Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


31 agosto 2010

STRADE - 3°: RUDOFSKY E MUGNAI

Continua la serie di post dedicata alla strada: il primo è un testo di Bernard Rudofsky tratto da Strade per la gente, Laterza, 1981; il secondo è un articolo delle Norme tecniche di attuazione del Regolamento urbanistico di Arezzo, Coordinatore Arch. Antonio Mugnai.
Due testi completamente diversi, naturalmente, ma soprattutto due modi completamente diversi di trattare il tema strada, la città e, aggiungo, i suoi abitanti.


Bernard Rudofsky


Dalla Prefazione dell'autore
Quasi tutto ciò che ci pone al disopra dei selvaggi, affermava Samuel Johnson, è venuto dalle rive del Mediterraneo ......... Johnson però si riferiva alla propria isola, la Gran Bretagna, che, pur essendo meno remota dalla culla della civiltà, aveva avuto con essa pochi contatti da quando aveva cessato di essere una provincia romana. Se gli americani non hanno tratto profitto dalla tradizione umanitaria del Vecchio Mondo, la colpa sta tutta nella presunzione degli Wasp.
Tutto sommato, "l'anglossasomania" ha avuto sull'America settentrionale, negli anni della sua formazione, un effetto raggelante.


Per offrire una valutazione realistica di ciò che affligge l'America, questo libro risale alle origini della strada americana - sia pure sommariamente - sino all'epoca coloniale. New York è oggetto di particolare indagine perché è, per così dire, più città di tutte le città americane messe assieme. Esemplifica tutti i loro aspetti, i migliori e i peggiori. Posizione, topografia e latitudine l'avrebbero destinata a vera grandezza, se l'avessero plasmata persone con istinti migliori e con il gusto dela vita. Per rimescolare i luoghi comuni, più o meno radicati, sull'argomento, alle strade americane si contrappongono esempi tratti da una dozzina di paesi occidentali, e strade africane e asiatiche, grandi osservatori del comportamento umano. Se non altro per il fatto che incarna l'antitesi della strada americana, si documenta poi con ampiezza la strada intensamente italiana. Forse non indica il migliore dei mondi possibili, ma offre comunque, per citare un imparziale architetto americano, James Marston Fitch, "la più deliziosa esperienza di abbraccio e recinzione di uno spazio che esista sulla terra".

L'Italia è lo specchietto retrovisore della civiltà occidentale. Come le sue città sono sempre state modelli di vita urbana, così le sue strade - esempi apparentemente antiquati ma, anche a un breve esame, tuttora validi, e anzi orientati verso il futuro - esprimono soprattutto quel tipo di ispirazione che prescinde dalle teorizzazioni. Certo anche in Italia le strade pedonali son diventate rare, sin quasi a sparire. Solo di recente, dopo anni d'infatuazione per l'automobile, gli italiani hanno cominciato ad anteporre l'amore per la strada ai piaceri offerti dal giocattolo puzzolente. Un crescente numero di città.... ha preso i primi provvedimenti per escludere il traffico automobilistico dai centri urbani, recuperando così le strade al loro uso originario.
Lo stesso hanno fatto alcune città americane. Recentemente si sono creati viali pedonali (i "viali" con aria condizionata non sono strada: sono edifici) sostituendo puramente all'asfalto tipi di pavimentazione tradizionalmente associati a una velocità di due miglia o meno, e piantando alberi proprio in mezzo alla strada........ I risultati sono tutt'altro che memorabili, perchè la strada non è un'area, ma un volume. Non può esistere in un vuoto: è inseparabile dal suo ambiente. Non è insomma migliore della compagnia delle case che frequenta. La strada è la matrice: camera urbana, terreno fertile e luogo di cova. La sua vitalità dipende dal giusto tipo d'architettura quanto dal giusto tipo di umanità

La strada perfetta è uno spazio armonioso. Sia essa delimitata dalle case quasi ermetiche di una casbah africana o dai palazzi veneziani di marmo filigranato, ciò che conta è la continuità e il ritmo della sua recinzione. Si potrebbe dire che una strada è tale per cortese concessione degli edifici che la fiancheggiano. I grattacieli e gli spazi vuoti non fanno una città. E' bene notare che i trionfi dell'architettura occidentale non si celebrano nei singoli edifici (come vorrebbe farci credere il tipo più parruccone di storico dell'arte) ma nell'insieme delle strade e delle piazze di uan città. Gli edifici anonimi ne determinano l'aspetto non meno dei monumenti architettonici. Gli inestimabili objets d'art, i punti di riferimento, sono come i chicchi d'uva dell'impasto che serve a confezionare una città.....


