Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


20 gennaio 2009

RESET

Pietro Pagliardini

La rilettura di Maledetti architetti di Tom Wolfe, 1981, libro tanto “scandaloso” quanto disdegnato dalla nostra intellighenzia e, credo, il primo a fare un po’ di contro-informazione sul Movimento Moderno, con la sua interpretazione della nascita e dello sviluppo dell’International Style negli USA tutta in chiave di orgogliosa rivendicazione americana contro l'importazione della cultura europea, mi ha suscitato interesse per la relazione tra teoria (e pratica) architettonica e convinzioni politiche di Le Corbusier.

Non che si debba giudicare la qualità di un’opera in base ad un pregiudizio politico sul suo autore ma, nel caso di Le Corbusier (e anche di altri), teorie e opere sono strettamente legate e le teorie hanno fornito la base ideologica per la diffusione delle opere e, viceversa le opere, ognuna delle quali è un Manifesto, mostrano chiaramente quale sia il pensiero che le guida.

Tuttavia, per quanti credessero che il mio giudizio sia frutto di interpretazioni faziose, tratte dal faziosissimo Tom Wolfe, contro colui che più di ogni altro ha segnato l’architettura e gli architetti del secolo scorso, e secondo me anche dei pochi anni di quello in corso, sono andato a cercare altre testimonianze, oltre a quelle di Wolfe e le ho trovate sul libro di Francesco Tentori, “Vita e Opere di Le Corbusier”, laterza, 1980, e su un suo estratto riportato su questo sito http://www.rodoni.ch/busoni/bibliotechina/corbusier/corbusier.html

Riporto in corsivo alcune frasi di Le Corbusier e in rosso estratti del commento di Tentori, avvertendo che le opinioni da me espresse non coinvolgono in alcun modo l'autore che è studioso dell’opera di Le Corbusier e affronta l’argomento in maniera scientifica.

Progetto del 1930
"La città radiosa è sulla carta. E allorchè un’opera tecnica è disegnata sulla carta (cifre e modelli) essa è. La certezza di un’opera risiede nella sua esecuzione concreta solo per i profani, per gli sciocchi o gli impotenti. Quanto a noi attendiamo il “sì” di una Autorità che voglia e che vegli".
Questa frase, che meriterebbe da sola un lungo commento, indica chiaramente quanto l’astrazione dalla realtà, dalla materia, dall’architettura intesa come processo costruttivo e non solo raffigurazione di un’idea ma manufatto che assolve una serie di funzioni per chi vi abita indichi uno spirito più d’artista che non propriamente di architetto-costruttore. Il richiamo all’Autorità che voglia e vegli esprime bene l’alta considerazione di sé stesso e una visione messianica della propria missione.

Lettera scritta da LC il 15 agosto 1946 indirizzata ad un certo signor Malespine.
"Alloggiare? Vuol dire abitare, vuol dire saper abitare. Il mondo ufficiale non si occupa di questa questione altro che in termini elettorali. Ora, l’alloggio è lo specchio della coscienza di un popolo. Saper abitare è il grande problema, e alla gente nessuno lo insegna.
La Francia, il mondo, la società moderna hanno bisogno di alloggi, conoscono la crisi degli alloggi, non riescono a far sollevare né i corpi né gli spiriti, continuano a mancare delle attrezzature indispensabili: gli alloggi con i loro servizi.
Fare figli, costruire dei focolari, disciplinare la loro vita, riempirla di bene, saper far crescere non degli egoisti, ma dei viventi membri di una società vivente, coerente, fattiva non è cosa possibile altro che attraverso l’urbanistica e l’architettura, combinate. Ma chi sa fare questo?".

La domanda è retorica e la risposta scontata: lui Le Corbusier.

Su L'Esprit Nouveau (n. 19, novembre 1923), un elogio della semplicità rivoluzionaria:
"Lenin è seduto alla Rotonda su una sedia di vimini; ha pagato il caffè venti centesimi, un soldo di mancia. Ha bevuto in una tazzina di porcellana bianca. Ha in testa una bombetta e porta un colletto lucido liscio. Scrive per delle ore su fogli di carta da macchina. Il calamaio è liscio e rotondo, di vetro di bottiglia.
Si prepara a governare 100 milioni di uomini
".


Eterno fascino del totalitarismo: unico modo, sembra a Le Corbusier, in quegli anni per uscire dalla soffocante irrazionalità e stupidità del mondo. "Le plan: dictateur": i piani urbanistici devono avere autorità dittatoriale, dichiarerà nel 1932 (“La Ville Radieuse”, 1933).
"Per una strada strettamente professionale, sono giunto a conclusioni rivoluzionarie. Professionalmente, io eseguo i piani per quello che riguarda il mio mestiere, in cui sono buon giudice. Se ciascuno facesse altrettanto e la totalità di questi sforzi particolari fosse armonizzata per il bene pubblico da una autorità, non si avrebbe altro che un "Piano Quinquennale", indiscutibile, ma ineseguibile! Ineseguibile a causa del presente contratto sociale!. Allora?... Il contratto sociale attuale fa fremere, si oppone alle realizzazioni, respinge i provvedimenti indispensabili e urgenti per la salute pubblica. È la VITA che ci ha dettato i nostri piani. Obbediamo alla VITA. Il piano precisa gli obiettivi e richiede le azioni indispensabili... Atto rivoluzionario? E per rivoluzionario si vuol sempre far intendere: distruttivo.
Niente affatto: atteggiamento costruttivo, eminentemente, assolutamente...
".

