Il Prof. Arch.Gabriele Tagliaventi, docente alla Facoltà di Architettura di Ferrara, ha scritto un articolo che qui linko sul dov'era e com'era, riferito al terremoto in Emilia.
Gabriele è certamente più colpito e più parte in causa di altri in quanto emiliano e quindi legato ai luoghi e alla sua gente.
Sullo stesso tema un mio recente post:
COM'ERA E DOV'ERA
4 commenti:
Tagliaventi non fa che ripetersi nella sua solita e più totale mancanza di possibilismo, del resto, confessa "giustamente, si è sempre fatto così." Perché cambiare? l'ha detto pure D'Annunzio, che ha lavorato una vita per costruirsi la 'santa fabbrica' che tutti conosciamo come uno dei più presuntuosi ed inutili monumenti autocelebrativi pagato dagli italiani e 'regalato' dal vate agli italiani con una donazione tanto più generosa quanto più era stata generosa la sovvenzione. L'aspetto pratico del reperimento delle risorse non toccava il vate, ma per noi, oggi, il problema è reale e primario.
"Le città sono state costruite e ricostruite", certo, ma se fossero state ricostruite sempre com'erano dov'erano oggi avremmo una spa nelle terme di caracalla e disputeremmo il derby al colosseo, magari con qualche problemino di adeguamento normativo.
"La Storia è continuità. E le città si costruiscono nei secoli, si costruiscono e si ricostruiscono" sempre uguali, non importa se i governi, gli architetti, la gente, le tecnologie ecc. cambiano, se il Duca di Camastra, il Marchese di Pombal e il re Sole sono morti, se la società, le priorità, le generazioni sono cambiate, se continuità vuol dire, secondo il vocabolario italiano, "mancanza di interruzione" e non mancanza di mutamento.
Il paragone bio-antropo-sanitario è esilarante, in epoca di trapianti d'organo e di riproduzione di staminali, la natura ripara dove e come può, mentre la scienza si aggiorna costantemente per darle una mano, altrimenti il 'dov'era com'era' ci farebbe morire ancora oggi per un'appendicite, una polmonite, un tifo ……
Dire che la gente "se ne frega altamente di sapere che, in realtà, tutto quello che vede, le piazze, i monumenti, i palazzi, sono stati ricostruiti" è l'affermazione offensiva, ipocrita e semplicistica di chi dà per scontata l'ignoranza e la faciloneria del suo prossimo e non crede che esso possa elaborare i fatti alla luce di una propria preparazione culturale e storica, discernere, confutare, paragonare, accettare, rifiutare.
La memoria non si può riprodurre, e pur essendo ciò che "dà valore alle tracce del passato e permette di identificare ciò che un patrimonio culturale rappresenta ……… va oltre il rapporto tra estetica e documentazione e implica la scelta: l’operazione che ci permette di distinguere ciò che merita di essere conservato da ciò che invece può essere dimenticato".(Giuseppe Cristinelli)
Il 'dov'era com'era' indiscriminato vale la tabula rasa del 'tutto nuovo', entrambe sono soluzioni facili e qualunquiste, separare "ciò che merita di essere conservato da ciò che invece può essere dimenticato" è ben più arduo, esige conoscenza (sia del vecchio che del nuovo), esige imparzialità, cultura, capacità di giudizio, magari personali doti di valutazione che non tutti (per esempio Tagliaventi) posseggono.
Anche l'idea che "lo sviluppo dell’attività turistica" sia legato a chiese, campanili, teatri quand'anche falsamente riprodotti è un luogo comune largamente smentito, basta pensare per esempio alla Tour Eiffel, moderna, brutta, arrugginita, vuota testimonianza della modernità, simbolo indiscusso della città che la ospita.
Se modernità vuol dire fare di una crisi un valore, cogliamo l'occasione che la crisi, inaspettatamente e tragicamente, ci offre, scegliamo con mente libera da preconcetti ciò che vale, abbandoniamo il ciarpame nostalgico, lasciamo alla futura generazione nuovi riferimenti, nuove tracce, nuovi imput da cui ripartire, la storia continua, ma è tutta da scrivere.
Vilma
Vilam, ricostruire "tutto" dov'era e com'era è un'affermazione limite che ha il chiaro, evidente scopo di contrastare le ben più alte voci del "reinventiamo tutto" a cui, ad esempio Luigi Prestinenza Puglisi ha subito dato voce. E l'ha fatto non saprei se con convinzione o perchè ben sa che agli architetti questo piace sentire. E' ovvio dunque che i capannoni, ad esempio, difficilmente potranno essere dov'era e com'era, tant'è vero che industriali ed artigiani chiedono a gran voce l'urgenza di nuove aree urbanizzate per ripartire prima possibile, prima di morire.
E' anche evidente che se sono caduti o gravemente lesionati, tali da essere demoliti, edifici recenti brutti o modesti, non c'è nessun imperativo categorico per rifarli uguali, ma direi che la scelta dovrebbe spettare semplicemente ai proprietari, non agli architetti.
Il fatto che si sia fatto sempre così, però, non è acquiescenza alla tradizione o pigrizia mentale, e il paragone con lo sviluppo della scienza non lo condivido perchè architettura e urbanistica non appartengono al mondo delle scienze dure, non sono fisica, biologia, chimica, sono scienza dell'uomo, cioè scienze umane, antropologia, dove la ricerca non ha molto senso, mentre ha senso la volontà degli uomini.
