Ho ricevuto una mail che mi segnala questo sito sulle volte a stella e volentieri lo rilancio, come già ha fatto il prof. Giorgio Muratore su Archiwtach.
Ogni opportunità è buona per valorizzare un mestiere tradizionale:
VOLTE A STELLA
29 aprile 2012
VOLTE A STELLA
19 aprile 2012
GRATTACIELI A ROMA: I VIDEO
Si è svolto a Roma il 13 aprile un incontro per discutere sulla proposta di Alemanno di individuare aree per costruire i grattacieli. Erano presenti tra gli altri: Paolo Portoghesi, Oreste Rutigliano, Vittorio Sgarbi, Amedeo Schiattarella, Ettore Maria Mazzola, Giorgio Muratore, Franco Purini. Alcuni di essi fanno parte della "commissione grattacieli" voluta dal Sindaco di Roma.
Non ero presente quindi mi limiterò ad allegare i video che al momento sono disponibili in rete. Anche l'ordine cronologico non so se corrisponda, ma non ritengo sia molto importante. Purtroppo il video di E.M. Mazzola è stato girato senza inquadrare le slides che venivano da lui illustrate.
Mi risultano oscure e molto estemporanee le motivazioni che possano spingere un sindaco di una qualsiasi città, a maggior ragione di Roma, a decidere di istituire una "commissione grattacieli" per individuare aree adatte a tale tipologia.
Soprassedendo sull'anacronismo, sulla non sostenibilità ambientale, sulla pericolosità, sulla estraneità di tale tipo rispetto alla realtà italiana, è incomprensibile e profondamente sbagliata l'idea stessa di immaginare zone adatte ai grattacieli perchè è un modo diverso di perpetrare una zonizzazione, che in questo caso è tipologica, creando "isole" specializzate destinate a diventare nuove periferie alternative e diverse rispetto alla città. Uno sprawl verticale in sostanza.
Aggiungo, con un misto di amarezza e sadismo, che probabilmente il "combinato disposto" di IMU e rivalutazione triennale del valore degli immobili sarà l'ostacolo che riuscirà a fermare questa sciagurata operazione.
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17 aprile 2012
NOI PER LO ZEN: IL PROGETTO
Il video della presentazione a Palermo del progetto del Prof. Arch. Ettore Maria Mazzola per il Borgo San Filippo Neri in luogo dell'attuale Zen
12 aprile 2012
ZEN-CORVIALE: UNA COINCIDENZA
Guardo il TG2 delle 20,30, l’unico TG decente che riesco a seguire per intero e che si adatta ai miei orari.
C’è un servizio sulle periferie di Milano (Quarto Oggiaro), Roma (Corviale), Napoli (Ponticelli).
Interviste agli abitanti più giovani per conoscere le speranze per il loro futuro. Non mi fido quasi mai di queste interviste, conosciamo tutti il clichè delle interviste TV al mercato (è aumentato tutto….), in spiaggia (tanto sole dopo l’inverno…), all’uscita degli esami di maturità (era difficile, speriamo bene…), ecc., la sagra dell’ovvietà, però un piccolo e impressionistico spaccato di umanità delusa e senza grandi speranze nel futuro nel servizio esce fuori.
A Napoli mi ha colpito l’intervista ad un padre Comboniano che adesso opera nel quartiere. Mi colpisce che un sacerdote dica che non c’è speranza e penso, mentre mangio, che forse farebbe meglio ad appendere al chiodo la tonaca e a cambiare mestiere. Poi, a fine pasto, ci ripenso: forse si è espresso male, forse voleva dire qualcos’altro. Si vede che le mie impressioni oscillano in base alla fame o alla sazietà.
Le immagini di Corviale, non della località ma proprio del serpentone sono devastanti, il degrado è inimmaginabile, il vuoto dei corridoi è assoluto, la porta che si apre sulle scale mostra spazi disumani, come salire in un locale impianti.
Le frasi introduttive del giornalista in studio sono ambivalenti: “il serpentone figlio dell’ideologia anni ‘70” non posso non condividerlo perché è vero, poi conclude con la speranza per i giovani riposta nello sport (almeno lui ce l’ha la speranza, a differenza del sacerdote), nel senso di una squadra di rugby che, con la sua disciplina, possa fornire valori a quei ragazzi costretti a vivere in quel malvagio sogno utopico. Ambivalente perchè se è vero che lo sport, come altre iniziative capaci di dare il senso di appartenere ad una comunità civile, è sicuramente utile, è altrettanto vero che quello stesso sport lo si potrebbe ugualmente svolgere, come avviene in centinaia di altre situazioni, senza essere costretti a fine allenamenti a dover rientrare in quel disumano edificio. Lo sport quindi come cura ad un malessere causato proprio dall’ambiente costruito. La miglior cura sarebbe stata però la prevenzione (mai luogo comune è risultato più vero), cioè non averlo costruito in quel modo.
Dopo cena salgo al computer, guardo la posta e trovo dall’amico Ciro Lomonte una mail con un link al Corriere del Mezzogiorno che annuncia oggi pomeriggio alle 15,00 la presentazione a Palermo del progetto di Ettore Maria Mazzola per il Borgo San Filippo Neri al posto dello Zen, quello di Gregotti, Purini & C.