[Si confronti il testo sopra con queste frasi di Hegel tratte da Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici. Platone totalitario:
“Allo Stato compiuto appartiene essenzialmente la coscienza, il pensiero, pertanto lo Stato sa ciò che vuole…. Lo Stato è reale;…la vera realtà è necessità: ciò che è reale è necessario in sé… Lo Stato…esiste per sé stesso….Lo Stato è la vita morale concretamente esistente, effettivamente realizzata”
.]
E poco oltre incalza:
"La proprietà è sterile... J.J. Rousseau (nel Contratto Sociale) ammetteva il principio della proprietà individuale del suolo, ma lo faceva precisando istintivamente la doppia funzione di beneficio, ma anche di obbligo: l'uomo possiede quello che egli stesso può coltivare o lavorare. Oggi si possiedono dei terreni ma senza affatto impegnarsi per lavorarli. Peggio, il più inconfutabile diritto giuridico autorizza un proprietario a non lavorarli, a suo piacimento. E improvvisamente, per effetto di questa snaturalizzazione della proprietà, il lavoro grazie al quale funziona la libertà individuale l'entusiasmo creativo, la fede civica e l'operosità collettiva, divengono tutti irrealizzabili .... Chi ha torto? Il piano o lo statuto giuridico? Il programma o la carenza individuale; la vita o la morte; l'azione o l'inazione?".
Come a dire:"Contadini lavorate, la terra non vi appartiene ma con il vostro lavoro diventerete migliori e farete grande lo Stato". Insomma un inno ai Kolkhoz e alla collettivizzazione forzata della campagna.
Ho del tutto trascurato le parti più precisamente architettoniche ed urbanistiche presenti nel libro e nella vasta pubblicistica su LC estraendo solo quelle che ho ritenuto più attinenti a descrivere la visione che il “maestro” ha del mondo e di sé stesso.
Da queste frasi ne esce un quadro illuminante per le conseguenze che ha avuto nelle generazioni di architetti, e che perdurano tutt’oggi, ma desolante sotto il profilo umano e politico.
Qui non si tratta delle debolezze dell’architetto che, sappiamo bene, farebbe di tutto o quasi per vedere affermate le proprie idee e i propri progetti; non sarebbe stato né il primo né l’ultimo nella storia e non mi scandalizzo di questo, anche se da parte di chi non si limita a progettare ma predica “purezza” e rigore ci si dovrebbe attendere qualcosa di più moralmente accettabile. Qui si tratta di un totale disprezzo nei confronti della gente che, dice LC, deve essere educata ad abitare.
Nel secolo in cui, fra contrasti drammatici fino all’abisso degli stermini di massa in Germania, Unione Sovietica, Cina, Cambogia, Armenia, ecc. l’individuo e la sua libertà, cioè la vera modernità, prorompe nella storia e la forma politica della democrazia si afferma a livello di principio e di organizzazione della società in almeno tre continenti, l’architettura è stata guidata da un’ideologia elitaria che è riuscita a imporre una visione da Stato totalitario ed etico in cui il progettista, che opera in sintonia con il potere, non è giudicabile, non può essere messo in discussione, non risponde a nessuno, nemmeno ai propri clienti, e la gente deve essere educata ad abitare.
Si noti la frase immediatamente precedente, cioè “ l’alloggio è lo specchio della coscienza di un popolo”: assolutamente vera e condivisibile ma, unita alla seconda significa che è LC stesso che si incarica di plasmare e formare quella coscienza, non la storia e le scelte libere di quel popolo.

Questa rieducazione all’abitare richiama alla memoria gli spostamenti forzosi di intere popolazioni da uno stato all’altro di staliniana memoria per azzerare ogni legame con le proprie radici, con i propri luoghi, con il proprio abitare e poter creare così l’uomo nuovo.
Resettare l’identità dei popoli per ricominciare d’accapo e plasmare nuovi individui cui si dovrà insegnare ad abitare in nuove tipologie tutte eguali a se stesse, nuovi quartieri e nuove città in cui l’uguaglianza e l'anonimato di ogni “blocco” è la metafora dell’uguaglianza, o meglio dell’uniformità, e dell'anonimato di tutti gli uomini. Edifici che è impossibile riconoscere se non da enormi numeri civici scritti nelle piatte facciate laterali.

Dopo secoli in cui l’umanità ha costruito la storia delle nostre città senza bisogno di architetti arriva Charles-Edouard Jeanneret-Gris che, ricominciando da zero, vuole creare l’uomo nuovo e insegnargli quella che è l’attività principale dell’uomo stesso da quando si è affacciato alla vita sulla terra.
Al nuovo abitante della modernità dovrà essere prima essere cancellata la memoria per poi essere rigenerato con quei principi che lui, Charles-Edouard Jeanneret-Gris (insieme a Gropius, Mies, e altri) conosce e impone. E così potrà far crescere non degli egoisti, ma dei viventi membri di una società vivente, coerente, fattiva …… attraverso l’urbanistica e l’architettura, combinate.

