Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


19 agosto 2011

COMPLETARE LA FACCIATA DI SAN LORENZO

Un altro testo di Ettore Maria Mazzola sulla proposta del Sindaco di Firenze Matteo Renzi di completare la facciata della chiesa di San Lorenzo, argomento già affrontato nei commenti al post sulla "riqualificazione" della Piazza San Silvestro a Roma.
A fine articolo riporto qualche link ai vari pareri sulla proposta e ad una storia dei progetti per il completamento dal 1900 al 1905.

Sull’ipotesi di completare la facciata di San Lorenzo a Firenze
di Ettore Maria Mazzola

Lunedì 25 luglio 2011, il Corriere della Sera” ha pubblicato una di quelle notizie definibili “shock” in ambito architettonico e accademico: il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, previo referendum popolare, propone di completare la facciata della Basilica di San Lorenzo secondo il progetto elaborato da Michelangelo nel 1515!
Il sindaco di Firenze, in occasione del 150° anniversario di Firenze Capitale d’Italia (2015), propone la “riqualificazione” dell’edificio, con una previsione di spesa di circa 2 milioni e mezzo di euro, in gran parte sostenuta da privati. In concreto, il piano prevede il completamento della facciata costruendo ex novo l’ingresso della Basilica.
La notizia, come era preventivabile, ha suscitato un vespaio di domande, la più ricorrente delle quali è stata: Ma è lecito riprendere in mano i progetti di un architetto scomparso più di 500 anni fa e tentare di andare incontro al suo volere con gli strumenti e le idee di oggi?



Inizialmente mi sono chiesto: ma con tutti i problemi delle periferie, del traffico e del degrado urbano che possono rilevarsi a Firenze, è davvero necessario ipotizzare una “riqualificazione” di San Lorenzo? E ancora, indipendentemente dalla facciata incompleta, considerata la vitalità della piazza in tutte le ore del giorno, pensiamo davvero che San Lorenzo sia un edificio che necessiti di essere riqualificato?
Ebbene, per non avvalorare le tesi di coloro i quali dicono di no a tutto – spesso stupidamente – e mettendo da parte questi interrogativi maliziosi, voglio prendere per buone le intenzioni del sindaco, e voglio dare dei suggerimenti a sostegno di questa proposta, affinché non si avvalori la posizione dei sostenitori della “necessità di evitare falsi storici, realizzando qualcosa di contemporaneo”, che già sta prendendo piede.

Che l’ambiente accademico italiano sia totalmente avverso a certi temi è cosa ben nota: a causa delle Carte del Restauro di Atene (1931) e Venezia del (1964), e soprattutto a causa delle teorie del restauro di Cesare Brandi, l’Italia è oggi il Paese dove, più di tutti gli altri, vige il terrore della “falsificazione della storia”, un problema del tutto falso, nato solo ed esclusivamente per tutelare il mercato nero delle opere d’arte! Sicché, in base a questa assurda posizione, e pensando di essere nel giusto, si insegna nelle università, si scrive sui libri e sulle riviste e si esercita la professione.
Così, a proposito della proposta del sindaco fiorentino, c’è stato chi si è chiesto: “che senso avrebbe dover rispettare il progetto di Michelangelo piuttosto che realizzare “finalmente” qualcosa che mostri che siamo nel XXI secolo?
Questa domanda esprime il generale sentimento serpeggiante tra gli architetti e i critici di architettura formatisi nella scuola modernista-storicista, quella scuola che ha fatto delle teorie di Gropius e di Zevi (l’insegnamento della storia andrebbe eliminato perché limitativo delle potenzialità della mente degli architetti), il proprio cavallo di battaglia. Partendo da questa affermazione, la scuola modernista ha via via sviluppato idee come “tutti abbiamo il diritto di esprimere la nostra arte”, oppure “tutti siamo artisti”, “tutti hanno diritto ai propri 15 minuti di notorietà” ecc. e, altrettanto gradualmente, ha formato una massa “ignorante" di professionisti (e di critici), questi, grazie a questa semplificazione della professione, hanno potuto credersi artisti, architetti, critici e storici.
Il lavaggio del cervello operato da questa scuola di pensiero impostasi come l’élite colta portatrice del verbo – specie a partire dal secondo dopoguerra – è stato talmente vasto che oggi molta gente, per paura di essere accusata di anacronismo e/o ignoranza, finge di comprendere il significato di determinate opere che non hanno alcun senso, se non quello dettato dalla legge del “prendi i soldi e scappa”.

La cosa gravissima è che questo fenomeno si ritrova anche in ambiente ecclesiastico, ragion per cui, chi dovrebbe tutelare l’istituzione della chiesa, spesso e volentieri si lascia ammaliare dalla visione consumistica dell’architettura dettata dall’ignorantissima “società dello spettacolo”, visione che consente, con il minimo sforzo intellettuale, di produrre forme architettoniche generate da uno scarabocchio – opportunamente trasformato in tre dimensioni dal computer – che nulla hanno a che vedere con l’architettura delle chiese, con la liturgia, e con la religione stessa e, più in generale, con l’architettura degli edifici … non è un caso se Patrick Schumacher, partner di Zaha Hadid, ha avuto l’ardire di affermare che il “parametricism” – secondo il quale è il computer, grazie ad appositi softwares, e non più la mano dell’architetto a generare il progetto – da loro teorizzato, sta diventando la “nuova tradizione egemone!”.

Ebbene, alla domanda sulla legittimità o meno di realizzare la facciata di San Lorenzo progettata 500 anni fa, e considerato che chi ha posto questa domanda l’ha giustificata tirando in ballo “Le Sette Lampade dell’Architettura” di Ruskin: « ... lo spirito dell’artefice morto non può essere rievocato, né gli si può comandare di dirigere altre mani e altre menti. E, quanto alla copia semplice e diretta, è chiaramente impossibile, Come si possono copiare superfici consumate per mezzo pollice? L’intera finitura del lavoro era nel mezzo pollice sparito; se si tenta di restaurare quella finitura, lo si fa congetturalmente; se si copia ciò che è rimasto, affermando che la fedeltà è possibile, (...) come può il nuovo lavoro essere migliore del vecchio? C’era ancora un po’ di vita, in quello vecchio, un misterioso suggerimento di ciò che era stato e di ciò che aveva perduto ... » voglio brevemente esprimere il mio parere.