Leggo con piacere che saranno presenti molti candidati alla carica di Sindaco e pure i rappresentanti degli imprenditori. Non dubito che apprezzeranno, non fosse altro perché hanno bisogno di consenso. Non intendo con questo minimamente sminuire il progetto dell’amico Mazzola, ma il fatto è che conosciamo tutti i nostri politici e in fondo i politici di tutto il mondo: quando c’è da prendere voti non badano a spese. Tuttavia è un segnale di attenzione, vuol dire che riconoscono un problema, sanno anche che non è un progetto di restauro e se si muoveranno vuol dire che hanno la percezione che c’è da ottenere consenso popolare. Questo, per me che sono considerato populista e che vado orgoglioso di questo appellativo quando chi me lo appiccica è qualche elitario scarsamente democratico, rappresenta la certezza di un sentiment diffuso contro quell’insediamento.
Non dubito nemmeno che il progetto creerà due partiti fieramente opposti, come è giusto che sia.
Da una parte i sostenitori dell’iniziativa, e questo è ovvio, ma credo con un largo seguito popolare, e questo sarebbe estremamente positivo, almeno per un populista come me.
Dall’altra una parte del mondo della cultura, specie architetti, alcuni in buona fede, i più per pura ideologia, per abitudini consolidate, come dice Ciro Lomonte nell’articolo, per un pregiudizio di appartenenza al gruppo della figliolanza di Gregotti.
Poi ci sono gli imprenditori. Beh, loro sono importanti, anzi fondamentali, ma è sicuro e normale che giudicheranno in base al loro interesse imprenditoriale, quindi dovranno essere i numeri a convincerli, oltre alla vendibilità del progetto, al suo appeal. Certo, i tempi non sono proprio quelli adatti agli investimenti.
Comunque vada, che le mie previsioni siano giuste o sbagliate, quello di cui sono sicuro è, anche dopo aver visto quelle immagini del Corviale, che tutte le opinioni possono essere rispettabili, ad eccezione di quella di mantenere una testimonianza storica di un periodo. E’ un lusso che non ci possiamo né dobbiamo permettere sulle spalle e sui dolori degli altri. Per essere autorizzati solo a pensarlo, a prescindere dal fatto che l’operazione possa o meno prendere avvio, è necessario che si assumano in prima persona l’impegno solenne di andarci a vivere, cioè abitare, lavorare, divertirsi, tanto per rimanere in tema. Viceversa, tacciano e tornino a rimirarsi il proprio ombellico.
PS
Ancora non ho informazioni su come si sia svolto l’incontro. Immagino che domani troveremo notizie e comunque mi saranno comunicate.
7 aprile 2012
4 aprile 2012
UTOPIE
“La città contemporanea è diversa da tutte le città del passato. L’industria e i trasporti meccanici hanno provocato una trasformazione, mentre l’incapacità di prevedere gli effetti di questi nuovi mezzi ha permesso alla città di espandersi in modo abnorme che ne è risultata una condizione di caos. I pericoli del traffico , il rumore, l’inquinamento dell’aria, le aree degradate aumentano continuamente e, con essi, aumenta il pericolo per la salute e la vita dell’uomo. E’ strano pensare che lo straordinario progresso della tecnologia non ha fatto altro che distruggere la città: tuttavia non bisogna rifiutare il progresso tecnologico in quanto tale. La causa reale è l’incapacità della città di adeguarsi al processo di sviluppo tecnologico.
La città, costruita per i pedoni, non ha saputo adattarsi alle esigenze delle civiltà motorizzate; e questa incapacità è messa in evidenza dalle innumerevoli indagini e statistiche sul traffico, gli incidenti, la congestione, le aree degradate, le abitazioni, le malattie, i crimini. Ma la città appare ancora incapace di invertire il suo corso disastroso.
Le limitazioni di traffico e di parcheggio, l’eliminazione delle esalazioni nocive, la ristrutturazione delle zone degradate e altre misure sono solo palliativi, che non possono risolvere in alcun modo il problema che stiamo affrontando, il quale riguarda l’intera città. La sua soluzione riguarda la riorganizzazione delle parti costitutive della città stessa e la capacità di collegarle in modo razionale; richiede , inoltre, l’integrazione della città con i suoi immediati dintorni.
Il sistema di strade e lotti secondo cui sono costruite le nostre città è vecchio quanto la storia, e forse, addirittura, anche più.
La sua funzione è sempre stata la stessa: raggruppare le case in blocchi e collegare questi con le altri parti della città per mezzo di una rete viaria. Questo sistema ha funzionato relativamente bene fin quando è comparsa l’automobile che lo ha reso inattuale e pericoloso. La velocità dell’automobile ci spinge a sostituite quell’impianto con uno che elimini, per quanto possibile, gl’incroci di strade, che costituiscono un attentato alla vita.
Ciò significa che dobbiamo sostituire l’antico sistema a griglia, o a lotti, con un elemento nuovo, una nuova unità di insediamento, la cui struttura possa risolvere, in termini generali, i problemi di tutte le diverse zone della città e delle loro interrelazioni: dovrebbe dai luogo a un’espansione urbana libera e senza ostacoli creando una struttura adeguata a una sana esistenza della comunità.
