Pietro Pagliardni
Questa domenica mattina dopo Natale, ho ricevuto una lezione di urbanistica andando a comprare latte e pane, dopo due giorni di festa.
Me l’ha data un vecchio amico che abita nella stessa frazione in cui abito io. Non è un architetto, naturalmente, è un orafo in pensione. Persona facoltosa, livello di istruzione penso non superiore alla quinta elementare, inizio come operaio, poi titolare di una ditta orafa, classico esempio di quella generazione di aretini che hanno dato ricchezza alla città, oltre che alla propria famiglia.
Fuori della bottega ci siamo messi a parlare del nuovo Regolamento Urbanistico recentemente adottato. Non ho avuto bisogno di spiegargli niente perché sapeva già tutto o quasi, comunque sapeva l’essenziale:
“Ho visto la cartina tutta colorata (naturalmente dal suo geometra) e non mi piace”.
Gli ho chiesto naturalmente il perché ed è qui che mi ha fatto una inaspettata lezione di urbanistica di alto livello.
Prima devo rapidamente descrivere la situazione dei luoghi: San Giuliano in origine non era niente, poco più che una manciata di case con una bottega lungo una strada provinciale. Oggi è rimasto lo stesso niente, la stessa manciata di case, il centro, ma con una notevole quantità di costruzioni recenti e meno recenti nei dintorni, con due grossi interventi unitari e altri frammentari, quasi tutte scollegati tra loro: tre insediamenti esclusivamente residenziali, due dei quali hanno strade a cul de sac, che hanno appunto come unico centro, ma direi meglio come polo di attrazione, una bottega lungo la strada provinciale, dove si va quasi esclusivamente con l’auto. Un piccolo sprawl, se vogliamo, non dovuto alle distanze o alle dimensioni, che sono modeste e assolutamente pedonabili ma al fatto che si va a piedi solo se c’è la possibilità di incontrare qualcuno o se si attraversa un borgo ma non verificandosi nessuna delle due condizioni, è bene svolgere la “funzione” e tornare a casa prima possibile.
Dunque ecco la lezione dell’orafo-urbanista:
“Non ci voleva mica tanto a capire che qui ci sono tanti quartieri separati e che bastava riunirli con strade per fare in modo che questo (la zona della bottega) diventasse il centro del paese! Invece la zona del Vingone rimane totalmente separata, a 100 metri da qui ma separata, la zona delle case nuove ha una strada che finisce nel niente e bastava portarla avanti che si sarebbe collegata qui”.
Gli faccio osservare che l’idea originaria, niente affatto sbagliata, era proprio quella di dare un centro ad ognuna delle tante frazioni, e questa idea era sintetizzata dal sindaco, ingenuamente ma in maniera efficace, con lo slogan “una piazza per ogni frazione”.
In modo assolutamente sorprendente mi risponde, con un filo d'ironia, con un’espressione di questo tipo:
“Ah, l’idea della piazza antica! Ma prima di tutto contano le strade: unire con le strade per far venire la gente qui in maniera facile!”.
Tralascio tutte le altre considerazioni svolte perché non essenziali al tema.
Questo “ignorante” ex contadino della val di Chiana (e lo dico non perché sono certo che non mi leggerà ma perché è la verità e se lui mi leggesse si riconoscerebbe volentieri in questa definizione) ha capito da solo, senza studiare all’Università, o forse proprio per questo, la sostanza dell’urbanistica. Ha capito quello che l’urbanistica ha voluto dimenticare ormai da decenni e che i vari Caniggia e Salìngaros hanno ripreso e diffuso: la strada, la rete viaria, la permeabilità sono l’elemento primo generatore della città, la piazza ne è la conseguenza.
Voglio forse dire che il piano lo dovrebbe disegnare l’orafo-urbanista, cioè il citadino comune? Certo che no, ma una passeggiata nei luoghi insieme a lui o a persone come lui un urbanista la dovrebbe fare, per capire ciò che a scuola non insegnano, prima di prendere decisioni che poi è difficile cambiare.
L'amico Ettore Maria Mazzola terminava qualche giorno fa un suo commento ad un post precedente con una provocazione:
“Concludo con uno slogan su cui mi piacerebbe discutere: dopo il processo di "periferizzazione" dei centri storici sarebbe il caso di procedere alla "centro-storicizzazione" delle periferie”.