Che senso avrebbe avuto, per tutti gli architetti ch si sono succeduti nella realizzazione del Duomo di Firenze, dover giurare con una mano sulla Bibbia e l’altra sul modello ligneo del progetto di Arnolfo di Cambio (1296), che avrebbero portato a compimento l’opera originaria?
Chi conosce la storia del Duomo di Firenze sa che il progetto di Arnolfo venne interrotto nel 1330, privo della cupola perché non si sapeva come realizzarla. Nel 1367 Neri di Fioravante, sviluppò uno modello alto 4 metri che mostrava come, rinforzando le strutture arnolfiane, fosse possibile realizzare la gigantesca cupola ogivale. Tuttavia sorse il dubbio su come reperire il materiale e realizzare una centinatura e delle gru in grado di realizzare la struttura vera. Nel 1418 venne bandito il concorso, vinto da Brunelleschi e Ghiberti (ma questo nel ’25 venne rimosso) per realizzare la struttura medievale che venne portata a compimento nel 1468 con il completamento, ad opera del Verrocchio, della lanterna sormontata dall’enorme sfera dorata. Tutti questi personaggi, nonostante la loro fama, vennero costretti, dai membri dell’Opera del Duomo, a giurare sul modello di Neri, che avrebbero realizzato quella cupola.

La facciata venne addirittura realizzata solo nel 1871, da Emilio De Fabris (l’opera venne completata dopo la morte di quest’ultimo, nel 1887 da Luigi Del Moro) sulla base di un progetto che prendeva ispirazione dalla porzione basamentale già rivestita nel medioevo.
La stessa storia si ritrova per la Basilica di Santa Croce, sempre a Firenze, progettata da Arnolfo di Cambio nel 1294-95, dove il campanile venne realizzato ex-novo da Gaetano Baccani tra il 1847 e il ’65 e la facciata da Niccolò Matas tra il 1853 e il ’63!

Ma se andiamo in altre realtà, come il Duomo di Siena o quello di Orvieto, abbiamo facciate che ci raccontano fino a 700 anni di lavori, durante i quali si sono succeduti fior di architetti, scultori, mosaicisti e lapicidi … eppure l’immagine d’insieme ci mostra una coerenza e un carattere senza tempo e, soprattutto, una profonda devozione nei confronti del Signore.

Ecco, è proprio questo il punto, diversamente da oggi, un tempo non era la firma e/o il nome dell'architetto, né la "datazione", ad avere importanza, ma l'edificio costruito per il Signore!
Basta dunque con la lettura della storia fatta di schede datate infilate in cassetti la cui riapertura è vietata. Basta con l'egoismo dei critici e degli storiografi, che per dare un senso al loro mestiere e alla loro visione ideologica debbono imporre a tutti quella che è la loro lettura della storia. Se Renzi vuole completare San Lorenzo, come già era stato fatto a Firenze (con grande apprezzamento dei turisti) per Santa Maria del Fiore e per Santa Croce, che lo faccia, purché si proceda fedelmente nel rispetto del lavoro Michelangiolesco, (o arnolfiano, perché no?) senza stravaganze necessarie a far riconoscere che il lavoro sia stato fatto nel 2011!

Certo, Michelangelo non aveva tenuto in grande considerazione il programma medievale della Basilica di San Lorenzo, però aveva progettato una facciata in perfetta armonia con la “grammatica”, le proporzioni, i materiali e i colori dell’architettura fiorentina dopo l’opera di Brunelleschi, Michelozzo, Alberti e Rossellino.

Come propone il sindaco dunque, spero davvero che sarà la cittadinanza ad esprimere il proprio parere, Michelangelo o Arnolfo, purché tutto avvenga nel massimo rispetto della filologia e del contesto!


Link:
Libero: Confindustria, positivo dibattito su completamento facciata San Lorenzo
Blog Cristallo di Rocca: Caldi agostani
La Nazione, Firenze: San Lorenzo, pensiamo alle crepe sulla cupola
Corriere Fiorentino: San Lorenzo: Festa e rivoluzioni
Skyscrapercity: E' giusto o no completare le facciate delle basiliche secoli dopo?
Corriere Fiorentino: La città non è delle Soprintendenze
FAI, Fondo Ambiente Italiano: Michelangelo, una archistar per Firenze
Massimiliano Savorra: progetti per la facciata di San Lorenzo a Fierenze (1900-1905)

35 commenti:

ettore maria ha detto...

Grazie Pietro.
Hai fatto benissimo ad aggiungere i link di chiusura.
Ciao
Ettore

enrico ha detto...

A Bologna abbiamo l'eterna incompiuta della facciata di san Petronio, proprio in piazza Maggiore.
Per secoli è rimasta incompiuta, e oggi, quando qualcuno azzarda ipotesi di completamento, viene zittito.
Esistono vari progetti, frutto di concorsi succedutisi nei secoli, anche abbastanza recenti. Ma nessuno ha la minima possibilità di uscire dalle carte per entrare nella realtà.
Però, nei secoli, quando ce n'era bisogno (incoronazione di Carlo V; concilio di Trento, e molte altre date)la facciata veniva competata in modo provvisorio con teloni dipinti (come si fa oggi con certe coperture di ponteggi di cantiere...).
Personalmente, sono affezionato alla facciata di mattoni pieni di buchi, e non gradirei nessun completamento al "mio" S. Petronio.
Ricordo, en passant, che mio nonno Gino (fiorentino classe 1877) ricordava bene il Duomo incompiuto; e non gli è mai garbata la facciata "nuova". Per non passarci davanti, evitava di passare tra Duomo e Battistero, e per andare alla sede della "Misericordia", aggirava il suo "bel san Giovanni".

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro enrico

c'è Gabriele Tagliaventi che va gridando ai quattroventi di completare la facciata. Non c'è alcuno scandalo, come spiega bene Ettore, nel suo post, nel completarle, anzi semmai lo scandalo è nel lasciarle incomplete.
Vorrei vedere se un'opera pubblica contemporanea, un tribunale diciamo, venisse lasciato al rustico esternamente se non si griderebbe allo scandalo.
Ma te sei tollerante e hai espresso un tuo parere sentimentale, non ideologico né razionale, del tutto rispettabile e comprensibile. Per questo, anche per questo, va richiesto il parere ai cittadini di Firenze: esistono aspetti insondabili che devono essere presi in considerazione
Ciao
Pietro

So' filologo... ha detto...

io ricostruirei tali e quali com'erano le twin towers.