Le aree residenziali, quelle di lavoro e quelle per il tempo libero sono gli elementi principali di ogni città. Il problema consiste nell’organizzare ogni area secondo la funzione alla quale è destinata, nel dare a ciascuna la propria collocazione rispetto alle altre aree e a tutto l’insieme, in modo che nessuna possa influenzare negativamente l’altra. Se si rispettano tutte queste condizioni, si avrà come risultato un’unità perfettamente funzionale in cui la distanza fra diverse zone sia tale da rendere minima o eliminare l’esigenza di trasporti meccanizzati a livello locale”.
Chi scrive è Ludwig Hilberseimer, in La natura delle città, Il Saggiatore, 1969, prima edizione negli USA del 1955. Si tratta dell’inizio del 3° capitolo “Problemi di pianificazione”, mentre i primi due titolano ”Origine, crescita e declino” e “Modello e forma”.
Il testo continua con la descrizione, piuttosto precisa, del tipo di insediamento “ideale” che risponda ai requisiti generali sopra esposti. Viene chiamato “unità di insediamento”, ogni funzione è separata dalle altre e la viabilità è gerarchizzata in modo tale che all’interno della aree residenziali non possano entrare auto.
La prima osservazione è che il libro sembra scritto da due persone diverse: nei primi due capitoli si analizzano molte città del passato e del presente, con competenza e sensibilità, sapendone cogliere gli aspetti concreti e quelli simbolici e anzi attribuendo a questi una grande importanza nella forma e nella crescita della città, e vi si trovano frasi di questo genere:
“L’architettura di una città è un’architettura che implica non i singoli edifici o gruppi di edifici, ma tutto il complesso che costituisce la città stessa; la relazione mutua tra le sue parti e quella fra ciascuna parte e la città nel suo insieme. Il suo obiettivo è l’uso creativo degli elementi materiali della città; il suo scopo è il raggiungimento di un odine visivo adeguato all’ordine fisico della città”.
E poi:
“I materiali dell’architettura della città sono il luogo della città e la sua topografia, gli edifici della città, e gli spazi interni ed esterni ad essa”.
Non solo: il secondo capitolo, come scritto in Prefazione “si occupa dei modelli organizzativi e della forma della città, analizza i due sistemi di pianificazione, geometrico e organico”, che determinano il tipo, l’architettura e il paesaggio urbano”. Il fatto singolare è che l’autore attribuisce al modello organico, quello cioè che asseconda la morfologia del terreno e la natura e “prende in considerazione necessità e funzione” - mentre quella geometrica è pianificata in base ad un’idea generale preesistente al luogo - la sua preferenza, anche di tipo politico e sociale:
“Castellazzo (insediamento geometrico) e Galstonbury (insediamento organico) rappresentano, a un livello primitivo, i due tipi universali di città: la città autocratica e la città libera, che sono rintracciabili in tutte le epoche”.
Niente è più geometrico, ideale e autocratico della città verticale e di quella che è stata prodotta dal libro, vale a dire Lafayette Park a Detroit.
Colpisce, inoltre, il fatto che la lettura del brano in testa potrebbe trovarsi in un qualsiasi testo contemporaneo, in un blog, in un articolo di giornale: traffico, inquinamento, limitazioni alla circolazione, criminalità, incidenti; sono passati sessanta anni e i problemi sembrano essere sempre gli stessi, evidentemente irrisolti. Non solo: Hilberseimer è convinto della relazione esistente tra degrado urbano e criminalità, cioè del rapporto diretto tra qualità della città e comportamenti sociali e individuali.
Nonostante tutto questo “L’idea chiave che sottintende l’urbanistica progressista è quella della modernità”(1). “Non meno che dall’ambiente, la pianta della città progressista risulta indipendente dalle coercizioni della tradizione culturale. […] La preoccupazione di efficienza si manifesta subito con l’importanza accordata al problema della salute e dell’igiene. L’ossessione dell’igiene si polarizza intorno alle nozioni di sole e di verde. […] La conseguenza più importante sarà l’abolizione della strada […] [e] la costruzione in altezza, per sostituire alla continuità dei vecchi edifici bassi, un numero ridotto di unità […] verticali. […]”.(2)
Hilberseimer non sfugge a questa legge e vi sono infatti ampie parti del libro che trattano di salute e igiene. Soprattutto è l’automobile il feticcio intorno a cui ruotano tutte le scelte: tenere lontano le auto dalle residenze ma senza perdere i vantaggi alla mobilità derivanti dalla esistenza di questo mezzo. Effettuando una separazione e gerarchizzazione di strade carrabili in principali e secondarie, e in strade pedonali, si consolida il modello dello zoning, della città separata per funzioni diverse. Che sia la città verticale, precedente a La natura delle città, o quello orizzontale di Lafayette Park a Detroit, il modello è concettualmente lo stesso: tutto è separato e funzionalizzato, e anche la separazione dei percorsi si colloca entro questo schema e contribuisce alla costruzione di una città dissociata in parti.
La logica è quindi sempre la stessa, e il programma di Hilberseimer è sempre lo stesso, come scrive nella parte di testo ad inizio post:
“Il sistema di strade e lotti secondo cui sono costruite le nostre città è vecchio quanto la storia, e forse, addirittura, anche più. La sua funzione è sempre stata la stessa: raggruppare le case in blocchi e collegare questi con le altri parti della città per mezzo di una rete viaria”; la fine della strada, della rue corridor, determina la fine della città tradizionale, senza aver portato però alcun beneficio alla città e alla soluzione del problema traffico, passati ormai sessant’anni.