Da parte di questo intellettuale che ha caratterizzato la cultura del secolo scorso, non c'è nessuna percezione della sostanza profonda della modernità, che non è solo sviluppo scientifico, macchine, velocità, ma affermazione di diritti individuali e dei popoli; per Charles-Edouard Jeanneret-Gris, invece, solo aspetti di forma e di forme la cui affermazione richiede, però, come base teorica, l’azzeramento della memoria, appunto, unico metodo per riuscire a imporre quelle nuove, disumane forme.

Qual è l’eredità più pesante che ci lascia Charles-Edouard Jeanneret-Gris e perché è ancora così profondamente pervasiva? Per le opere forse? Se fosse per quelle non ci sarebbero molti problemi: Chandigarh è una città fantasma semi-abbandonata tra le sterpaglie (si guardi questo recente filmato)
http://it.youtube.com/watch?v=N-qwn1U2nvg; gli altri edifici, privi di manutenzione costante sarebbero già spariti velocemente e se qualcuno rimanesse sarebbe anche un bene, come testimonianza e memento.
Il danno incalcolabile è nella trasmissione di quel metodo che ha investito (e investirà) generazioni di architetti inculcando loro (me compreso) l’idea di essere form-givers, creatori di forme, unici detentori della verità trasmessa dal Sommo sacerdote e a lui direttamente pervenuta dal platonico mondo delle idee, l’Iperuranio, cioè “quel mondo oltre la volta celeste che è sempre esistito in cui sono le idee immutabili e perfette, raggiungibile solo dall'intelletto, non tangibile dagli enti terreni e corruttibili” (1).

Possiamo forse forse confutare idee immutabili e perfette per definizione?



(1)definizione tratta da Wikipedia
Le foto aeree sono tratte da Google Earth e si riferiscono a Kaunas, Lituania, con "umanissimi" quartieri realizzati dall’URSS, che si estendono per chilometri, sempre uguali a sé stessi.

28 commenti:

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

Storia da Reggio Calabria.

Franco Purini voleva andare alla libreria di architettura più grande di Reggio, per comprare il mio libro "Antiarchitettura e Demolizione".
Prima abbiamo fatto un giro in macchina, accompagnati dal gentile Gianfranco Neri al volante. Purini mi faceva da guida turistica, spiegandomi tutti i punti importanti dell'architettura Reggina. Era una bella giornata, e ci siamo anche fermati per mangiare una granita alle mandorle, specialità Reggina. Poi entrati nella libreria, abbiamo fortunatamente trovato il mio libro.
Io giravo a guardare i libri. Grande sorpresa: tutti i libri Americani dell’ultima moda! L'establishment ha la sua influenza fino a Reggio Calabria.

Ho visto in un lato sotto la finestra un libro enorme, come la Bibbia di Gutenberg; così grande che occupava da solo un tavolino.
L'ho riconosciuto: il nuovo libro su Le Corbusier "Le Corbusier il Grande", come dire "Il Duce" o "Der Führer". Enorme e carissimo. Quanti poveri architetti e studenti
vanno a spendere i loro soldi per comprare questa mostruosità? per poi adorarlo come idolo religioso ogni sera, come l'agnello d’oro proibito da Mosè?

Mi sono sentito subito male allo stomaco con senso di nausea, ma era piuttosto una reazione intellettuale. Ho detto a Franco e a Gianfranco: "Non mi sento bene, devo uscire per prendere aria fresca. Ci sono qui dentro delle anime negative, scusatemi."
Dopo aver aspettato fuori pensavo alla mia conferenza in facoltà, che doveva durare un’ora. Non volevo rovinare la mia tranquillità e dunque la mia presentazione per queste schifezze di Le Corbusier. Come i vampiri, quando uno crede di averlo dimenticato, che il suo spirito malvagio sia morto, un libro come questo è capace di resuscitarlo di nuovo, per fare nuove vittime.

Nikos Salìngaros

Anonimo ha detto...

grande lecorbusier.. è veramente un grande.
sicuramente il piu grande architetto del 900.

Anonimo ha detto...

Una cosa è certa: quell'uomo non lasciava e non lascia indifferenti. L'ho detestato tante volte per moltissimi aspetti, ma è comunque un riferimento.

Fanatico. Politicamente, era una puttana, se la faceva con tutti pur di realizzare le sue opere.
Però credo che nel dopoguerra, con la vecchiaia, fosse diventato migliore, e abbia temperato il suo fanatismo.

Tuttavia, questo è un tema su cui riflettere. Storicamente, la democrazia non ha prodotto una grande architettura, questo non si può nascondere. Ci sono state individualità di rilievo in ambito democratico (penso a F.L. Wright, per esempio, ma che pure lui non ha mai nascosto simpatie per Stalin e ne pagò il dazio).

La butto lì così: il tema è molto difficile.
Voglio dire: possiamo certo "sparare" su Le Corbusier. Ma il tema architettura-politica non si presta a facili semplificazioni.

Ciao

Anonimo ha detto...