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Anch'io. Ma non certo per filologia, per gli stessi motivi per cui Enrico non vorrebbe completare San Petronio.
Ma i newyorkesi hanno deciso diversamente.....
Ciao
Pietro

toussaint ha detto...

beh, certo che la questione lascia un po' interdetti... che dire, da fiorentino,contestualizzando la vicenda nella realtà odierna, a pelle resto perplesso su questa cosa di "lasciar decidere" ai fiorentini la cosa, tramite referendum... ho qualche dubbio sulla capacità di discernimento critico da parte dei miei concittadini. Perdonate se divago un attimo, ma non riesco proprio a mettere da parte la faccenda che Firenze sta per essere devastata, a brevissimo, dai lavori di scavo dell'inutilissimo doppio tunnel sotterraneo della TAV, che infilerà la città per 7.5 km e servirà l'altrettanto inutile nuova stazione Foster, che si trova a circa 1 km in linea d'aria dalla stazione centrale di SMN, con tutto quel che ne consegue...cmq, se qualcuno di voi è al corrente di quello che è successo a Bologna con la TAV, ebbene a Firenze sarà molto peggio. Capite quindi cosa possa pensare dei miei concittadini che lasciano fare tutto questo alla loro città... e immaginate quale opinione politica possa io avere del sindaco Matteo Renzi, che non ha mosso un dito per evitare questa sorte alla sventurata "città del fiore", lasciandola in balìa degli scavatori di gallerie inutili e distruttive con i soldi pubblici. Scusatemi e vogliate comprendere il mio lutto, davanti al quale, in questo momento, la questione della facciata di San Lorenzo mi risulta lontana anni luce...
Vi saluto cordialmente

ettore maria ha detto...

cari Enrico e Pier Luigi,
il discorso è infatti aperto, se proprio dovessero decidere di mettere le mani sulla facciata sarà la gente a doverlo dire. Anche l'idea di lasciare la facciata così com'è deve essere una delle possibilità da dare ai cittadini. L'esenziale è che, se si dovesse propendere per il completamento non si facciano scempi "rappresentativi del XXI secolo". Quanto a Robert anch'io sono dell'idea che, se proprio si dovevano costruire dei nuovi edifici superenergivori al posto delle Twin Towers, sarebbe stato meglio che le ricostruissero com'erano e dov'erano, piuttosto che realizzare l'obbrobrio che sorgerà al loro posto. Un caro saluto a tutti
Ettore

Pietro Pagliardini ha detto...

Ettore, non sono mica sicuro che Robert dicesse sul serio. A me sembrava un pò ironico. Io invece ero serio.
Quanto a touissant c'è fa capire: prima Firenze é stata messa a ferro e fuoco dalla tramvia e dai lavori ad essa collegati, adesso la TAV.
Però non vedo molta relazione con la facciata di San Lorenzo, che é un'opera puntuale e limitata nello spazio. Quanto ai dubbi sui fiorentini anche questi mi sembrano immotivati dato che se dicono no, non succede niente. Se dicono sì allora anche per touissant vale il discorso se é, in linea di principio, a favore o contro
Pietro

ettore maria ha detto...

caro Pietro,
non dubito del fatto che Robert fosse ironico, come so per certo che tu dicevi seriamente. In questo caso, anch'io sono serio sul discorso NY. Quanto al discorso sulla TAV che fa Pier Luigi, io sinceramente non sono molto informato, e prendo per buone le cose che dice lui che, conoscendolo, è una persona superaffidabile. Mi sconcerta il pensiero che la nuova stazione di Firenze la faccia Foster per almeno due ragioni: 1) è fin troppo sicuro che il suo progetto sarà il suo progetto e non un progetto per Firenze;
2) dopo il flop antisismico del suo megaprogetto per Las Vegas mi auguro che abbia pensato a come dovrà essere una struttura per la TAV

enrico d. ha detto...

la TAV a Bologna è un mistero.
Nel senso che c'è già stata una pseudo-inaugurazione, ormai svariati anni fa. Ma per ora i treni viaggiano ancora sui binari normali.
La stazione dedicata è in costruzione "dentro e sotto" la stazione esistente; le vie di accesso, che devono viaggiare interrate sono "quasi" pronte. I lavori di scavo, vicinissimi a zone abitate, hanno provocato fastidi, rumori, tremori, lesioni alle case esistenti. Con necessità di interventi murari e economici di risarcimento.
Parlando in termini generali, penso sia un problema assai complesso quello delle stazioni ferroviarie in città. E' ovvio che la loro praticità e convenienza è in relazione alla localizzazione e alla logistica (parcheggi, connessioni con aeroporti, bus....). La soluzione "stazione di testa (come SMN, ma anche Milano C.le; Termini, ecc) hanno il pregio di arrivare potenzialmente più in centro, utilizzando un solo "raggio" per l'entrata e per l'uscita; una stazione di transito (come Bologna) rischia di dividere in due l'abitato avendo bisogno di due "raggi" per cui , in media, simili stazioni sono più decentrate rispetto a quelle di testa. Queste ultime, purtroppo, comportano un certo rallentamento nei tempi tecnici di partenza, cambio di direzione, e ripartenza. Un tale rallentamento, fino a qualche anno fa era ininfluente, dapprima perchè comunque i tempi ferroviari erano migliori dei tempi stradali; poi perchè comunque peggiori di quelli aerei (almeno su distanze oltre i 300km). Oggi con la TAV le cose cambiano (o potrebbero cambiare), ma con la necessità di utilizzare solo stazioni di transito, e di ridurre in modo drastico il numero delle fermate. (Alcuni collegamenti Mi-Roma prevedono già ora di "saltare" Bologna).
La cosa che mi stupisce di più è la posizione "politica" di chi, vedendo il treno come rivale e nemico dell'auto, estende tale antagonismo all'uso dell'auto anche per andare alla stazione a prendere il treno. Non so altrove, ma a Bologna è virtualmente impossibile arrivare alla stazione, che pur si trova sui viali di circonvallazione, in auto. Sembrerà incredibile a chi non lo vede, ma, pur essendo sui viali, l'accesso alla stazione è possibile solo a chi li percorre in senso antiorario (nella migliore delle ipotesi metà dei possibili utenti. E comunque solo con taxi, dacchè alle auto private, anche se arrivano dalla parte giusta è interdetto il parcheggio (in realtà esistono 12 posti auto-12 !!).
L'odio per l'auto privata è tale che nemmeno nei progetti della nuova futuribile stazione che sono stati proposti (da Bofill e da altri) ho mai visto affronatato seriamente il problema parcheggi.
Nella mia mente semplice, ho sempre pensato che le stazioni siano da sempre "all'aria aperta" perchè dovevano ospitare locomotive a vapore. E che oggi sarebbe possibile costruire "sopra" le pensiline poiani e piani di parcheggi, connessi alla rete viaria in modo facile e conveniente da qualunque parte si arrivi. Trenta anni fa ho visto un bell'esempio, funzionante, di quel che dico a Utrecht dove la "grande Katerina" (così si chiama) è proprio una stazione inserita "dentro" un grosso edificio, ove si trovano, a piano terra, i binari, e sopra parcheggi, negozi, stazione degli autobus, mi sembra un albergo e così via.