Oggi c’è il rischio che il tema si ponga in maniera speculare a quella di allora: una città pedonalizzata e/o ciclabile dove l’auto non è più il simbolo della modernità ma è considerata il dramma della modernità. A me sembrano due facce della stessa medaglia che ha nome “utopia”.
Prima si è preteso di andare contro la storia della città e a favore dell’auto, adesso contro l’auto ma a favore della città; credo che sia un errore, un’illusione, nonostante la benzina a due euro. Ritengo la mobilità individuale un valore di libertà e immaginare di progettare paradisi urbani senza auto può portare a progetti che, sperando in un futuro luminoso senza auto, di fatto ripropongono un disegno della città utopico e astratto e comunque non necessariamente valido sempre. Si rischia cioè di costruire una “macchina” urbana, esattamente come è accaduto prima, non un “organismo” urbano, il quale invece sa reagire alle mutazioni di abitudini e alla società che cambia e si evolve.
Le strade sono le arterie e le vene attraverso cui scorre al linfa vitale della città, attraverso cui la città è permeabile in ogni sua parte e che consentono libertà di scelta tra più alternative possibili e restano l’elemento fondamentale, la struttura portante della città, a prescindere cioè dall’uso e dalla regolamentazione che se ne può fare e che può essere suscettibile di cambiamenti nel tempo. Modificare profondamente l’impostazione della forma urbana avendo in mente solo l’uso o solo il non uso dell’auto significa precludere alla città la possibilità di modificarsi nel tempo, affidandosi ad una predizione del futuro e quindi ad un'alta probabilità di sbagliare. Impostare la città su una ideologia o pregiudizio pro o contro l’auto è comunque una forma di utopia. Io credo che sia più corretto dare per scontato l’esistenza del mezzo auto, prescindendo dal giudizio di merito, o peggio dalle crociate, in modo tale che siano possibili le due opzioni:
- la convivenza pedone-auto, quella che di fatto avviene oggi, ma in maniera caotica e non regolamentata;
- la possibilità di chiudere al traffico determinate strade con la semplice regolamentazione, che non è di competenza del progettista, ma appartiene alla fase gestionale.
La terza non va presa in considerazione, perché è quella delle autostrade urbane, quella di Hilberseimer, che non solo è anti-urbana, ma ha dimostrato di non funzionare.
1) Choay F., La città. Utopie e realtà, Einaudi, Torino, 1973.
2) Choay F., Op. cit.
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2 aprile 2012
ARE THESE THE UGLIEST BUILDINGS IN THE WORD?
Io ci aggiungerei anche questo:
Koolhaas, Delirious in Beijing
e questo:
Royal Ontario Museum
e questo......... Leggi tutto...
1 aprile 2012
TOGLIETEMI TUTTO... MA NON IL CORVIALE
Toglietemi tutto … ma non il Corviale
L’ultima presa per i fondelli necessaria a tenere in vita un mostro urbano del quale si è fatta una fonte di reddito a spese dei residenti
di
Ettore Maria Mazzola
Introduzione – Breve riassunto della storia recente di Corviale
In questi anni politici e politicanti, con l’ausilio di architetti e docenti universitari fondamentalisti del “modernismo”, si sono spinti ad ipotizzare le soluzioni più stravaganti e discutibili pur di scongiurare l’abbattimento a furor di popolo dell’orribile complesso di case popolari di Corviale.
Si iniziò con l’assurda pretesa di regolarizzare gli alloggi (ma anche studi medici, uffici e sedi di tutti i partiti politici!!!) realizzati abusivamente al 4° piano(1) spacciando questo intervento come un’opera di “riqualificazione” del complesso … ovviamente, da questa milionaria “regolarizzazione” a spese pubbliche, gli unici che trarrebbero beneficio sarebbero gli occupanti abusivi piuttosto che il resto dei residenti, che continuerebbe a vivere nello squallore impostogli dai creatori di cotanta bruttezza!
Nel frattempo, facendo forza su un video demagogico che promuove le potenzialità e la presunta bellezza del “Quadrante di Corviale” – video che mostra le immagini del lontano Buon Pastore di Brasini e/o della campagna romana, piuttosto che lo squallore senza precedenti del complesso edilizio in questione, alcuni personaggi – rigorosamente non residenti a Corviale – legati al mondo politico e accademico romano, personaggi che hanno fatto di Corviale la propria fonte di reddito a vita attingendo a fondi di ogni tipo, iniziarono a promuovere altre ipotesi di “riqualificazione”, combattendo in maniera subdola l’ipotesi di demolizione e ricostruzione a scala umana del complesso, ipotesi che era stata richiesta a gran voce dai residenti in occasione di una sorta di referendum, organizzato all’epoca del commissariamento dello IACP, che portò alla conferenza “Rigenera Corviale” tenutasi presso la Sala dello Stenditoio del San Michele a Ripa nel dicembre del 2001.
Personalmente, a titolo gratuito e semplicemente a scopo dimostrativo, ho sviluppato una proposta di sostituzione graduale dell’edificato, proposta che, oltre a portare un miglioramento della qualità della vita dei residenti, servirebbe a creare tanti posti di lavoro, e porterebbe tanti soldi nelle casse dell’ATER, denaro che potrebbe essere riutilizzato per sanare altre situazioni di degrado. Questo progetto, inaspettatamente, è anche stato premiato, il premio verrà consegnato il 20 maggio p.v. a Portland nell’Oregon in occasione del 49th International Making Cities Livable, come miglior modello di “rigenerazione urbana” a scala mondiale … ma Roma nicchia.