Dal capitolo: Cosa c’è in un nome
In passato le strade prendevano spesso nome dal luogo al quale portavano: una città, una montagna o il mare. Questi nomi topografici favorivano l’orientamento e permettevano a una città di mettere, per così dire, radici nel paesaggio. Una strada come la via Nomentana di Roma si chiama così da migliaia di anni. La città di Nomentum è da tempo scomparsa, ma la strada segue l’antico percorso ed è oggi una delle principali vie di uscita dalla capitale. O, per citare esempi di strade parigine, le Avenues de Neully, Clichy e st. Ouen procedono diritte verso le località di cui portano il nome. Per qualche strana ragione questa maniera elementare di dare un nome alle strade non ha attecchito negli Stati Uniti. Alla punta meridionale di Manhattan c’è un’Albany street, ma non ha alcun rapporto con Albany, la capitale dello Stato, e potrebbe altrettanto appropriatamente chiamare Albania Street. E’ lunga solo due isolati e non porta in nessun posto.

Negli Stati Uniti, di regola, i nome delle strade non sono gravati di connotazioni geografiche, storiche o mitologiche. “A giudicare da come chiamiamo le nostre strade – ha scritto W.W.Crane – noi americani possiamo essere considerati il popolo meno estetico del mondo”………..

I nomi attribuiti alle strade rivelano a volte il posto che esse occupano nel cuore della gente. A Perugia, l’Eden delle strade, tradiscono un affetto evidente. Nella parte più antica della città le vie si chiamano Deliziosa, Graziosa, Quieta, Favorita, della Sposa, Solatìa – un vero harem stradale. Anche se possono apparire stravaganti alle orecchie di persone cresciute della Duecentocinquaduesima strada o in Avenue B, questi nomi corrispondono al carattere sensuale delle strade italiane.


Ancor più pertinente è il gran numero di termini generici che riflettono la varietà del paesaggio stradale italiano: vico, vicolo, via, viale, calle, corso, lista rio, riva, rua, ruga, rughetta, ramo, sacca, secco, scali, scalinata, salizzata, sottovia, ecc. Essi indicano che una strada è larga o stretta, piana o in pendio, a gradini, intransitabile, tortuosa, che sale o scende (s’intende verso il centro cittadino), che passa sopra o sotto un’altra strada, che è alberata o costeggiata dall’acqua, e così via. Certi termini, poi, sono propri di alcune città. “Fondamenta” (piattaforme sorrette da pali, e “rioterra” (canali colmati) sono specialità veneziane; “calata” (il luogo dove si calano le vele, cioè un approdo) appartiene a Genova, e “strada” è tipicamente napoletano. E’ raro confondere una di queste vie con un’altra: non ce ne sono due uguali, tranne che nei quartieri urbani sorti in epoche recenti.


Negli Stati Uniti si punta soprattutto sull’uniformità, anche se è vero che ci sono broadways e avenues, e persino boulevards. Le avenues furono introdotte per la prima volta dal francese L’Enfant che ideò la pianta di Washington (e non venne mai pagato). Le strade che attraversano Manhattan da nord a sudsono state fastosamente battezzate avenues benché non corrispondano alla definizione di questa parola, che indica una grande strada, fiancheggiata da alberi o contrassegnata, a intervalli regolari, da altri oggetti d’attrazione (in Egitto, dove non ci sono alberi, un’avenue potrebbe essere bordata da sfingi)………..


Per i monumenti architettonici le strade sono sempre state un ambiente assai migliore delle piazze. La navata di una chiesa acquisisce un’altezza torreggiante se ci si arriva da una strada corta e stretta, come avveniva per Notre-Dame di Parigi prima che venisse banalizzata da remoti risanamenti edilizi. Mentre una volta la sua grandiosa massa era visibile solo da vicino, ora è possibile coglierla da lontano, e la conseguenza è che appare rimpicciolita, come se la vedessimo dalla parte sbagliata di un telescopio. L’elemento sorpresa è sparito. Altra vittima di un’urbanizzazione grossolana è il Colosseo. Negli anni trenta, quando il cuore della città venne tagliato da via dei Fori Imperiali, una larga falciata di strada, il Colosseo, situato nel suo punto di fuga, fu ridotto ad un gingillo. Visto da un chilometro di distanza, assomiglia esattamente alle sue riproduzioni di latta in miniatura che si vendono nei negozi di souvenir.........