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro enrico
anch'io, come te, sono un fiero sostenitore dell'auto come mezzo di locomozione privata perché non esiste mezzo che possa garantire come questo la piena libertà individuale di movimento. Ad esempio non condivido l'idea che i parcheggi in centro non si devono fare perchè "attraggono traffico". Che cosa vuol dire? Il traffico è generato principalmente dalla "ricerca del parcheggio", non dall'esistenza di parcheggi. Quest'idea della prevalenza del mezzo pubblico su quello privato è poi davvero ideologica perchè viene applicata, a forza, in ogni realtà in maniera indistinta. In una città come Arezzo caratterizzata da un sistema territoriale a frazioni è impossibile che il mezzo pubblico assolva al compito di garantire scelte di movimento anche lontanamente analoghe a quello privato. Non ha alcun appeal. Che poi io questa demonizzazione dell'auto non la capisco proprio! Dice: è inquinante. Ma non è mica vero se l'età media si è allungata a dismisura negli ultimi decenni e proprio in area urbana. Dice: sono brutte e rovinano l'estetica della città. Ma non è mica vero! A parte il centro antico, quello medioevale, dove c'è un problema di spazio fisico, esistono strade anche centrali che senza auto viene la malinconia a vederle, perché non è che le strade possono essere sempre piene di pedoni! La gente non sta sempre a passeggio, la gente lavora, di tanto in tanto, e i più non stanno a zonzo per le strade. Credo che proprio a Bologna un esperto di traffico, mi pare si chiamasse Winkler, chiamato dall'amministrazione a fare proposte, abbia fatto oscurare tutti i segnali stradali per qualche giorno e abbia in sostanza lasciato il traffico a se stesso. Abbia cioè lasciata libera la società di autoorganizzarsi e pare che le cose siano andate benissimo. Non c'è da meravigliarsi troppo perché la teoria delle reti dice proprio questo, che maggiori sono le connessioni e migliore è la comunicazione.
Non ne hanno fatto di niente. Comunque è una strada in salita, ormai quello che io considero il verbo contro le auto è passato ed accettato da tutti, o forse sopportato in silenzio per non apparire fuori moda. Quindi se vuoi andare alla stazione prendi il mezzo pubblico e portati le valigie in spalla, oppure paga profumatamente un taxi, che così è più democratico.
Ciao
Pietro

enrico d. ha detto...

Winkler me lo ricordo bene; non ricordo l'esperimento che citi; ma ricordo bene quando la rete dei sensi unici, e degli inutili giri obbligati, cominciò ad estendersi alle periferie.
Per uno studente in medicina, l'idea che per migliorare la "circolazione" la terapia stesse nell'impedirla è sempre parsa quanto meno bizzarra....
Tornando a Winkler, il professore tedesco, alla fine della consulenza (immagino profutamatamente pagata), partorì l'ignobile assurda idea di "pedonalizzare" via Indipendenza. Come suggerisce il nome, e come si capisce bene guardando una pianta di Bologna, si tratta di una strada "nuova", costruita sul finire del XIX secolo, letteralmente tagliando con l'accetta una via larga e diritta abbattendo un "raggio" di centro storico in direzione nord, per congiungere piazza Maggiore con...la stazione, costruita (o ampliata) giusto in quegli anni. LA costruzione di questo importante asse viario, largo forse 25 o 30 metri fu assai contestato, per lo snaturamento della trama preesistente, in gran parte viuzze medievali. Tra le altre furono abbattute decine di torri, e la casa ove visse nei suoi anni bolognesi, il grande Nikolaus Kopernik. La strada che ne nacque, con bei palazzi in stile "savoiardo umbertino", con regolamentare statua di Garibaldi, alberghi di lusso, cinema, teatro... risulta architettonicamente un pugno nell'occhio, rispetto al precedente tessuto urbano, ma adempi egregiamente il suo scopo. A mitigare l'impatto estetico, fu prevista, su entrambi i lati, la presenza di portici, larghi 6-8 metri, con lunghe serie di vetrine e di bar-caffè. Non proprio in sintonia estetica con i portici "alla bolognese" di cui la città era ed è piena, ma piuttosto un tipo di portici alla torinese, quasi monumentali.
Forse un accettabile compromesso alla funzionalità e al mito della modernità....
Orbene, il Winkler propose alla sbigottita giunta petroniana, di pedonalizzare via Indipendenza per "rendere le strade ai cittadini", senza accorgersi, pare, che i cittadini erano bellamente padroni di due ampi portici, passeggiando sotto i quali, non si bagnavano, potevano guardare le vetrine, e decidere di concedersi una cioccolatra in tazza al caffè Regina....
L'amministrazione non ebbe nè il coraggio di accettare l'insana proposta, nè quello di rigettarla; scelse per un ibrido di zona a traffico limitato e di fatto riservato in gran parte ai mezzi pubblici. Il risultato fu che, in effetti, una parte del traffico pedonale (in particolare chi aveva vfretta, si spostò fuori dai portici, che divennero terra di conquista dei vucumprà che occuparono con le loro "showroom" gran parte dei portici, snaturalizandoli, degradandoli, contribuendo all'abbruttimento del centro storico e al fallimento di molte attività (facililtato dalla chiusura dei cinema).
Oggi, il controllo sui vucumprà è molto migliorato, e i portici sono stati "restituiti ai pedoni!" (diranno subito i miei giovani lettori); manco per idea! oggi sono stati trasformati in "eleganti dehors" al servizio di happy hours e simili, estringendo la parte transitabile ad un metro o poco più.
P.S. notata la citazione Collodiana?

Pietro Pagliardini ha detto...

Enrico, il paragone con la circolazione sanguigna è assolutamente pertinente e pensarlo è naturale. Innaturale è l'inverso.
La proposta di Winkler mi sembra assolutamente contraria all'esperimento fatto e alla sua filosofia di accondiscendere piuttosto che di imporre. Si vede che nessuno è perfetto e questo lo dico come pro-memoria per "i miei giovani lettori".
Ciao
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

Enrico, mi sa che ho sbagliato su Winkler. La memoria mi ha fatto cilecca perchè doveva essere qualcun altro. Ho letto adesso che il piano Winkler per Firenze, ripreso da Renzi, prevede....quello che prevedono tutti, cioè via le auto da ogni parte anche per i residenti. Chiusura totale di tutto. Insomma, un abbaglio clamoroso.
Cercherò meglio di chi si trattasse, ammesso che abbia importanza ma così, per amor di precisione.
Ciao
Pietro

Linea che se lo skyline mi piace è un conto... ha detto...

tra il serio l'ironico. serio perchè io le avrei veramente rifatte com'erano. penso che sia uno di quei casi (evento-ferito che cambia in pochi istanti un intero paesaggio) in cui non c'è nulla di male nel voler rimarginare una ferita. se la ferita rimane aperta per anni/secoli e pertanto si rimargina lasciando il segno non c'è nulla di male nel lasciarla com'è oppure nel prevedere qualcosa di diverso...
pertanto il mio atteggiamento non è in negativo e nemmeno denigratorio (es. quello di ettore che piuttoso delle schifezze che stanno facendo meglio quelle di prima) ma in positivo. da ciò deriva la mia ironia.