Sfortuna vuole, che il progetto sia stato preso a cuore dall’assessore Buontempo, facendo sì che venisse interpretato dai dubbi personaggi di cui sopra, come un progetto politico afferente alla destra … indipendentemente dal fatto che il sottoscritto e il Gruppo Salìngaros (all’interno del quale il progetto è stato concepito) risultino assolutamente estranei a qualsivoglia partito o schieramento politico e lo abbiano apertamente dichiarato più volte.
Così, si è assistito ad indegne conferenze, come quella tenutasi nel dicembre 2010 presso il Mitreo Iside di Corviale. In quella occasione, senza possibilità di replica (almeno così speravano) personaggi come Mario Di Carlo, Gianni Paris ed Esterino Montino, moderati da Pino Galeota, attaccarono l’assessore Buontempo, reo di aver bloccato i finanziamenti per realizzare una serie di opere inutili, dopo essersi fatto abbindolare da una serie di “architetti azzeccagarbugli” che gli avevano fatto credere possibile l’operazione di sostituzione edilizia. Ecco che il progetto di rigenerazione del Corviale venne bollato come fascista.
Purtroppo, dal canto suo anche l’assessore Buontempo aveva commesso l’errore di bollare l’attuale Corviale come sovietico, ignorando che il fatto che il progetto di Fiorentino – benché realizzato in un periodo in cui la cultura dominante risultava essere “di sinistra” – appartiene alla cultura modernista figlia dell’ideologia di Le Corbusier e dei suoi seguaci. Le Corbusier nella sua vita provò peraltro a legarsi con tutti i dittatori del mondo, da Hitler a Mussolini a Lenin, pur di promuovere le sue folli visioni urbanistiche basate sulla spersonalizzazione degli esseri umani e la promozione degli interessi privati a discapito del popolo, ma questo non si dice!
Purtroppo per i relatori di quella conferenza, io ero presente e, invitato da Pino Galeota ad intervenire dal palco invece che dalla platea, potetti sbugiardare i relatori davanti agli astanti. Il pubblico mi ringraziò a lungo per avergli aperto gli occhi … quella sera mi fu davvero difficile riuscire a tornare a casa, a causa dell’incredibile manifestazione di affetto e di interesse a saperne di più da parte di decine e decine di “corvialesi”, inclusi “quelli del 4° piano”, che mi trattennero a parlare fino a tardi.
Il giorno dopo ricevetti una telefonata da parte di Fabio Carosi, un giornalista del giornale on-line “Affari Italiani”, il quale mi chiese di intervistarmi presso il Corviale (questo è il link al breve video http://www.youtube.com/watch?v=hnIrk1zXWRI) … aveva saputo del mio intervento presso il Mitreo Iside e, a telecamera spenta mi chiese: “ma lei con chi sta?” … anch’egli era convinto della matrice politica dietro il progetto. Tuttavia, ben presto comprese che non v’era alcun interesse, al di là di quello di voler migliorare le condizioni di vita dei residenti. Al termine dell’intervista, con mia grande soddisfazione, disse: “non capisco … vedo che lei è una persona calma e molto ragionevole, mi avevano detto ben altro dopo il suo intervento al Mitreo!”
Intanto Pino Galeota, sapendo che stavamo cercando di organizzare un convegno su Corviale e sulle periferie romane, disse di voler ospitare il mio progetto in una mostra convegno che avrebbe dovuto raccontare, liberi da ogni ideologia, tutta la vera storia delle proposte sviluppatesi negli anni per risolvere il problema Corviale.
… Ovviamente, Pino Galeota s’è “dimenticato” di questa promessa, e a quell’evento ha mostrato tutto tranne che i nostri progetti di rigenerazione(2)… evidentemente le nostre proposte risultavano troppo distanti dalle loro … probabilmente i nostri progetti, e la strategia politico-economica per realizzarli, risultano troppo attenti all’interesse della collettività, piuttosto che ad altro!
E. M. Mazzola – Proposta di Rigenerazione Urbana di Corviale
Ecco quindi che, dal cilindro magico di alcuni professionisti e docenti universitari, venne tirata fuori l’idea di “dividere” lo steccone di 1 chilometro in 5 condomini … noncuranti dei costi di realizzazione e della qualità della vita di queste case, che sembrano ispirarsi all’organizzazione spaziale dei loculi disposti perpendicolarmente alla parete di un cimitero!
G. Tagliaventi – Proposta di Rigenerazione Urbana di Corviale
Altre menti illuminate hanno invece suggerito di farci una sede universitaria, altre ancora di utilizzare i terreni circostanti per realizzare un parco dell’arte contemporanea(3), dove alcuni pseudo artisti contemporanei (sempre a spese nostre e a discapito dei poveri abitanti di Corviale a cui verrebbe anche imposta la visione delle “opere”), sotto l’egida dei più “grandi” nomi del mondo accademico e professionale romano in materia di Arte ed Architettura, avrebbero potuto dare libero sfogo alla loro arte sperimentale!
