Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


15 marzo 2010

ECCE BOMBO

Trovo questo lungo articolo su www.archinfo.it, firmato da Maria Argenti e Maura Percoco
Innovazione e tecnica nel progetto della residenza

di cui riporto la prima parte che sono certo raccoglierà i consensi di molti. Ma lo faccio non per accondiscendere ai gusti altrui ma perché a me ricorda i dialoghi di un film datatissimo e ormai inguardabile nella sua interezza (con battute però diventate giustamente un cult) ma che al tempo mise a nudo i vizi di un’epoca, di una generazione, di un linguaggio, e cioè Ecce Bombo di Nanni Moretti. Con una grande differenza però: qui l’ironia è totalmente assente.
Tuttavia, sarà la cultura dell’ossimoro, sarà la coincidenza degli opposti di cui si parla all’inizio, vi trovo qualche conferma a mie convinzioni ripetutamente scritte in questo blog:

In un'epoca che coltiva la cultura dell'ossimoro, della contraddizione che si fa sistema, della convivenza degli opposti che non necessariamente si sciolgono in una sintesi, ma piuttosto si perpetuano, è interessante notare come anche l'architettura sia costretta dai tempi e dalla tecnica a misurarsi con uno spazio che non è più statico, ma dinamico, scorrevole, discontinuo. La stabilità diventa instabile; la temporaneità durevole. La contemporaneità diviene il valore di riferimento. Vivere l'attimo, catturare l'istante, trasformarsi continuamente per non rimanere indietro sono gli obiettivi condivisi. A questo processo non resta estranea nemmeno l'idea della casa. Anch'essa cambia, sta cambiando, per rimanere aderente allo spirito del tempo. Ora che la tecnologia le permette relatività un tempo impossibili con soluzioni semplici e innovative; ora che lo spazio virtuale ha acquistato la stessa corporea dimensione di quello reale; ora che i "non luoghi" hanno la stessa forza dei luoghi, e la rete conta più delle radici; l'abitazione collettiva conosce cambiamenti, che sono un insieme di tecniche e di valori. È il concetto stesso di intimità domestica che si sta trasformando. Per rispondere alle esigenze della contemporaneità, l'architettura chiede ad una tecnologia sempre più potente risposte sempre più nuove e flessibili. Risposte che fanno della casa stessa un meccanismo variabile e individuano anzi, proprio nel meccanismo, nella sua capacità di adattarsi alle più diverse esigenze individuali o collettive, il centro del sistema, lasciando in secondo piano la forma (mutevole), i modelli tipologico formali (sorpassati), gli schemi (troppo statici). Persino le regole strutturali classiche sono messe in discussione da una tecnologia che, se lo ritiene utile, può contraddirle. La stessa standardizzazione cambia codici e livello. Non comporta necessariamente una omologazione estetica e tipologica. Appare al contrario la leva con cui poter mettere in discussione il sistema del pensiero unico alimentato dal marketing pubblicitario. Scende ai componenti primari. Permette, teoricamente, infinite possibilità combinatorie all'interno del medesimo standard. Realizza e proietta verso un futuro ancora più innovativo la profezia corbuseriana della casa come machine à habiter senza metterne in discussione la domesticità. Permette ad ognuno di ritagliarsi il proprio habitat domestico su misura, di superare il concetto di spazio architettonico come qualcosa di fisso, immutabile, congelato per sempre. E di costruire spazi che cambiano con noi, che si adattano alle nostre sempre nuove esigenze. Spazi unici. Personalizzati dai singoli abitanti chiamati a completare in un processo senza fine, un work in progress, il lavoro del progettista”.

Un tono di grande sicurezza data da molte certezze caratterizza questo inno all’incertezza. La certezza delle incertezze, la instabile stabilità, il relativismo assoluto.
Vi trovo la conferma della contemporaneità come valore di riferimento autoreferenziale, cioè una semplice condizione temporale che diventa autonomo fondamento culturale; l’illusione di sfuggire alle stesse regole strutturali, quasi a vincere la forza di gravità; la conferma della totale continuità dell’oggi con la “profezia corbuseriana”, termine del tutto appropriato all’aspetto religioso e di culto della sua teoria.

Vi trovo anche qualche ingenuità, quale l’illusione che la standardizzazione, o comunque il processo edilizio come lo intendono le autrici, possa mettere in discussione il pensiero unico del marketing pubblicitario, quasi invece non ne fosse il prodotto. Oppure la mitizzazione degli abitanti tutti protesi in un work in progress a completare il lavoro del progettista.
E mi immagino questi poveri residenti che ogni volta che tornano a casa dovrebbero arrovellarsi il cervello nel trasformare, modificare, stravolgere, adattare la propria abitazione con un occhio all'orologio, dato che il valore fondante è l’attimo, come se non fosse già abbastanza pressante la scadenza del mutuo e della rata del credito al consumo per i mobili!

9 commenti:

enrico d. ha detto...

http://www.yatzer.com/2138_reflection_of_mineral_by_atelier_tekuto__tokyo

un bell'esempio di abitazione-inabitabile !

Pietro Pagliardini ha detto...

Perché inabitabile? E' un modo di vivere "contemporaneo" con una nuova "spazialità"! Contento il padrone di casa, contenti tutti, basta che non ci raccontino fregnacce.
Piuttosto mi sembra vergognosa di fuori, anche se ben "contestualizzata", sembrerebbe!
Ciao
Pietro

PS Oggi ero dalle tue parti, ma mordi e fuggi e per lavoro.

enrico d. ha detto...

non so se hai avuto la pazienza di arrivare ai commenti: positivi sulla "bellezza dell'oggetto", ma "non ci vorrei proprio abitare"....

