Pietro Pagliardini
Il blog UN POSTO A PARTE, di Lucio Massaro, presenta una caratteristica singolare: non prevede commenti.
E’ una scelta che ha una sua coerenza: io scrivo quello che penso, se ti va, bene, se non ti va, non devo convincerti. Niente da obiettare, se non che in testa al blog scriverei grosso: “Questo blog non prevede commenti” così uno lo sa e non perde tempo a cercarli (come è successo a me).
Visto che mi cita sul Piano casa, gli lascio qui il mio commento.
Lucio Massaro mette a confronto il mio giudizio su questa proposta di legge con quello di Stefano Boeri e, pur apprezzandoli, più o meno, entrambi ne trae la conclusione che l’uno esclude l’altro e mi sembra di capire che giudichi quello di Boeri più corretto e più coerente con le intenzioni reali del Piano stesso. Non riassumerò qui in dettaglio i due giudizi perché sono sintetizzati molto bene nel suo post a cui rimando.
Credo che Massaro abbia ragione: le prime due considerazioni di Boeri, cioè il volano economico e la sburocratizzazione, in verità, non sono affatto in contrasto con quanto penso né con quanto ho scritto. Sulla seconda, in particolare, io sono molto più estremista ed entusiasta di Boeri, perché lui interpreta l’autocertificazione dal punto di vista della responsabilizzazione dell’architetto, io sono più sensibile al gesto liberatorio, più simbolico che reale, che questo diritto del 20% comporta per i cittadini.
Ma il punto di vera diversità è il terzo di Boeri, dove lui interpreta la legge in modo sicuramente più corretto del mio, ritenendola orientata più ad atti individuali tendenti ad un rinnovamento del patrimonio edilizio in direzione del risparmio energetico, cioè una vera e propria “rottamazione” delle case, del tutto analoga a quella delle auto, mentre io accentuo un’aspetto urbanistico più ampio, forse una speranza, che nella lettera della proposta non c’è.
Certamente Boeri coglie meglio lo spirito della proposta di legge che non è, come io sostenevo, quello di permettere di dare forma a quelle aree marginali alle periferie urbane che non possiedono nessuna delle caratteristiche di urbanità senza però essere campagna, completamente prive di disegno, di servizi, di un’immagine conclusa e inscrivibile in una qualsiasi forma, cioè prive di identità.
Lo spirito e la lettera della legge è decisamente di tipo economico, fatta e pensata per attivare una grande quantità di piccoli e piccolissimi interventi di ampliamento tra i milioni di possessori di case singole, che attiveranno grandi numeri di piccole e piccolissime imprese con ricadute immediate sul territorio. Ciò risulta evidente dai seguenti elementi:
1) aumento del 20% della superficie in deroga ai PRG, che è una norma appunto per le case singole, essendo improbabile l’utilizzo nei condomini;
2) autocertificazione da parte del progettista;
3) volontà (rientrata) di procedere con decreto legge.
Se oggi fosse approvato un simile decreto, prima dell’estate l’Italia delle periferie e dei paesi vedrebbe una fioritura di gru, montacarichi e ponteggi e vi sarebbero centinaia di migliaia di occupati.
Però non è affatto detto che una legge nata con uno scopo non possa anche servire ad altro.
La demolizione con premio per la costruzione di nuovi edifici, non necessariamente nello stesso luogo, è un suggerimento e una provocazione a Regioni e Comuni spesso inerti ed incartati nella redazione di piani che si sostanziano solo in formalismi e norme, senza un’idea dietro. Ma è anche una provocazione sbattuta in faccia alla cultura urbanistica italiana, ormai sfiancata in dibattiti chiusi all’ambito regionale, quando va bene, anch’essa risucchiata nel vortice normativo in cui è difficile distinguere quanto essa ne sia vittima o suggeritrice.
Una proposta nazionale è, e rimango fermamente di questo parere, un’opportunità e un’occasione da non perdere per tornare al disegno urbano, accantonando per un attimo le procedure, molto più adatte ai giuristi che agli architetti, e al progetto, immaginando una città che cresce entro i propri limiti, con ciò ridefindendoli e disegnandoli, senza occupare nuovi territori, dando sostanza alla abusata parola sostenibilità.
Questa occasione è sempre lì, a disposizione, basta saperla cogliere, senza perdersi in farisaiche grida allo scempio urbano: sarebbe come scandalizzarsi con un uomo morente che fuma l’ultima sigaretta perché il fumo uccide.
Esiste certamente la crisi delle città ma, per ironia della sorte, le difficoltà maggiori si manifestano proprio nel momento in cui c'è un apparato pubblico di architetti e urbanisti di dimensioni imponenti diffuso nelle Regioni, nelle Province, nei Comuni, negli Enti autonomi vari, nelle Università a cui si affiancano i professionisti redattori dei piani. L'informatizzazione consente la conoscenza, la conservazione e l'elaborazione dei dati territoriali. Mai si sono verificate circostanze così favorevoli alla "pianificazione" eppure, o meglio proprio per questo, le città e le campagne non migliorano affatto, anzi scadono in qualità urbanistica e architettonica. E l'unica idea rimasta sembra quella della "rottamazione" per fare case eco-compatibili: meglio di niente ma un po' pochino, sinceramente.
Il mito della pianificazione oggi realizzato appieno con il suo bell'apparato, ha inaridito ogni idea lasciando spazio solo a leggi e procedure.
A Lucio Massaro dico, per il suo ultimo post, che il 3,5% di incremento volumetrico se lo può forse permettere la Provincia Autonoma di Bolzano, che gode di generosi contributi pubblici, ben utilizzati in verità, ma non rientra nei parametri di una normale economia di mercato.
E così ho lasciato due commenti.
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