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, non è che abbia capito molto bene il discorso sulle schifezze. Lo dico senza ironia.
Spero non vorrai sottintendere che una bella facciata di corten, per dire, potrebbe essere una soluzione possibile!
Piuttosto mi è balenato in testa una specie di sogno: un concorso per la facciata di San Lorenzo, con grande partecipazione di progetti di ogni genere il cui vincitore e i successivi premiati siano TUTTI progetti di architettura classica. Che spettacolo, che scandalo sarebbe, che lezione! Ma è appunto un sogno, nemmeno una speranza.
Ciao
Pietro

(e io che pensavo che in sogno ti apparissero palestre sghembe) ha detto...

capisco che un commento possa esser soggetto a fraintendimenti, ma da qui a passare ad una facciata in corten ce ne corre...

robert

ettore maria ha detto...

Caro Robert,
io ho parlato di “obbrobrio” e non di “schifezze” .. ma evidentemente a te fa comodo citarmi utilizzando un termine atto a sminuire il senso delle mie parole.
Quanto ai chiarimenti scritti da Enrico in risposta al commento di Pietro, devo dire che ciò che se ne deduce è che, questo Winkler è l’ennesimo ignorante (anche un po’ demente e paraculo) straniero, chiamato da un sindaco demente in nome della nostra stupida esterofilia che ci fa presupporre che il nome straniero sia sinonimo di qualità. Questa cosa è sempre più insopportabile perché, indipendentemente dalla possibile formazione modernista o tradizionalista, la preparazione universitaria degli italiani è di gran lunga superiore a quella di “esperti” che possano venire da qualsiasi angolo del pianeta. Vivendo a contatto più con architetti stranieri che italiani, posso affermare con certezza che gli unici che si avvicinano al livello della nostra formazione sono i russi. Purtroppo i nostri politici, la cui cultura spesso si ferma alla scuola superiore (se non meno come alcuni governatori regionali, ma anche onorevoli e senatori del governo), oppure hanno preso una laurea per grazia ricevuta, continuano a massacrare la nostra università gettando fango su una realtà che nemmeno conoscono e proponendo un sistema sempre più simile a quello anglo-americano che, a mio avviso, sforna laureati con una cultura inferiore a quella dei nostri diplomati alle scuole superiori!
Detto ciò, il sig. Winkler, il quale si suppone non abbia speso nemmeno un secondo a studiarsi la storia dell’urbanistica bolognese, ignorandola, grazie all’ignoranza dei politici e soprattutto dei loro consulenti (dubito seriamente che il sindaco sapesse chi fosse costui) è venuto qui, ha guardato il traffico, ha detto un paio di idiozie e se n’è tornato a casa sua con un sacco di soldi pubblici nelle saccocce, alla faccia di tutti noi!
(continua)

ettore maria ha detto...

Quanto al discorso che fa Pietro relativamente ai parcheggi, devo dire che (lui lo sa bene) mi trovo totalmente in disaccordo. Realizzare parcheggi pubblici in centro significa congestionare le città: parcheggio pubblico = aspettativa di trovare posto = migliaia di auto che si riversano verso il centro = congestione.
Ogni cittadino deve poter avere e utilizzare la propria auto, ergo è fondamentale che anche in centro ci siano i parcheggi per i soli residenti, ma nulla di più. Per il resto si deve solo incentivare, sul serio, il trasporto pubblico, aumentando il numero delle corse, introducendo degli incentivi per i residenti affinché possano, spendendo poco, andare dove devono/vogliono, senza restare ore imbottigliati in mezzo al traffico. Se vogliamo fare riferimenti a ciò che accade all’estero basta vedere ciò che accade a Londra, dove le auto private in centro sono quasi inesistenti, oppure a Parigi, dove ho amici (anche modernisti, se vogliamo) che l’auto nemmeno ce l’hanno, perché il sistema di trasporto è talmente efficiente che non avrebbe senso utilizzare l’auto. Ora mi trovo a Barcellona e qui, perfino in moltissime “stradone” del Piano Cerdà, il parcheggio a raso non è consentito. Se il trasporto pubblico funziona e conviene, è insensato prendere l’auto.
Il nostro problema è anche legato alle pseudo associazioni ambientaliste che, mentre fingono di battersi per la salvaguardia dell’ambiente e delle città, e si battono per eliminare il traffico, dall’altra boicottano ogni possibile proposta per la realizzazione – come in tutti i paesi civili – di un sistema di trasporti su rotaia che risolva i problemi del traffico: no alla Linea “C” perché danneggerebbe i reperti archeologici, no ai tram perché intralciano con le rotaie il traffico automobilistico a causa della riduzione delle sedi stradali, ecc.
Se fosse per me, a Roma realizzerei non solo la Liena C, ma altre 10 linee, realizzerei una rete capillare di trasporto pubblico che sfrutti tutte le strade (consolari e non) che collegano il centro con i quartieri periferici, intersecandosi con altrettante strade, perpendicolari ad esse, che creano una serie di anelli concentrici intorno al centro storico, creando le condizioni per lo “scambio” di mezzi con limitatissimi percorsi a piedi. Queste linee “circolari” dovrebbero includere anche una linea tramviaria che vada su e giù per il Tevere, almeno da Ponte Marconi fino al Ponte Flaminio, poi metterei a regime le acque del Biondo Fiume (progetto esistente da quasi 40 anni nei cassetti dell’ex Ufficio Speciale Tevere e Litorale) rendendolo navigabile. Questo consentirebbe di mettere in collegamento Fiumicino e Ostia con il centro cittadino, eliminando anche il problema delle auto blu (si potrebbe atterrare a Fiumicino e raggiungere il centro di Roma via fiume!), ma anche l’argine sinistro, oltre a poter ospitare un parco fluviale con tanto di pista ciclabile e aree di ristoro, potrebbe ospitare un tram monorotaia che acceleri i collegamenti. Tutto questo sarebbe possibile, ma solo abbandonando l’idea che tutti dobbiamo essere “liberi di usare l’auto”, perché nella realtà dei fatti, tutti noi siamo “liberi di stare in auto, per delle ore imbottigliati in mezzo al traffico”
Ciao
Ettore

