Pietro Pagliardini
Organizzata dal Circolo dei liberi, federato con la Fondazione Magna Carta, si è tenuta a Firenze una conferenza stampa di presentazione della relazione che Nikos Salìngaros ha redatto su richiesta dello stesso Circolo in ordine al progetto della nuova uscita dagli Uffizi, la cosiddetta pensilina di Arata Isozaki.
La relazione completa è disponibile nel sito Artonweb.
Salìngaros è entrato nel merito di quello che lui chiama “telaio monumentale”, svolgendo un’analisi degli elementi costruttivi e compositivi, sulla scorta delle immagini esistenti dello stesso, assai scarse e scarne, in verità, al pari dell’opera stessa che si caratterizza per un linguaggio che Salìngaros definisce “ di estetica industriale”:
“La semplicistica geometria di questa struttura può funzionare soltanto per dare un’impressione monumentale, basata solo sull’impatto della scala dell’oggetto nel suo complesso. La sua mancanza di simmetria è disorientante e inquietante. Disegni più tradizionali (alcuni dei quali asimmetrici) che si ritrovano nei dintorni, operano molto bene nel relazionarsi tra loro attraverso l’uso di una gamma di scale e di simmetrie multiple, del tutto intenzionalmente assenti nell’estetica industriale di quest’ossatura strutturale. “
La semplicistica geometria di cui il relatore scrive non è presente solo alla scala dei rapporti dimensionali del progetto ma anche alla scala più piccola dei singoli elementi costruttivi e nel modo in cui questi si raccordano tra loro:
“I pilastri quadrati sostengono la griglia senza nessuna mediazione intermedia. Il fatto che essi siano quadrati potrebbe non essere un problema purché fosse presente la variante di un architrave, di una base e di un capitello quali elementi utili ad armonizzarsi con il linguaggio delle forme del centro storico. Chiaramente, questa non è l’intenzione del progetto.”
Salìngaros rileva dunque in maniera precisa l’assoluta impossibilità per l’opera di armonizzarsi con il contesto storico fiorentino:
“Le ondulazioni sulla griglia sono evocative dei tetti metallici ondulati, ma qui ingranditi di molte volte. Dato il gran rapporto di scala, questa esplicita “dichiarazione” decorativa di tipo industriale non ha alcuna relazione con la finezza dei tetti Rinascimentali né con le cupole delle costruzioni circostanti.
Omissis.
L’introduzione di un’estetica industriale della macchina in un luogo storico delicato come questo genera conflitti geometrici e, conseguentemente, psicologici. La microstruttura dei materiali industriali non riesce a dialogare in alcun modo con i materiali tradizionali delle strutture circostanti. Le colonne quadrate presentano un’impiallacciatura superficiale di pietra indifferenziata, mentre lo stesso telaio metallico incombe con una scala troppo grande e fuori contesto per riuscire a diventare intimamente parte dello spazio urbano che andrà ad occupare.”
La pensilina è dunque un corpo estraneo alla città, è privo di qualsiasi intenzione di dialogare con gli edifici accanto e con la strada su cui affaccia; sotto l’apparenza della sua leggerezza, il suo gigantismo e la sua geometria elementare sono uno schiaffo a ciò che esiste che la vista fotografica del luogo non rende appieno. Recandosi sul posto ci si può rendere conto di ciò che potrebbe avvenire se fosse effettivamente realizzata l’opera.
C’è una volontà di potenza, di prepotenza, di arroganza e di prevaricazione su ciò che esiste in quel progetto che denuncia una volta di più, se ce ne fosse bisogno, il male di cui soffre l’architettura contemporanea basata sulle firme, sui nomi famosi dello star system e cioè il nichilismo, l’indifferenza, meglio, il disprezzo assoluto per tutto ciò che non sia realizzato da loro stessi che diventa addirittura grottesco e irridente quando si arriva a scrivere nella relazione al progetto, tratta da Casabella che è “stato assunto come modello la Loggia dei Lanzi”.
In effetti l’unica altra spiegazione possibile, oltre al superomismo architettonico, ad una affermazione come questa potrebbe essere l'ignoranza, che a me appare inverosimile perché non occorre essere architetti o storici dell’arte per capire ciò che qualsiasi persona che abbia frequentato la scuola dell’obbligo capisce e vede e cioè che non esiste alcuna relazione possibile tra le due cose se non il fatto che entrambe possiedono una copertura?