Tanto per dirne una:
Wolfe secondo me sbaglia a considerare il "movimento moderno" come portato del "bolscevismo" europeo (contrapposto alla democrazia americana).
E' una visione provinciale e limitata del fenomeno.
Il "movimento moderno" (questo è particolarmente evidente in Gropius) è invece il tentativo di fondare una architettura compiutamente borghese, realizzata dalla moderna industria, "dal cucchiaio alla città". Questa rifondazione era assolutamente funzionale alla grande industria, al capitalismo.
Tant'è vero che è stata una concezione facilmente acquisita negli USA, con buona pace di Wolfe, che insegue fantasmi (facendoci comunque piacevolemente ridere e cogliendo certo anche alcuni aspetti veri).
E' sbagliato quando ad es. contrappone la "esuberanza" di Portman alle realizzazioni esangui degli "Dei Bianchi". Possiamo dire che sono semplicemente invece due declinazioni dello stesso prodotto.
In realtà il "movimento moderno" nasce anche negli USA e come no?
Le fabbriche della Ford (di quel Kahn che non era Louis ma non ricordo ora il nome) serviranno da modello a Mattè Trucco per il Lingotto ... il Lingotto (con la sua pista sul tetto) sarà una folgorazione per Charles Edouard ... Ed è solo un esempio di questi processi che vanno intrecciandosi.
E' vero: Gropius e compagnia spingeranno la cosa anche sul piano teorico generale ... cercheranno di estendere l'industrializzazione alle case, alla socialità in genere, ad ogni aspetto della vita.
Ma si trattava di processi in corso anche negli States.
E non dipendevano da ideologie.
Comunque, le dittature europee degli anni '30, forse non è un caso che invece proposero una architettura meno "moderna", no?

Insomma, le cose mi appaiono meno semplici che nelle equazioni - spassose e magari confortanti, non lo nego - di Wolfe.

Pietro Pagliardini ha detto...

Non sono d'accordo, biz, specie sul tuo primo commento. Probabilmente, anche per non farla troppo lunga, non ho espresso bene ciò che penso su LC.
Non è l'architetto-puttana, come dici te, che io condanno, quello che sposa Stalin o chi altri pur di affermare i propri progetti. Molto cinicamente io penso che l'architetto, se vuol lavorare, non possa che essere una puttana, perché da solo non può fare niente, se non disegni che, contrariamente a quanto dice LC, non sono architettura ma solo disegni e/o Manifesti.
Che poi si venda ad un ricco, ad un potere democratico o ad uno dittatoriale, consentimelo, è una questione di stile.
Da quelle frasi (e non ho intenzione di spendere 300 euro per comprarmi l'opera omnia del nostro sennò immagino ne troverei in quantità industriale) emerge un suo pensiero reazionario, da Stato etico e autoritario, una concezione della società, che è una sua concezione profonda, perfettamente in linea con quella del comunismo di Stalin dove l'uomo, l'individuo è una pedina dello stato.
Una concezione che io ritengo anche molto "ignorante", e probabilmente LC un pò ignorante lo era davvero, nella sua incapacità di non saper cogliere minimamente i fermenti di libertà che hanno origini lontane ma che si svilupperanno da lì a poco e che porteranno all'affermazione in molti stati di principi liberali e democratici.
Per un teorico e intellettuale che ha segnato un'epoca mi sembra una mancanza non da poco.
La sua è una modernità superficiale, di facciata, meccanicistica, che capisco benissimo abbia potuto esercitare un grande fascino perché dare "forma" alla modernità, anche se una forma sbagliata, è fatto significativo, ma è anche completamente mancante di poesia e del tutto priva di interesse per l'individuo, per non dire che è contro l'individuo.
La sua analisi sociale è misera, l'interesse per le case popolari è solo funzionale ai suoi scopi, che sono rivolti alle masse nel senso di plasmarle con progetti "massivi" di grande scala e poter realizzare così i suoi sogni di grandezza (guarda la pervicacia con cui insiste in Algeria). Non è toccato a lui realizzarli, ma altri l'hanno fatto per lui e se è vero che Stalin ha adottato una forma classica per gli edifici rappresentativi, è molto più vero e che ha adottato i principi di LC per milioni e milioni di suoi sudditi. Inutile, veramente inutile, stare a sottilizzare sulle differenze, basta farsi un giro in uno qualsiasi degli ex stati dell'URSS avendo in mente la sua Ville Radiuese. E anche da noi non è che abbiamo scherzato con i nostri PEEP!
In più c'è l'aggravante del fatto che LC non è uno che fa progetti punto e basta, ma la sua forza sta nello sviluppare teorie architettoniche e soprattutto urbane che hanno avuto influenza negativa enorme, che hanno segnato un secolo, e per queste può e deve essere giudicato, senza sconti, senza l'attenuante generica dovuta (corporativamente) all'architetto-puttana.
Il suo sentirsi a disagio negli USA, dove l'individuo è centrale, è sintomatico.
Perchè questo post? perché quella mentalità autoritaria da architetto creatore e privo di controllo e verifica da parte della società è tuttora diffusa e passa nelle facoltà di architettura ormai come un riflesso condizionato; è, direi, un dato acquisito, un punto di partenza.
Invece che fare studiare tante leggi, che c'è sempre tempo di farlo, forse dovrebbero fare corsi di filosofia politica perché ogni architetto acquisisca la consapevolezza dei fenomeni sociali e politici in cui andrà ad operare e delle conseguenze che ogni sua azione può avere su quella società. Invece si sfornano, da decenni, esteti e artisti che guardano alla forma e poi ci appiccicano sopra una abborracciata teoria sociologica (se riescono a realizzarli).
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