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro Ettore, il problema dell'auto deve essere affrontato con lo stesso spirito "laico" e razionale con cui si affrontano i temi città e architettura. Non si possono trascurare cioè i bisogni e i desideri dell'uomo. Io non credo che se domandassi a chiunque se sarebbe preferibile usare il mezzo privato o quello collettivo ne troveresti molti disposti al secondo. D'altra parte te hai due figli piccoli e immagino che per portarli al nido o all'asilo tu abbia dovuto utilizzare l'auto, a meno che non abbia avuto la fortuna di trovarli sotto casa. Porto questo esempio per ricordarci, a tutti, di non perdere il senso della realtà e quindi cadere nell'ideologia. Se ci si pone con logica criminalizzatrice nei confronti dell'auto, si commette lo stesso errore dei modernisti che volevano insegnare alla gente come si abita. Quindi il problema deve essere affrontato caso per caso, perché Roma non é Londra e non é Arezzo né Perugia.
Il mezzo pubblico, dove é possibile, deve essere realizzato e incentivato, ma in realtà di 100-200 mila abitanti, con un vasto territorio organizzato in piccoli nuclei sparsi, come in Toscana e anche in Umbria, come pensi possa essere efficiente il servizio? Per i pensionati forse.
Io pongo comunque un problema di scelte individuali: si operi sempre lasciando la pissibilta di scelta, quando questa non confligge con la libertà altrui.
Discorso ovvio, apparentemente, ma questo dovrebbe essere lo spirito di chi prende decisioni per tutti i cittadini, non l'imposizione: o mezzo pubblico oppure arrangiati.
Scritto con cellulare quindi perdona sintesi ed errori.
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

caro Pietro,
io non criminalizzo l'uso dell'auto in toto, tant'è che ho detto che si deve considerare la necessità di dare un parcheggio privato a tutti. Sono d'accordo sul fato che si debba fare caso per caso, tuttavia, come sai, sono stato la settimana scorsa a Chester, una cittadina splendida di 80000 abitanti vicino Liverpool. Ebbene il servizio pubblico funziona a meraviglia, e tutti lo usano, e i taxi hanno dei costi concorrenziali con il bus (per andare con la mia famiglia di 5 persone dalla stazione alla casa dove stavamo il taxi ci costava meno che il bus). Una corsa di taxi, che sia un'auto da 4 persone o da 8 non fa differenza, parte da £2,50 e non ha il costo aggiuntivo per le valigie a carico, quindi per andare dalla stazione al quartiere Hool il costo era di 4,50 sterline, mentre per andare in centro (circa 7-10 minuti) il costo in 5 era di 5,50! Dalla stazione, ogni 5 minuti c'è un bus gratuito che collega con la piazza centrale. Davanti a questi costi e questa efficienza, la gente sceglie il mezzo pubblico, pur potendo utilizzare la propria auto. Non si tratta di imporre, ma di lasciare la libera scelta, ma prima di far questo, se on si dispone di un'adeguata alternativa, è ovvio che la gente opti per l'automobile (vedi il caso di Roma). Se i quartieri fossero autosufficienti, con scuole, negozi e servizi a portata di mano, le cose sarebbero diverse. Quanto agli anziani (e ci aggiungo i disabili), in una città sprovvista di un servizio pubblico di trasporto adeguato, e di tutti gli spazi vitali a due passi da casa, se non utilizzano l'auto non c'è speranza di sopravvivenza. Questo è il motivo principale per cui penso si debba pensare prima a loro, e poi al nostro egoismo. Ciao. Ettore

enrico d. ha detto...

L'eterna lotta tra trasporto pubblico e privato non è certo facile da risolvere; ma esistono alcuni pre-requisiti perchè le cose possano cambiare.
Forse possiamo essere d'accordo che le cose così non vanno bene; che se i servizi pubblici fossero efficaci ed efficenti sarebbe più conveniente usarli; che molte volte però la macchina personale serve.
E allora alcune condizioni minime devono essere rispettate.
Alcuni esempi: prendere i "mezzi" deve essere facile. A Bologna percorsi, numero della linea, costo, tipologia di biglietto...cambiano ad un ritmo forsennato (sempre alla ricorsa del "meglio"!). CHi, coem me, lo userebbe, ma piuttosto di rado, ogni volta trovo qualca novità, spesso ho biglietti in tasca obsoleti... Quando vado a Londra la cartina delle linee dei bus è ancora quella che comprai nel settembre 1970. E in Olanda tutti i servizi bus-tram adottano un unico sistema di pagamento, parametrato alle caselle di una mappa: una casella, un punto; tre caselle , tre punti...con possibilità di acquistare strisce di un adeguato numero di punti.
Parcheggi: se li facciamo, rendiamoli facili da raggiungere. A Bologna è stato costruito un grande multipiano sotterraneo a piazza otto agosto; posizione perfetta per l'accesso al centro. Ma è praticamente impossibile arrivarci, essendo segnalato poco e male; e con un percorso labirintico per accedere alla rampa d'accesso (posizionata nell'angolo più lontano e scomodo!), percorso noto solo ai bolognesi purosangue, che sanno che i vigili consentono un paio di attraversamenti e di svolte "proibite".... Personalmente non so, giuro!, come arrivarci in modo "legale" !!!

la storia siamo noi... ha detto...

ettore, hai ragione, in effetti tra obbrorio e schifezze ci sta l'oceano...
noto con piacere che le tue categorie storiografiche continuano ad arricchirsi. dopo la demenza e la lobotomizzazione ora ritroviamo pure la paraculaggine.

robert

LdS ha detto...

"Il mezzo pubblico, dove é possibile, deve essere realizzato e incentivato, ma in realtà di 100-200 mila abitanti, con un vasto territorio organizzato in piccoli nuclei sparsi, come in Toscana e anche in Umbria, come pensi possa essere efficiente il servizio?"

non parliamo poi della città diffusa (milioni di persone spalmati sul territorio con densità irrisorie). è praticamente impossibile organizzare il trasporto pubblico e infatti è uno dei principali problemi dell'intera pianura padana, del quale, purtroppo, non se ne intravede soluzione.

robert

ps: quella degli "amici modernisti" che non hanno l'auto m'era sfuggita :-)

ettore maria ha detto...

Robert,
ma lo sai che sei davvero patetico?
Riguardo ai piccoli comuni, credo di essere stato abbastanza chiaro citando il caso di Chester. Comunque mi sa che la nebbia della Padania deve averti avvolto del tutto, sicchè ti è davvero difficile ragionare senza divertirti ad offendere in maniera penosa ... ci eri mancato tanto

LdS ha detto...

ettore, quella frase ("amici modernisti che non hanno l'auto") la dice lunga sulla tua visione, oserei dire, usando una parola che ti piace molto, "lobotomizzata" del mondo. lascia perdere gli insulti e cerca di guardare le cose con maggior disincanto.

per quanto riguarda la relazione densità-trasporti pubblici: si commenta da solo il fatto che pietro abbia dovuto spiegartela.