Un'affermazione come questa suona come offesa al senso comune, la dimostrazione che il progettista non ha, perlomeno, voluto comprendere il luogo in cui si trovava. E’ vero che ormai scrivere piacevolezze sui propri progetti è diventata una specie di cult per molti architetti, vedi le citazioni leonardesche per il grattacielo curvo di Libeskind a CityLife ma, insomma, qui si rischia di fare la parodia al Fuffas di Crozza.
Mi astengo del tutto dal giudicare gli amministratori e tutti coloro che hanno voluto, e insistono ancora, la realizzazione di questa opera, avendo già detto tutto, e anche di più, Vittorio Sgarbi, presente inaspettatamente alla conferenza stampa.
Il Sindaco di Firenze ha replicato in tv riaffermando la necessità di realizzare quell’opera e ha rilanciato dicendosi favorevole ad un’altra opera "importante" per Firenze presentata ieri di cui parla La Nazione: la cittadella viola, cioè 70-80 ettari di nuovo stadio con annesso museo, alberghi, fitness, commerciale, tanto verde, un’opera importante per la città, Massimiliano Fuksas progettista. 70-80 ettari in un comune che ha pochissimo territorio libero in pianura! Non voglio commentare oltre perché la mia capacità di giudizio è sicuramente offuscata dalla mia assoluta indifferenza, ma direi più sinceramente ostilità, per il calcio e il mondo che vi gira intorno ma certo affermare che una Eurodisney del calcio (la definizione non è mia ma dei giornali) sia un’opera importante per la città di Firenze mi sembra ….azzardato quasi come paragonare la pensilina di Isozaki alla Loggia dei Lanzi.
Ma su questo argomento consiglio vivamente di leggere tutto l’articolo con la spiegazione del progetto. Il riassunto ristretto delle motivazioni è che poiché la Fiorentina non è una squadra che gode di diritti televisivi, per diventare grande deve autofinanziarsi e quindi costruire su 70-80 ettari che, però, saranno progettati dai più grandi architetti, il che evidentemente, ci mette tutti al sicuro e ci fa stare tranquilli.
Il grande architetto (e il calcio, su cui ho già dichiarato la mia non serenità) è dunque la foglia di fico che nasconde le pudenda. Anche per questo, ma non solo, in questo blog si parla di Archistar.
C’è solo da augurarsi che anche le squadre di Pienza, Assisi, Camogli, Gubbio, Modica, San Gimignano, Noto, Portofino, Scicli, Porto Venere , ecc. non abbiano bisogno di autofinanziarsi altrimenti c’è il serio rischio di ritrovarsi quartieri rossi, gialli, verdi, azzurri, bianchi e di tutte le accoppiate accanto a queste città.
Questa parte del post può apparire come poco pertinente con la vicenda Uffizi ma in fondo è solo l’altra faccia della medaglia: da una parte le opere pubbliche, dall’altra quelle private.
A cosa è dedicata la medaglia? Fatevelo dire da Vittorio Sgarbi.
20 settembre 2008
FACCE DI "MODERNITA'"
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Etichette
Alemanno
Alexander
Andrés Duany
Angelo Crespi
Anti-architettura
antico
appartenenza
Ara Pacis
Archistar
Architettura sacra
architettura vernacolare
Archiwatch
arezzo
Asor Rosa
Augé
Aulenti
Autosomiglianza
Avanguardia
Barocco
Bauhaus
Bauman
Bellezza
Benevolo
Betksy
Biennale
Bilbao
bio-architettura
Bontempi
Borromini
Botta
Brunelleschi
Bruno Zevi
Cacciari
Calatrava
Calthorpe
Caniggia
Carta di Atene
Centro storico
cervellati
Cesare Brandi
Christopher Alexander
CIAM
Cina
Ciro Lomonte
Città
Città ideale
città-giardino
CityLife
civitas
concorsi
concorsi architettura
contemporaneità
cultura del progetto
cupola
David Fisher
densificazione
Deridda
Diamanti
Disegno urbano
Dubai
E.M. Mazzola
Eisenmann
EUR
Expo2015
falso storico
Frattali
Fuksas
Galli della Loggia
Gehry
Genius Loci
Gerusalemme
Giovannoni
globalizzazione
grattacielo
Gregotti
Grifoni
Gropius
Guggenheim
Hans Hollein
Hassan Fathy
Herzog
Howard
identità
Il Covile
Isozaki
J.Jacobs
Jean Nouvel
Koolhaas
L.B.Alberti
L'Aquila
La Cecla
Langone