Comunque Gabriele un errore lo ha commesso, probabilmente volontario nella foga di dimostrare la sua tesi: Noto non è stata costruita com'era e dov'era, ma è stata ricostruita in altra zona più a valle verso il mare dove si riteneva fosse meno pericoloso. E', in questo senso, una new town completamente e magnificamente reinventata. Questo non toglie niente alla lungimiranza ed efficienza dell'allora "commissario ad acta". Così pure Grammichele che è stata reinventata. Probabilmente Gabriele voleva dire un'altra cosa: oggi non c'è nessuno e nessuna idea degna di poter prevalere ragionevolmente su ciò che c'era prima, quindi molto meglio com'era e dov'era. Non ha torto, basta guardare la decantata Gibellina nuova e...piangere.
Ciao
Pietro
Pietro, ovviamente non ci riferivamo al "com'era dov'era" rivolto ai capannoni nè io nè presumo il talebano Tagliaventi, e neppure agli "edifici recenti brutti o modesti", solo dobbiamo accettare che anche una chiesa o un palazzo di trecento anni possono essere brutti o modesti, approfittiamo del terremoto per liberarcene!
Non condividi il mio paragone con la scienza, ma condividi forse il paragone con la fisiologia del corpo umano introdotto da Tagliaventi? Non ho fatto che rispondergli.
Su Gibellina ricordo un feroce articolo di Paolo Ferrara su Antithesi ed altrettanto feroci commenti di architetti, geometri, filosofi e quant'altro, poi un perfetto sconosciuto signor Messina, che a Gibellina ci abitava, ha basito tutti scrivendo che lui ci stava bene e che i gibellinesi non se ne lamentavano affatto.
Come spesso accade, la bellezza (in questo caso architettonico-urbanistica) sta negli occhi di chi guarda.
Vilma
Vilma, a me pare che tu abbia male interpretato ciò che Tagliaventi dice sulla riproduzione delle cellule. Lui afferma che la ricerca sulle cellule staminali, quindi la scienza, simula il processo naturale allo scopo di riprodurre un organo esattamente uguale e soprattutto funzionale come quello originale, pur essendo costruito con mattoni "non autentici". La forma e la funzione dell'organo nuovo sono, cioè, esattamente uguali a quello che si era ammalato, anche se il materiale di partenza con cui questo è stato curato non è quello "autentico". Le cellule staminali sono la scintilla che innesta il processo di autoriproduzione dell'organo "com'era e dov'era".
E mi sembra coerente con ciò che Gabriele dice sulla ricostruzione: utilizzare quando possibile i materiali originari ma, quando non è possibile, sostituirli con "mattoni" nuovi.
E' quanto avviene regolarmente in paesi che hanno tradizione di costruzioni eseguite con materiali deperibili, quali la Cina con le sue costruzioni di legno verniciato.
Gli edifici storici che oggi noi vediamo sono uguali nell'aspetto a quelli di secoli fa ma in realtà sono completamente nuovi, perchè il processo storico di conservazione è in realtà un processo di "manutenzione" in cui le parti deteriorate vengono, con continuità, sostituite con parti nuove ma identiche nella forma e nell'aspetto.
Mi sembra che vi sia analogia con la scienza delle cellule staminali, dove la scintilla che innesca il rinnovamento è...la cultura dell'uomo. Mi sembra anche che sia la migliore manifestazione di una architettura viva e vegeta che si rinnova continuamente senza quegli orpelli, quei pregiudizi che invece, da noi, ci impediscono di considerare gli edifici un corpo vivo che si trasforma nel tempo ma conservando la sua struttura originaria.
A me pare che il nostro atteggiamento, per voler essere "progressivo" in verità sia estremamente "conservatore" e anche un po' mrtifero, perchè tende a cristallizzare quelle parti di edificio che sono ancora intatte e funzionali, lasciando alle aprti danneggiate la sorte di diventare nuove e diverse e quindi estranee all'organismo stesso. A me sembra, se posso fare un paragone certamente azzardato, la riproduzione (o forse l'origine) del rapporto esistente tra centro storico e periferia: il centro storico è la perla da conservare immobile nel tempo, e quindi destinata a morire, mentre la periferia diventa il luogo della modernità e della sperimentazione, destinata allo stesso tempo alla vita ma anche alla estraneità e alla bruttezza. Non c'è dubbio infatti che è nella periferia che si svolge la vita, non fosse altro per la vita produttiva, però una vita ad una sola dimensione per ciascuna parte (residenza, produzione, svago). La città è una e si potrà salvare solo tutta insieme, la parte vecchia rinnovata nell'uso e nelle sue parti deteriorate con un processo di manutenzione ordinaria e straordinaria, la parte nuova rinnovata anch'essa nell'uso, cioè con la promiscuità delle funzioni, cui deve necessariamente e io credo inevitabilmente seguire un processo di ristrutturazione e sostituzione urbanistica e architettonica.
Pensa che anche Rem Koolhaas, per giustificare il suo intervento a Venezia, si appella alla città come "organismo" che cresce. Solo che gli organismi crescono, di regola, in base ad un disegno coerente e sano scritto nel DNA. Quando crescono in maniera abnorme e anomala in genere si parla di tumori
Ciao
Pietro
Posta un commento