E' inevitabile: ogni articolo di Camillo Langone, su IL FOGLIO, che parla di architettura deve essere linkato.
http://www.ilfoglio.it/soloqui/1048
25 settembre 2008
CAMILLO LANGONE: L'ANTICRISTO ABITA AL 53° PIANO
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10 commenti:
Pietro,
grazie non conoscevo Camillo Langone.
Un punto di vista cattoumanista da non trascurare.
Rem Koolhaas sostiene che superata una certa massa critica l'architettura è amorale.
Salvatore D'Agostino
Non ascoltare mai Koolhaas, lui dice tutto e il suo contrario. Forse Langone direbbe che usa le parole come il serpente tentatore con Adamo ed Eva.
saluti
Pietro
Come il suo antenato di milioni di anni fa che per primo si eresse sulle zampe posteriori scoprendo una impensata vastità di orizzonti, così oggi “l’uomo dei piani alti" può spingere lo sguardo su inattese lontananze, via dagli odori e dai rumori del traffico sottostante, fuori dai coni d’ombra delle vicine costruzioni, in un paradiso metropolitano spesso ottenuto a caro prezzo, conquistando luce, sole, silenzio e purezza, sempre più lontano dalla terra.
E lontano dall’humus, il limo nero dove ha radici l’humanitas, e l’humilitas, senza le quali non esisterebbe la società, lontano dal suolo dimenticato, realizzando il sogno di Icaro: volare per andare in alto, per guardare il mondo da una inusuale prospettiva, per giungere dove mai nessuno è arrivato….
“….. Conoscete la leggenda di Ercole e Anteo, il lottatore gigantesco, dalla forza incredibile, finché fosse rimasto coi piedi sulla terra? Ma quando Anteo fu tenuto da Ercole sospeso nel vuoto, senza radici, egli perì facilmente. Se in questa leggenda non c’è un insegnamento per noi di questi tempi, in questa città, oggi, allora vuol dire che sono del tutto pazzo.” (“Fahrenheit 451”, Ray Bradbury, 1953)
Vilma
Vilma,
anche questa volta condivido il tuo punto di vista e le tue letture.
Salvatore D'Agostino
Allora siamo tutti d'accordo! Una volta tanto.
A Icaro si sciolsero le ali e cadde.
Anteo senza radici perì.
La Torre di Babele sappiamo come sia finita: una babele di lingue, dunque l'incomunicabiltà tra gli uomini
Infine, come scrisse il mio collega Rupi molti anni fa: l'uomo al 5° piano non ha più radici.
Potrei solo aggiungere una citazione a memoria di Alexander dai suoi Patterns: l'uomo per sua natura aspira all'altezza, ha il desiderio di scalare. La città deve avere perciò edifici alti ma che su cui si possa salire "a piedi".
Saluti
Piero
---> Credo che Vilma affermi il contrario e quindi non sono/iamo d'accordo.
A proposito di Christopher Alexander e Peter Eisenman trovo interessante il tono di un loro dibattito (stralcio):
C.A.: Lo trovo incomprensibile. Trovo tutto ciò molto irresponsabile. Lo trovo pazzesco. Mi spiace per lui. Ma mi sento anche incredibilmente rabbioso perché sta fottendo il mondo.
(Applausi)
P.E.: Il gruppo si sente rassicurato dagli applausi, ed il bisogno di applaudire mi preoccupa perché sta a significare che la psicologia di massa sta prendendo il sopravvento.
Qualcuno del pubblico: Perché mai gli architetti dovrebbero sentirsi a proprio agio con una cosmologia che non siete neanche sicuri che esista?
P.E.: Perché Chris sente la necessità di sentirsi a proprio agio, e io no? Perché mai sente quest'esigenza di armonia, e io no? Perché considera l'incongruenza come un gesto irresponsabile? E perché sente il dovere di arrabbiarsi? Io non mi arrabbio quando egli sente l'esigenza di armonia. Io mi rendo conto solamente di una diversa concezione.
Qualcuno del pubblico: Non sta fottendo il mondo.
Link: http://www.stefanoborselli.elios.net/scritti/dibattito
_alexander_eisenman.htm
A presto Salvatore D'Agostino
Bello questo gioco: tu sei d'accordo con Vilma, io sono d'accordo con Vilma ma io e te non siamo d'accordo.
Beh, a questo punto spetta a Vilma darci 'interpretazione autentica di sè stessa. Naturalmente può anche non esprimersi e non la potremmo biasimare né io né Salvatore.
Oppure potrebbe esprimersi e lasciarci ancora nel dubbio.
Una volta era Paride che doveva scegliere oggi... è cambiato tutto.
Se ci leggesse Langone ci manderebbe un anatema.
Saluti
Piero
Salvatore, la voglia di scherzare ha prevalso. Adesso ritorno serio.
Conosco quel dibattito tra Alexander e Eisenman proprio dal Covile che è una miniera di vari metalli preziosi.