«Per rendere accessibile il parco – dice l'architetto Nicola di Battista – Nunes ha elaborato un sistema di attraversamento: grandi rotoli di doghe di legno che ricordano le balle di fieno e che saranno srotolati a segnare le strade». Il nuovo Parco Nomade, aggiunge Bonito Oliva, «è pensato in relazione al carattere agricolo del terreno. Uno spazio in progress che terrà conto delle quattro stagioni: ci saranno artisti primaverili, invernali, estivi ed autunnali»Si è arrivati perfino alla promozione dell’idea di fare le Olimpiadi a Corviale!!! … Toglietemi tutto … ma non il Corviale!
Intanto, come ebbi modo di denunciare all’indomani del convegno organizzato dal Circolo PDL ATER – cui assistetti anche se non invitato – presso l’Hotel Universo di Roma, anche la destra locale ha sviluppato il suo “sistema di guadagno” dal Corviale, non un guadagno economico, forse, ma elettorale. Nell’articolo “Corviale, l’ATER cerca invece di rivenderle con tutte le crepe”(4) raccontavo infatti dell’immorale ipotesi di svendere le case popolari agli ignari residenti. Questi personaggi pidiellini dell’ATER, pur di entrare nelle grazie dei residenti “difficili”, ebbero modo di spiegare che, poiché le case vanno restaurate, possono essere svendute a prezzi stracciati, se non quasi regalate, ai residenti (ovazione del pubblico!).
Nella realtà dei fatti, poiché l’ATER non può permettersi di restaurare il serpentone, questi signori vorrebbero passare la patata bollente ai residenti senza rivelarglielo, così, una volta divenuti proprietari “quasi a gratis”, di qui a qualche anno le 1200 famiglie dovranno mettersi d’accordo per restaurare il mostro: cosa impossibile! … bella vergogna!
In pratica, che si tratti della sinistra, così come della destra, ognuno nei vari schieramenti ha trovato i modo di guadagnare grazie al “problema Corviale”, problema che, Al Quaeda e altri “nemici invisibili” ci insegnano, finché esiste fa comodo a tanti, mentre se venisse meno bisognerebbe inventarsi qualcos’altro!!
Purtroppo, come Gruppo Salìngaros e come Società Internazionale di Biourbanistica e A.V.O.E., negli ultimi due anni abbiamo commesso l’errore di dar credito a chi ha finto di mostrare interesse per la proposta di sostituzione del Corviale con un quartiere a misura d’uomo.
In ben due occasioni, abbiamo visto sfumare una mostra convegno che, in maniera molto minuziosa, avevamo organizzato.
In realtà le occasioni sarebbero tre, visto che già un altro convegno, “Ritorno alla Città”, dedicato al problema delle periferie romane – convegno che avevamo provato ad organizzare all’indomani del megaconvegno che si tenne l’8 e 9 aprile 2010 presso l’Auditorium Parco della Musica – ci venne letteralmente scippato (titolo incluso) dagli organizzatori del successivo convegno a tema che si tenne presso l’auditorium del Museo dell’Ara Pacis … commettemmo l’errore di consegnare la bozza del programma e delle tematiche da trattare, nonché i nomi dei possibili relatori, ad un noto personaggio politico che finse interesse per le nostre iniziative, invitandoci a parlarne presso il suo ufficio di Piazza San Silvestro.
Qualche giorno dopo quel personaggio, parlando alla citata conferenza del Circolo PDL ATER, probabilmente perché mi aveva riconosciuto nella platea disse: “ora che Comune, Regione e Italia sono del Centro Destra, è arrivato il momento per portare avanti le nostre idee e promuovere quegli architetti che da anni militano nel partito … piuttosto che quei professionisti che finora sono stati alla finestra senza mai schierarsi politicamente, e oggi vorrebbero salire sul nostro carro dei vincitori!”.
Ebbene, lo scorso luglio si sarebbe dovuto tenere il Convegno “Demolire per Rigenerare – Roma rinasce dalla Periferia”, durante il quale si sarebbe dovuto mostrare alla cittadinanza non solo i progetti per Corviale, ma anche una serie di realizzazioni simili operate nella vicina Francia (avrebbero dovuto mostrarcele il sindaco di Plessis Robinson, Philippe Pemezec, e il Direttore dell’Ufficio Urbanistico di Val d’Europe, Bernard Rival). Nell’occasione, un esperto di demolizioni, Stefano Chiavalon (Direttore Commerciale della General Smontaggi) avrebbe dovuto illustrare costi, strategie e sistemi di smaltimento e/o riciclaggio dei detriti per una demolizione “indolore” e sostenibile dell’attuale complesso di Corviale.
Il convegno venne posticipato all’ultimo momento al 23 e 24 settembre: 20000 posters a colori di grandi dimensioni, 2000 brochure a colori di 16 pagine, 1000 biglietti d’invito vennero stampati, un video promozionale ed un messaggio audio vennero registrati dall’Assessore alla Casa, per pubblicizzare l’evento, tutto a spese della Regione Lazio, ovviamente … poi però, ad una settimana dall’evento, la presidentessa della Regione, Renata Polverini, fece sapere all’on. Buontempo che, “per esigenze della Presidenza” il convegno non poteva più tenersi.
Intanto gli ospiti francesi erano pronti a partire, alcuni alberghi aspettavano gli ospiti italiani e stranieri, tantissime persone di tutta Italia, interessatissime all’argomento, si erano già attrezzate acquistando biglietti e prenotando alberghi per venire a Roma ed assistere all’evento del quale avevano avuto notizia tramite alcuni siti web.