Pietro Pagliardini ha detto...

Onestamente non ci sono arrivato ma da quanto riporti torna tutto: l'architettura come produzione di begli oggetti di design, soprammobili della città, strade usate come mensole di casa. Ma d'altra parte è così anche nei progetti urbani: piazze arredate come negozi di moda, marciapiedi disegnati come fossero i corridoi di casa propria, insomma il privato che diventa pubblico. Ricordi? il privato è pubblico. Non vorrei esagerare, magari sono stanco stasera, ma credo proprio siano anche lasciti di un periodo che non ha avuto niente di splendido, se non nel privato, appunto.
Buona notte
Pietro

Anonimo ha detto...

Enrico, Pietro, non so come dirlo, né se dirlo ....... io questa piccola abitazione dello sconosciuto Atelier Tekuto la trovo splendida.
Presumo che sia inutile disquisire sul perché.

Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Vilma, lo puoi dire, come l'hai detto, in assoluta tranquillità.
E' uno splendido oggetto!
Ma sei sicura che sia una casa in cui vivere?
Questo dal punto di vista dell'abitare; dal punto di vista urbano, dato che io sono convinto che la casa non appartenga solo al proprietario ma anche alla collettività, è chiaro che la considero personalmente negativa, perché va contro ogni idea di città intesa come luogo naturale di vita dell'uomo, cioè come luogo sociale.
Lo dico perché non è interessante il singolo caso, l'esempio, l'eccezione ma la regola, dato che nella nostra società se una cosa è permessa ad un singolo è, fortunatamente, permessa a tutti. Dunque da questa abitazione, potenzialmente, ne possono sorgere infinite altre di pari caratteristiche. E' a regime che accade il disastro.
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

ECCE BOMBO
Anno 1969, Facoltà di Architettura di Firenze. Esame di .... (?) di un gruppo di n 192 studenti seminario sullo SPAZIO. (Gruppo "N", Seminario "S").
Fascicolo di 72 pagine finito di stampare dalle produzioni grafiche moderne Giovacchini Firenze nell'aprile 1969.
La stesura del quaderno è stata curata da:
A.G.
G.M.
G.M.
In prima e ultima pagina di copertina, la seguente poesia di A.G.:
Cristallo
vetro
luce
trasparente
tubo
cilindro
sfera
formale
informale
luce
colore
terra su terra
piano su piano
mobile
statico
dinamico
con l'uomo
per l'uomo
senza l'uomo
è lo spazio
è una poesia
di traccia
tagliata
dalla nebbia
vuoto e pieno
negativo e positivo
tutto nell'insieme
privato e comune
mi permette
mi impedisce
finito
infinito
sferico
cilindrico
ovale
mai cubo!
Per me
da me
creato
da me
segnato
disegnato
traciato
progettato
da me
pensato
sognato
creato
consumato
concepito
Spazio
Spazio
Spazio
e tempo
sempre
in tutto
Spazio
di oggetto
di movimento
è
vita
tutto
nulla
per me
senza me
col tatto
con l'occhio
con l'orecchio
vedere
udire
sentire
toccare
vivere
andare
stare
morire
finire
cominciare
Musica
luce
colore
trasparente
Trasparente
diventa
l'oggetto
diventa
lo spazio
è
la quarta dimensione
il tempo
tutto l'insieme
nell'istante
più scuro
diventa
lo spazio
diventa
materia
è oggetto
finito
dall'infinito
scava scava
lo spazio
riempi riempi
lo spazio riempire
o
vuotare
questo il dilemma
riempire e vuotare
è
la soluzione
morire e vivere
lo spazio è tempo
lo spazio è luce
lo spazio è movimento
lo spazio è energia
lo spazio c'è
se non c'è niente
lo spazio c'è
se c'è tutto
lo spazio resta
se tutto
sarà finito
lo Spazio è tutto
lo Spazio è nulla
lo spazio è sogno
lo spazio è realtà
Pensiero
stupido
intelligente
logico
illogico
plastico
rigido
elastico
morbido
duro
ubbidiente
capriccioso
in contrasto
continuo
vago
inquieto
polemico.
E' un'idea
è una realtà
vero e falso
esiste e non esiste
pazzo e saggio
vivo e morto
Lo spazio cosaè
lo spazio è da per tutto
lo spazio è in tutto
piccolo
piccolissimo
grande
grandissimo
Ma lo spazio
cos'è
Dove comincia
deve finisce
quando è cominciato
quando finirà
Lo spazio dov'è
e dov'è allora
lo spazio dello spazio.

(COMMENTO: POTREBBE ESSERE UTILIZZATA IN UN'INTERVISTA DA UN'ARCHISTAR)

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro anonimo, riconosco il genere.
Magari a questo livello di "poesia" non ci siamo arrivati, e comunque non in 192, al massimo in 6. Ma noi venivamo dalla provincia...
E' proprio il periodo a cui facevo riferimento in un commento precedente.
Ed è proprio da archistar.
Ma anche da meno.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

tornando al tema del post, Pietro non voglio ripetermi e ricordare quale trauma per la cultura dell'epoca possano aver rappresentato le ville di Palladio o il barocco veneziano di Baldassarre Longhena (ho in mente quello splendido 'oggetto' che è Santa Maria della Salute, che tutt'ora non c'entra niente con il resto di Venezia), e resto del parere che senza adeguare il linguaggio, senza l’introduzione di neologismi, non si possono dare espressione e risposte ad una cultura non solo architettonica che inevitabilmente cambia e si rinnova.

Vilma

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