Quella battuta sulla cosmologia che non si sa nemmeno che esista si commenta da sola. Piuttosto, prima di criticare Alexander sarebbe bene conoscerne bene il pensiero che non è affatto improvvisato come quello di molti decantati architetti famosi. La sua è' un'opera monumentale che purtroppo non è tradotta. Io ho cominciato, con grande fatica causa lingua, a leggere The Nature of Order e dal quel 60% che ho capito (grazie alla sua bella scrittura semplice, immediata e appassionata, ché se l'avesse scritta Eisenman sarebbe sarebbe sceso al 20%)ho intuito la profondità del suo pensiero. Sono inoltre rimasto colpito dai suoi progetti (sul suo sito): è un'architettura senza tempo nel senso che è adatta a qualsiasi tempo perché è fatta per l'uomo. Certo è difficile da accettare per noi architetti che abbiamo il cervello formattato sui periodi, sui movimenti, sugli stili, su una periodizzazione e classificazione dell'architettura. Non a caso Alexander, che è un visionario, in senso positivo, dice che la sua architettura non è adatta a nessun architetto e che una nuova generazione di architetti avrà la possibilità di capire e applicare i suoi principi. Frase forte questa ma non mi sentirei di escludere che ci sia del vero.
Saluti
Piero
Premetto che non ho alcuna intenzione di dare un’interpretazione autentica di Vilma (ardua per la stessa Vilma).
Evito se posso di salire su un aereo, abito in una casa unifamiliare solidamente poggiata su un prato, coltivo aiuole fiorite …. dentro di me, come dentro ciascuno di noi, un Icaro dormiente tiene pronte le sue ali di cera per un volo che probabilmente non spiccherà mai: gli piacerebbe abitare all’ottocentotrentaseiesimo piano di una babelica torre e vedere oltre la finestra vasti orizzonti in attesa di essere esplorati. Mi piace sapere che c’è, anche se lo lascerò dormire, la vita va avanti grazie a ciò che realizziamo e a ciò che non realizzeremo mai, grazie alla soddisfazione dei bisogni e all’insoddisfazione per non averli (ancora o mai) realizzati.
Circa lo scambio di battute Alexander-Eisenmann, pur con tutta l’avversione personale che nutro per i contorti cerebralismi del secondo, mi sentirei di dire qualcosa sulla questione del conflitto tra armonia ed incongruenza, o ordine e disordine, un dualismo che da tempo immemorabile turba le notti di filosofi e pensatori.
La voglia di ordine (o armonia), dato che il disordine fa paura, è alla base di molte civiltà e religioni soprattutto occidentali, compresa quella cristiana, che ha voluto attribuire alla natura leggi e comportamenti rigorosamente predefiniti da un dio onnipotente ed ordinatore, rigorosamente determinista, tuttavia la vita non sarebbe possibile in un universo in perfetto equilibrio, governato da regole rigidamente fissate (e perciò rassicuranti perché note), mentre è possibile in presenza di fenomeni di turbolenza disorganizzata (o incongrua).
Il caos è insomma una dimensione concettuale che accoglie l’imprevisto e lo elabora in modo costruttivo producendo forme organizzate e ordinate (order from noise) tramite un processo di auto-organizzazione, non deterministico, comprensivo di equilibrio e disequilibrio, ordine e disordine.
Non serve quindi un intervento ordinatore dall’esterno, un sistema auto-organizzato evolve spontaneamente verso una forma organizzata (e quindi ‘ordinata’).
Questo spunto brutalmente sintetico mi induce a dire che, forse, nel periodo attuale ciò che emerge è il ‘bisogno’ di disordine, di disequilibrio, e non di una pacificante omologazione nel nome di un ordine rassicurante, prevedibile e condiviso.
L’auto-progetto e lo sviluppo evolutivo di una società e di una città nuove forse passa anche attraverso il disordine delle forme sbilenche del decostruttivismo o le teorie della cervellotica cosmologia di Eisenmann.
A questo punto sono certa che non siamo tutti d'accordo!
Vilma
ps: lamento, in questo blog, l'esiguità delle quote rosa.
Effettivamente, Vilma, non siamo tutti del tutto d’accordo.
Questa volta farò anch’io una citazione: “L’utopia se ne sta all’orizzonte e non si lascia raggiungere, tu camini dieci passi più in là, e allora a cosa serve l’utopia? A questo serve, a camminare.” No, non è di un filosofo né di un grande letterato è di Walter Veltroni, raccattata proprio all’ora di pranzo sul giornale. E con questa ho in parte riparato alla esiguità delle quote rosa. Ma non voglio essere inutilmente sarcastico perché, in fondo, non è neanche male quella frase. Solo che il cammino, senza un obbiettivo, è solo vuota fatica.
Mi piace più il cammino di Cormac McCarthy supportato dalla certezza di “possedere il fuoco”, cioè di avere certezze, di avere uno scopo. In un mondo di morte e solitudine padre e figlio lottano per ritrovare un ordine. E con questo ho tirato fuori la mia quota maschile. La ricerca senza obbiettivo si avvicina all’inconcludenza. Non vorrei insistere troppo su Walter.
Credo di averlo scritto dieci volte: se la società ci appare disordinata perché accondiscenderla cercando il disordine?
L’architettura è ordine e armonia. Chi è che fa architettura? L’uomo, che ha dimostrato ampiamente di essere capace di creare ordine e armonia. Fino a quando non c’è stato un disegno imposto dall’alto alla città questa è cresciuta armoniosa. Nel momento in cui le scelte vengono fatte da pochi in base a teorie di carattere sociologico, in base ad una ideologia vincente, è stato imposto un canone di disordine. Spetta a noi fare sì che si riaffermino quelle precedenti non più come “coscienza spontanea” ma come scelta critica.
In fondo è come una competizione politica: non è mica detto che debba sempre vincere la destra o la sinistra.
Saluti
Piero
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