E Ronchamp? Che cosa significa Ronchamp se non l'irriducibile, plateale, radicale volontà di mettersi in discussione, di affermarsi inequivocabilmente "altro" dal suo stesso sé, con un atto di estremo coraggio, di estrema onestà e umiltà, infrangendo clamorosamente tutte le sue stesse regole (niente pilotis, niente finestre a nastro, niente facciata libera ecc.)?
Questa svolta esistenziale, il crollo della fiducia nelle potenzialità razionali e nelle rassicuranti certezze delle regole dopo l'immane tragedia della guerra denunciano un cambiamento profondo, dopo il quale "Le Corbusier comprende come l'uomo non sia semplicemente l'essere diurno vagheggiato in precedenza, ma sia altresì depositario di una sfera notturna e indicibile….." (Cesare De Sessa, Le Corbusier e la dissonanza di Ronchamp).
Forse bisognerebbe cogliere anche questo messaggio che LC ci ha trasmesso, cogliere quella rottura linguistica che non ha spiegazioni, che lascerà i suoi seguaci senza codici, senza norme, senza regole (infatti non le sostituirà mai più) e rappresenta un atto di chiara e liberatoria autocritica.

ciao
Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Vero, Vilma. Ma ha avuto più conseguenze "storiche" Ronchamp o il LC di cui parlo io?
Se LC fosse stato SEMPRE quello di Ronchamp avrebbe lasciato tracce così profonde nella società?
Tu lo sai, io non faccio il critico, non ne avrei le capacità e nemmeno l'interesse.
A me interessano le conseguenze sull'oggi, le scorie tuttora evidenti nella cultura architettonica e urbanistica, in fondo anche un atteggiamento "politico" che è, secondo me, deprecabile e con cui ci si scontra in ogni concorso, in ogni convegno, in ogni incontro con architetti, l'ultimo 5 gioni fa in un convegnino nella mia città dove, quegli atteggiamenti (in sedicesimo), sono riemersi chiassosi e arroganti (da parte di alcuni, ovviamente).
Saluti
Piero

Anonimo ha detto...

Una piccola replica Pietro.
Certo, nulla contro le puttane, il mestiere più antico del mondo :-)

Però ecco: ricordare LC solo come "puta" di Stalin e non del Governo di Vichy mi pare parziale. Inoltre: LC non ha costruito in URSS, ma in molti paesi del mondo, e a New York la sede dell'ONU (sebbene il suo progetto sia stato modificato).
Devo dire purtroppo: perchè il suo progetto per la sede del palazzo dei soviet non era niente male. (Concorso a cui parteciparono, praticamente, tutti. Ad esempio, anche Erich Mendelsohn, che invece, in Russia, realizzò ... e che, era una "puta di Stalin" pure lui?)
Dunque, se dobbiamo essere precisi, LC non può essere connotato come "bolscevico" (anzi, se proprio occorre, politicamente appare un antidemocratico più di destra che di sinistra).
Si può discutere a lungo su questo, ma è innegabile. E del resto, alcuni risvolti gnostico-mistici del suo pensiero lo confermano. L'autoritarismo di LC è forse figlio di Platone, ma non certo di Marx.

Questo non per "scolpare" Marx o il comunismo.
Ma per osservare le cose nella loro giusta realtà.

ciao

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro biz, qui ti do completamente ragione.
D'altronde io ho parlato di Stalin per il fatto che quelle frasi di LC si riferivano all'URSS ed anche perché in URSS è più evidente, perché in scala maggiore, l'applicazione del peggio dell'idea urbanistica di LC.
Sinceramente non volevo e non mi interessa proprio fare una graduatoria tra dittature.
E'vero che l'atteggiamento di LC è di tipo platonico mentre Stalin è, per via marxista, figlio (degenere) di Hegel, ed Hegel ha ascendenze platoniche.
Insomma, che differenza c'è?
Laddove lo Stato prevale sul cittadino lì alligna la dittatura.
Non mi interessa proprio portare il discorso all'interno del nostro pollaio politico e so che neanche tu sei particolarmente interessato.
Ciao
Piero

Anonimo ha detto...

Che felicità sentir citato il buon De Sessa. Ottimo critico, peccato scrivi poco. Ad ogni modo, come risuggerisce Biz, Le Corbusier è il più grande architetto del '900, ed il '900 intero è stato un confrontarsi, dialetticamente o meno, con questo gigante. Che sia o no deprecabile questo atteggiamento di assoluta riverenza, da una parte e dell'altra, non è poi così importante "storicamente parlando", dato che sarebbe già entrare nella critica del singolo personaggio in esame. Per Wolfe, io non gli do molto peso storiocritico, dato che ha una visione molto limitata della cosa. Il così detto stile internazionale è il frutto di un malinteso perseguito da un giovane curatore americano affamato di successo e con i mezzi giusti per propagandare le proprie idee. O no?! :)

Pietro Pagliardini ha detto...