Arch. Antonio Mugnai, Coordinatore e altri

Art. 142 – Sottosistema M3: strade di distribuzione (urbane di quartiere)
1. Le strade appartenenti al sottosistema M3 corrispondono alle infrastrutture stradali definite dal Codice della Strada come Strade extraurbane secondarie e devono fare riferimento ai seguenti elementi ai quali tendenzialmente dovranno uniformarsi:
- strade ad unica carreggiata;
- con almeno una corsia per senso di marcia e banchine;
- con intersezioni che potranno essere organizzate a raso e dovranno garantire elevati standard di sicurezza e minimizzare gli effetti indotti dalle interferenze tra flussi di traffico.
2. Su tali strade sono ammesse le seguenti componenti di traffico:
a - movimenti di autoveicoli privati;
b - movimenti di autoveicoli in servizio pubblico, con fermate di linea;
p - movimento e sosta di pedoni.
………



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7 commenti:

Anonimo ha detto...

Caminante, son tus huellas

el camino, y nada mas;

caminante, no hay camino,

se hace camino al andar.


Al andar se hace camino,

y al volver la vista atras

se ve la senda que nunca

se ha de pisar.


Caminante, no hay camino,

sino estelas en la mar.
....

(Antonio Machado, "Cantares")

ogni traduzione la sminuirebbe, ciascuno la traduca per sé.

Il cammino, la strada, la via sono forse le metafore più ricorrenti nella nostra vita: la strada forse anche più della casa, perché è la strada che simboleggia la tensione dinamica del nostro cammino di eterni viaggiatori. Il bellissimo testo di Rudofsky ci mostra come attraverso il simbolismo del cammino e della strada si possa compiere un percorso di approfondimento sull'urbanistica, l'architettura e l'animo umano.

Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Vilma, il libro di Rudofsky non è in effetti un saggio teorico sulla strada ma quasi un racconto di viaggio nel tempo e nello spazio, soprattutto nel Mediterraneo e in Italia in particolare. Qualche stranezza c'è senz'altro nel libro ma globalmente è un atto d'amore verso la strada e la città.
Bella la poesia, ma non riuscendo a comprendere il senso letterale complessivo, il mio giudizio si ferma alla musicalità del testo.
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Pietro, ammazza quanto sei cattivo!!
Hai messo a confronto la meravigliosa descrizione delle strade di Rudofsky con l'orrenda classificazione del PRG.
Purtroppo però è così, avendo perso di vista il senso del bene e del bello comune, in nome dell'interesse privato, i piani vengono eseguiti basandosi su indici e standard astratti, sicché non v'è moderno quartiere che riesca, per sensazioni vissute, a competere anche con la più insignificante strada del centro storico. Come dice Rudofsky "E’ raro confondere una di queste vie con un’altra: non ce ne sono due uguali, tranne che nei quartieri urbani sorti in epoche recenti". Peccato che, mentre gli americani rimpiangono il fatto di non avere strade altrettanto interessanti quanto quelle italiane, noi in Italia stiamo da decenni imitando il modello americano, per cui, giustamente, è partita la gara dei sindaci per i grattacieli e gli edifici puntiformi delle archistars e dei loro emuli. A tal proposito propongo di spedire a tutti i sindaci italiani questo passaggio del testo di Rudofsky: "Si potrebbe dire che una strada è tale per cortese concessione degli edifici che la fiancheggiano. I grattacieli e gli spazi vuoti non fanno una città. E' bene notare che i trionfi dell'architettura occidentale non si celebrano nei singoli edifici (come vorrebbe farci credere il tipo più parruccone di storico dell'arte) ma nell'insieme delle strade e delle piazze di uan città. Gli edifici anonimi ne determinano l'aspetto non meno dei monumenti architettonici. Gli inestimabili objets d'art, i punti di riferimento, sono come i chicchi d'uva dell'impasto che serve a confezionare una città....."
Grazie per il bellissimo post!
Ettore

Pietro Pagliardini ha detto...

