha detto...

scusa Enrico D., non capisco il tuo problema: il comune ha chiesto come onere di urbanizzazione la creazione di un parco pubblico, e tu sai che gli oneri di urbanizzazione non si possono gestire a discrezione (per esempio rinnovando l'arredamento del municipio lontano chilometri), il parco è stato fatto probabilmente eliminando migliaia di metriquadri di sterpaglie, rovi e pantegane, al massimo eliminando campi di grano o mais previo regolare esproprio pagato al contadino.
Il risultato è che aree prima inaccessibili sono ora, 'in teoria', utilizzabili da ogni abitante del comune e anche extracomunitario che voglia portare a correre il cane, magari fare un picnic, oppure, come mi è capitato di vedere con molto divertimento, sedersi nel mezzo del 'nulla sistemato a parco pubblico' con un leggio ed uno spartito e suonare il sassofono senza disturbare i vicini.
Non vuoi chiamare tutto ciò "vivibilità e qualità", e va bene, ma come le chiami le aree abbandonate fuori da ogni circuito urbano dove 'in teoria' ma mica tanto si insediano ad insaputa del cittadino la piccola delinquenza, lo spaccio e magari qualche accampamento abusivo?

Vilma

Anonimo ha detto...

Cara Vilma, il "mio problema" sta proprio nelle scelte (tecnico-politiche) dell'amministrazione che, non lo so ma immagino sia così, ha una qualche discrezionalità nel definire le opere da "far fare" a chi costruisce. E, voglio sperare, avrà anche un qualche sistema di controllo e di verifica sulla qualità e sulla rispondenza dei manufatti al "concordato".
Nel mio comune, la sensazione, non solo mia, è che la faccenda sia in mano ad un gruppo di schizofrenici senza il senso dell'umorismo.
La scelta delle opere da far eseguire segue logiche che nessuno (nemmeno chi vota "da quella parte") comprende. In un paese in cui esistono già ampi parchi pubblici "storici" e di un qualche interesse naturalistico (mal manutenuti, e pur tuttavia frequentati), e altri parchi nuovi desolantemente vuoti perchè creati in zone scarsamente "densificate" e a ridosso di villette unifamiliari con giardino privato; in un paese simile, sarebbe logico farsi costruire altre cose. (marciapiedi, piste ciclabili: la mia frazione dista 5 chilometri dal capoluogo e se ne sente davvero il bisogno)
Faccio un altro esempio di scelte "discutibili". La frazione dove abito (3mila abitanti) è stata da sempre attraversata da centinaia di camion afferenti ad una cava nelle vicinanze. camion che, a partire dalle 5 del mattino percorrono le strade del paese a pochissimi metri dalle camere da letto della gente, con curve e controcurve e relativo bisogo di cambiare marcia. Rumore, smog, polveri, pericoli da sempre segnalati; cui nessun rimedio fu mai posto. (addirittura la cava si offrì anni addietro di costruire a sue spese una strada dedicata in area golenale, ma non se fece nulla). In occasione di un importante lotto residenziale, fu chiesto dal comune all'impresa costruttrice di creare un chilometro di "circonvallazione" per deviare il traffico dal centro abitato. E fu chiesta anche l'edificazione di una nuova scuola materna, altamente ecologica.
La nuova strada passa a 150-200 metri in linea d'aria dal nuovo asilo. Ebbene, si è pretesa la costruzione di una sorta di argine-pararumore a fianco della strada per proteggere l'asilo da un inesistente inquinamento acustico. Ricordiamoci che, fino a ieri i camion passavano a 50-100 centimetri dal giardino dell'asilo.
La cosa ha raggiunto vette di ridicolo quando l'ufficio tecnico, per due volte ha ritenuto non conforme la struttura dell'argine, facendo spostare una mezza dozzina di volte qualche decina di migliaia di metri cubi di terreno (una volta a grana troppo fine, una troppo grezza....?). E fino a che l'argine non è stato come "piaceva al sindaco", la strada di scorrimento è stata pervicacemente tenuta chiusa, ritardando di oltre due anni (!!!!) la soluzione del vero problema che era quello del traffico pesante in mezzo alle case.

Anonimo ha detto...