Non capisco cosa c'entri De Sessa. Comunque non mi sembra abbia detto che LC è il più grande architetto del '900. Tra l'altro è un tipo di espressione che in genere non adopera.
Ha detto certo che ha caratterizzato il '900, che non si può non fare i conti con lui. Probabilmente lo apprezza anche molto. Ma "il più grande del '900" mi sembra una forzatura del suo pensiero.
Comunque, anche se biz lo avesse detto e/o lo pensasse, io continuerei a pensarla a modo mio e saremmo entrambe felici.
Se la capacità si dovesse valutare con il successo non direi che Tom Wolfe è uno qualsiasi.
Inoltre, parlare di LC in chiave politica non è affatto irrilevante, non appartiene al gossip, non è un'operazione di approfondimento storiografico (che non potrei e saprei fare) ma è dare un giudizio sulle conseguenze che quel pensiero politico ha avuto sulle sue teorie architettoniche, sui risultati che quelle teorie hanno prodotto, sull'influenza (negativa) sulle generazioni di architetti fino a noi.
Poi è chiaro che LC, citato da decenni, mitizzato, divinizzato, simbolo stesso dell'architetto moderno tanto da essere conosciuto anche da chi ha fatto la 5° elementare (pronuncia: Le Curvuasié, tipo cognac), alfa ed omega di ogni libro di storia dell'architettura moderna, guru assoluto, ecc. ecc. non può che suscitare sentimenti forti.
Saluti
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

Scusate, all'inizio del commento precedente manca il soggetto, cioè Biz.
La frase corretta doveva essere:

Non capisco cosa c'entri De Sessa. Comunque Biz non mi sembra abbia detto che LC è il più grande architetto del '900....

Altrimenti attribuisco tutto il discorso ad altra persona mentre è chiaro che rispondo a Emmanuele su Biz.

Scusa
Pietro

Anonimo ha detto...

Non che la cosa abbia importatanza, ma forse dovrei chiarire. Forse Emanuele ha frainteso perchè c'è stato anche un commento, non mio, che lo definiva il più grande architetto del '900. Secondo me invece è F.L. Wright (e ho da sempre una insana passione per Erich Mendelsohn, grande suo ammiratore).

LC però è stato storicamente il più importante. Se vogliamo, la prima "archistar" in senso proprio del termine. La sua importanza deriva dalle sue idee e da come si sono diffuse presso gli architetti, non tanto dal suo lavoro progettuale (comunque, possente e coraggioso, ma con esiti, mi pare, molto raramente davvero felici).

Wolfe mi pare un giornalista e scrittore di talento e avvincente, forte e spiritoso.
Ma di architettura capisce come la zia Cesira. Non che il parere di zia Cesira non ci interessi, però non possiamo affatto limitarci ad esso.

Anonimo ha detto...

Comunque Pietro, scusa se insisto, ma questo argomento è davvero importante.
Ha importanza riconoscere precisamente i semi dell'autoritarismo negativo di LC.
Ha importanza se ha un humus marxiano o di altro genere.
Perchè le ideologie non sono pacchetti preconfezionati, ma specie come vegetali: hanno semi, rami, combinazioni ed incroci.

Ora, che cosa vedo nella ideologia di LC? Ho detto, più figlio di Platone, ma attenzione: ci sono altri semi.
Ad esempio, quella strana ideologia-non ideologia futurista, aggressiva, imperialista, figlia del capitalismo industriale più aggressivo, del darwinismo sociale, ecc.
Certo, anche alcune utopie ottocentesche tendenzialmente liberticide (Fourier, Cabet). E da lì risaliamo ad un certo razionalismo illuminista aberrante: la "machine à habiter", in fondo, è una parente dell'"homme machine" di quel pensatore oscuro che era La Mettrie ( per lui, mi cito qui
http://bizblog.splinder.com/post/13110484/Una+nota+sull%27uomo+macchina )

Quindi, per scoprire gli errori di LC non possiamo limitarci ad una genererica identificazione del suo pensiero con le dittature del '900, ma fare una operazione più radicale ed efficace.
Perchè i suoi semi, non sono scomparsi con le dittature del '900, ma sono ancora attivi, altrove.

Pietro Pagliardini ha detto...

E' certamente importante capire bene le origini delle idee però credo anche che molto appartenga al carattere personale, all'ambiente in cui uno cresce. L'inquadramento nell'ambito di un filone filosofico è, molto spesso, più un bisogno nostro di capire, di classificare, di spiegare meglio ciò che vogliamo dire che non la realtà delle cose.
In questo senso è illuminate l'articolo di De Sessa che consiglio in testa al blog, dopo il suggerimento di Vilma e di Emmanuele: precisione svizzera, religione calvinista, cultura illuminista, come dici giustamente anche te.

L'esito resta sempre lo stesso: l'individuo è sacrificato al gruppo e, soprattutto, alle idee di LC.

Insisti pure con i commenti, non fare complimenti.
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

uff... sempre pigliarsela con lui, col povero charles edouard. mai 'na volta che andiamo a prendersela con ledoux, è tutta sua la colpa se abbiamo sovvertito il Mondo! :-)

Pietro Pagliardini ha detto...