Si Ettore, hai ragione, sia nel dire che sono cattivo sia nella proposta di mandare ai sindaci quella parte di testo.
Però io penso, anzi sono convinto, che i sindaci abbiano le loro belle responsabilità ma gli architetti sono e sono stati, spesso, gli artefici degli errori dei sindaci o dei politici in genere.
A questo proposito leggi questo testo di Gabriele Tagliaventi che è illuminante sotto questo profilo:
http://magazine.quotidiano.net/ecquo/tagliaventi/2010/09/01/mentre-a-roma-si-discute-a-san-lazzaro-si-demolisce/
Leggi poi questa vecchia intervista di un amministratore di sinistra sulle responsabilità reciproche di politici e architetti:
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/societa/200804articoli/31819girata.asp
D'altra parte, se il medico è incapace, c'è sì la responsabilità del Direttore Generale della ASL, ma chi cura è il medico, mica il direttore!
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

caro Pietro, avevo già letto i pezzi di Gabriele, e come sai condivido il tuo discorso sugli artefici degli errori

Anonimo ha detto...

caro Pietro,
come tu sai non ho il dono raro della sintesi e per questo non sono in grado di lasciare un commento esaustivo sul tema interessante da te sollevato: forse non mi basterebbe un corso di laurea. Comunque, mi rendo conto che, sempre più, ci manca il tempo per fare di queste "riflessioni, impegnati come siamo a fare i "commercialisti e gli "avvocati" più che gli architetti.
Comunque in merito al tuo documento ti voglio dire, in modo provocatorio, che anche questo trasuda di una latente "nostalgia" del passato. Questo atteggiamento risulta spesso consolatorio e rinunciatario e ci pone ”fuori dal gioco”.
Credo anch'io che la sfida più difficile che dobbiamo affrontare, sia quella di riuscire ad interpretare la "modernità" nel rispetto ed in continuità con il passato. L'epoca recente ha visto un processo di trasformazione che ha prodotto uno scatto violento rispetto ai processi storici precedenti e quest’improvvisa accelerazione appare come una giustificazione per "negare" il passato e fa apparire la "novità" come il sostituto di una nuova "qualità".
In particolare la mobilità e la tecnologia appaiono molto più dirompenti rispetto ai lenti processi di evoluzione dei secoli passati. Per questo penso che la "strada" dovrà essere pensata "diversa" dalle strade che hanno disegnato il nostro territorio e che sia necessario individuare una “molteplicità” di percorsi e tracciati che sappiano rispondere in modo adeguato alle esigenze moderne che non possono criminalizzare l’auto sognando città di pedoni e di carrozze.
Non so dirti quale sia la soluzione, ma sono sicuro che il modello antico non risolve la pressione a cui sono sottoposte tutte la aree metropolitane ed il territorio in genere. Nel mio piccolo mi limito ad osservare e cerco di capire quelle che "funzionano" e che non entrano in conflitto con il modo di vivere moderno in cui il traffico delle auto è sicuramente un problema da risolvere.
Problema che non mi sembra sia stato affrontato nel nuovo R.U di Arezzo, che non contiene nessun disegno o indicazione in merito.
Forse il progettista e l’amministrazione pensano di risolverlo con un nuovo “piano della circolazione” suggerito anche dai vigili urbani per i quali il traffico è una nuova disciplina di posizionamento degli autovelox?
La modernità è anche questo !!!!

“rottamato”

Pietro Pagliardini ha detto...

"rottamato" è il nickname di un amico architetto che, legittimamente, non vuole lasciare il suo vero nome. Credo che ciò dipenda dalla sua scarsa dimestichezza con Internet e da quel senso di sospetto che c'è verso ciò che si conosce poco. Il soprannome deriva dal suo prossimo pensionamento e anche, soprattutto, dal sentirsi emarginato dal colossale e crescente apparato normativo, statale, regionale e comunale, che nel suo ottuso quanto inutile accanimento terapeutico, rende sempre più insopportabile questa professione, astraendola sempre più dalla realtà per portarla in universo di leggi che nulla, ma proprio nulla, hanno che vedere con la città, l'architettura, le persone stesse.
Venendo al punto posso solo dire che l'argomento, pur legittimo e reale, del cambiamento impresso alla città dalla presenza delle auto, è stato il grimaldello attraverso cui la strada è stata distrutta, di conseguenza la città è stata parcellizzata in "zone" e quindi è la città stessa ad aver perso il suo carattere unitario.
Non criminalizzo l'auto, anzi, io credo in una civile convivenza tra auto e pedoni e mi è insopportabile il fatto che i centri storici siano considerati off limits scaricando tutto il peggio nel resto della città. Anche questa è una forma di zonizzazione. Una cosa è certa: le teorie imposte in funzione dell'auto hanno fallito perchè non hanno risolto i problemi del traffico, anzi ne hanno creati, e hanno fatto perdere ogni funzione di scambio sociale alla città Dunque tornare alla strada è il primo passo per ricominiciare.
Come? Abbi la pazienza di leggere i post che seguiranno su questo argomento e forse potremo chiarirci meglio le idee.
grazie
Pietro

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