Le Corbusier
Leon krier
Léon Krier
leonardo
Leonardo Ricci
Les Halles
levatrice
Libeskind
Los
Maffei
Mancuso
Marco Romano
Meier
Milano
Modernismo
modernità
moderno
Movimento Moderno
Muratore
Muratori
Musica
MVRDV
Natalini
naturale
New towns
New Urbanism
New York
New York Times
new-town
Nikos Salìngaros
Norman Foster
Novoli
Ouroussoff
paesaggio
Pagano
Palladio
Paolo Marconi
PEEP
periferie
Petruccioli
Piacentini
Picasso
Pincio
Pittura
Platone
Popper
Portoghesi
Poundbury
Prestinenza Puglisi
Principe Carlo
Purini
Quinlan Terry
Referendum
Renzo Piano
restauro
Ricciotti
riconoscibilità
rinascimento
risorse
Robert Adam
Rogers
Ruskin
S.Giedion
Sagrada Familia
Salingaros
Salìngaros
Salzano
Sangallo
Sant'Elia
scienza
Scruton
Severino
sgarbi
sostenibilità
sprawl
Star system
Stefano Boeri
steil
Strade
Tagliaventi
Tentori
Terragni
Tom Wolfe
toscana
Tradizione
Umberto Eco
università
Valadier
Valle
Verdelli
Vilma Torselli
Viollet le Duc
Vitruvio
Wrigth
Zaha Hadid
zonizzazione
11 commenti:
Pensavo di lasciare un commento e per documentarmi meglio ho sfarfallato fra varie pagine del web; nel percorso mi è apparsa una -frase del giorno- che recitava:
"Quando un’opera sembra in anticipo sul suo tempo, è vero invece che il tempo è in ritardo rispetto all’opera. (Jean Cocteau)"
Credo sia vero, la percezione varia col tempo che cambia la cultura; ma la frase non dà giudizi di valore, ovvero lascia intendere che il progresso sia sempre positivo, alzi la mano chi ne è convinto.
Risponderò a questa con un'altra frase che cito a memoria:
"in un mondo dove tutti corrono verso il burrone chi va nella direzione opposta sembra un pazzo"
Alla calata dei barbari si può solo rispondere con la ricostruzione che viene dal proprio piccolo bene, che tutti abbiamo nel cuore, in attesa che l'evidenza si manifesti.
Che dire quando uno è d'accordo!
L'unica cosa, così, tanto per sottilizzare, è che non va confuso il "progresso" con l'architettura o almeno non con la sola architettura.
Certamente l'architettura intesa in questo modo è un regresso. Da barbari, appunto.
Saluti
Pietro
A memmo54. Scusami, vorrei pubblicare il tuo commento, che tra l'altro condivido ma c'è quello scritto tra parentesi che potrebbe crearmi problemi legali.
Mi farebbe molto piacere che tu lo rimandassi togliendo solo la parentesi.
Saluti
Pietro
"sembra in anticipo"
ogi ci appare del tutto ovvio che il procedere del tempo deve comportare un cambiamento, un "progresso" verso qualcosa di meglio.
Può essere, nell'ottica giudaico cristiana, l'avvento del Messia e la salvezza eterna; o posono essere le magnifiche sorti e progressive di cui ogi no è più tato di moda parlare...
ma dove sta scritto che la freccia del tempo è univoca? e, soprattutto, che ne derivano conseguenze culturali e antropologiche ?
Per i Maja il tempo, pare, era ciclico.
E per molte culture (induismo, e forse anche gli antichi greci, e altri) la "fissità" era un concetto positivo.
Fidia, credo, progettò il partenone perchè restasse immutato esempio nei secoli e nei millenni; chi oggi costruisce per andare "oltre", implicitamente annulla e distrugge anche la sua opera.
Bene ha fatto Pagliarini a correggermi; non essendo ferrato in Architettura il mio era il giudizio basato sul buon senso del contadino, che impiega due secondi a capire, fra due case, qual'è la migliore per lui.
Per la filosofia dico solo che, capitandomi di passeggiare per Firenze, mi accadrà di osservare, sedermi, inciampare nella realtà; se qualcuno riuscisse a girare il verso del tempo nell'ultimo caso mi farebbe felice.
caralbas, hai ragione perché tutti, anche i "contadini" riescono a riconoscere l'architettura bella da quella brutta, tant'è che le nostre case coloniche sono in armonia con il paesaggio. Ovviamente nella mia risposta di prima quando ho detto "l'architettura intesa in questo modo" mi riferivo ai sostenitori della pensilina in nome del progresso.