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

Robert, solo per amor di verità: io ho solo espresso il mio parere sull'uso dell'auto, che Ettore conosce già molto bene. Non gli ho spiegato niente.
So bene che, in linea generale, la mia é una posizione largamente minoritaria e perdente tra gli addetti ai lavori. Più che una scelta tecnica é una posizione di tipo "filosofico" e libertaria direi.
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Robert,
quello che tu non comprendi (non so se ci sei o ci fai) è che, il riferimento agli "amici modernisti che non hanno l'auto" è un modo ironico per sottolinerare come, anche un collega parigino ipermodernista, e quindi allineato perfettamente con le idee della Ville Radieuse (ovvero la città delle automobili), preferisce l'uso del mezzo pubblico, perché è talmente funzionale e conveniente, che non gli sembra intelligente stressarsi nel traffico, pagare bolli e assicurazione, ecc. Io le cose, a differenza tua, le guardo con grande disincanto, se non altro perché ho saputo disincantarmi rispetto alla visione ideologica che mi era stata impartita all'interno dell'università. Penso che nelle cose che ho detto relativamente a ciò che farei col traffico di Roma mostri una visione fin troppo aperta e possibilista, che magari mi vederebbe massacrato da parte degli iperprotezionisti con le fette di prosciutto sugli occhi, non pensi? Pensi che io immagini le città con i cavalli? Io quando faccio dei progetti, o dò un tema progettuale ai miei studenti, chiedo sempre che il progetto non si limiti al "bel disegno" modello Beaux-Arts, per me è fondamentale lo studio di una città che possa essere calata nella contemporaneità, che quindi consideri le esigenze della vita odierna, auto incluse, ciò non toglie che, però, non si possa progettare tutto intorno all'auto. Chiudo comunque ricordando che questo post era incominciato da un discorso molto diverso ed ora, passando per il traffico, sta sfociando nell'ennesimo, stupido, battibecco generato evidentemente da chi non ha altri argomenti se non quello del punzecchiare e provocare!

LdS ha detto...

pietro, le tue parole, che ho riportato virgolettate, non sono un parere, sono un dato di fatto: sono decenni che provano a trovare una soluzione al trasporto pubblico nella campagna urbanizzata, o città diffusa, o sprawl che dir si voglia. purtroppo non ci cavano un ragno dal buco.

robert

LdS ha detto...

ettore,

o tu fraintendi quello che dice il tuo amico, oppure il tuo amico è confuso... altra spiegazione non saprei proprio darmela, anche perchè non ho esperienze di amici modernisti/tradizionalisti o similari, al massimo conosco qualche urbanista che predica un po' troppo l'efficientismo oppure qualche amico avvitato su se stesso e sui dettagli dei propri progetti.

per quanto riguarda roma: non è paradigma del territorio italiano. ha tanti difetti e problemi ma può ancora essere innervata di reti di per il trasporto pubblico oppure per la mobilità dolce (bicicletta). milano o torino possono assomigliare, qui in veneto padova può essere simile (infatti il tram, con buona pace di sgarbi che bestemmiava per il suo passaggio in prato della valle, funziona, lo usano e lo stanno potenziando). il resto del paese purtroppo vive in condizioni assai diverse dove l'uso dell'auto non è "libero" è quasi obbligatorio, non è un opinione, è un dato di fatto. e il mezzo pubblico non lo si fa, non perché non lo si voglia ma perché è impossibile da fare. comunque anche in mezzo a questo sprawl, finalmente, qualcuno ha capito che per molti spostamenti la bici o le due ruote sono assai migliori. nonostante si faccia assai poco per rendere la vita migliore ai ciclisti (ne so qualcosa) comunque qualcosa si sta muovendo. senza una pianificazione che non intacchi questo stato di cose qualsiasi progetto (beaux-arts o modernista che sia) resta oggetto a se, specializzazione tra le specializzazioni della città diffusa, quartieri monoresidenziali... se vuoi qualche accenno di dibattito sulla cosa: http://www.facebook.com/groups/191424117536163/?view=permalink&id=216721115006463

ricordo, ma posso sbagliarmi, di aver letto che tu plecnik te lo sei studiato da autodidatta. a me invece me l'hanno regalato in tutte le salse, dagli esami storici, a quelli teorici, a quelli progettuali. altri docenti mi hanno dato altre indicazioni più o meno "moderniste", più o meno "tradizionali". poco lc, zero villa radieuse, forse è per questo che gli "amici modernisti" non li so riconoscere. ti chiamerò quando avrò la sensazione di trovarmene qualcuno davanti, magari mi aiuti.

punzecchiature: abbi un po' di umiltà e smettila di sparare sentenze e giudizi sulle persone e probabilmente non ne riceverai.

robert

ettore maria ha detto...

Robert,
le provocazioni e le offese ci sono eccome, e partono sempre da te o da altri personaggi che non hanno null'altro da fare che criticare a priori, accusando di mancanza di umiltà chi, evidentemente, mostra un po' più di cultura e di sensatezza in ciò che dice.
Detto ciò, qui si parlava di completamento della facciata di San Lorenzo, e tu sei arrivato a parlare di sprawl e di traffico. Ora, se il discorso è questo, credo di aver scritto fin troppo sull'argomento, e non sto qui a ripetermi. Tuttavia, se Roma non rappresenta l'intera nazione, ci mancherebbe altro, nemmeno lo sprawl padano lo rappresenta. C'è gente che si costruisce la sua casa abusiva alla foce dei fiumi (vedi il caso di Fiumicino), lo Stato gli consente poi di condonarla, e poi se la prende con lo Stato ogni qualvolta il fiume si ingrossa e mette a repentaglio la sicurezza dei residenti. Allo stesso modo, c'è gente che decide di andare a vivere lontano dalla città compatta, in casette sparpagliate in mezzo alla campagna, poi però si lamenta se non ci sono gli autobus! E' vero, c'è stata anche la pianificazione dello sprawl, ma lì le colpe vanno ricercate in chi l'ha teorizzato, in chi l'ha messo in pratica e nei politici che lo hanno consentito. Una soluzione può essere il ricompattamento della città, ma la cosa necesita del tempo. In ogni modo, anche l'Inghilterra, la prima ad aver sviluppato le Garden Cities, è ricca di sprawl, eppure i mezzi ci sono e funzionano a meraviglia. Ergo è una questione di mentalità e di rispetto per il bene comune piuttosto che solo per il proprio orticello. I piani del traffico e della mobilità possono farsi, e non ci vuole una mente straordinaria, occorre farli in funzione del bene comune piuttosto che degli interessi privati.

LdS ha detto...

"qui si parlava di completamento della facciata di San Lorenzo, e tu sei arrivato a parlare di sprawl e di traffico."

ettore, lascia perdere... rileggiti commenti dall'inizio :-)


per il discorso città diffusa (o campagna urbanizzata, che comunque tu ben saprai esser diversa dallo sprawl) è una cosa che ficca le radici negli ultimi 6-7 secoli, se non di più... per caso, i tuoi studi storici, dicono che vi fossero pianificatori a quell'epoca? e gli 8000 e passa comuni, che li ha decisi, i brutti e cattivi modernisti?
la città diffusa parte dal piemonte e si sviluppa sulla pedemontana alpina sino alla conurbazione venezia-padova-treviso, scende sino alle marche e poi si ripresenta persino in puglia. l'altro braccio passa per tutta la pedemontana apenninica e si riallaccia al primo. in mezzo vari rami che le uniscono. turri parlò di megalopoli padana. ve ne sono altre chiazze in giro... esempio la valdarno in toscana. in questo blob praticamente ci vive, a occhio, metà dell'italia e ha caratteristiche di densità e organizzazione diverse dalle garden cities. ha nuclei che vanno dai 100 ai 10000 abitanti, non li ha inventati e pianificati nessuno, sono lì dal medioevo in poi, per ragioni di presidio del territorio, in mezzo poche città, molte piccole province. col tempo si sono semplicemente "densificati" mantenendo una densità bassissima. buona parte di essa è composta da zone industriali fatte per la piccola e media industria: capannoni-container che necessitano di spazi, svincoli, parcheggi, spazi di manovra ecc ecc... in mezzo, ogni tanto, ci sono pure le periferie che voi odiate tanto ma, guarda caso, sono le uniche che possono esser pianificate (o demolite), il resto, forse, lo ricompatteremo nei prossimi cinquant'anni.
oltre ai problemi infrastrutturali vi sono problemi di costi e ambientali notevoli ma tralasciamoli. ultimo: fa abbastanza schifo esteticamente ma sembra che gli abitanti ne siano innamorati.

