Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


6 maggio 2011

NOI PER LO ZEN

Il 5 maggio si è tenuta a Palermo la conferenza di Ettore Maria Mazzola sullo Zen, organizzata da Ciro Lomonte.
La conferenza ha ottenuto un successo straordinario, commentata e apprezzata da quotidiani e blog. Molti partecipanti e aderenti si sono autotassati per contribuire alle spese del progetto.
Chi volesse ulteriori notizie può cercare su facebook il Gruppo aperto "Noi per lo Zen", oppure seguire questo link:
http://www.facebook.com/home.php?sk=group_184784378235271&ap=1
Di seguito il testo dell'intervento di Ciro Lomonte:

Il colonialismo politico e finanziario è un cavallo di battaglia di Antonio Piraino.
A me preme sottolineare un’altra questione: la colonizzazione architettonica. Risulta paradossale che la Sicilia abbia prodotto un’arte con forti connotati locali, di grande originalità, mentre era governata da dominazioni straniere. Edoardo Caracciolo definiva “contaminazioni” alcune di queste peculiarità siciliane, ma in generale sono qualcosa di più: sono una serie di linguaggi nuovi e spesso unici.
Dopo essere stata “liberata” (si fa per dire) da Garibaldi e dai Savoia, all’Isola sono stati imposti modelli estranei alla sua tradizione e alla sua natura. Dal Piano Regolatore del 1877 in poi possiamo fare tanti esempi di colonialismo architettonico. Non dimentichiamo che il PRG del 1962 è stato il primo dell’Italia post bellica, sulla base della LUN del 1942. Lo zoning, i retini grafici che definivano le aree da costruire nella città, ritagliando indiscriminatamente, per es., i firriati delle ville di Piana dei Colli, sono un modello accademico che i professori della nostra Facoltà di Architettura hanno preso da fuori. Vito Ciancimino non ha fatto altro che sfruttarlo al meglio per i propri interessi.

Noi dobbiamo e possiamo reagire ad una colonizzazione di tal fatta, nell’urbanistica e nell’architettura. Anche per questo è consolante la crescita delle adesioni a questo nostro progetto: è – in embrione – la rivendicazione di una identità. Del resto il Gruppo Salingaros, di cui fa parte il prof. Mazzola (e di cui mi fregio di far parte anch’io), attribuisce un valore notevole al coinvolgimento dei non specialisti di architettura nella progettazione dei luoghi in cui andranno a vivere e sui quali pertanto hanno pieno diritto di esprimere un parere. Abbiamo persino ipotizzato che negli stessi concorsi di architettura la giuria sia composta dai cittadini che, a vario titolo, hanno un legame con quell’edificio o quel brano di città.
Palermo è una metropoli strana rispetto alle altre quattro italiane: è nata da un’immigrazione interna, proveniente dalle aree agricole della stessa Isola e indotta dalla creazione nel dopoguerra dell’apparato amministrativo della Regione Siciliana, a fronte di una consistente emigrazione delle migliori menti della città verso il nord Italia o verso l’estero. Le altre metropoli italiane non sono così: hanno potuto difendere la propria identità e trasmetterla ai nuovi arrivati perché hanno mantenuto un consistente nucleo di cittadini originari del luogo (penso in particolare a Milano e Torino, oltre che a Roma).
Palermo ha riscoperto il proprio centro storico negli anni Ottanta. Il recupero di quella parte della nostra città (di cui però non condivido la filosofia estetizzante, che ne ha favorito indirettamente la trasformazione in un mosaico di ristoranti e di pub) ha tuttavia generato un nuovo spirito di appartenenza.
Comprendere lo scempio delle periferie, visitarle (molti non le conoscono neppure), rivisitarle da un punto di vista strategico, è un ulteriore passo avanti in questo sviluppo di una coscienza dell’essere palermitani. È un segnale forte, è un fattore di speranza.
Un amico mi faceva notare che i palermitani hanno un cuore grande, si entusiasmano solo quando si lanciano in imprese audaci. Imprese che abbiano un carattere di esperienza universale. Altrimenti si immalinconiscono, come avviene tutte le volte che si chiudono nella gestione – per caste chiuse – di affari che denotano un deprecabile provincialismo. Di fatto in questa città si respira da tempo un disincanto, una sfiducia, una tristezza che è causa di intensa sofferenza. Questa è la ragione per cui rimango colpito dalla vostra partecipazione di oggi, dal contributo anche economico di molti, che mi fa dire:
"Sono orgoglioso di essere siciliano!"

Ciro Lomonte
(intervento al convegno del 5 maggio 2011)

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