Non c’è stata nemmeno una parola di scusa nei nostri confronti … probabilmente rei di aver operato gratuitamente! … Soprattutto, non ci sono state scuse nei confronti degli ospiti stranieri da parte della Regione. Tanti soldi sono volati al vento, ma ci è stato detto che la Regione non aveva denaro per poter portare a compimento questo convegno … stranamente, però, in contemporanea sono stati organizzati “in quattro e quattro otto”, diversi convegni dove la Polverini, l’on. Ciocchetti e altri membri del Consiglio Regionale, sono andati a promuovere il vergognoso Piano Casa, addirittura promuovendolo non come Piano della Regione, ma solo a nome della Giunta Polverini.
Probabilmente i nostri piani, “troppo sociali”, cozzavano con quelli di carattere prettamente privatistico del Piano Casa della Regione. Ecco perché, ad una settimana dall’evento – ovvero quando la Polverini e Ciocchetti, dovendo preparare i loro interventi, hanno letto le nostre relazioni rendendosi conto del rischio imminente – è stato deciso che quel convegno non andasse più fatto!
Per vie traverse, abbiamo saputo che il convegno ha fatto traballare la sedia di Buontempo, probabilmente questa è la ragione per cui anche lui ha deciso di dimenticarsi di noi, nonché degli ospiti nazionali ed internazionali e del convegno!
L’ultima trovata
Il 23 marzo u.s., l’indomabile Pino Galeota ha trasmesso a tutti i nominativi inclusi nella sua mailing list – me incluso – l’invito alla conferenza, tenutasi presso la Sala di Controllo - Biblioteca di Corviale, intitolata “Corviale indiretta con Pechino e New York – vi raccontiamo una storia vera: Corviale incontra il mondo che verrà”.
L’idea è di quelle che solo nella mente di un architetto visionario, e con una cognizione relativa della realtà, può svilupparsi:
“Una Rete glocale di tetti (United Roofs), uniti dalle coltivazioni possibili, con o senza suolo naturale, per la creazione di una vera e propria armatura ecologica finalizzata alla bonifica della crosta urbana di cemento e asfalto. Inizia così il lancio pubblico dei primi nodi di questa Rete globale, che sfruttando l'ecosistema digitale trasforma la rigenerazione degli ecosistemi urbani in un vero e proprio sogno condiviso ad occhi aperti. Corviale si candida ad essere il più grande orto pensile (Roof Top Farm) del mondo da mostrare all'Esposizione Universale di Milano 2015, per nutrire il pianeta nell'era del nuovo urbanesimo”.Purtroppo, molti architetti autoproclamatisi “bio”, e soprattutto moltissimi docenti dediti all’insegnamento di una pseudo-sostenibilità, tendono a promuovere idee “ecocompatibili” che di biologico e possibile hanno davvero poco!
Sarebbe quindi utile informare i comuni mortali che tanti teorici di queste idiozie – il cui sedere incollato alla cattedre universitarie ha impedito negli anni di dotarsi di un’esperienza pratica della costruzione, così come di conoscere l’abc della botanica –tendono a confondere la realtà virtuale con quella reale!
In pratica, poiché un rendering al computer consente loro di rappresentare alberi e piante ovunque, indipendentemente dal fatto che non vi siano le condizioni ambientali, alcuni architetti risultano fermamente convinti che la cosa sia possibile. Questi individui risultano talmente assoggettati alla realtà virtuale, da confonderla con quella vera, e questo convincimento diviene sempre maggiore quando, grazie alla loro autorevolezza, riescono facilmente ad illudere la gente comune: quest’ultima è infatti assolutamente convinta che, “poiché la cosa è detta da un esperto” è vera e possibile, nonché ecologicamente sostenibile!
Per fare un esempio su tutti, visto che nel documento di Corviale si fa menzione di Milano 2015, possiamo discutere della proposta dell’archistar nostrana Stefano Boeri elaborata per far credere agli stolti che i grattacieli possano essere “sostenibili”. Boeri è infatti convinto che possa realizzarsi un “Bosco Verticale”, una idea a dir poco ridicola che non tiene conto di molti fattori:
1. gli alberi necessitano di radici profonde per poter crescere correttamente e non cader via al primo vento o nevicata … nel qual caso dunque, cadendo da un’altezza di gran lunga superiore a quella di un marciapiedi, qualche problema lo potrebbero causare!
2. gli alberi necessitano di potature stagionali e, a meno che non si voglia chiedere a Reinhold Messner e compagni se vogliano mettersi a fare i potatori, difficilmente si può pensare che qualcuno possa potare degli alberi al 30° piano di un edificio;
3. la presenza delle fitte alberature dei rendering di Boeri lascia pensare che, indipendentemente dalla presunta sostenibilità, i residenti saranno costretti a tenere le luci accese 24 ore al giorno;
4. gli edifici per il bosco verticale sono rigorosamente di tipo industriale, ovvero risultano realizzabili solo ed esclusivamente con materiali e tecniche lontane anni luce dai canoni della sostenibilità reale;
5. tutte le tecnologie atte a rendere possibile un verde che non cresca dove la natura lo avrebbe pensato, (verde orizzontale o verticale che sia), prevede sempre una massiccia presenta di sistemi chimici di “fertirrigazione”, che di biologico e di ecocompatibile non hanno proprio nulla! Si vedano per esempio su internet i siti della case produttrici che pubblicizzano i “prati verticali”.