restiamo in attesa della mente non straordinaria che deciderà i piani del traffico.

robert

Pietro Pagliardini ha detto...

robert, quello che dici è vero e la Toscana e la mia città ne è un esempio. Però le periferie che noi giustamente critichiamo hanno aggravato la situazione, e non poco. Hanno assecondato di fatto quella che era una crescita naturale e spontanea, spostandovi nuovi abitanti, però completamente slegati dal luogo, in cui prima avveniva anche la produzione e il lavoro. Senza, tuttavia, creare nuovi borghi capaci di avere un'identità e, tornando al traffico, un minimo di autosufficienza che non costringa a prendere l'auto per qualsiasi minima necessità quotidiana.
E non si parla della solita farmacia e dell'ufficio postale, si parla di tutto, scuole, negozi, artigianato, ecc.
Personalmente, io dormo, perché dire vivo sarebbe esagerato, in una di queste frazioni e so benissimo, per esperienza diretta e non come architetto, cosa significa.
Significa bruciare migliaia di euro all'anno in carburante, consumare auto. C'è il rovescio della medaglia, naturalmente: silenzio, più fresco di questa stagione, un minimo di rapporto con la natura. Ma dobbiamo trovare un punto di equilibrio che faccia in modo che io (simbolicamente) mi affezioni al luogo in cui vivo, mi senta parte di una comunità. Adesso non avviene perchè non esiste comunità, se non quando vado a comprare le sigarette nell'unico alimentari-bar-tabacchi che è "il paese".
A fronte di una situazione come questa, il nostro nuovo PRG, che meriterebbe la maglia nera d'Italia e forse d'Europa, ha porevisto questi valori:
Area di trasformazione San Giuliano (il nome come vedi è altisonante!!!)- Realizzazione di una nuova "piazza"; Residenziale mq 4.200 su max 3 piani; commerciale max 630 (notare la finezza dei 30 mq) su un piano (cioè la zonizzazione), e poi verde, parcheggi ecc.
LA superfcie territoriale di questa area è di mq 25.249 mq, ma ci sono già altri edifici.
Allora che ne dici? Chi ha fatto questa bella pensata (considera che nel piano adottato c'era la metà della superficie) può essere chiamato architetto? Sì, può essere, perchè ha la laurea e il timbro.
Che cultura, si fa per dire, ha assimilato secondo te? La "piazza" dove la mettiamo? Non si sa perchè non è indicata e anche se lo si sapesse come fai a fare una piazza con un commerciale a un piano e 4200 mq su 2/3 piani?
Come vedi quella cultura (continuo a chiamarla così per convenzione) è ancora operante, sulla pelle della gente e anche di noi professionisti, che non possiamo certo lavorare, sperando che per 4.200 mq i molti proprietari di orti e giardini ti vendano il loro terreno, con in più tutte le opere da realizzare e da "donare" alla collettività!
Scusa lo sfogo che non è contro di te ma contro chi so io e sappiamo tutti i tecnici aretini
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Robert,
come la definisci questa frase "per il discorso città diffusa (o campagna urbanizzata, che comunque tu ben saprai esser diversa dallo sprawl) è una cosa che ficca le radici negli ultimi 6-7 secoli, se non di più... per caso, i tuoi studi storici, dicono che vi fossero pianificatori a quell'epoca? e gli 8000 e passa comuni, che li ha decisi, i brutti e cattivi modernisti?"
Sei davvero patetico quando ti ostini ad offendere sminuendo senza senso la preparazione altrui.
Se la metti su questo piano, allora perché non parliamo dello sprawl dei cavernicoli che non avevano ancora inventato le città?
Sei perennemente fuori tema, il tuo unico obiettivo è quello di offendere, perché non hai argomenti pertinenti. Parli di cose senza senso. E poi, se vogliamo, il panorama di campagna antropizzata che racconti è quello di chi ha scelto di vivere in quel modo, se lo ha scelto è perché non vuole avere nulla a che fare con la città, quindi perché ti animi tanto per portare gli autobus in campagna con la frequenza di quelli urbani? E che mi dici degli eventuali costi di gestione?
Sul discorso che fai sulle periferie (che a tuo avviso noi odieremmo), se ti leggessi il mio libro "la città sostenibile è possibile", forse ti accorgeresti che ne ho parlato diffusamente, e non è come dici tu. Tra l'altro ho anche dato una serie di indicazioni per migliorare la situazione, ma non voglio proclamarmi il Salvatore della Patria, quindi ti dico, come ho scritto nel libro, che quello che ho suggerito è semplicemente il recupero (aggiornato con alcune norme e strumenti recenti che ritengo validi) di una serie di norme e strumenti che utilizzavamo prima dell'avvento del fascismo e delle successive leggi di impostazione modernista in onore della Carta di Atene.
Adesso per favore smettiamola con questo patetico battibecco

LdS ha detto...

dimenticavo una cosa: c'è stato qualcuno che ha cercato di combattere il processo che ha portato diffusività storica a densificarsi negli ultimi 40 anni trasformandosi nell'attuale informe. aveva cercato di dire sostanzialmente una cosa: i centri che possono diventare città li lasciamo aumentare, gli altri (la stragrande maggioranza) li lasciamo così come sono, al massimo lasciamo costruire chi già vi abita. purtroppo certe voci sono rimaste inascoltate. i centri da 100 abitanti sono diventati da 1000 ab e quelli da 1000 sono divenuti 10000 ab... praticamente delle contrade ingrandite, non più contrade tradizionali, nemmeno città con tutti i propri servizi. pazienza.

pietro, così, a occhio, ti do ragione, mi sembrano quantità ridicole per quello che si vuole fare. qui da noi invece son previsti qualcosa come 3 milioni di metri cubi per i vari mega progetti (3-4 in tutto il veneto: città della moda, motorcity, veneto city...) e sono tutti quasi monofunzionali e piazzati esattamente negli svincoli maggiormente trafficati. ovviamente negli ultimi lembi di campagna in mezzo al costruito. speriamo.

robert

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