LdS, aspetto un tuo post in cui ci spieghi il perché.
Ora l'hai detto e ti tocca lavorarci.

Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Quando un architetto influenza tanto la storia e l'architettura come ha fatto Le Corbusier vuol dire che in lui c'è molto da imparare e in quel maestro del Movimento Moderno c'era veramente qualcosa in speciale. Non solo per i contributi allo studio degli standard dimensionali e spaziali ma anche per i concetti stessi dell'abitatare che sono diventati oggi una norma universalmente riconosciuta. Ma nessuno è perfetto e se le idee politiche o alcuni aspetti della vita di Le Corbusier non erano condivisibili da qualcuno questo non diminiusce il valore che ha avuto per tutta l'architettura.

Pietro Pagliardini ha detto...

L'ho già detto ma lo ripeto: questo non è il caso in cui il giudizio su un architetto e le sue opere è influenzato dalle idee politiche dello stesso. Questo è l'errore che ha sempre fatto la critica d'architettura moderna, a cominciare da Benevolo nel caso, ad esempio, di Piacentini, che viene sottovalutato proprio perché vicino al regime.
Nel caso di LC e per la parte più teorica, per i suoi incubi urbanistici, teoria e pensiero politico sono la stessa cosa e il fatto che, come dice lei, abbia avuto ed abbia tuttora un'influenza così forte e diffusa, è un'aggravante, non un merito e un esempio da seguire.
Anche comunismo, fascimo e nazismo hanno avuto una grande "influenza" nel secolo scorso ma non è affatto un buon motivo per dire che qualcosa di buono c'era e che bisogna seguirne l'esempio.
Mi spiace ma il giudizio che ne do io è una condanna senza appello.
Ma lei dice: LC è un grande architetto a prescindere. Io non nego che abbia avuto elementi di genialità, che il concetto di abitare contemporaneo abbia origine in lui, ma il fatto è che la maggior parte di questi concetti li ritengo sbagliati per l'abitare.
Punti di vista, evidentemente.
saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Nikos, ti sbagli:
i giovani studenti di architettura sono con te!
(almeno quelli che hanno letto antiarchitettura e demolizione)

Personalmente sto continuando a promuovere il tuo libro tra conoscenti architetti e colleghi.
E non faccio (come sembra) fare PP, che vuol tenere la "conoscenza" tutta per se, avvisando di tue pubbliche conferenze in Italia il giorno dopo l'evento.
(vedere post vecchi per credere)

Grande!

Uno studente

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro studente anonimo, questa storia che io sarei "geloso" è una tua fissa, ormai ricorrente da tempo (avrei dovuto avvisare anche che c'era il convegno URBS2008: sai quanti convegni ci sono in Italia ogni giorno?).

Te lo ripeto (per l'ultima volta): questo non è un blog di servizio.
Certo di non averti convinto neanche questa volta
ti saluto
Pietro

grupposalingaros ha detto...

Allo studente:

Qui si parla di Le Corbusier, non di me. Ciò nonostante, non vorrei più sentire l'accusa falsa contro Pietro, che molto gentilmente tratta ogni volta di aiutare con informazione quando io sono in Italia. È culpa della stampa se non pubblicano rinsegnimenti in tempo per le mie visite. Il mio editore sempre manda tutti i dettagli in anteprima agli giornalisti.

Saluti,
Nikos

Anonimo ha detto...

Caro stuednte,
Pietro non ha certo bisogno di essere difeso da me. Ma a onor del vero ho avuto occasione di incontrare il Prof. Salingaros proprio grazie ad un invito che il buon Pietro aveva pubblicato sul questo Blog e quando gli ho dato notizia di un incontro organizzato qui a Firenze su temi a noi cari Lui non ha esitato a darne notizia.
Detto questo non posso che complimentarmi con te per le tue letture.

Angelo Gueli

Salvatore D'Agostino ha detto...

Pietro,

non credo si possa parlare di Le Corbusier parlando esclusivamente del suo primo periodo e prendendo spunto solo da un libro (F. Tentori).

Invece mi ha incuriosito la passeggiata/lezione a Reggio Calabria di Nikos Salìngaros con Franco Purini e Gianfranco Neri. Sicuramente la libreria in questione era la “PEPO” gestita dal signor Bartolo e come tutte le librerie contiene libri senza scelte ideologiche.
Due considerazioni di Salingaros mi lasciano titubante:
la scarsa considerazione sulle capacità critiche degli studenti (Quanti poveri architetti e studenti vanno a spendere i loro soldi per comprare questa mostruosità? per poi adorarlo come idolo religioso ogni sera, come l'agnello d’oro proibito da Mosè?) classico errore di chi predica il verbo;
(Non volevo rovinare la mia tranquillità e dunque la mia presentazione per queste schifezze di Le Corbusier. Come i vampiri, quando uno crede di averlo dimenticato, che il suo spirito malvagio sia morto, un libro come questo è capace di resuscitarlo di nuovo, per fare nuove vittime.) il disprezzo dell’operato altrui senza spirito critico, classica mentalità di chi cura le proprie idee senza ascoltare.

Mi deve credere sono stanco di queste considerazioni semplicistiche e contro l’idea dell’architettura se lontana dai propri punti di vista.