Nel caso di Corviale inoltre, non si può fare a meno di sottolineare lo stato di fatiscenza delle strutture, nonché l’assenza delle condizioni ambientali e strutturali che impediscono qualsivoglia ipotesi di piantumazione delle terrazze!!
Tuttavia, essendosi convinto anch’egli della reale possibilità della cosa, Pino Galeota ha provveduto subito a promuovere il Seminario Aperto "Coltiviamo insieme Corviale. Prove di innovazione sociale", tenutosi il 29 marzo 2012. È incredibile notare la velocità con la quale certe cose vengano organizzate, si trovino i fondi e si mettano in pratica!
In certe iniziative, è fondamentale infarcire i testi di retorica, sicché nell’invito si può leggere:
«Riemergono nelle società moderne i bisogni ancestrali legati alle relazioni uomo-terra e uomo-cibo come reazioni al disagio urbano e alla crisi economica con cui soprattutto le società occidentali stanno già facendo i conti. Ripensare ai modelli di welfare e di governo del territorio nonché il senso stesso del luogo e dell’abitare significa interagire con un futuro, che già è qui, di una globalizzazione in cui crescono l’insicurezza alimentare, il rischio di esaurimento delle risorse naturali, la crisi energetica, i cambiamenti climatici e l’intensificarsi dei flussi migratori.
Corviale e il suo Quadrante da problematico aggregatore insediativo mette al centro di questo incontro seminariale la sua volontà di trasformazione in un aggregatore di socialità positive.
Roma Capitale sta, in continuità con il passato, allargando il suo corpo in un’area metropolitana di ingenti dimensioni. Ne fanno testo le migrazioni degli abitanti e la crescita su un’area vasta dei problemi collegati a questo modello di espansione urbana.
Un sovrapporsi di insediamenti spesso scollegati e costruiti su scelte dettate dalla rendita fondiaria, una sorta di continuum urbano-rurale in cui le attese di un futuro e redditizio cambiamento delle destinazioni d’uso prevalgono su una programmata visione degli intessi delle Comunità e delle vocazioni dei territori.
Il filo che si sta riannodando in modo orizzontale parla la lingua della multifunzionalità e l’interdisciplinarietà dell’agricoltura, la tutela attiva dei territori, uno sviluppo locale partecipato, un’interazione dell’urbano rurale che risponda ad una domanda di servizi che i cittadini e le nuove economie verdi richiedono.
Orti urbani, agricoltura sociale, tetti da costo a risorse, co-housing, food hubs, economia di comunione sono alcuni esempi di innovazione sociale in cui le dicotomie città/campagna, modernità/tradizione, complesso/semplice si stanno trasformando in forme reali, possibili e sostenibili dell’abitare.
Insieme abbiamo il dovere di presentare Roma all’Expò Milano 2015 con diverse carte in regola».
… Peccato che di biologico e di ancestrale non ci sia proprio nulla!!
Ebbene, penso che sia ora di smetterla con queste prese in giro nei confronti della popolazione residente in realtà degradate come Corviale.
L’agricoltura va promossa, ma non sui tetti, e non a base di sostanze chimiche che la rendano possibile!
Corviale non può continuare ad essere una fonte di guadagno per chi non vi risiede, o per chi continui ad attingere ininterrottamente a fondi e contributi pubblici per organizzare convegni e mostre, che a tutto servono, tranne che a migliorare la vita di chi viva all’interno di un esperimento urbanistico fallimentare!
Se si vuole pensare a come migliorare le cose si deve cambiare necessariamente visuale, ciò vuol dire cambiare innanzitutto quei consiglieri che portano personaggi come Galeota, il sindaco e i vari assessori, a credere alle idiozie che gli vengono propinate come “giuste perché dette da degli esperti”.
Questo significa che, piuttosto che pensare ancora a tenere in vita un fallimentare capriccio modernista, ipotizzando le soluzioni più stravaganti e insostenibili, bisognerebbe pensare a come creare integrazione e posti di lavoro per i residenti, bisognerebbe promuovere l’artigianato e la piccola e media imprenditoria locale, bisognerebbe pensare a come tornare ad operare come quando l’edilizia popolare era costruita in proprio dall’Ente, che mirava a ridurre al minimo, se non addirittura ad eliminare, le spese di manutenzione dell’edilizia pubblica, secondo le indicazioni date da Quadrio Pirani in occasione del Concorso per un Nuovo Tipo di Casa Popolare del 1911, bisognerebbe mirare a creare il senso di appartenenza e il senso di comunità per i residenti, arrivando a realizzare dei centri vitali alternativi al centro storico, e dotati di luoghi di aggregazione, istruzione, produzione e commercio, ove tutte le funzioni vitali risultino presenti.
Note:
1)Il 4° piano, secondo la mente illuminata dell’autore del progetto avrebbe dovuto essere il piano negozi
2) Anche Gabriele Tagliaventi, insieme con Alessandro Bucci, ha sviluppato una proposta di sostituzione graduale dell’attuale Corviale con una sorta di “Città Giardino”
3) “Parco Nomade” di Corviale, il grande progetto curato da Achille Bonito Oliva e realizzato dalla 'Fondazione Volume!' cfr. http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/10_giugno_22/corviale-parco-nomade-deleo-1703247281170.shtml
4)Il Tempo, 1 Giugno 2010, Cronaca di Roma, pag.42
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