Saluti
Pietro
“….. E giunsero davanti a una strana casetta, fatta tutta di marzapane con ricami di zucchero candito. Il tetto era di cioccolato e la porta di torrone croccante.
Non credendo ai loro occhi, cominciarono a sgranocchiare quel bendiddio……”
Se si escludono quei quattro quadri che stanno agli Uffizi, qualche statua qua e là, una manciata di chiese, poche tombe medicee, un misero battistero ...... Firenze, dopo tutto, si riduce a ben poco e resta misterioso il fatto che sia tra i luoghi più visitati al mondo.
Ma ora c’è per fortuna chi si è preso a cuore le sorti della città: “La famiglia Della Valle è pronta a impegnarsi” dotandola di “uno strumento educativo per i giovani, con un importante ruolo sociale……” .
Leggiadramente sciampato o ricercatamente sciarpato, sempre all’altezza del suo trend elegant-chic, mister Logo, che quando pensa pensa in grande, ha fatto l’uovo.
D’oro.
La Fiorentina appartiene a Firenze, la Fiorentina deve essere in grado di autofinanziare la sua crescita, ergo Firenze deve prestarsi a renderlo possibile: sillogismo elementare, ancorché stiracchiato, beninteso niente soldi, ‘solo’ spazio (un terreno dai sessanta agli ottanta ettari, preferibilmente a Firenze, magari nella parte nord della città), disponibilità, velocità nell’iter burocratico e Firenze avrà finalmente un nuovo stadio, un centro commerciale, cinema, alberghi, palestre, aree a verde, un museo di arte moderna e contemporanea tipo il Guggenheim di Bilbao (che già poteva bastare) e, udite udite, una Eurodisney dedicata al calcio.
Non vedevamo l’ora!
Unanime approvazione dalle autorità comunali, sindaco, assessore allo sport, alla vivibilità, alla pubblica istruzione, che puntualizza: “Ci è stato presentato un progetto ambizioso, innovativo e con caratteri di originalità che sarà utile alla città" .
L’aspirazione, di alto profilo sociale e culturale, è quella di guidare, specie la domenica, orde di famigliole altrimenti incapaci di disporre del loro tempo libero in una idillica città dei balocchi dove passare la mattina al parco, o al centro commerciale, poi vedere la partita nel nuovo stadio, per tornare a casa la sera, con le tasche vuote ma le teste piene (di stupidaggini), dopo che i loro bimbi innocenti avranno realizzato, nell’ordine, che:
- quello della scuola è tempo buttato, assai meglio sarebbe dedicarsi al calcio nella speranza di cadere sotto gli occhi di qualche talent-scout.
- i soldi si guadagnano inserendo piccole tessere di plastica nelle fessure dei bancomat.
- il mondo è in vendita, tutto, per pochi euro (al mese o al giorno o all’ora).
Be', sarà pure il paese dei balocchi, ma qui nessuno è Pinocchio! (o forse sì, bisognerebbe controllare le mutazioni del naso del dott. Della Valle mentre illustra il suo progetto urbanistico-sportivo-umanitario)
Mentre mi raffiguro con un certo sgomento la possibilità che Firenze possa essere ricordata nel mondo per “un intero ’quartiere viola’ “, che oltretutto porterebbe pure sfiga, non posso fare a meno di pensare che aveva ragione lei: " [ ……. ] i grandi sponsor e la cultura che hanno marchiato con i loro logo si sono fusi per creare una terza cultura: un universo autoreferente di persone-marchio, prodotti-marchio e mezzi di comunicazione-marchio." (Naomi Klein, ‘No logo’ 2001).
Vilma
* I virgolettati sono tratti da un articolo apparso su La Nazione del 20 settembre 2008, a firma di Paola Fichera, "Quartiere ‘Viola’ e Eurodisney calcio" Della Valle lancia la Fondazione.
Devo dire che, in un momento in cui a scuola pare che si torni ad insegnare l'educazione civica, spero al posto dell'educazione all'affettività e all'accoglienza, queste due ampiamente comprese nella prima, vi è chi si adegua e propone uno stile di vita civile in nome del calcio. La città viola, cioè la città della Quaresima, senza offesa per i tifosi, infatti dovrà diventare un modello per i giovani: a florentine way of live.
Ma il bello è che il tutto "senza soldi pubblici"! Grazie davvero. Devo dire che un assessore, Gozzini, ha avuto uno scatto d'orgoglio e ha detto che l'operazione non fa onore ai Della Valle. Probabilmente è un amante delle Timberland.