Questa non è una risposta definitiva, però è l’inizio di una risposta.
***
Aggiornamento in progress con un brano tratto da Vita e morte delle grandi città, di Jane Jacobs:“A New York, nello East Harlem, c’è un complesso residenziale il cui vasto prato rettangolare è diventato addirittura oggetto di esecrazione da parte degli inquilini. Un’assistente sociale che frequentava l’ambiente fu colpita dall’insistenza con cui l’argomento riaffiorava nelle conversazioni, per lo più, in apparenza, senza una ragione plausibile, e del dispregio che i residenti dimostravano per il prato, chiedendone la soppressione.
Quando l’assistente sociale chiedeva spiegazioni al riguardo, la risposta abituale era “A che serve?” oppure “Chi lo vuole?”; finalmente un giorno un’inquilina più esplicita degli altri uscì in questa dichiarazione: “Quando hanno costruito questo posto, nessuno si è curato di conoscere i nostri bisogni. Hanno buttato giù le case e ci hanno portato qui, e i nostri amici li hanno trasferiti chi sa dove; tutt’intorno non c’è un posto dove andare a prendere un caffè o un giornale o dove trovare chi ti presti cinquanta cents. Nessuno si è preoccupato delle nostre necessità: ma i pezzi grossi che vengono qui guardano il prato e dicono: “Magnifico! Ora anche ai poveri non manca nulla!”.
Crediti:
La foto area di San Giuliano è tratta da Google earth
5 commenti:
Caro Pietro,
complimenti per questo post. E' sempre un piacere imparare dalla saggezza popolare. Ancora una volta si comprende come l'elite che pianifica non ha nemmeno la lontana idea di ciò di cui la gente ha bisogno. Questo signore, così come l'inquilina di East Harlem, hanno molto più sale in zucca di chi pianifica e legifera. Sarebbe il caso che il Sindaco (del quale menzioni le buone intenzioni) si aprisse al dialogo con i cittadini prima di mandare avanti il Piano. Lui vorrebbe "una piazza per ogni frazione", ma come giustamente nota l'orafo pensionato, non è una piazza fine a se stessa la soluzione, bensì una sequenza urbana lungo cui si snodano diversi episodi (piazze, piazzette, ecc.) in grado di attirare l'attenzione del viandante e incentivare il passeggio.
Spero che quando verrò ad Arezzo ci sarà possibilità di regalare una copia del mio nuovo libro al sindaco, chissà che non possa servirgli a riflettere su determinate scelte.
Un caro saluto.
Ettore
PS
anche Brunelleschi iniziò la sua carriera come orafo-orologiaio, penso che quel signore abbia un futuro
Ettore, il mio amico orafo, che ovviamente altri amici hanno ben riconosciuto, ti sarà riconoscente. Infatti tra qualche giorno stamperò il tutto e glielo darò e so che lui ci si divertirà moltissimo e ne sarà orgoglioso.
Mi auguro che la sera che verrai ad Arezzo possa venire anche il Sindaco (sarà sicuramente invitato) il quale ha un grande interesse per l'architettura tradizionale però non sempre i fatti riescono a seguire le idee. La politica viaggia sempre lungo strade tortuose.
Ciao
Pietro
Credo che si imponga una vostra visita a Castel maggiore, dove l'aberrazione culturale unrbanistica non può godere delle attenuanti del tuo sindaco.
Qui è stato scientemente pervicacemente stabilito codificato ed attuato uno schema che prevede la piazza completamente separata dalle strade (sembra difficile, ma ci sono riusciti !). Poi si lamentano che la piazza non "è vissuta"...
Caro Enrico
non mettermi di mezzo con il mio sindaco, che è persona perbene ma che io non ho votato (ma resta il mio sindaco).
Non mi meraviglio affatto di Castel Maggiore, tutte le piazze nuove sono così: uno spazio libero di risulta, una pavimentazione di geometrica fantasia come se fosse un negozio, quattro pensiline inutili, qualche panchina di design in cui non siederà mai nessuno, qualche alberello stilizzato, quasi di design, lampade di design ma nel più rigoroso e corretto risparmio energetico.
Se dovessi venire a Castel Maggiore lo farei per te e tua moglie, non certo per lo spiazzo.
Ciao
Pietro
Concedimi una banale battuta giovanilistica: grande Enrico!
Ciao
Pietro
Posta un commento