sicuramente, Enrico D., sei il meglio informato vivendo in loco, anzi, direi che solo chi vive a Castel Maggiore, possibilmente nella tua frazione, può valutare correttamente. Tuttavia, vista da fuori la faccenda si presta a qualche riflessione.
Sulla discrezionalità delle opere il discorso va inquadrato in un piano territoriale più vasto, valutando eventuali relazioni con comuni vicini, standard urbanistici ecc., non ne so nulla e nulla posso dire.
Sulla rispondenza tra manufatti realizzati e "concordato" con l'amministrazione ci può pensare benissimo la magistratura.
Anche sapendone poco, direi che l'amministrazione ha optato per la scelta più facile e veloce, avrebbe probabilmente trovato qualche oppositore al traffico veicolare, ma alla realizzazione di un parco nessuno ha il coraggio di opporsi! E non sempre costruire una strada è così fattibile come sembra, dalle mie parti (nord Milano) ho visto tracciati fermi, seppur necessari, per anni perché piccoli tratti interessavano la Provincia o la Regione, oppure ostavano contro i ricorsi dei privati o le paranoie degli ambientalisti, probabilmente gli stessi della barriera antirumore del tuo asilo.
Il discorso del parco, tuttavia, non va sottovalutato, è un sistema banale ma abbastanza efficace per controllare il territorio anche sotto aspetti non strettamente 'paesaggistici'.
Mettendola anch'io sul personale, vivendo all'ingresso del parco regionale delle Groane che va da Milano a Como, ho visto realizzarsi ai lati delle strade che lo attraversano molti 'inutili' interventi (piantumazioni, pulitura del sottobosco, sentieri pedonali, micidiali percorsi-vita ecc.) mentre secondo me i buchi sull'asfalto del manto stradale necessitavano di più urgenti (e disattese) attenzioni. Oggi però, percorrendo quei luoghi, vedo con piacere i seppur rari joggisti, qualche cane con padrone, qualche guardia forestale, persino qualche pattuglia della polizia locale che perlustra a passo d'uomo, e ho smesso di chiedermi che farei se bucassi una gomma in quel tratto e dovessi fermarmi a margine di quel bosco. Sono la persona più pigra del mondo, ho un giardino tutto mio, del parco in quanto tale non me ne potrebbe importare di meno, ma riconosco che ha cambiato (in meglio) la percezione dei luoghi, e anche questo è fare urbanistica.

Vilma

LdS ha detto...

enrico, il tuo racconto è storia di "ordinaria amministrazione comunale", legata innanzitutto alla piccola dimensione del comune (che oltretutto aspira, senza arrivarci, al rango di città). uno dei motivi, oltre a quelli economici, per accorpare comuni è anche questo: piccole dimensioni generano urbanistica spicciola se non addirittura tragicomica.

robert

enrico d. ha detto...

tragicomica è la parola giusta. Quanto alla coerenza e alla coordinazione tra paesi vicini, la tragedia però vince a mani basse.
Per restare all'esempio di castel maggiore, esso è a 4 chilometri da Bologna (due scarsi di campagna aperta); dalla parte opposta la strada provinciale prosegue verso Funo, che dista poco più di un chilometro. Distanze assolutamente ciclabili; oltretutto senza il minimo dislivello. Da Funo parte una bella pista ciclabile che rigorosamnete si ferma al confine comunale, costringendo l'eventuale sconsiderato a sfidare la sorte tra Tir nel traffico dei pendolari. Sono poche centinaia di metri, poi castel maggiore: attraversato il centro, appena ci si incammina verso Bologna, ricompare la nostra ciclabile, che in circa novecento metri ci porta nel parcheggio di un hotel, al bordo di una mega-rotonda-a-forma-di-fagiolo, dal diametro maggiore di circa 250 metri (il minore sui 150), con carreggiata asfaltata larga forse trenta metri. Rotonda difficile da affrontare con una auto. Decisamente impossibile con una bicicletta. Eppure Bologna è lì: già si vedono le prima case a meno di un chilometro.....
Sulle tabelle statistiche, però, di "piste ciclabili" il comune di Castel Maggiore è dotatissimo: ma non sono quelle che ho descritto, e che sarebbero utili, se fruibili. L'ufficio tecnico ha pensato bene di ri-battezzare piste ciclabili, alcuni chilometri di marciapiedi (un po' qua, un po' là) talvolta con esorbitanti spese per pavimentarli con mattonelle autobloccanti policrome; talvolta con un semplice rigo di vernice bianca e il disegnino di una bicicletta....
Tutto il mondo è paese; oppure città !!

Anonimo ha detto...

domanda un "tantino" ironica: CHI regge l'Ufficio Tecnico?
Saluti
Antonio C.

Anonimo ha detto...

ma nessuno dice la sacrosanta verità. ovvero che i nostri pianificatori territoriali ovvero urbanisti hanno dato prova negli ultimi 30/40 anni di una incopetenza tecnico-culturale spaventosa .........non sarà forse la conseguenza della mediocrità dei tecnocrati legislatori delle regioni...il disanstro non è forse nato con la costituzione delle regioni? attendo smentite....

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro Anonimo, io non solo non ho niente da smentire, ma sono convinto quanto lei di quello che dice.
Sia sulle responsabilità degli architetti sia sui funzionari regionali. Il disastro non è nato con le regioni, ma le regioni lo hanno moltiplicato per mille, questo sì. E continuano imperterrite a perpetrarlo.
Le regioni sono state un errore colossale. Ma era scritto in costituzione, non è l'invenzione di un giorno. Purtroppo in Italia, ma penso ovunque, ogni istituzione pubblica nel giro di poco tempo diventa pura autoreferenzialità e agisce indipendentemente dalla realtà e dai bisogni reali.
Saluti
Pietro

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