Purtroppo non rimane che il sarcasmo, che è l'arma degli sconfitti ma, in questo momento, tutto è affidato ai fiorentini che devono decidere se vendere la loro città, la loro cittadinanza e anche la loro anima sull'altare del calcio. Staremo a vedere.
NEWS: LEGGO IN QUESTO MOMENTO CHE GOZZINI HA RASSEGNATO LE DIMISSIONI. IL SINDACO HA ACCETTATO.
Evidentemente c'era qualcosa più che le Timberland ma, è chiaro, che la giunta è determinata. Firenze come Orlando.
Saluti
Pietro
ULTIMA ORA 24/09/2036- dalla agenzia GlobeSat
"Firenze vecchia sull'orlo del fallimento. - Dopo il calo di visitatori degli ultimi anni il mantenimento dei monumenti cittadini si è fatto inpossibile. Gli amministratori minacciano di portare i libri in tribunale se il governo non interviene. - Il premier risponde che una cordata di imprenditori locali ha pronto un piano di risanamento, si prevede la vendita di parte degli asset al Louvre e la copertura dei tetti con pannelli solari per il risparmio energetico, i 3.000 esuberi previsti saranno riassorbiti come guardialinee. - Il sindacato dei tranviari contrario ad ogni ipotesi di ridimensionamento. - "sono giorni di tensione per il personale" dice il direttore di un museo "ieri un inserviente ha sbagliato a sistemare le taghette e ora nessuno è più sicuro su chi siano gli autori delle opere" - Da Palazzo Sushi sull'Arno il Ministro di Firenze afferma: "364 senatori provinciali su 400 sono favorevoli alla riqualificazione della parte vecchia, la tecnologia ci permette di trasferire i nostri monumenti sulle colline dove saranno come le perle di una corona alla Nuova Firenze" -
solo per non piangere, mica da pubblicare
Sul nuovo stadio e più in generale sul destino delle periferie c’è da essere molto pessimisti.
Appare già abbastanza difficile difendere, con le poche forze a disposizione, il centro storico da tram e pensiline che, temo, la povera e bistrattata periferia, già passata per le mani dei “pianificatori”, già stravolta da tetti piani, casette a schiera, pilotis, dovrà infine essere sacrificata al demone della modernità.
Spariranno le tenui tracce fin qui pervenute, definitivamente; dopo essere stata per secoli orti e campi rigogliosi; mirabili olmate e pioppeti accuditi da generazioni di mani contadine ed operaie.
Tutto ciò per far posto alle metastasi del grande capitale ed alle dilatate ambizioni di apprendisti stregoni che, a 60 anni suonati, sono ancora lontani del vero significato del “costruire”; di una prassi che, inevitabilmente, coinvolge e trasforma la città-civiltà.
Ottant’anni di “sviluppo insostenibile” non sono evidentemente bastati.
Altro che leggerezza !
Se si riuscirà a tenere lontano Isozaki da Firenze e da Bologna non sarà facile cacciare Fuksas e Piano dalle periferie o tantomeno indurre un pallido ripensamento del citylife di Milano.
I potentati economici che ci sono dietro hanno ovviamente previsto e preparato “tutto” prima (…ça va sans dire… qui risiede gran parte dell’orgoglio di professionisti, di uomini di mondo…) e non si scoraggeranno facilmente: mobiliteranno tutta la fumosa retorica sullo sviluppo e sulla ricchezza; lanceranno “briciole” per monetizzare un disastro, al meno, centenario che richiederà altrettante risorse per sgombrare le rovine.
Poi con schiere di “ascari” e sottopanza inizieranno il lungo “cannoneggiamento mediatico” al termine del quale anche il consenso, o il disinteresse, della popolazione sarà conquistato.
La sproporzione si profila, francamente, eccessiva. Solo a Torino la popolazione s’è organizzata ed inchioda banca e consiglio comunale alle loro responsabilità.
Hanno saputo mobilitare opinione professionisti ed anche la Soprintendenza che al contrario di Roma, ha preso le distanze
Finchè dureranno la costruzione del mostro di cristallo sarà rinviata.
Ma in tutte le altre situazioni solo l’incerto futuro economico potrà scoraggiare simili follie ed indurre la riflessione.
Saluto
P.S. : chiedo scusa, Pietro, per averti messo in difficoltà. Non era mia intenzione. Però troppo spesso siamo portati a sottovalutare il “vero motore” della politica: gli “interessi”.
Posta un commento