Chi ama l’architettura non disprezza ma osserva, disegna, progetta nella speranza di costruire.

Ecco una citazione dal quel libro schifoso:

“Il problema attuale è di ritrovare le "condizioni di natura". E la soluzione è il compito più importante di oggi e di domani: la razionale occupazione del suolo, - che è poi la razionale occupazione del globo, - il quale globo è rotondo e continuo!
Eccoci ora posti di fronte a questo grande compito: l'occupazione del suolo per mezzo dei lavori umani. I lavori umani trovano realizzazione nei «Tre Stabilimenti umani» che sono:

1) l'unità di sfruttamento agricolo;

2) la città lineare industriale;

3) la città radiocentrica degli scambi (commercio, idee, governo).

Notate che fin dalle origini non vi furono che due Stabilimenti umani: l'agricoltura e lo scambio e niente per l'industria, perché l'industria non esisteva!!! L'era industriale iniziò cent'anni fa, e fu l'era del caos. La seconda era industriale sarà l'era dell'armonia e sta appena cominciando. Il mondo intero è pronto (aprite occhi e orecchi) e tutte le cose oggi sono fluide. Ciò è vero, poiché la scala umana è di nuovo presa in considerazione.”

Le Corbusier Parigi, da casa, il 27 gennaio 1959.

Domanda a Nikos Salìngaros qual è l’architetto contemporaneo che consiglia di studiare?

Saluti,
Salvatore D’Agostino

Pietro Pagliardini ha detto...

Salvatore, tu dici "Chi ama l'architettura non disprezza".
Leggiti questo testo:
"Si domanda, poi, Pagliardini come mai " in questo mondo dichiaratamente tollerante e relativista dove sono accolte tutte le espressioni umane e tutte le diversità possibili, guarda caso non hanno diritto di asilo idee e progetti come quelli di Lèon Krier (sempre per esempio) che deve trovare un Principe (ironia della sorte) per poter vedere realizzati, con discreto successo, gli esiti di quelle idee e di quei progetti."
Eh già: in questo mondo tollerante e "relativista" (cioè anti-assolutista) tutte le costituzioni dei paesi democratici vietano espressamente di darsi in schiavitù. Che scandalo! Quale grave limitazione alla libertà!
Ricordo un giornalaio fascistissimo. Brava persona. Ogni volta che mi incontrava, mi obiettava:- Tu sei democratico e devi difendere il mio sacrosanto diritto di avversare la libertà. Io, invece, che democratico non sono, ho tutto il diritto di combattere la democrazia con ogni mezzo per poter instaurare una dittatura e vietare a quelli come te di parlare- Regolarmente gli rispondevo sorridendo: - Vitto', cca' nisciun' è fess': democratico si, masochista no! :) -
Il punto è che le democrazie non devono e non possono sottoscrivere, in nome di una male intesa libertà, il proprio suicidio. La tolleranza non è una mole e vile virtù: la tolleranza è combattiva. E le democrazie aborrono e combattono per principio costitutivo le dittature e gli assoluti. Si è liberi a partire da una serie di "no": la libertà assoluta non esiste. E, anzi, questa serve solo a uccidere la libertà. Ogni libertà è "relativa" e storicamente determinata.
Per quanto riguarda gli Aldo Rossi o i Krier, per me potevano benissimo fare a meno di nascere: non avremmo perso nulla. Anzi ... :)"

Questo è uno dei due garbati e tolleranti commenti di risposta ad una mia lettera a Sandro Lazier su Antithesi. Sia chiaro, non è Lazier che scrive queste sciocchezze ma un signore che porta il nome di un filosofo, Cusano.
Vedi, Salvatore, la mia lettera verteva in realtà su un altro argomento che aveva a che fare con la professione e, di sfuggita, ho rimarcato, credo con educazione e serenità, alcune mie convinzioni. La risposta (ripeto non di Lazier) è questa, insieme ad un'altra di pari tenore.
A questo dobbiamo rispondere spesso.

Quanto al testo che tu citi, francamente mi sembra un pò miserino nei contenuti e non fa che confermare il contenuto del post: c'è la solita visione salvifica, e lui è il Salvatore (senza allusioni) che si prende sulle spalle i mali del mondo e, guarda un pò, ce li risolverà!
Peccato che come Messia non abbia visto un granché giusto, dato che prevede: "La seconda era industriale sarà l'era dell'armonia e sta appena cominciando".
Di Salvatore che salva ce ne è uno solo e non è certo LC.

Saluti
Pietro

Master ha detto...

"Chi ama l'architettura non disprezza" ... sono totalmente daccordo con questa affermazione! Troppo spesso sento e leggo di architetti che disprezzano i lavori fatti da altri! Io credo che ognuno di noi abbia qualcosa da esprimere e dobbiamo imparare gli uni dagli altri invece di denigrare i lavori reciproci, ma forse è solo una mia speranza!

Salvatore D'Agostino ha detto...

---> per Master.
Grazie, lo spero anch'io, inoltre mi sembra adolescenziale prendersela sempre con i padri. Prima o poi bisogna crescere.
Leggerò il tuo neoblog.
Saluti,
Salvatore D'Agostino

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